- Capitolo 2: Solo
l’inizio
- -Ehi, Ally?!- mugugnai
infastidita. -Ally,
sono già le sei e venti...
- Le sei e venti..?
Perché Roby mi aveva
svegliato così presto?
- Un momento: non era la voce di Roby...
- Spalancai gli occhi e
mi misi a sedere
con uno scatto. Mi guardai intorno, e pian piano feci mente locale.
Purtroppo,
non era stato un incubo. Ero davvero in questo stupido collegio, e
davvero era
così presto.
- La mia coinquilina mi
guardava
divertita, con un sopracciglio alzato e le braccia incrociate al
petto:-Buongiorno.
- -’Giorno..- borbottai,
tirandomi un
po’. Le mie ossa scricchiolarono, ed emisi contro la mia volontà un
verso
strano. Accipicchia com’era scomodo ‘sto materasso!
- -Fammi indovinare:
speravi fosse un
incubo.
- -Ma è la cruda realtà-
risposi
automaticamente, mentre mi sgrovigliavo le coperte di dosso.
- -La colazione è tra
venti minuti..
- -Così presto?-
- -Come alternativa, c’è
il turno delle 6
e dieci, ma io non mi sveglierò mai alle 5 e mezza- precisò, pacata.
- La guardai sbigottita,
un po’ perché era
presto, un po’ per lo shock: -Nemmeno io!
- Cassie era vestita di
tutto punto, con
quell’orribile divisa che le donava lo stesso, e i capelli
castani-ramati
legati in una coda a lato. La gonna a scacchi, verde scuro e nero, le
arrivava
alle ginocchia, e teneva alto il colletto del dolcevita bianco, sopra
cui c’era
un pullover nero.
- Mi trascinai in bagno,
mentre lei
trafficava con qualcosa vicino al suo letto. Mi lavai velocemente,
indossai
quell’ammasso di stracci –che chiamavano uniforme- e allacciai i lacci
verdi – oh Dio mio!- delle Converse nere.
- -Cassie, il trucco è
ammesso in questo
carcere?- le chiesi, tornando nella stanza.
- -Ovvio che no! Solo ed
esclusivamente
all’ultimo sabato del mese.-
- Dio, una prigione era
molto meglio.
Uff, anche i trucchi, mia passione sopra tutte, erano vietati. Mi
chiedevo
sinceramente cosa si potesse fare qui dento. Due giorni che ero qui, ed
ero arrivata
alla conclusione che le cose concesse erano ben poche. Anche per
respirare c’era
un divieto, come minimo.
- Presi l’orario delle
lezioni, e
preparai la borsa con i cinque libri delle materie. Cassie mi consigliò
di
lasciarla pure qui, tanto ci saremmo ritornate dopo.
- Ci avviammo per i
corridoi e
raggiungemmo la sala in cui avevamo pranzato ieri.
- Non c’erano molti
studenti, non ancora
almeno. Sia io che Cassie prendemmo solo una tazza di latte e caffè, e
ci
accomodammo ad un tavolo. Dopo poco, arrivò anche Jessica.
-Buongiorno!-
esclamò, allegra. Ma dove trovava tutta quell’energia?
- -Ma come fai?-
borbottai. Se aveva un
trucco, me lo doveva assolutamente
dire. Dovevo trovare un qualsiasi modo per rendere questa permanenza il
più indolore
possibile.
- -A far che?- chiede,
confusa.
- -A essere così vivace
di mattina..
- Lei ridacchiò, -Bo!-
- -Fidati, è lei così
attiva di suo..- commentò
Cassie, portando la tazza alle labbra. La imitai, e appena bevvi un
goccio di
latte, quasi non sputai tutto in faccia a Jessica. Ma che schifo era?!
- Cassie e Jessica
risero apertamente,
che sceme! Potevano almeno avvisarmi che la colazione avrebbe attentato
la mia
salute! Era nociva questa roba; ma l’aspetto quasi decente ingannava..
- Allontanai la tazza,
schifata: -Domani
prenderò assolutamente qualcos’altro- dissi.
- Cassie storse il naso:
- non ti
conviene, è la cosa più commestibile di tutte!- mi avvisò, e io sgranai
gli
occhi.
