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Autore: Esse Pi    28/12/2010    0 recensioni
Era una scena vista e rivista, purtroppo, per lui. E come tutte le volte, le corse incontro per aiutarla. Le tolse i capelli dal viso e le mise una mano sulla schiena per farle sentire la sua presenza.
“Mi spieghi come mai ti trovo sempre in atteggiamenti così sexy?”
“Fottiti.” Biascicò lei, tra i colpi di tosse. La sua voce echeggiava nella tazza del water.
“Grazie, e io che sono venuto per te.” Ghignò.
“Potevi anche restartene dov’eri a guardarti quella stramaledetta partita di basket!”
“E perdermi uno spettacolo così eccitante di te che vomiti pure l’anima?” schioccò la lingua divertito, allontanandosi un attimo per afferrare un asciugamano. “Tieni, pulisciti.”
Lei gli rubò l’asciugamano dalle mani e senza guardarlo si pulì il viso, mentre lui ancora le teneva i capelli dietro la testa.
[Missing Moment di "Twenty-eight"]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Twenties'
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Allora, gente, prima di tutto lasciatemi fare qualche appunto: questo è un missing moment di "Twenty-eight", storia che sto portando avanti da qualche tempo. Nel capitolo V, mentre la nostra Elisa parla con Francesco, troviamo una piccola allusione su un fatto passato - vi riporto il passo:

 

“Ti vedo distrutta anche oggi, ma cosa fai in ufficio?” ridacchiò Francesco. “Ti hanno messo a spaccare le pietre?”

“Magari…” sospirò Elisa, togliendosi il giacchetto di velluto e mettendolo all’attaccapanni. “Forse spaccare pietre non mi ridurrebbe così. Pietro è un bastardo! [...]” E alla fine non aveva resistito: sbottò gesticolando in aria come una pazza, convinta che se l’avesse fatto in presenza di Pietro Orlandi non si sarebbe accontentata di smanaccare, ma avrebbe iniziato con il mettergli le mani intorno al collo e a stringere finché l’ultimo sibilo di stronzaggine non fosse uscito dalla sua bocca. [...]

“E dire che ci sei anche andata a letto.” Sogghignò lui [...] prendendola per mano e conducendola seduta sul divano affianco a lui, mentre le massaggiava un braccio per farla calmare. Era incredibile come le sue mani potessero avere un potere tanto grande su di lei. Ogni volta che la toccava, Elisa si sentiva più leggera, più tranquilla. Le piaceva che Francesco si occupasse ancora di lei.

“Così pare. Io non ricordo niente.” Si affrettò a rispondere. Di certo non faceva figura trovarsi sul passato un uomo come lui: forse bello, forse famoso, forse ricco, ma decisamente una testa di cazzo bell’e buona! “E certamente se fossi stata in me, non l’avrei mai fatto.”

 

Bene, questo che vi propongo è dunque quello che successe quella volta, un salto indietro di due anni, nel passato dei nostri protagonisti che ancora una volta ne passeranno delle belle ;)

Buona lettura!

 

 

 

Twenty-six: avventura di una notte di mezza Estate

 

 

 

“Davvero, France, io non voglio andarci da sola!”

“E allora non andarci proprio, no?” fece spallucce lui, mentre sorseggiava una tazza di tè, seduto sul divano affianco a lei.

“Ma non posso! Ho già detto a Pietro che ci sarei stata.” Insistette lei, avvicinandosi a lui e scuotendolo lentamente per una spalla, rischiando di fargli versare il tè caldo addosso.

“Elisa, ho detto che non ci voglio venire.” Sospirò lui, passando la tazza nell’altra mano e posandola sul tavolino di vetro davanti a loro. “E voglio riuscire a guardare il film.”

“Will Smith può aspettare – tra l’altro è anche un dvd – ma scusa, c’è la cena pagata, siamo in una casa elegantissima, si festeggia… Cosa vuoi di più?”

“No, il punto è che non sopporto queste feste aristocratiche, lo capisci?” la guardò negli occhi esasperato. “Io sono il tipo da pizza e birra, non da lumache e gamberi!”

“Nemmeno a me piacciono lumache e gamberi, però ci vado.”

“Vacci, allora, non rompere le palle ulteriormente.”

