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Autore: 365feelings    25/12/2010    2 recensioni
Earl è un Elfo ed odia la stupida tradizione umana che alla Mithril tutti hanno accolto con gioia: il Natale.
Cordelia è una Fata, bella e vanitosa, che si diverte a infastidirlo.
Va da sé che i due proprio non vanno d'accordo e non c'entrano niente i secolari dissidi tra le due razze; è qualcosa di più profondo, che riguarda i loro caratteri e il loro modo di guardare alla vita.
Il Natale e due cliché.
[A Hideko, Buon Natale!]
Genere: Commedia, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Hic manebimus optime



Il Natale, non ne comprende il senso. 
Algeron, il capo sezione, dice che è per via del suo carattere (e anche a causa della sua decisamente non idilliaca situazione familiare, certo) se non riesce a sentire nell'aria la gioia della festa — più in generale, di tutte le festività.
L'apatia, ripete, tutta colpa della sua apatia e di quel suo modo di fare freddo e scontroso: non è grondando sarcasmo che si sistemerà — come se lui volesse sistemarsi.
Earl trova terribilmente irritante vedere tutti, ogni anno in quel periodo, saltellare per la base con addosso quegli stupidi cappelli rossi canticchiando altrettanto irritanti canzoncine natalizie. Ama il silenzio e gli spazi asettici, non è un caso che abbia richiesto una postazione isolata e poco appariscente; inutilmente, a quanto pare, dal momento che il Natale, dagli ultimi anni a quella parte, riesce ad trovarlo pure lì.
La base si riempie di addobbi e pacchetti colorati, di festoni e luci: Earl ci tiene a ricordare che sono un centro di difesa, non un ritrovo per esseri magici contagiati dalla frenesia per il Natale. Un po' di decoro, un po' di serietà.
Ma sembra essere l'unico a pensarla così, dal momento è diventata una ricorrenza vera e propria organizzare una festa — si, proprio lì! Alla Mithril, nel Quartiere Generale della Difesa! Cose da non credere.
Il suo rifiuto della festività natalizia è però, sfortunatamente, direttamente proporzionale all’ostinazione di Algeron, certo che un giorno gli farà cambiare idea.
«Intendi darmi noia anche oggi?» sbuffa, accendendosi una sigaretta — è l'unica debolezza umana che si concede, ma a voler essere pignoli non sono stati gli Umani i primi a trovare nel fumo una forma di piacere.
«Dovresti fare meno l’asociale Earl. È Natale!»
«Appunto perché è Natale!»
«Dai, scendi, ti fa male stare sempre seduto lì in…in quel coso» gli dice, additando la sedia a uovo che da sola è la postazione del suo sottoposto «Ti si brucia il cervello. E poi ti divertirai con noi alla festa».
Con noncuranza Earl posa la gamba sul ginocchio e dal nulla fa apparire una tastiera: i dati iniziano a scorrere rapidi sugli schermi mentre i suoi occhi viola li seguono senza difficoltà. È il miglior informatico che la Mithril abbia mai avuto da un paio di secoli a quella parte, un eccezionale analista e un formidabile programmatore: non c'è niente che non possa fare con una tastiera sotto mano.
«Stai tranquillo Algy, hic manebimus optime».
Il suo capo scuote la testa, facendo dondolare il cappello da babbo natale rosso, e se ne va sculettando il suo di dietro caprino: trova grottesca l'immagine del satiro con quel copricapo umano.
Finalmente solo nella stanza, blocca i dati sullo schermo con un gesto della mano e si bea del relativo silenzio di cui può godere: la musica giunge ovattata e quasi impercettibile alle sue orecchie a punta adorne di anelli e altri orecchini. Chiude gli occhi e resta così, solo con se stesso e i suoi pensieri.
Ma lo sbuffo della porta automatica che si apre lo riporta alla realtà con un grugnito.
«Algy, ti ho già detto che non…»
Gli muoiono le parole e per poco non gli cade di bocca la sigaretta quando lo sguardo si posa sulla figura femminile di Cordelia, il corpo coperto solo da un minuscolo vestito rosso che in qualche modo dovrebbe ricordare quello di uno degli aiutanti di Babbo Natale.
«Che ci fai qua?» le chiede ostile, guardando con diffidenza la sua collega. È un paio d'anni che si ritrova costretto a condividere il perimetro dell'ufficio con quella maledetta arpia: considerate le loro aspettative di vita e le loro età, il tempo trascorso insieme è paragonabile quasi ad una manciata di giorni, granelli insignificanti nella clessidra delle loro esistenze, eppure sono bastati per sfibrarlo come non mai.
