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Autore: baby80    25/12/2010    19 recensioni
Una breve storia scritta di getto, e pubblicata nel cuore della notte, quindi non aspettatevi nulla di eccezionale...
Un racconto per auguravi, a mio modo, un Felice Natale...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È la vigilia di Natale del 1761, una data che verrà ricordata negli anni a venire per essere stato l'inverno più freddo degli ultimi 20 anni, infatti, anche questa notte la neve non sembra volersi placare, al contrario, da qualche ora vi si è aggiunto un vento impetuoso, creando così una sorta di piccola tormenta, un particolare che non pare essere di molta rilevanza per una minuscola figura che si aggira, come un fantasma, per i lunghi e freddi corridoi di palazzo Jarjayes.
Un passo dopo l'altro, un rumore ovattato a seguito di un altro, ed eccola qui, una insolita bambina dalla pelle color del latte e una massa informe di riccioli biondi arruffati sul capo, addentrarsi in una stanza dell'ala della servitù, illuminata dalla flebile luce di una candela ormai ridotta ad un moncherino, ma sufficiente a mostrare un enorme letto su cui vi è sopito un ragazzino dai lunghi capelli scuri.
La bambina si avvicina con sicurezza al grande letto e, con altrettanta baldanza, poggia la propria mano sulla spalla del dormiente, stringendo e scuotendo con una tale forza da far dondolare l'intero mobile.

“André... André... André...”
grida senza ritegno, incurante dell'ora tarda.

“Uhmmm... Oscar...”
risponde lui, con la voce impastata dal sonno e senza mai aprire gli occhi.

“André svegliati, ho sentito un rumore!”

“...e allora? Sarà il vento che fa sbattere gli scuri... torna a dormire!”
le risponde André evidentemente infastidito, scrutandola con i suoi occhioni verdi, che si intravedono appena attraverso le fessure delle palpebre.

“No! Non è il vento... è Lui!”

“Lui? ma... che ore sono? Santo cielo Oscar, è ancora notte!”
brontola il ragazzino voltandosi e dando le spalle alla bambina.

“Come chi è Lui? André andiamo, LUI!”
afferma spazientita.

“Oscar, per favore... voglio dormire... di chi stai parlando?”

“Di lui André! Babbo Natale! L'ho sentito, dobbiamo seguirlo!”

“Dobbiamo?”
Domanda André oramai più che sveglio, ma non è una risposta ciò che attende, anzi, le sue intenzioni sono di tutt'altra natura. Ignorare Oscar. Ed è quello che fa, regalandole un'espressione tra il contrariato e il furente, e seguitando a dormire, nascondendo la testa al di sotto del cuscino, evitandosi così eventuali nuovi strilli.
Oscar è ferma dinnanzi al letto, la boccuccia spalancata per lo stupore e le mani a pugno poggiate sui fianchi, incredula per l'affronto appena subito, come è possibile che lui, l'amico di sempre, le abbia recato una tale offesa? Come è possibile che lui si sia rifiutato di fare qualcosa con lei?
Non ci vuole molto, alla piccola, per riprendersi dall'offesa, giusto il tempo di escogitare un piano diabolico e... le manine cicciottelle agguantano la gamba che André ha impudentemente lasciato al di fuori dalle coperte, penzoloni al lato del letto, ed è il punto tra il ginocchio e la caviglia che lei si stringe contro il petto, aggrappandovisi e tirando come fosse una corda appesa ad un ramo.
Il povero André, riportato bruscamente alla realtà, tenta con ogni mezzo di ancorarsi al materasso, stringendo le lenzuola tra le dita, ma alla fine scivola via, scomparendo al di sotto delle coperte e trascinato verso il basso, per poi ritrovarsi, in un batter di ciglia, oltre il bordo laterale del letto e poi giù, sempre più giù, in balia del vuoto, come fosse una valanga... ed è con una rovinosa caduta che si trova a terra, un po' sul pavimento, e un po' sul corpicino di Oscar, che non sembra lamentarsi della cosa, anzi, sembra compiaciuta per quella che altro non è, per lei, che una vittoria.