“Ma non posso andarci da sola!” lo scosse nuovamente per un braccio, questa volta più prepotentemente, visto che comunque non aveva più la tazza di tè in mano. “Chiara è con Roberto, ha detto che forse veniva più tardi, ma non lo sapeva. Io non voglio rimanere da sola con Pietro!”

“E allora non andarci!” sbottò lui, roteando gli occhi.

“E come posso non andarci? È una festa che hanno messo su proprio per festeggiare noi, i nuovi assunti! Non posso non presentarmi.” Borbottò lei.

“Di’ che ti sei ammalata.”

“Mi hanno vista tutti oggi in ufficio e stavo perfettamente.”

“Potresti essere caduta dalle scale, allora.” Propose lui, il solito ghigno sulle labbra. Le stava davvero provando tutte per poter sfuggire a quell’invito, molto probabilmente ci si sarebbe buttato lui dalle scale, come scusa finale e definitiva.

“Non gufare.” Lo fulminò lei con lo sguardo. “E poi non è credibile.”

“No, sei abbastanza goffa per non far venire sospetti a nessuno, credimi.” Le sorrise sfacciato, guadagnandosi un debole pugno all’altezza delle costole, che non lo fece nemmeno tossire – non che fosse negli interessi di Elisa.

“Grazie, la tua gentilezza mi elogia sempre di più.”

“Eh, lo so.” Ridacchiò, per poi passare un braccio intorno alle spalle di Elisa e portandosela vicino. Lei appoggiò la testa al suo petto e chiuse gli occhi, mentre Will Smith continuava a dare la caccia a degli strani esseri che non potevano farsi vedere alla luce del sole. Molto probabilmente la trama era davvero buona – Francesco aveva sempre avuto un ottimo gusto in quanto a film – ma lei non aveva seguito niente di tutto ciò, presa com’era a convincere Francesco ad andare con lei alla festa organizzata dallo studio Orlandi.

Il respiro costante di Francesco, inoltre, aveva la capacità di distrarla del tutto dalle scene che man mano si susseguivano, sempre più avvincenti, probabilmente, data la musica incalzante che sentiva di sottofondo. Ma più che il respiro, era Francesco in sé. Era da tanto che entrambi non si concedevano un momento solo per loro, dovuto al fatto che negli ultimi tempi Elisa era stata fin troppo occupata a pensare all’esito dei vari colloqui che aveva fatto, dopo essere passata a vari concorsi – come d’altronde un altro centinaio di persone – e Francesco era stato spesso e volentieri in giro. Elisa l’aveva visto più volte tornare a casa con odori di donna sempre diversi addosso. Dormivano insieme, era impossibile non notarli. Tuttavia non gli aveva mai detto di saperlo. Qualche volta si rattristiva all’idea che Francesco ancora continuasse a frequentare così tante donne differenti, dopotutto aveva ventisei anni ora, e le donne di quell’età era ovvio che iniziassero a cercare qualcuno con cui passare veramente la vita. Per questo, da un po’ di tempo a quella parte, Francesco sembrava stare in casa più spesso. Nonostante il suo fascino magnetico, la sua incredibile arroganza che il più delle volte si era rivelata fonte di conquista, Elisa pensò che anche a lui le cose stessero andando male.

Non erano discorsi campati in aria. Per niente. Lei per prima li faceva, perché alla sua età, con una bambina a carico, vedeva benissimo e sentiva in prima persona quello che stava accadendo anche a lui: non c’era nessuno disposto a stare con loro. Molto probabilmente per due motivi differenti – nessuno avrebbe mai voluto iniziare una storia seria con una ragazza-madre; e tantomeno una donna avrebbe mai voluto essere considerata una da una botta e via a ventisei anni – ma era ovvio che tutti e due non stessero passando un bel periodo. Solo la certezza di aver trovato lavoro a distanza di un anno dalla fine degli studi fu per Elisa fonte di felicità, mentre Francesco ancora immaginava il lavoro dei sogni insieme al suo gruppo di amici. L’ultima cosa che aveva sentito al riguardo, era l’idea di voler mettere su dal niente uno studio solo loro quattro.

“Ehi, stai dormendo?” le sussurrò all’orecchio Francesco.

