Lei
non soffriva di calvizie - 21 settembre
321.
spazzole
di legno.
Andavano
di
moda i cappelli con i pon-pon. Le ragazze alla moda li compravano verdi
pastello, con le palline rigorosamente bianche; gli alternativi
toglievano i
pon-pon o li sostituivano con orribili pendagli che venivano venduti
appositamente a prezzi esorbitanti in quei negozi di accessori che
stavano per
invadere l'intero mercato.
E
tutti, e con
tutti intendo tutti, avevano il cranio nudo. Per
meglio dire, non
avevano un capello che fosse uno.
Le
donne si
facevano la ceretta, gli uomini preferivano il rasoio.
Era
finito il
tempo delle grandi chiacchierate dalla parrucchiera, del salto dal
barbiere,
della sfilzatina alle punte o della messa in piega dell'ultimo secondo:
si
preferivano le parrucche sempre perfette e in ordine, per non parlare
della
facilità con cui il cuoio capelluto poteva essere facilmente
analizzato in un
qualsiasi studio medico. E poi la chemio, l'igiene, la pratica.
Per
strada non
c'era nessuno con la capigliatura fuori posto: addio crespo, doppie
punte,
forfora, capelli bianchi. Era stata un'idea pazzesca quella di dare
vita a un mondo
depilato: insomma, l'uomo aveva finito col tempo a sradicare
ogni pelo del
suo corpo, era pur giunto il tempo che toccasse alla sua folta chioma!
Luce
non era
altrettanto d'accordo, e non perché non apprezzasse la
comodità di quello stile
di vita a cui si era, col tempo, abituata, quanto perché
aveva ricevuto in dono
una spazzola. Una spazzola di legno. E, dalla prima spazzola che le era
giunta
tra le mani, gliene erano state recapitate altre settantaquattro.
Molte
le aveva
gettate via, altre bruciate, altre regalate. Nessuna usata.
Come
avrebbe
potuto? Non aveva un filo di capello né i suoi genitori le
avrebbero mai
permesso di farsi ricrescere anche un solo ciuffo biondo. Era successo
dieci
anni prima, quando un'epidemia aveva attaccato tutti coloro che avevano
pelurie
più o meno estese: un'ingente quantità di peli
più o meno mal identificati fu
bruciata o venne riutilizzata per dare vita a costosissimi vestiti mai
indossati se non a sfilate di moda trasmesse in tv una
quantità spropositata di
volte.
Le
era stato
imposto di depilarsi almeno una volta al giorno, cosa che poi si era
dilatata
sino a diventare una, due volte a settimana. Vedeva
le ragazze più
audaci farsi ricrescere le loro bellissime chiome profumate - le
parrucche,
invece, anche quelle più raffinate, avevano un terribile
odore di
prefabbricato: qualcosa che si riconosceva anche da lontano, qualcosa
di
artificiale - e immergere le dita in quelle masse morbidi, con le
radici
piantate dentro, dentro sul serio. Un dentro che non si può
togliere con un
gesto solo, che può resistere alla forza di una spazzola di
legno. Le cose
ben piantate, alla fine, non se ne vanno mica per così poco,
no?
Decise,
con la
determinazione infantile che solo i bambini possiedono, di farsi
crescere i
capelli giusto la lunghezza che le servivano affinché
potesse utilizzare la
spazzola per pettinarli; nel mentre avrebbe nascosto la faccenda con
una
deliziosa parrucca boccolosa, dal momento che aveva insistito
affinché sua
madre gliela regalasse.
Iniziò
a
cercare disperatamente e con tutte le sue forze il mittente di quelle
spazzole
di legno tutte uguali. Ogni settimana gliene arrivava una, ben
impacchettata in
una confezione rossa col coperchio dorato, adagiata in un letto gonfio
di seta
e chiffon - nemmeno fosse una spazzola d'oro. Le piacevano
più le scatole della
spazzola stessa.
Poi
scoprì che
si trattava di un vecchio pedofilo che viveva dall'altra parte della
città e di
tanto in tanto si recava in videoteca per affittare un porno da quattro
soldi.
Era un tipo che girava con un paio di jeans stravecchi e le scarpe
impolverate
e una camicia sottile e ammorbidita dai troppi lavaggi. Uno che non
aveva nulla
da parte e di sicuro se li sognava i soldi per mandare dei pacchetti
così
costosi e ricercati a una bambina che, scioccamente e con la
superficialità che
solo gli adulti hanno, aveva deciso si farsi ricrescere i capelli
perché
s'illudeva che, con quelli, qualcuno l'avrebbe amata - che, con quelli,
lei
sarebbe riuscita ad amare.