“Ci voleva tanto a scendere dal letto? Sei un pigrone André!”

“Io non volevo scendere dal letto, Oscar!”

“Oh, André, non fare il bambino...”

“Ma...”
tenta di parlare lui, ma la biondina gli è già corsa davanti, ignorandolo senza pudore.

“Bene, possiamo andare, stai dietro di me André e... acqua in bocca... ehm... occhi in... ehm...”

“Si, Oscar, ho capito... ti copro le spalle.”
tenta di salvare il salvabile, alzando gli occhi al cielo rassegnato all'idea di una notte insonne, alla mercé di una piccola pazza!

I due bambini si aggirano per la grande dimora, alla ricerca di quell'uomo grande e grosso di cui tanto hanno sentito narrare nei libri e nei racconti della cara Nanny.
Da un anno buono André è venuto a conoscenza, per bocca di alcuni ragazzi della servitù, della verità sul vecchio vestito di rosso, una  realtà che inizialmente lo rese triste ma che col tempo ha semplicemente dimenticato, ed ora è come se avesse conosciuto da sempre la realtà.
Babbo Natale non solo non esiste, ma non è mai esistito! Chi l'avrebbe mai detto? Eppure era realmente così che stavano le cose, era la nonna, nel suo caso, e il generale Jarjayes per Oscar, che depositavano i doni sotto l'albero, e non un grasso uomo a scendere dal camino... in effetti si era domandato spesso com'è che Babbo Natale non fosse mai rimasto incastrato in una delle loro strettissime canne fumarie...
Poco importa da dove giungono i doni, l'importante era riceverli, ma sopratutto mai e poi mai LEI avrebbe dovuto conoscere la verità! Per questo motivo il bambino acconsentì, quella notte, a seguire Oscar nella sua folle missione, lo fece senza aprir bocca, assecondandola in ogni passo, fino a quando lei si stancò.

“Vieni André, sediamoci davanti al camino, quel Babbo Natale è davvero in gamba...”

“Hai ragione Oscar, non è facile sorprenderlo.”

“Oh, ma noi ci riusciremo! Prima o poi lui passerà di qui... deve mangiare i biscotti e bere il latte, come ogni anno!”
dice la bambina mentre posa, sulle loro gambe, una coperta finemente ricamata, quella stessa coperta che erano soliti usare in inverno, come tappeto, nei loro innumerevoli giochi, o, come in questo caso, per ripararsi dal freddo.
Oscar aveva preteso che vi fossero cucite con del prezioso filo di seta rosso le iniziali dei loro nomi, “O e A”, come simbolo di un legame che li univa da così poco tempo, ma che era certa sarebbe durato in eterno.

“Oh si, i biscotti... hai ragione Oscar, vedrai che riusciremo a scovarlo...”
La rassicura il ragazzino, facendosi più vicino all'amichetta che in un attimo poggia la testa sulla sua spalla, e che di li a poco sarebbe crollata, vittima di Morfeo.
E così fu.
Oscar dorme beatamente, dimentica dello scopo che l'ha condotta dinanzi al fuoco nel cuore della notte, e lui, il piccolo André, la posa delicatamente sulla coperta, facendo attenzione a non destarla, per dirigersi poi in prossimità del camino dove vi sono poggiati i biscotti e la tazza di latte, che mangerà, e berrà, in vece di Babbo Natale.
Un sacco di biscotti! Quest'anno Oscar ha decisamente esagerato con le porzioni! Si sorprende a pensare, il ragazzino, tra un boccone e l'altro.

“André! André! Svegliatiiiiiiii!”

“Uhmmm...”

“Oh André! L'abbiamo perso ancora! Come è potuto succedere?”
grida la bambina battendo i piedini sul pavimento.