Elisa aprì gli occhi e dovette abbandonare i suoi pensieri, forse fortunatamente, e scuotendo la testa tornò a rilassarsi seguendo il rilassato movimento del petto di Francesco, che si alzava e si abbassava con un ritmo quasi cullante. In effetti, non ci sarebbe voluto molto per addormentarsi.

“Vuoi andare a letto?” le chiese, carezzandole dalla spalla fino al gomito, mentre lei si rannicchiava più comodamente contro di lui. Sapeva che non doveva farlo, Chiara gliel’aveva detto più volte, ma era più forte di lei: Francesco aveva qualcosa di irresistibile a cui lei per prima non sapeva opporsi. E visto che comunque sembrava che a tutti e due servisse il calore di qualcuno affianco a sé, perché allora non riscaldarsi a vicenda?

Per un attimo Elisa si vide proiettata in un’immagine di loro come una famiglia, con Sofia che dormiva in braccio a lui e lei che le accarezzava la testa dolcemente. Sì, forse non c’era niente di così troppo astratto in quell’immagine, più volte era successo, ma l’idea di essere veramente legata a Francesco, di costituire con lui una vera famiglia, ancora non l’abbandonava, nonostante ciò che era successo in passato tra di loro e di quello che avevano deciso insieme. Questo non voleva dire però che tra loro non potevano esserci momenti intimi, no? E poi se, come diceva Chiara, Elisa avesse avuto di che pentirsi, be’… Sarebbero stati affari suoi, allora.

 

***

 

“Elisa De Angelis, eccoti qui! Mancavi solo tu!” Pietro Orlandi la imprigionò in una morsa ferrea e le diede un bacio su ogni guancia. Aveva le guancie rosse, molto probabilmente aveva iniziato a bere non appena aveva messo piede in quell’appartamento all’ultimo grido, che sfoggiava maschere esotiche ad ogni parete, intervallate da quadri di pittori famosi come Van Gogh, Picasso e Monet. Il proprietario della casa – che altro non doveva essere che un amico molto stretto degli Orlandi – doveva essere qualcuno a cui uscivano i soldi dal culo. “Chiara Santucci ha detto che non poteva venire, lo sai, vero?”

“Sì, l’ha detto pure a me.”

“Ottimo, allora possiamo riprendere da dove avevamo lasciato!” Pietro la sciolse dalle sue braccia muscolose e afferrò un bicchiere da un vassoio di un tavolo lì vicino, per alzarlo in aria e urlare probabilmente l’ennesimo brindisi della serata: “A Elisa De Angelis, la nostra ultima e nuova arrivata!”

“A Elisa!” fu la risposta di tutti gli altri presenti, alcuni eccitati, altri svogliati, altri nemmeno alzarono il bicchiere.

Elisa non amava questo genere di feste: erano troppo sofisticate per una come lei, che adorava invece vestirsi con molta più libertà, invece di essere costretta ad indossare quel tailleur – che non le piaceva nemmeno, ma che le aveva regalato la madre accompagnando il regalo con un: “finalmente fai qualcosa di buono” che sapeva incredibilmente di sincerità per Anna. Prese anche lei il primo di una lunga serie di bicchieri di vodka che le passavano sotto il naso e si mise seduta su un divanetto, mentre osservava le persone più diverse fermarsi a parlare con lei, presentandosi come se fosse una star di un film vincitore di qualche premio Oscar. L’avrebbe preferito a quella serata.

“Allora, Elisa,” le si sedette affianco un Pietro Orlandi con la camicia sbottonata e la cravatta totalmente sfatta. Aveva i capelli biondi spettinati e il sorriso di chi doveva essere saturo di alcool. “Che ne dici di questa festa?”

“Be’,” farfugliò lei, accavallando le gambe in direzione opposta a lui, con l’intenzione di allontanarsi pian piano. “Davvero molto elegante. È di classe.” Sorseggiò dal calice che aveva in mano.

“Ma non mi sembri entusiasta.” Le si avvicinò, la vecchissima mossa dello sbadiglio accompagnato dalla distesa del braccio sullo schienale del divano. Prossima meta: le sue spalle.

“No, no.” Si affrettò a negare, chinandosi in avanti per sfuggire alla sua tattica di adescamento. “È che non sono il tipo che solitamente frequenta feste di questo livello.” Sorrise impacciata, mettendosi una ciocca di capelli rossicci dietro l’orecchio.