- Bene, appunto da
tenermi sempre a
mente: non fare colazione.
- Ormai avevo capito che
volevano
uccidere le persone che entravano in questo istituto. Tra orari
impossibili e
pasti che nuocevano gravemente alla salute...non so, chi sarebbe mai
uscito
vivo di qui?
- Finimmo di far
colazione, poi ci demmo
appuntamento davanti alla nostra classe.
- Io e Cassie tornammo
nella nostra
stanza, prendemmo il nostro zaino e ci avviammo. Erano le 7.30, e i
corridoi
cominciavano a riempirsi di ragazzi.
- -Come mai prima c’era
quasi deserto, e
ora le persone sembrano essersi triplicate?- chiesi, curiosa.
- -Perché sono quei tipi
che preferiscono
morir di fame senza far colazione né pranzo, considerando le schifezze
che ci
sono, ed escono solo ora.- Riflettei due volte, soppesando bene le
ipotesi,
prima di dirmi d’accordo con loro. Forse anche io avrei rinunciato ai
pasti,
per dormire un po’ di più. Tanto, meglio morire di stenti, che morire
avvelenate!
- Se avessi saputo
prima, che qui il cibo
avrebbe fatto schifo, probabilmente mi sarei portata dietro delle
scorte. Anche
se non sarebbero durate nulla, considerando che mangiavo come un
porcello.
- Arrivammo all’alula;
ci accostammo
vicino alla porta, aspettando Jessica, che sarebbe arrivata a momenti.
- Nel corridoio si
sentivano delle risate
farsi sempre più vicine. Alcune erano abbastanza tonanti, ed erano le
meno, e
sopra quelle facevano differenza delle altre, che sfioravano lo
stridulo. Mi
ricordavano quelle del giorno prima, nell’aula mensa. Infatti, passò
davanti a
noi una ragazza bionda e snella, con al suo seguito una mandria di
altre
ragazze anonime, e tre ragazzi. Come dimenticarlo, il tipo tra gli
altri due:
era il cafone che aveva tentato di rubarmi il pranzo. Com’è che si
chiamava? Bryan McQualcosa...
- -Ecco Ryan McCarty e
Amber Morgan con
pollaio al seguito..- mi mormorò Cassie, facendo finta di nulla,
passandosi una
mano tra i ricci. Ah..Beh, ci ero vicina no? Ryan, Bryan..Erano simili!
- Anche oggi era
impeccabile, con i
pantaloni a vita bassa e il pullover probabilmente seppellito da
qualche parte
nel suo armadio al posto che addosso a lui. L’unica cosa che mi piaceva
di lui
era lo stile.
- Mi riservò uno sguardo
curioso, che
volontariamente ignorai. Quel tipo non mi ispirava proprio simpatia.
- La bionda si fermò
davanti a Cassie, e
la guardò per qualche secondo con un sopracciglio alzato. Ahia, girava
una
pessima aria.
- -Montgomery.- la
salutò con
un’espressione che mi fece girare le scatole. Si credeva un po’ troppo
Miss
Mondo, questa tipa. Le conveniva abbassare la cresta con me, o non mi
sarei
fermata davanti all’idea allettante di strapparle i capelli.
- Proseguì all’interno,
seguita da quell’ammasso
di gente un po’ troppo assoggettata.
- -Wow.
- Cassie rise per il mio
commento molto
articolato. Arrivò anche Jessica, e entrammo a nostra volta.
- La classe era avvolta
nel più brutale
dei casini. E meno male che li immaginavo delle mummie. Però,
analizzando
meglio la situazione, la parte dominante del casino stava dove c’era
Miss Mondo
e co. Continuavano a ridere- le ragazze mi davano tanto l’aria di
sforzarsi.
Odiavo le persone che arrivavano ad annullarsi per piacere (tra
virgolette,
poi) ai popolari della scuola.
- -Sfortunatamente noi
abbiamo già la
coppia.- mormorò Cassie, mordendosi nervosa le labbra. Oh oh,
cominciamo ad
avere un brutto presentimento.
- –L’unico
posto libero è vicino a..- Cassie fece un sorrisino divertito,- McCarty.
- Oh.
- Fantastico.
Io me lo sentivo che come secondo giorno sarebbe stato una merda.