“Chi? Cosa? Che diavolo Oscar, ma possibile che tu mi debba svegliare sempre in questo modo?”

“Che diavolo? Che razza di linguaggio è questo, ragazzino?”
domanda una voce ferma e autoritaria.

“Nonna!”
sussurra André drizzandosi in piedi con la velocità di un respiro.

“Ah ah ah... non ho intenzione di sgridarti piccolo mio, è il giorno del santo Natale, le punizioni sono rimandate a dopo le feste! Per questo farò finta di non aver visto quello che sto vedendo... Avanti, da bravi, filate di corsa nelle cucine, ci sono un mucchio di biscotti che vi stanno attendendo! Su, su... andate!”
sentenzia la cara Nanny con la solita vocetta stridula, elargendo generose pacche sui sederini...
Qualcuno però non sembra così entusiasta all'idea d'una scorpacciata di dolci...

“André muoviti o mangerò anche la tua parte!”

“Vai pure Oscar, non m'importa...”

“Non ti importa? Cosa ti prende André?”

“Uhm... non ho molta fame, anzi, credo di non sentirmi molto bene...”

“Sei davvero una femminuccia André, ah ah ah... vorrà dire che mangerò tutto io!”
annuncia la bambina piegandosi in avanti con le manine strette attorno ai fianchi, e mostrando la lingua, burlandosi dell'amico.
André non dice nulla, compie giusto un paio di passi, il numero esatto che lo divide da Oscar, ed è in quel momento di scherzo che lui la sorprende cingendole il collo con le braccia e stringendola con tutta la forza dei sui sette anni.

“Mangia pure i miei biscotti... Buon Compleanno Oscar.”
le sussurra tra la guancia e l'orecchio, senza darle modo di proferir parola, perché un attimo dopo è già lontano.
Oscar rimane ferma nel centro del salone, i piedi poggiati sulla copertina che li ha tenuti al caldo durante la notte, gli occhi fissi sulle braci del camino ormai spento, frastornata per quell'abbraccio inaspettato che ha il sapore di casa, e di quell'affetto così giovane che possiede tutti i presupposti per resistere al passare degli anni, forte come un filo di seta intrecciato nella trama e nell'ordito.



È un inverno decisamente rigido, seppur povero di neve, quello della vigilia di Natale del 1787.
A palazzo Jarjayes il silenzio pare ancora più pesante da quando il generale si è visto privato di gran parte della servitù, per la maggior uomini, costretti per dovere e principio, a combattere contro l'oppressione della nobiltà.
I presupposti non fanno sperare in un felice Natale, eppure in questa dimora ogni cosa sembra immutata, dall'abete finemente decorato, ai consueti biscotti riposti sul camino.
Ed è proprio nel salone, davanti al camino, che si scorge un'esile figura di spalle. Una donna dai lunghi capelli biondi siede dinnanzi al fuoco, avvolta da una coperta sgualcita su cui vi sono ricamate delle iniziali di un colore ormai sbiadito che ricorda vagamente il rosso vermiglio che fu in un tempo passato.

“Oscar...?”

“Oh, André... ciao...”

“Oscar fa freddo... cosa fai qui?”

“Aspettavo te.”

“Tu cosa?”

“Aspettavo te, André... sai, ho sentito un rumore...”
dice Oscar con la voce spezzata dal nascere di una risate, mentre volge il capo verso lui e lo invita, con un gesto della mano, a sedersi accanto a lei.

“Oscar... io...”
vi è esitazione nella parole di lui, in risposta alla muta richiesta della donna. Sedere accanto a lei dopo tutto quello che era accaduto negli ultimi tempi? Come era possibile che lei lo volesse realmente vicino, fisicamente vicino, dopo anni in cui non si erano sfiorati nemmeno per sbaglio, neppure per un semplice saluto?