“Tranquilla, ti ci abituerai.” Le sorrise posandole senza più tanti sotterfugi una mano sulla spalla. Elisa non poté negare che Pietro Orlandi fosse un bell’uomo, ma c’era qualcosa in lui che non poteva tollerare. Già al colloquio con suo padre aveva avuto una strana sensazione, quando le si era avvicinato da dietro e le aveva messo le mani sulle spalle dicendo: “Papà, per me è abbastanza, non credi?”

“Ehm, sì, infatti.” Molto probabilmente niente c’era più falso del suo sorriso in quel momento, nemmeno i soldi del Monopoli. L’unica cosa su cui però poteva contare, era che Pietro fosse così ubriaco, che nemmeno se lo sarebbe ricordato, quel sorriso. “Comunque, ora io vado un attimo in bagno, d’accordo?” si alzò, togliendosi le sue mani di dosso e girò a vuoto per la grande stanza, afferrando bicchieri di tanto in tanto e bevendo alla goccia il loro contenuto, serrando gli occhi a seconda di cosa ingoiava.

Quando arrivò al punto di veder girare la stanza quasi a rallentatore, capì che aveva seriamente bisogno del bagno, perché ad ogni passo sentiva che il sapore di alcool poteva tornarle in bocca sempre più pericolosamente.

Tastando il perimetro del muro con la mano, trovò l’interruttore per avere un minimo di orientamento in quelle quattro mura ed una volta individuata la tazza del cesso, vi corse incontro e vomitò.

 

***

 

Era una scena vista e rivista, purtroppo, per lui. E come tutte le volte, le corse incontro per aiutarla. Le tolse i capelli dal viso e le mise una mano sulla schiena per farle sentire la sua presenza.

“Mi spieghi come mai ti trovo sempre in atteggiamenti così sexy?”

“Fottiti.” Biascicò lei, tra i colpi di tosse. La sua voce echeggiava nella tazza del water.

“Grazie, e io che sono venuto per te.” Ghignò.

“Potevi anche restartene dov’eri a guardarti quella stramaledetta partita di basket!”

“E perdermi uno spettacolo così eccitante di te che vomiti pure l’anima?” schioccò la lingua divertito, allontanandosi un attimo per afferrare un asciugamano. “Tieni, pulisciti.”

Lei gli rubò l’asciugamano dalle mani e senza guardarlo si pulì il viso, mentre lui ancora le teneva i capelli dietro la testa.

“Cosa ci fai qui?” gli chiese poi, la voce cupa e gli occhi rossi.

“Be’, avevi detto tu che c’era questa festa, no?”

“E tu avevi detto che non ci saresti mai venuto.”

“Ho cambiato idea.”

“E Sofia?”

“L’ho portata da tua madre – che non si è risparmiata di borbottare che siamo entrambi degli irresponsabili.”

“Potevi evitare allora che mi riducessi così!”

“Guarda che hai fatto tutto da sola, Eli.” Le sorrise, accompagnandola al lavandino e aprendole i rubinetti, mentre lei, con gli ultimi colpi di tosse, lo seguiva e continuava a tenere il viso basso.

“Ma se tu fossi venuto con me dall’inizio, io non mi sarei dovuta sorbire le avances di quell’imbecille di Pietro!” Iniziò a lavarsi il viso, per poi chiedergli l’asciugamano. Francesco glielo diede e le sorrise, facendola voltare verso di sé per poterla guardare. Erano passati due anni dacché vide per la prima volta una scena simile e in questi due anni Elisa non era minimamente cambiata. Aveva sempre la solita faccia imbronciata con il labbro inferiore sporgente e la fronte aggrottata come se volesse incutere terrore, ma lei non sapeva che l’unica cosa che gli induceva quell’espressione era una risata divertita.

“È il tuo nuovo capo, mi fa piacere che già lo reputi un imbecille.”

Elisa lo schizzò con le mani ancora gocciolanti, per poi asciugarsi e portarsi via quell’ultimo residuo di trucco che aveva messo agli occhi. Molto meglio senza, se l’alternativa era quella di vederla con degli occhi neri come un panda. Lui gliel’aveva sempre detto che lei non aveva bisogno di truccarsi, soprattutto perché non è che si sapesse truccare proprio bene. Sembrava impacciata, quando lo faceva.

