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Autore: ShinyDarkF    29/12/2010    2 recensioni
Erano solo due ragazzi.
Erano felici.
Non sapevano quello che stava per accadere.
Ora sangue è quello che vedono.
Sangue è quello che sentono.
Sangue è quello che vogliono.
Ma forse non tutto è perduto.
Sono stati nel buio per anni ma ora...
Stanno tornando.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Edit: scusate l'intrusione ma vedo che le visite e le recensioni sono nettamente diminuite e gli ultimi due capitoli non hanno ricevuto neanche una recensione. Quindi, ora vi chiedo, vi piace ancora la mia fan fiction?

Il risveglio non fu facile per nessuno, tranne per Tom che era il più mattiniero del gruppo. Naturalmente non si era svegliato per abitudine o per andare a lavorare, come qualunque persona, lui si era alzato per andare a caccia. Erano più o meno le 7 del mattino e Tom si era già alzato e stava scegliendo i vestiti che si sarebbe messo. Quel giorno era indeciso tra una maglietta nera e una bianca con un teschio nero gigantesco. Forse era meglio la nera, almeno non si sarebbe distinto tra gli altri. Avrebbe fatto il solito turista confuso che chiedeva indicazioni per un luogo, non avrebbe capito bene e avrebbe chiesto a qualcuno di accompagnarlo. Il resto si poteva immaginare. Era dispiaciuto, però, che Bill non poteva venire con lui. Gli mancava suo fratello e sapeva che anche a Bill mancava trascorrere delle giornate con il suo gemello. Ma Bill era troppo buono, un po’ Tom lo invidiava ma poi si pentiva di averlo fatto.
Din Don. Improvvisamente il campanello suonò.
"Vado io!" disse il vampiro ma sapeva che nessuno lo avrebbe ascoltato. Erano tutti troppo impegnati a dormire.
Aveva scelto il completo adatto: maglia nera, jeans e scarpe da ginnastica, sembrava proprio un ragazzo come tutti gli altri.
Tom aprì la porta.
"Buongiorno!"
"Buongiorno" rispose una donna. Portava un maglione leggero e una gonna che arrivava fino al ginocchio. Aveva i capelli biondi raccolti in uno chignon e gli occhiali che nascondevano un visino chiaro, ma non troppo pallido e dei grandissimi occhi del colore del cielo.
"Lei è?" chiese Tom.
"Mi scusi, credo di aver sbagliato casa. Qui non abitano gli O’Connel?"
"Certo" mentì Tom ricordandosi della coppia che aveva ucciso il giorno prima. Decise che mentire era l’arma migliore.
"Bene! Potrei parlare con loro?"
"Mi dispiace ma non sono in casa. Ma può benissimo dire a me, sono il loro figlio"
"Oh"
"Sembra dispiaciuta.." disse Tom mostrando il suo perfetto sorriso.
"No è che gli O’Connel non mi avevano mai detto di avere un figlio, anzi sembravano molto tristi per il fatto che erano sempre così soli"
"Si, questo è perché non vivo qui, mi sono trasferito in Inghilterra per andare ad Harvard e torno solo per pochi giorni all’anno"
"Oh, allora mi scusi"
"Non si preoccupi. Ma mi dica, come mai è qui? Cioè, voglio dire, cosa doveva dire ai miei genitori?"
"Oh bè niente di importante"
"Su, entra, stavo giusto per preparare un bel caffè"
"Veramente dovrei andare"
"Su, non vorrà mica offendermi?"
"Va bene, ma solo per cinque minuti"
"Non se ne pentirà"
E così la povera donna senza nome entrò in casa. Non sapeva di aver appena firmato la sua condanna a morte.
" Ma prego, si sieda" disse Tom porgendole una tazza di caffè."Allora, cosa doveva dire ai miei genitori?"
"Niente di che, solo che fortunatamente ho trovato un acquirente."
"Un acquirente?"
"Si, per la casa. Non sapeva che era in vendita?"
"Veramente no. Sono tornato qui solo pochi giorni fa e probabilmente non hanno ancora avuto l’occasione di spiegarmi tutto. Forse non volevano rovinarmi il ritorno. Può dirmi lei?"
"Non c’è molto da dire. La casa è in vendita"
