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Autore: Julinnie    26/12/2010    2 recensioni
« Sei tu che mi mandi le spazzole di legno? », chiese quando lui uscì dal negozio con una scatola rossa e oro tra le mani e un sorriso compiaciuto sulle labbra. Mostrava appena un dente ingiallito e un incisivo mancante.
Lui la studiò dall'alto in basso, attento come solo un pedofilo sa esserlo.
« Può darsi. »

Storia partecipante all'iniziativa '2010: A Year Together' indetta dal Fanfiction Contest.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lei non soffriva di calvizie - 21 settembre

321. spazzole di legno.

 

Andavano di moda i cappelli con i pon-pon. Le ragazze alla moda li compravano verdi pastello, con le palline rigorosamente bianche; gli alternativi toglievano i pon-pon o li sostituivano con orribili pendagli che venivano venduti appositamente a prezzi esorbitanti in quei negozi di accessori che stavano per invadere l'intero mercato.

E tutti, e con tutti intendo tutti, avevano il cranio nudo. Per meglio dire, non avevano un capello che fosse uno.

Le donne si facevano la ceretta, gli uomini preferivano il rasoio.

Era finito il tempo delle grandi chiacchierate dalla parrucchiera, del salto dal barbiere, della sfilzatina alle punte o della messa in piega dell'ultimo secondo: si preferivano le parrucche sempre perfette e in ordine, per non parlare della facilità con cui il cuoio capelluto poteva essere facilmente analizzato in un qualsiasi studio medico. E poi la chemio, l'igiene, la pratica.

Per strada non c'era nessuno con la capigliatura fuori posto: addio crespo, doppie punte, forfora, capelli bianchi. Era stata un'idea pazzesca quella di dare vita a un mondo depilato: insomma, l'uomo aveva finito col tempo a sradicare ogni pelo del suo corpo, era pur giunto il tempo che toccasse alla sua folta chioma!

Luce non era altrettanto d'accordo, e non perché non apprezzasse la comodità di quello stile di vita a cui si era, col tempo, abituata, quanto perché aveva ricevuto in dono una spazzola. Una spazzola di legno. E, dalla prima spazzola che le era giunta tra le mani, gliene erano state recapitate altre settantaquattro.

Molte le aveva gettate via, altre bruciate, altre regalate. Nessuna usata.

Come avrebbe potuto? Non aveva un filo di capello né i suoi genitori le avrebbero mai permesso di farsi ricrescere anche un solo ciuffo biondo. Era successo dieci anni prima, quando un'epidemia aveva attaccato tutti coloro che avevano pelurie più o meno estese: un'ingente quantità di peli più o meno mal identificati fu bruciata o venne riutilizzata per dare vita a costosissimi vestiti mai indossati se non a sfilate di moda trasmesse in tv una quantità spropositata di volte.

Le era stato imposto di depilarsi almeno una volta al giorno, cosa che poi si era dilatata sino a diventare una, due volte a settimana. Vedeva le ragazze più audaci farsi ricrescere le loro bellissime chiome profumate - le parrucche, invece, anche quelle più raffinate, avevano un terribile odore di prefabbricato: qualcosa che si riconosceva anche da lontano, qualcosa di artificiale - e immergere le dita in quelle masse morbidi, con le radici piantate dentro, dentro sul serio. Un dentro che non si può togliere con un gesto solo, che può resistere alla forza di una spazzola di legno. Le cose ben piantate, alla fine, non se ne vanno mica per così poco, no?

Decise, con la determinazione infantile che solo i bambini possiedono, di farsi crescere i capelli giusto la lunghezza che le servivano affinché potesse utilizzare la spazzola per pettinarli; nel mentre avrebbe nascosto la faccenda con una deliziosa parrucca boccolosa, dal momento che aveva insistito affinché sua madre gliela regalasse.

Iniziò a cercare disperatamente e con tutte le sue forze il mittente di quelle spazzole di legno tutte uguali. Ogni settimana gliene arrivava una, ben impacchettata in una confezione rossa col coperchio dorato, adagiata in un letto gonfio di seta e chiffon - nemmeno fosse una spazzola d'oro. Le piacevano più le scatole della spazzola stessa.

Poi scoprì che si trattava di un vecchio pedofilo che viveva dall'altra parte della città e di tanto in tanto si recava in videoteca per affittare un porno da quattro soldi. Era un tipo che girava con un paio di jeans stravecchi e le scarpe impolverate e una camicia sottile e ammorbidita dai troppi lavaggi. Uno che non aveva nulla da parte e di sicuro se li sognava i soldi per mandare dei pacchetti così costosi e ricercati a una bambina che, scioccamente e con la superficialità che solo gli adulti hanno, aveva deciso si farsi ricrescere i capelli perché s'illudeva che, con quelli, qualcuno l'avrebbe amata - che, con quelli, lei sarebbe riuscita ad amare.