“Ti senti meglio, ora?” le chiese, passandole una mano intorno alla vita. Elisa accennò ad un assenso e si appoggiò a lui. Per un attimo sembrò non avere più forze, essersi addormentata come un sasso, e mentre lui la stava per prendere in braccio per portarla via, lei si riprese, per poi serrare gli occhi. “Uhm, a me non sembra. Vuoi andare via? Ti riporto a casa.”

“No, non posso farmi vedere in questo stato.”

“In realtà penso che ormai tutti ti abbiano già visto,” le disse, canzonandola. “Ma Pietro ti supera notevolmente: quando sono arrivato stava accennando ad uno streap tease in piedi su un tavolo.” Sogghignò, se uno come quell’Orlandi era riuscito a mandare avanti uno studio di architetti, lui e gli altri come potevano non crearne uno loro? “Dai, vai a prendere la tua roba, ti porto a casa.”

“No, no,” negò lei, cercando di allontanarsi da lui. “Ho solo un po’ di mal di testa.” Lui la lasciò fare, tenendola sott’occhio mentre si dirigeva verso una camera poco più in là, lungo il corridoio. “Bisogna solo che mi riposi cinque minuti.”

“Allora stai qui,” disse lui, aprendole la porta. Era una camera da letto molto ampia, ornata da dei mobili antichi che contrastavano molto con il moderno e l’esotico che si poteva assaggiare nella zona giorno di quell’appartamento, però dava un senso di tranquillità e calore molto più che del soggiorno. Prese Elisa per un braccio e la fece sedere sul letto, per poi uscire e socchiudere la porta. “Vado a prenderti la borsa e un bicchiere d’acqua.”

Fuori dalla stanza, si sistemò il colletto della camicia che indossava – una camicia che forse aveva usato soltanto altre tre volte in tutta la sua vita – e si tirò su le maniche, per poi tornare nuovamente nella grande sala e cercare dei bicchieri puliti. Dovette rinchiudersi in cucina e frugare tra i mobili per trovarli, evitando tutta una serie di donne di mezza età che lo guardavano languidamente e altre colleghe di Elisa che più volte erano riuscite a catturarlo a ritmo della musica da discoteca che ora riempiva la casa. Ne prese uno dalla credenza sopra l’acquaio e lo riempì con l’acqua del rubinetto, non trovando nessuna bottiglia.

La battaglia più impegnativa ora era trovare la borsa di Elisa. Sicuramente lei aveva dietro qualche aspirina, o almeno qualche pasticca per il mal di testa e non appena sarebbe stata un po’ meglio l’avrebbe portata a casa, anche di peso, se lei avesse continuato a impuntarsi.

“Scusi, sa per caso dove -”

“Oh, dammi pure del tu, non sono mica così vecchia, sai!” gli rispose una donna dai lunghi capelli ossigenati e delle labbra di un rosso così acceso da oscurare totalmente il colore degli occhi. “Oh, ma io ti conosco! Sei il fidanzato della De Angelis!”

“No, si sbaglia, io volevo solo sapere se -”

“Del tu, dammi del tu!” ripeté alzando la voce, credendo che fosse per la musica che lui non avesse sentito, e non per il semplice disinteresse alla sua richiesta.

“Sì, d’accordo!” ribatté lui. “Dove è il guardaroba?”

“In fondo a sinistra.” Indicò il corridoio da cui erano entrati.

Francesco si dileguò senza nemmeno avere il tempo di ringraziarla, fuggendole da sotto gli occhi e le mani, che se non fossero state impegnate a tenere un bicchiere di liquore e un pasticcino, sicuramente avrebbero iniziato a toccarlo senza ritegno. Rabbrividì all’idea.

“Oh, Francesco Vanni!”

Che palle… Si passò una mano sul viso e si voltò esasperato. Pietro Orlandi, suo ex compagno di corso all’università, stava abbracciato ad una ragazza dai capelli rossi che indossava un misero pezzo di stoffa, giusto a coprirle il seno e –

“Non mangiartela con gli occhi! Lei è mia!” rise Pietro, prendendolo per le spalle e rischiando di fargli cadere di mano il bicchiere d’acqua. “Per una volta sono io che ti batto in fatto di donne, eh, Vanni? Sei solo?”