- -Ragazzi,
al posto!- entrò l’insegnante, che, guarda guarda, era niente popò di
meno che
la strega che mi aveva rinchiusa qui dentro. La titolare con gli
occhialetti da
Harry Potter. Ancor meglio.
- I
ragazzi erano tornati quieti come agnellini, e solo io rimanevo
impalata a
fissare il posto vuoto accanto a McQualcosa.
- -Insomma,
signorina Stewart, si sieda! C’è un posto vicino al signor McCarty.
- Arrossii,
mentre Cassie e Jess ridevano per la mia pessima performance. Mi
sedetti sulla
sedia, spingendola il più lontano possibile da lui, neanche avesse la
peste.
Infantile? Sì. M’importava? Meno di zero.
- La
tipa con gli occhialetti era l’insegnante di lingue. Meglio di così! In
grammatica non ero un asso, però me la cavavo. In quanto ai temi..beh,
ero
bravina prima. Solo che dubitavo avrei preso i bei voti che ottenevo
prima, con
questo giunco secco e rugoso con gli occhiali.
- Cominciò
a spiegare, con quella voce altisonante che sfiorava il nasale. E
l’idea di
ascoltare proprio non mi sfiorava nemmeno.
- Senza
contare che dovevo concentrarmi per non voltarmi verso il mio vicino.
Era come
se mi calamitasse. Era innegabile che fosse uno spettacolo per gli
occhi, ma c’era
dell’altro. E io non intendevo voltarmi verso di lui. Non volevo.
- -E
quindi, com’è che ti chiami?
- Sussultai,
sentendo la sua voce vicina ai miei capelli. Non mi voltai, e piantai
gli occhi
alla lavagna.
- -Io
sono Ryan, piacere. - con la coda dell’occhio lo vidi accigliarsi.
Povero, si
sentiva ferito nell’ego, il ragazzo. Pallone gonfiato. Tzè. Non
attaccava la
scenetta del gentile, con me. Sapevo per certo che non lo era.
- -Senti-
proseguì- mi dispiace per ieri, sono stato proprio maleducato. Puoi
perdonarmi?
Possiamo fare un passo indietro, e ricominciare col piede giusto?-
- -No.
- Secco,
conciso, no. Non mi abbacinava con due scuse e un’aria da finto
pentito.
- Probabilmente-ferito
nell’orgoglio- aveva deciso di rinunciarci, con me. Notai, sempre senza
farmi
notare, che aveva un’espressione più che shoccata. Il tipo non doveva
essere
abituato a sentirsi rispondere ‘no’ dalle ragazze. Si voltò verso
l’insegnante,
e stette tutta la lezione a rimuginarci sopra. Vedevo passare tutte le
sue
emozioni sul viso. La maggior parte delle volte, era un’aria da
bastardo che
diceva ‘io posso tutto’, come se ne fosse realmente convinto. E su
questo,
potevo giocarci una mano. Poi c’erano i momenti da narcisista afflitto
con drammi
esistenziali, e poi ancora indifferenza. Erano questi gli stati d’animo
che
leggevo nei suoi occhi, e che si alternavano da sessanta minuti.
- -Signorina
Stewart. – mi richiamò la docente. Mi fece cenno di venire, poi mi
consegnò due
lettere. –Sono da parte dei suoi.
- Questo
poi, era il limite. Non solo mi spedivano qui, ma come minimo c’era
anche una
ramanzina tutta da subirmi. L’unica cosa positiva, è che c’era anche
una busta
da parte di Roby.
- Mi riaccomodai
al posto, e aprii la prima lettera, quella dei miei. Via il dente, via
il
dolore, dopotutto.
- Alyssa,
- io e papà
siamo davvero delusi dal tuo
comportamento. Pensavamo fossi diversa, che qualcosa di buono ti
avessimo
insegnato.
- Ti abbiamo
dato tutto: una casa, un’istruzione,
una dignità.
- E tu ci
ripaghi così. Portandoti a casa un
poco di buono, completamente ubriaca.
- La
cameriera ci ha detto che solitamente
sei impeccabile. Noi vorremmo crederle; ma vedendo la situazione, non
possiamo.