“...lo so che probabilmente è il vento che muove gli scuri delle finestre ma... io sono più propensa a credere che sia LUI... quel LUI che non siamo riusciti a sorprendere più di vent'anni fa... sai... prima o poi dovrà passare di qui...”
non sono parole quelle di Oscar, ma sussurri che lambiscono le labbra, ed un fondersi d'azzurro, in un mare di verde.
Il fuoco è vivo più che mai all'interno del camino, il calore è così intenso da arrossare la pelle dei due giovani.

“Oscar... stai confessando di averlo seguito anche stanotte?”
ribatte André avvicinandosi alla donna e sedendole accanto, ritrovando così il sorriso e la naturalezza di un tempo.

“Lo confesso... ho tentato di scovarlo ma...”

“Ma...?”

“Non mi è riuscito senza che tu mi...”

“...ti guardassi le spalle?”

“Esattamente André, ci sono cose che vengono al meglio solo se si è in due a farle...”
mormora la donna abbassando lo sguardo e portandosi le ginocchia contro il petto, come a volersi nascondere, o difendere, ed è in quell'istante che André le cinge le spalle col braccio per sistemare la coperta scivolata lungo la schiena, in un gesto di pura e semplice cortesia.
Ma è quel semplice e innocente contatto che la risveglia da un sonno lungo vent'anni, e allora non c'è paura che tenga, Oscar arresta il ritrarsi del braccio dell'uomo, stringendogli il polso e carezzandogli poi, col pollice, il palmo della mano.
Non vi sono parole sulla bocca di André, così come non vi è respiro, ne battito di cuore, tutto pare morto per mano di un banale tocco, ed è ancora Oscar a spezzare il silenzio e la paura, poggiando il capo sulla spalla dell'uomo e, dopo un profondo respiro, pronunciar parole.

“Sono stanca... sono così dannatamente stanca di lottare per ogni cosa.... contro mio padre, la Francia, perfino contro me stessa. Ho imbastito una guerra contro la mia natura, dimmi André, quanto sono stata stupida? Così sciocca da trasformare te, la persona che mi è più cara al mondo, in un nemico.”
confessa con un filo di voce, per poi aggiungere in un soffio.

“Non voglio più combattere, non ne ho la forza. Solo ora mi rendo conto di aver perso tanto tempo dietro una folle convinzione. Sono una donna André, questo è ciò che ero quando sono venuta al mondo e ciò che sarò una volta abbandonata questa terra... certo, comando un gruppo di soldati, conosco l'arte della guerra, tiro perfettamente di scherma, cavalco e bevo come un uomo, ma tutto questo non può cambiare la mia natura, tutto questo non ha il potere di mutare il mio cuore ed il mio corpo. Sono una donna e non ho più intenzione di lottare per dimostrare il contrario.”
sussurra Oscar, con una voce che pare differente da quella che ha sempre avuto, più dolce e pacato, mentre non smette un attimo di giocare con la copertina ormai rovinata, lisciando le lettere ricamate su di un angolo, e con un buco che vi si è formato e dentro cui vi infila le dita, di tanto in tanto.
André tace, orfano di quelle parole che da sempre hanno fatto parte di lui, quelle parole che fuoriuscivano al momento opportuno, quel verbo che, questa notte, si è risvegliato in lei.
Lei che non ha intenzione di zittirsi.

“André... io ti debbo delle scuse per tutto ciò che sai, e che entrambi sappiamo, senza bisogno di palesarne la colpa. Ti domando perdono per essere stata ciò che non dovevo, e per non essere stata ciò che avrei dovuto. Mi sono resa conto che la mia vita necessita d'essere vissuta in due, per essere al meglio... avrò costantemente bisogno che tu mi guardi le spalle... perché...”
Oscar solleva lievemente il volto, quel tanto da poter raggiungere quello di André, che si era mosso ancor prima che le parole di lei giungessero al termine, in un gesto che vale più di mille parole.
Ed è dalle labbra della donna, umide e bollenti, che l'uomo comincia ad intuire, ma è sulla sua lingua che infine comprende tutto il non detto.