Era
proprio
lui, però, e ne aveva avuto la certezza perché
era Ermildo il fornitore di
spazzole di legno, le quali venivano ordinate direttamente dalla
Svizzera e
arrivavano dopo qualche giorno nel suo negozietto tirato a lucido, ed
era
sempre Ermildo a procurare il materiale al vecchio perché ne
uscissero quei
pacchetti così curati e raffinati. La seta, lo chiffon. I
nastri.
C'era
una devozione
maniacale nell'azione del vecchio pedofilo, ma a Luce questo non
interessava
perché aveva trovato qualcuno da amare incondizionatamente
nonostante la
veneranda età.
Le
crebbero
dei meravigliosi riccioli biondi e lei faticava a nasconderli sotto la
parrucca
perché occupavano un volume eccessivo. Così si
decise a incontrare il suo
innamorato e, non sapendo affatto dove abitasse, obiettò che
era una saggia
scelta quella di attenderlo fuori al negozio di Ermildo
giacché sicuramente,
prima o poi, si sarebbe presentato. E così fu:
arrivò con i suoi jeans
strappati e consunti, le sue scarpe imbiancate, la sua camicia logora -
a Luce
non piacque, ma se lo fece piacere.
«
Sei tu che
mi mandi le spazzole di legno? », chiese quando lui
uscì dal negozio con una
scatola rossa e oro tra le mani e un sorriso compiaciuto sulle labbra.
Mostrava
appena un dente ingiallito e un incisivo mancante.
Lui
la studiò
dall'alto in basso, attento come solo un pedofilo sa esserlo.
«
Può darsi.
», le rispose educatamente.
«
Io voglio
mostrarti una cosa. » Allora gli prese la scatoletta dalle
mani e afferrò la
spazzola con sicurezza, benché non ricordasse l'ultima volta
che ne aveva
utilizzata una, e si tolse di colpo la parrucca rivelando al mondo - un
mondo
piuttosto deserto, in quel momento - i suoi capelli vaporosi e veri.
Veri,
soprattutto.
Lui
non parve
sorpreso.
Luce
iniziò a
spazzolarsi la chioma: dapprima piano e poi sempre con più
forza, incappando in
nodi che non volevano saperne di togliersi, finché non le
vennero via intere
ciocche di capelli. Cadevano a terra, rimanevano intrappolate tra le
setole,
scivolavano sui suoi vestiti. Rimase ben presto calva come lo era sin
dal
principio e il vecchio la guardava inespressivo, solo con quel sorriso
falso
stampato sul viso rugoso. Non c'era nulla di perverso in lui.
«
Non... non
ti piaccio? Ho aspettato così tanto questo momento,
» lei singhiozzava
tristemente, chinandosi a raccogliere il frutto della sua lunga attesa
non
ripagata, « fa' qualcosa no? Pensavo mi amassi.
Perché io ti amo e ho
desiderato così tanto che tu apprezzassi... e ho
infranto ogni regola… e - »
Troppo
deboli,
le radici non avevano attecchito adeguatamente e non avevano retto alla
violenza della spazzola. Non avevano retto a una prova d'amore.
«
Non mi piacciono
le bambine capricciose. », grugnì il vecchio,
« anzi, devo dire che non mi
piacciono proprio le bambine. Lascia le spazzole a tua madre.
»
Luce
spalancò la bocca, inorridita e offesa, con i capelli
strappati
in mano e gli occhi pieni di lacrime. Quel corteggiamento
così ottuso non era
per lei.
Fanfiction
partecipante all’iniziativa “2010:
A Year
Together” indetta
dal Fanfiction
Contest - Collection of
Starlight.
Non
credo di essere più in grado di scrivere qualcosa che abbia
senso.
Avevo l’idea di un mondo senza capelli da più di
qualche settimana – così, come
nell’altra storia presente su questo account, avevo
l’idea di un mondo dove le
ferite del cuore fossero ferite visibili a occhio nudo -, e
così l’ho vomitata
ieri notte. Ho idee di mondi un po’ strani, in effetti.
Ho
aperto questo account per scrivere storie che non fossero vere e
proprie fanfiction e così sto facendo, o perlomeno spero di
farlo. Prima ero
Evillinnie, nick che non linkerò ma se vi fa piacere potete
cercare, e scrivevo
su Harry Potter, su Naruto, su FMA, su Death Note –
sì, ero una multifandom. Ma
ho smesso. Un po’ come quando si smette di fumare, ecco. Ho
smesso.
Mi
sto disintossicando drogandomi di qualcosa di nuovo, come queste idee
malsane e prive di radici alcune,
ma
ciò che importa è che arrivino a voi.