- Siamo
scettici di fronte alle belle parole
che quella signora ci rivolge, siamo arrivati a pensare che lo faccia
solo per
non perdere il lavoro. Magari è timorosa di dirci che nostra figlia non
sa
comportarsi. Ancor peggio sarebbe sapere che sei tu a proibirle di
riferirci i
problemi che crei.
- Confidiamo
che, almeno questo, non sia
così.
- Ti abbiamo
mandato lì, in quell’istituto,
per darti una seconda chance. Non vederla come una punizione, perché
non lo è.
Solo vogliamo che tu abbia un’istruzione migliore, che tu sia colta, e
che al
tuo ritorno tu sia diversa da come ti abbiamo lasciata, selvaggia e
ribelle.
- Regolati.
Non combinar guai.
- Mamma e
papà.
- Quando
finii di leggere, avrei tanto voluto scoppiare a piangere, a urlare.
- Non
solo mi avevano spedita qui, con l’ipocrita intezione di darmi una
seconda
possibilità, ma si erano presi meriti che non avevano, come avermi dato
una
dignità e quant’altro. Certo, sull’istruzione e la casa, mi pareva
ovvio. Chi doveva assicurameli, se non i miei
genitori?
- La
cosa shoccante è che erano convinti
che i loro soldi mi avessero dato tutto. Ma quanto si sbagliavano.
- Sì,
mi avevano dato i miei vestiti, la mia casa, la mia auto...
- Mi
avevano dato tutto, tranne l’affetto di cui avevo bisogno.
- Cosa
ancor più meschina, da parte loro, oltre il fatto che mi ritenessero
una specie
di vandala, era che trattassero Roberta come una nullità.
- La
cameriera..ma chi si credevano di essere? Roby era molto più ricca di
loro due,
ma non perché portasse abiti firmato o guidasse una ferrari. Perché
aveva un
grande cuore, una cultura, e una saggezza infinita.
- E
soprattutto lei aveva due cose che loro – i miei-
non avevano. La mia stima e il mio affetto. Roby, che mi aveva
cresciuta e
protetta, se li era conquistati. Legarsi a lei, per altro, era facile
come
respirare. Era una persona così buona che era inevitabile.
- Non
dovevano nemmeno permettersi di darle dell’incapace, quegli ipocriti.
Non
sapevano niente di me, loro, niente. Erano capaci di non ricordarsi che
giorno
fossi nata. Figurarsi..molte volte non si ricordavano nemmeno di
averla, una
figlia... Perciò cosa pretendevo?
- Stropicciai
il foglio, ficcandola poco delicatamente nella tracolla, poi passai il
dorso
della mano sulla guancia, dove mi era scappata una lacrima di rabbia.
- Ero
fatta così. Quando mi arrabbiavo o innervosivo solamente, piangevo.
Sfogo più umiliante
di quello non c’era.
- Aprii
il più delicatamente possibile quella di Roberta, sperando di ricevere
un po’
di sollievo.
- Cara,
carissima piccola Ally.
- Due giorni
che sei partita, e già sento la
tua mancanza.
- La casa è
così ordinata, che mi fa una gran
tristezza. Dovresti essere qui, a spargere riviste, scarpe e maglioni
in giro
per il salotto, e invece, probabilmente, ora starai piangendo per la
frustrazione. E tu odi piangere.
- Ti scrivo
questa lettera, e i tuoi di ciò
sono all’oscuro, sperando di farti spuntare un piccolo sorriso.
- So che
sarai triste. Ti hanno tolto tutto,
e sono davvero contraria a questa punizione. Mi manchi, tanto, Ally.
Sai che
per me, tu sei tanto.Sai che senza di te sono triste. Vivo in
questa
casa da sola, ora. E’ più triste di quando eravamo in due. Ma almeno,
tu davi
un po’ più di colore a tutto questo bianco e grigio.
- Allys, io
so che è stato un equivoco,
quello con i tuoi. Loro non sanno veramente come sei, e hanno frainteso
malamente. Però il danno è fatto.
- Mi
raccomando, piccola mia, sii
giudizievole. Sai bene la distinzione su cosa è giusto e cos’è
sbagliato. Te l’ho
insegnato io, e vorrei che facessi fruttare i miei consigli. So che lo
farai.