“André io... mio dio, nemmeno immagini quanto tu mi sia mancato, quanto mi sia mancato tutto ciò che di te sapevo, e quello che non conoscevo... credo di amarti, sai?”
confessa impavida Oscar, forte di quel coraggio che solo la consapevolezza è in grado di regalare.
Ed è quella nuova coscienza a dirigere gli atti che si susseguono, scena dopo scena, fino all'atto finale, che vede Oscar abbandonarsi al piacere che può dare il semplice tocco di una mano che scivola dal viso, lievemente sporcato da un filo di barba, fin oltre il mento e poi più giù oltrepassando la gola, e giungere poi, con un pizzico di imbarazzo ad imporporare le guance, dentro lo scollo della camicia, dove non si può vedere, ma si possono sentir guizzare sotto le dita i muscoli tesi del petto, e... il peso di quello che ha tutto il diritto d'esser definito Uomo a ridosso del proprio corpo, col desiderio di sentire e scoprire tutte quelle parti ignote, ma tremendamente invitanti...
E sono baci, carezze, tocchi che hanno il sapore del proibito, e di tutte quelle cose che rendono schiavi della carne.


Sono le prime luci del giorno quando Oscar abbandona il grande letto che l'ha vista amare André, deve compiere pochi passi per raggiungere le cucine, giusto il tempo di rubare un piatto ed un paio di bicchiere, ed è nuovamente sotto le coperte, accanto di quel corpo che non ha smesso d'essere bollente come fuoco.

“André... André....”
sussurra la donna sulle labbra dell'uomo, in parole che divengono piccoli baci.

“Uhmmm...”
bofonchia il giovane, tralasciando le parole e carpendole baci sempre più profondi.

“André... svegliati... credo d'aver sentito un rumore”

“Di nuovo... uhmmm... Oscar non ricomincerai con la storia di Babbo Natale vero?”
domanda André afferrandola per la vita e trascinandola sotto le coperte, dove, con abilità degna d'un amante consumato, le fa poggiare la gamba destra sul proprio fianco sinistro in un contatto così intimo che un piccolo movimento del bacino renderebbe spudorato, unendoli in quello che sarebbe l'ennesimo amplesso del giorno.

“Come osi? Si da il caso che io sia riuscita a catturarlo...”
annuncia la donna, falsamente risentita.

“Sul serio? E dove l'hai messo, di grazia, Monsieur Natale?”
Le domanda André carezzandola e baciandola in ogni dove, tanto che per Oscar è una grande prova di coraggio resistere al suo attacco, quel tanto da permetterle di allungare una mano verso il mobile ed afferrare qualcosa dal piatto.

“Dove scappi, piccola furfante... sapevo che...”
André non ha modo di terminare la frase, Oscar gli posa un dito sul labbro inferiore invitandolo a schiudere la bocca e dentro cui vi posa un dolcissimo biscotto.

“Oscar ma... mmmh...”
L'uomo sembra apprezzare il dono ricevuto, tanto più che subito dopo il dolce vi sono le labbra di lei a deliziargli la bocca.

“Te lo dicevo, André, che ero riuscita a catturarlo...”
afferma con tono d'orgoglio la donna.

“Non capisco... io...”
domanda André visibilmente confuso.

“Ho sempre saputo che eri tu a mangiare i biscotti...”
Gli sussurra lei stringendoglisi addosso e divorandolo di baci.

“Ah si?... mmmh... allora madamigella Oscar, ho qui il vostro regalo, sempre se siete stata una brava bambina...”

“Brava? Bravissima, questo Natale ho evitato, all'uomo che amo, la consueta indigestione...”

“Perfetto... vieni a riscuotere il tuo regalo... Buon compleanno Oscar.”
mormora André attirandosela addosso.

“Buon Natale, André.”
sussurra lei mentre allontana le lenzuola dal corpo dell'uomo, scartando quel dono che ha atteso per più di vent'anni.
  
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