“Veramente sono qui con Elisa.” Chiarì, tanto per non farsi mettere i piedi in testa e mantenere la sua superiorità su di lui.

“Ah, è ancora qui? Pensavo fosse andata via, non l’avevo più vista in giro.” La sua mano toccava spudoratamente il seno destro della ragazza, che rideva con falso imbarazzo.

“Si è sentita male.” Spiegò. “Tra poco la porto a casa.”

“E dove è, ora?”

“Pietro, avevi detto che avevi una sorpresa!” li interruppe la ragazza, strusciandosi a lui.

Francesco notò la gonna che le si alzava senza pudore oltre il limite consentito e i suoi occhi vennero catturati da un piccolo particolare: non indossava nessun tipo di mutandine. O le aveva già tolte, o non le aveva proprio messe.

“Certo, Sabrina, certo, intanto vai tu, ti raggiungo.” E l’allontanò con una pacca sul sedere, mentre lei arricciava il naso ridendo stridula.

“Ora chi è il più popolare, Vanni?”

“Oh, coi puttanoni sei sempre tu, non ti batte nessuno!” il ghigno beffardo di Francesco vinse sull’espressione sbigottita di Pietro, che finse una risata, risultando nervoso e sconfitto.

“E… E tu,” riprese posizione l’altro. “Continui a svezzare le verginelle?”

“No, ho smesso,” sospirò falsamente lui. “È tempo che metta la testa a posto anche io. Sai, a me non escono soldi dal culo come a te.” E detto questo si girò per entrare nel guardaroba, sentendo un ultimo tentativo di ribaltamento della situazione da parte di Orlandi, che gli urlava di essere solo invidioso del successo che lui non avrebbe mai avuto. Francesco chiuse la porta della stanza e roteò gli occhi. Non era stato sufficiente averlo avuto per un anno intero nello stesso corso? Anche a quella festa doveva sempre cercare il modo di sfidarlo in campo sessuale? Era sempre stato così, come se Pietro Orlandi volesse dimostrare a tutti quanto anche lui potesse piacere alle donne. E l’aveva presa come una questione di orgoglio personale.

È questione di crisi d’identità sessuale.

Francesco cercò di scacciare quei pessimi ricordi e tornò al presente con il suo problema più grosso: in una stanza interamente sommersa di borse femminili, cappotti, giacche, giacchetti, borsoni, e chissà quanta altra roba, quale era la borsa di Elisa? Si grattò la testa rassegnato e tentò di ricordarsi come fosse vestita quando era uscita di casa, peccato solo che Lebron James aveva proprio in quel momento fatto un canestro pazzesco…

Poi si illuminò notando una borsa più sobria delle altre, nera e bianca, a tracolla e decorata con un fine ricamo grigio sulla parte inferiore. Era la borsa che lui le aveva regalato – sotto consiglio di Chiara – dopo una delle loro tante liti. Spostò qualche cappotto e prese la borsa tra le mani, aprendola. Prese il portafoglio e non appena vide la foto che immortalava lui con sua figlia in braccio, scattata da Elisa il Natale scorso, non ebbe dubbi. Prese la borsa e corse fuori dal guardaroba, attraversando la sala mentre pregava di non essere urtato per non rovesciare il bicchiere d’acqua e tornò nella camera dove aveva lasciato Elisa. Ovviamente non c’è limite al peggio. Francesco pensava che una volta tornato in quella stanza, tutto sarebbe potuto essere più tranquillo, ma evidentemente si sbagliava: Elisa non c’era più. Ebbe una voglia quasi irrefrenabile di battere la testa contro il muro, ma non si diede per vinto. Posò la borsa sul letto e il bicchiere sul comodino, per poi uscire a cercarla. Non sapeva che ore fossero, ma la gente stava pian piano diminuendo. Fermò una coppia di ragazze, ma non seppero rispondergli. Solo la solita donna ossigenata riuscì a dire qualcosa di più concreto e altrettanto disgustoso: “L’ho vista uscire con il vestito sgualcito, seguita da Pietro.” Francesco inarcò le sopracciglia incredulo. “Non te l’aspettavi, eh?”

“Ma ora sa dov’è?”

“Si era rinchiusa in bagno. Pietro ha provato a farla uscire, ma non c’è riuscito.” Rispose. “E dammi del tu!”