Lui è un Elfo e lei una Fata, la guerra tra le loro razze è durata secoli e ancora l’odio aleggia tra le due corti: lo hanno cresciuto insegnandogli a disprezzare le Fate e si sa quanto siano duri da sradicare certi insegnamenti impartiti quando ancora si è fanciulli. Ma non è per quello che Earl non si fida di Cordelia e del suo bel volto. Le Alate non sono mai state le sue persone preferite ed è indubbio che siano creature subdole e perfide da cui ogni essere con un po' di sale in zucca dovrebbe guardarsi, ma non sono stati i pregiudizi (ok, forse un po' anche quelli) a fargli detestare la collega: è stato il suo carattere chiassoso, l'aria da prima donna, il suo continuo provocare. Il primo giorno che se l’è trovata tra capo e collo, ha percepito la sua ingombrante presenza come una violazione del suo spazio personale e con il tempo la prima impressione avuta è stata confermata.
Cordelia è un calcolo che non torna, un rumore che non cessa, una luce che non si può oscurare.
Earl ha potuto constatare di persona le dicerie sulle Fate Ammaliatrici (vanitose, sciocche, lussuriose) e appurare, con fastidio, che sotto la superficie c'è un qualcosa di più che non ti aspetti; perché Cordelia risponde a tono, risolve complessi calcoli senza l'ausilio di strumentazioni e ottiene fondi per la Sezione.
Non gliel’ha ancora perdonata, ad Algeron, di avergli appioppato una tale spina nel fianco.
«Allora, cosa vuoi? Alla festa si sono già stancati di te? Hanno scoperto che sei come il latte andato a male?»
Si rende conto che a volte i loro discorsi sfiorano l'infantile e si ostina a pensare che sia colpa sua, del suo essere così perfettamente calata nella parte di sciocca bambolina, a impedirgli di avere una conversazione normale.
«Gentile ed educato come al solito, sono sconvolta».
«Ti rode che la tua malia non funzioni con me, eh?»
Ghigna strafottente, rilasciando poi del fumo acre nell’ambiente: sa che lei lo odia perché “la puzza mi si attacca ai capelli e ai vesti!”.
«Te ne saresti accorto, se avessi usato la malia su di te» gli risponde lei alzando un sopracciglio biondo e scrutandolo con i suoi grandi occhi azzurri che fanno perdere la testa a tutti, pure ai fantasmi e i vampiri (il che era tutto dire). A tutti ma non a lui. «Te lo assicuro».
«Lo sai vero che io non cadrò mai ai tuoi piedi?»
È una sfida quella che ha appena formulato? Si scambiano una lunga occhiata, come per chiedersene la conferma.
Cordelia gli si avvicina lentamente, con passo sinuoso e sicuro senza distogliere lo sguardo da quello di lui.
Se è proprio una sfida, quella che Earl (l'insopportabile, cinico, maleducato Earl) le ha lanciato, non ha timore di accettarla — come quando lui la provoca dicendo che non è in grado di risolvere questo o quel problema e lei immancabilmente ci riesce. 
Ferma le sue lunghe gambe scoperte a un centimetro dalla pelle nera dei pantaloni del suo cyberpunk da strapazzo e si china su di lui, i lunghi capelli biodi che le scivolano sulle spalle.
Nessuno dei due sa cosa stia accadendo in quell'ufficio improvvisamente troppo caldo; o forse sì. Forse era destino che accadesse sin dal primo giorno che si sono incontrati. Perché Earl deve ammettere che Cordelia è davvero bella e intelligente e Cordelia deve riconoscere che l'Elfo la attrae come mai le è capitato con qualcuno.
Gli toglie la sigaretta, che finisce dimenticata ai loro piedi, e lo bacia.
Un bacio a fior di labbra.
Quindi si ritrae, lentamente, sostenendo lo sguardo del collega — per un istante i loro due mondi si sono sfiorati senza scontrarsi.
Poi se ne va, ancheggiando in quel suo indecente vestito rosso che lascia bel poco all'immaginazione.
Earl rimane lì, a fissare la porta, incredulo e vagamente allucinato.
La cosa che più lo irrita è la lucida e frustrante consapevolezza che avrebbe voluto di più, molto, molto di più.
«Maledetta Cordelia, giuro che la soffoco».
 




N/A
Hic manebimus optime è latino. Corrisponde a un nostro “qui staremo benissimo”.

Hideko, ‘sta cosa è per te. Tieni il pensiero e butta via il resto.
Ti auguro un felice Natale e ti comunico che ormai è ovvio no, la squadra Hideko-Cla vince XD Inoltre ti ringrazio per avermi regalato una romanticissima SasuSaku con un Sasuke che sbocca XD  
   
 
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