- Quindi,
dimostra ai tuoi che sei una brava
ragazza, e torna da me.
- Spero di
rincontrarti presto, mi amorcito.
- Cerca di
essere felice, là nella verde Inghilterra.
- Con
tanto,tanto affetto,
- Roby.
- Strinsi
la lettera al petto, sorridendo teneramente.
- La
mia Roby mi conosceva troppo bene. Avevo qualcosa di lei, adesso, e
l’avrei
conservato a lungo: il suo ciondolo d’oro a forma di Argentina. Ci
teneva
tantissimo, a questo piccolo pegno. Gliel’aveva regalato suo marito,
prima di
morire giovane.
- E
ora, lei me l’aveva spedito, confidando che lo conservassi e tenessi
bene. Lo
legai al collo, e ripiegai delicatamente la lettera, mettendola nel
diario.
- Il
professore entrò.
- Aveva
l’aria da antipatico, e lo odiai ancor più quando mi domandò di fare
una breve
presentazione.
- Oltre
la brutta esprerienza, le altre tre ore passarono in un soffio. Il mio
compagno
era soddisfatto per aver scoperto il mio nome di battesimo, ma comunque
non mi
rivolse la parola per il resto della giornata.
- Ora
stavo tornando ai dormitori in compagnia di Jessica e Cassie.
- -Ehi,
Ally..abbiamo notato prima che eri giù..cosa ti ha dato la prof?
- E io
che credevo che nessuno mi avesse vista! Non se n’era accorto il mio
vicino,
troppo impegnato a chiacchierare, come potevano averlo notato loro?
- -Due
lettere..una dei miei. Io li odio. Non solo mi hanno spedito qui, ma si
danno
di quelle arie da genitori perfetti! E non dovrebbero, sapete, perché
non
possono essere definiti tali!
- -Ally,
calmati.
- -Non
posso, non posso farlo, Cassie! Non hai letto quello che mi hanno
scritto. Si
credono infallibili come madre e padre, ma sono davvero..pessimi! Non
mi
conoscono nemmeno un po’, non ci sono mai stati per me! Mi hanno
affidata da
quando avevo due giorni alla mia tata, e dall’ora si sono sempre fatti
sentire
una, massimo due volte all’anno! Immaginatevi quando sappiano di me!-
- Il
mio sfogo proseguì a lungo, anche in camera nostra, dove Jessica ci
aveva
seguite. Finii per mostrare il mio lato debole anche a loro, scoppiando
in un
pianto isterico. Odiavo avere crisi di nervi, poi non sapevo
controllarmi. Loro
mi stettero vicino, e cercarono di capirmi.
- Quando
mi calmai, le ragazze mi parlarono di un corso di musica che si teneva
da quel
momento, fino a maggio. Loro erano tentate di andarci. Era una novità
per quel
luogo, dove il divertimento era vietato in ogni modo possibile.
- -Beh,
potremmo provare.
- -Sì,
dai..speriamo bene...- commentò Jess, - se bisogna studiare anche per
quello,
però..io mollo.
- -Anche
io, non preoccuparti.- commentò Cassie.
- -Ma
sì,non fasciamoci la testa prima di iniziare.- feci. Bisognava
cominciare
ottimisti, in questi casi.
- Avrei dovuto farlo anche io, quando avevo ricevuto la notizia del mio trasferimento. Però non potevo di certo sapere che cosa mi attendeva.
- *
- Oh mamma. E' da un secolo
che dovrei
postare..Scusatemi tanto.^^"
- Sono
stata un po' presa, in questo
periodo. Sono un caso disperato...U.U"
Beh, questo è un capitoletto transitorio per introdurre bene la storia. Dal prossimo, si farà un po' piu avvincente. Qui piu che altro, ho voluto evidenziare il rapporto che aveva con la sua tata, che sarà spesso nominata, credo, e i genitori sempre assenti che l'hanno mandata lì. Ovviamente, li odia.
E' da capire, dopotutto, però. Non ci sono mai stati per lei, e adesso prendono decisioni su due piedi. Questo a lei è andato alla testa.
Beh, spero vi sia piaciuto, un pochino almento...spero di ricevere qualche commentino, solo per sapere che ne pensate. ^^
Beh, BUON ANNO!