Ma Francesco era già andato via, non tanto perché fosse preoccupato per Elisa – se lei si arrabbiava, doveva essere lui a preoccuparsi per se stesso – quanto perché non ce la faceva più a rimanere in quella casa per un minuto di più, non in quelle condizioni.

“Eli,” bussò alla porta del bagno, stanco. “Voglio andare a casa, mi apri così si va via?”

“Solo se sei solo!”

“Sì, sono solo.” Disse esasperato, appoggiandosi con la testa e gli occhi chiusi al legno della porta. “Dai, Eli.”

La chiave girò nella toppa e la porta si aprì, mentre Elisa faceva capolino fuori con la sua solita faccia imbronciata. “Perché hai fatto entrare Pietro?”

“Che dici? Non ho fatto niente.”

“Ha detto che doveva farmi vedere una sorpresa ed è salito sul letto.”

“Ti avrà scambiata per la sua Sabrina. È talmente ubriaco che non riconoscerebbe nemmeno sua madre.”

“Sta di fatto che gli ho mollato uno schiaffo.” Disse lei, immusonendosi ancora di più.

“Hai fatto bene.” Rise Francesco, offrendole la mano. “Ti ho preso la borsa, andiamo a casa, ora.”

“Sì, d’accordo.” Accettò la mano e uscì mogia dal bagno, facendosi guidare verso il guardaroba da lui, che la sosteneva con una mano sulla schiena. Mentre lei cercava il cappotto, lui tornò a prenderle la borsa nella camera dove l’aveva lasciata, per poi raggiungerla all’ingresso, aprendole la porta e respirando aria di libertà. L’accompagnò alla macchina, visto che non era il caso di tornare in moto – Elisa non sembrava tanto piena di energie per potersi tenere saldamente a lui – e partirono, diretti verso casa.

Sospettava che la serata si concludesse così, ecco perché le aveva detto di non volerci andare, ma non gli sembrò opportuno farglielo notare in quel momento, anche perché Elisa si era clamorosamente addormentata con la bocca aperta e per niente aggraziata. Ma dopotutto lei era fatta così, e lui ormai sapeva come prenderla. E, detto sinceramente, non gli dispiaceva.

 

__________________________________

 

E arrivata alla fine di questo piccolo momento, parlerò più schiettamente: non doveva concludersi così. Innanzitutto l'epilogo di questa piccola storia doveva essere tutt'altro, ma alla fine mi sono dovuta ricredere - più perché l'idea non mi piacesse, per il fatto che forse questa conclusione è quella che più si addice alla situazione (non tanto ai protagonisti!) - in secondo luogo mi piacerebbe tirare le somme di tutto ciò: Pietro Orlandi, quella sera, era sì andato a letto con una rossa, ma la rossa in questione non era per niente la nostra Elisa, che anzi l'ha pure schiaffeggiato per essere lasciata in pace. La donna che invece aveva più volte placcato - o braccato? - Francesco, aveva assistito alla fuga di Elisa da Pietro, e quindi aveva costruito intorno a quei due secondi visti, la storia che loro due fossero andati a letto insieme. Da qui la voce si è sparsa in un batter d'occhio, perché come si fa a non dar credito ad un gossip così succulento che parla di una notte di passione tra una neo-assunta e il proprio capo? ;)

Da quest'immagine che mi era venuta in mente quando buttavo giù le idee per la storia, è nata quell'allusione che avete letto, che porta Elisa a pensare di aver fatto sesso con Pietro, e Francesco che si diverte a prenderla in giro a sua insaputa.

Ehh, che mondo!

 

Insomma, spero che questo piccolo strappo nel passato dei due protagonisti vi sia piaciuto. Posso solo scusarmi per la confusione che magari potreste aver incontrato tra i pensieri di Elisa nella prima parte, quando parla della sua situazione sentimentale - e quella di Francesco - ma è un argomento che mi piacerebbe riprendere successivamente nella storia principale, quindi non mi ci sto a soffermare troppo. Ovviamente, per qualunque incomprensione, non fatevi problemi a chiedere!

 

Ok, via, sarebbe anche l'ora di chiudere le note finali, quindi vi saluto!

Lasciate magari un commento, eh? ;)

 

S.P.

  
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