Era proprio lui, però, e ne aveva avuto la certezza perché era Ermildo il fornitore di spazzole di legno, le quali venivano ordinate direttamente dalla Svizzera e arrivavano dopo qualche giorno nel suo negozietto tirato a lucido, ed era sempre Ermildo a procurare il materiale al vecchio perché ne uscissero quei pacchetti così curati e raffinati. La seta, lo chiffon. I nastri.

C'era una devozione maniacale nell'azione del vecchio pedofilo, ma a Luce questo non interessava perché aveva trovato qualcuno da amare incondizionatamente nonostante la veneranda età.

Le crebbero dei meravigliosi riccioli biondi e lei faticava a nasconderli sotto la parrucca perché occupavano un volume eccessivo. Così si decise a incontrare il suo innamorato e, non sapendo affatto dove abitasse, obiettò che era una saggia scelta quella di attenderlo fuori al negozio di Ermildo giacché sicuramente, prima o poi, si sarebbe presentato. E così fu: arrivò con i suoi jeans strappati e consunti, le sue scarpe imbiancate, la sua camicia logora - a Luce non piacque, ma se lo fece piacere.

« Sei tu che mi mandi le spazzole di legno? », chiese quando lui uscì dal negozio con una scatola rossa e oro tra le mani e un sorriso compiaciuto sulle labbra. Mostrava appena un dente ingiallito e un incisivo mancante.

Lui la studiò dall'alto in basso, attento come solo un pedofilo sa esserlo.

« Può darsi. », le rispose educatamente.

« Io voglio mostrarti una cosa. » Allora gli prese la scatoletta dalle mani e afferrò la spazzola con sicurezza, benché non ricordasse l'ultima volta che ne aveva utilizzata una, e si tolse di colpo la parrucca rivelando al mondo - un mondo piuttosto deserto, in quel momento - i suoi capelli vaporosi e veri. Veri, soprattutto.

Lui non parve sorpreso.

Luce iniziò a spazzolarsi la chioma: dapprima piano e poi sempre con più forza, incappando in nodi che non volevano saperne di togliersi, finché non le vennero via intere ciocche di capelli. Cadevano a terra, rimanevano intrappolate tra le setole, scivolavano sui suoi vestiti. Rimase ben presto calva come lo era sin dal principio e il vecchio la guardava inespressivo, solo con quel sorriso falso stampato sul viso rugoso. Non c'era nulla di perverso in lui.

« Non... non ti piaccio? Ho aspettato così tanto questo momento, » lei singhiozzava tristemente, chinandosi a raccogliere il frutto della sua lunga attesa non ripagata, « fa' qualcosa no? Pensavo mi amassi. Perché io ti amo e ho desiderato così tanto che tu apprezzassi... e ho infranto ogni regola… e - »

Troppo deboli, le radici non avevano attecchito adeguatamente e non avevano retto alla violenza della spazzola. Non avevano retto a una prova d'amore.

« Non mi piacciono le bambine capricciose. », grugnì il vecchio, « anzi, devo dire che non mi piacciono proprio le bambine. Lascia le spazzole a tua madre. »

Luce spalancò la bocca, inorridita e offesa, con i capelli strappati in mano e gli occhi pieni di lacrime. Quel corteggiamento così ottuso non era per lei.

 

 

Fanfiction partecipante all’iniziativa “2010: A Year Together” indetta dal Fanfiction Contest - Collection of Starlight.

 

Non credo di essere più in grado di scrivere qualcosa che abbia senso. Avevo l’idea di un mondo senza capelli da più di qualche settimana – così, come nell’altra storia presente su questo account, avevo l’idea di un mondo dove le ferite del cuore fossero ferite visibili a occhio nudo -, e così l’ho vomitata ieri notte. Ho idee di mondi un po’ strani, in effetti.

Ho aperto questo account per scrivere storie che non fossero vere e proprie fanfiction e così sto facendo, o perlomeno spero di farlo. Prima ero Evillinnie, nick che non linkerò ma se vi fa piacere potete cercare, e scrivevo su Harry Potter, su Naruto, su FMA, su Death Note – sì, ero una multifandom. Ma ho smesso. Un po’ come quando si smette di fumare, ecco. Ho smesso.

Mi sto disintossicando drogandomi di qualcosa di nuovo, come queste idee malsane e prive di radici alcune, ma ciò che importa è che arrivino a voi.

 J.

   
 
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