"Questo l’avevo già capito ma perché è in vendita"
"Guardi, si è fatto tardi io dovrei proprio andare e poi sono cose che dovrebbero dirle i suoi genitori, sinceramente neanche io ho capito molto bene la cosa"
"Su mi dica".
Allora Tom guardò la donna dritta negli occhi e la ipnotizzò. La signora non aveva altra scelta che parlare.
"Erano spaventati…" cominciò.
"Spaventati da cosa?" disse Tom continuando ancora ad ipnotizzare la ragazza.
"Dicevano di sentire suoni strani e che qualcuno li stava spiando. Dicevano di avvertire strane presenze dentro la casa e.. poi hanno fatto delle ricerche e hanno scoperto che due ragazzi sono morti qui. Sembra assurdo ma pensano che i loro fantasmi li stiano perseguitando"
Tom quasi scoppiò a ridere. La coppia stava cercando di scappare da Bill e Tom ed erano stati proprio i due ragazzi, inconsapevolmente, a fargli del male. La cosa era stranamente, macabramente…comica.
"Lei ci crede?" disse Tom. Questa volta non stava usando il controllo della mente.
"Io non credo ai fantasmi, ma…."
"Ma?"
"Sono sicura che qui ci sia qualcosa. Magari non al livello di soprannaturale. Magari ci sono solo persone che vogliono fare brutti scherzi o si può trattare di un episodio di stalking ma qui c’è di sicuro qualcosa di aver paura."
"Mmm o forse è solo la fantasia di due persone sole che vivono in una casa così grande e vecchia. Di preciso, chi è l’acquirente?"
"Un esperto di cose antiche. Era felicissimo che la casa era in vendita. Dice di volerla trasformare in un museo ma io non sono convinta che sia una buona idea"
"Perché?"
"Questa casa è così vecchia e piena di segreti. Sono sicura che da qualche parte qui ci siano cose che la gente non dovrebbe sapere"
Tom sorrise.
"Non ci faccia caso, forse è solo la mia fantasia" disse la donna e, proprio come il ragazzo, rise.
"Vado a prendere dei pasticcini, torno subito"
Appena il ragazzo andò in cucina, la donna decise di alzarsi, era passato fin troppo tempo e lei doveva andare, ma qualcosa catturò la sua attenzione. Una macchia di sangue, troppo grande per trattarsi di un semplice ed innocuo taglio, giaceva sul bracciolo del divano. Prima non poteva vederla perché il ragazzo la copriva ma ora era visibile. Aveva paura.
Tom tornò con un vassoio pieno di biscotti.
"Eccomi, vuole favorire?"
"No, mi dispiace devo andare"
Ma la donna commise due errori gravissimi. La sua voce tremava e il suo sguardo era ancora fisso sulla macchia.
Tom si girò.
"Oh, no, pensavo che se ne fossero andate tutte. Devo comprare un detersivo migliore"
"Mi scusi ma devo andare" disse la donna e si incamminò, anzi quasi corse verso l’uscita.
In meno di due secondi Tom era davanti a lei.
"Mi dispiace ma lei non andrà proprio da nessuna parte.Comunque grazie per il tempo che ha passato con me e per le informazioni che mi ha dato"
La donna voleva urlare ma non ci riusciva perché il ragazzo le bloccava la bocca con una mano. In meno di un secondo capì. Sarebbe diventata anche lei una macchia di sangue sul divano.

Due ore dopo Tom salì al piano di sopra e svegliò i ragazzi.
"Svegliatevi, dormiglioni, la colazione è pronta"
Quando i ragazzi scesero, si trovarono uno spettacolo davanti a loro.
Il salone era tirato a lucido, la tv era accesa e impostata su un canale di musica classica e al centro, tra i due divani, c’era un tavolino. Sopra c’era tutto quello che si potesse desiderare: latte, biscotti, toast, caffè, tè e perfino dei fiori che ornavano la tavola.
E il tutto era poggiato su una tovaglia antica, di seta e con un ricamo a fiori che riprendeva il motivo della carta da parati.
E da un lato c’erano due grandi bicchieri di sangue fresco.


   
 
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