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Autore: Love Today    29/12/2010    8 recensioni
Bella Swan per festeggiare il Capodanno decide di partire per una lussuoisissima crociera assieme alla madre e al suo patrigno.
Già dal primo giorno di navigazione Bella si rende conto che difficilmete riuscirà a dimenticare questa vacanza.
"-Era ‘For The First Time’, giusto?- mi chiese donandomi uno dei sorrisi più belli che avessi visto in tutta la mia vita.
- Sì, è quella.- dissi, mentre cercai di ricambiare il suo sorriso.
- E’ bellissima questa canzone. In questo momento è la mia preferita.- disse facendomi sorridere. – E’ anche la mia.- risposi."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Hey, salve a tutte.
Questa è la mia seconda FF che scrivo su Edward e Bella.
L'ho scritta a fine estate ma non l'ho mai postata poichè non mi convinceva molto, ma oggi mi sentivo in vena di rivederla e l'ho fatto e quindi eccomi qua.
Non so seposterò con frequenza perchè ho già un'altra FF in corso su cui ho le idee più chiare mentre qui vago un pò più nel dubbio.
Bando alle ciance sta a voi giudicare se vi piaccia o meno e prima di lasciarvi vorrei augurare a tutti un felice Capodanno e una buona lettura.
Baci Francesca.


 

La perla dei Caraibi
 

 Nel momento esatto in cui le note della canzone Say andavano sfumando sentii qualcuno chiamare il mio nome. Mi voltai dal lato opposto e trovai mia madre che sorrideva -Bella, è arrivato il momento dell’atterraggio allaccia le cinture-
Tolsi le cuffie che per tutta la durata del volo da Miami a Guadalupa, un’isola delle Antille, mi avevano isolato dal resto del mondo. Voltai di nuovo lo sguardo verso l’oblò e man mano che l’aereo si avvicinava al suolo riuscivo a vedere il paesaggio in modo più chiaro.
L’acqua cristallina del mare era in perfetta armonia con la sabbia bianca del bagnasciuga.
Mi trovavo in mezzo al mare dei caraibico, poiché il mio patrigno Phil era uno dei maggiori azionisti di una compagnia di navi da crociere europea e già da vari anni i “grandi capi” avevano proposto a Phil una crociera tutta spesata per lui e la sua famiglia e aveva sempre rifiutato l’invito, ma quest’anno aveva deciso di accettare l’invito per la crociera di Capodanno nei Caraibi.
Mamma cogliendo la palla al balzo aveva invitato anche me. In un primo momento rifiutai l’invito, non mi andava di lasciare solo Charlie la settimana di Capodanno e poi avevo fatto altri progetti, ma dopo le pressioni di mio padre, la mia amica Alice che continuava a ripetere che sarebbe stata una bellissima esperienza, decisi di partire.
Finite le fasi d’atterraggio aspettammo un paio di minuti prima di poter scendere dall’aereo e prendere la limosine che ci avrebbe portato direttamente al porto.
Salii in macchina e rimasi perplessa quando la limo partì all’istante senza aspettare che ci venissero consegnati i bagagli.
-Ma...ma le valigie??- avevo gli occhi fuori dalle orbite -ferma la macchina stiamo perdendo i bagagli- dicevo ciò e mi dimenavo tra i sedili alla ricerca dell’interfono per poter bloccare l’autista.
-Sta calma Bella. I bagagli li troveremo direttamente in camera.-
Sentite quelle parole mi rilassai, odiavo perdere le mie cose.
-Phil perché non ha preso l’aereo con noi? Anche lui ce lo consegnano in camera?-
-Più o meno sì. Doveva risolvere una questione di lavoro a Boston, quindi ha preso l’aereo da lì arriverà più tardi.-
Annuì e iniziai a frugare nella borsa alla ricerca del mio l’i-pod, sentivo la necessità di isolarmi dal mondo, non riuscivo a sostenere quel silenzio che si era creato nell’abitacolo, mi dava un fastidio tremendo. Messe le cuffie nelle orecchie alzai al massimo il volume. La musica per me contava tantissimo, aveva la funzione di catarsi, quando ascoltavo le canzoni mi liberavo di tutte le preoccupazioni, di tutti i pensieri negativi che mi tormentavano e delle volte la musica mi ha aiutata anche a prendere le decisioni più importanti della mia vita.
La vibrazione del cellulare mi riportò al mondo reale, era un messaggio di Alice, la mia migliore amica.
 
Hey tipa… come procede il viaggio? Mi ha chiamato tuo padre 10minuti fa voleva sapere se avevo notizie di te, gli ho dovuto dare una risposta negativa. È andato in panico! È convinto che il vostro aereo sia scomparso, sai quelle storie che si dicono sul triangolo delle Bermuda e gli aerei scomparsi ecc.
Ti consiglio di chiamarlo. Magari chiama anche me… a dopo.
 
Risi leggendo la storia su mio padre. “E’ assurdo” sussurrai a me stessa.
-Cosa?
-Papà!- dissi alzando gli occhi al cielo – E’ convinto che il nostro aereo sia scomparso mentre attraversavamo il triangolo delle Bermuda.-
Mamma rise di gusto. Da quanto non la sentivo ridere in quel modo.
- Forse dovresti chiamarlo.-
Annuisco e compongo il numero di casa. Al terzo squillo la voce di mio padre rimbombò nell’altoparlante del cellulare.
- Hem…Sei l’olandese volante?-
- Papà che stai dicendo?- dico stizzita.
- Bella!! Tesoro mio, allora siete vive, siete riuscite a sorvolare il triangolo delle Bermuda senza problemi. Sono così…-
- Papà quante volte ti devo dire che non devi guardare i programmi sul paranormale!- lo interrompi prima che iniziasse a dire cose assurde.
- Scusa Bells. Ora dove sei?-
Iniziai ad osservare il paesaggio fuori dal finestrino tentando di capire quanto chilometri mancassero al porto. -Sono in limousine con mamma. Non so quanto…-
Solo allora mi resi conto che eravamo entrati nel porto. Riuscivo a scorgere da lontano le grandi canne fumarie e gli ultimi piani della nave.
Più ci avvicinavamo alla nave e più riuscivo a notare i particolari, addirittura riuscivo a vedere le teste di alcune persone che erano affacciate ai balconi.
Presa com’ero ad osservare la maestosità della nave non prestavo molta attenzione a ciò che stava dicendo il mio interlocutore… -Bella!!! Pronto? È caduta la linea?? Bella?? Ops, olandese volante? Sei tu?-
-Papà ci sono e non c’è alcun olandese volante sta calmo. Siamo arrivate, devo fare l’imbarco. Ci sentiamo a cena.-
-Ti voglio bene Bells. Saluta Renne-
Attaccai il cellulare e uscimmo dalla macchina per prendere un ascensore affinché ci portasse ai piani alti dell’edificio.
C’è pochissima gente nella sala. Strano, da quello che dicevano Renèe e Phil le cabine erano tutte prenotate.
-“Questa è la sala d’attesa VIP, per coloro che hanno una suite.- Ora è tutto chiaro. ‘Viva gli snob’ pensai. -Volevi aspettare in mezzo a tutta quella gente?- Voglio bene a mia madre, ma quando dice delle cose, la prenderei volentieri a schiaffi.
Sorvolai su ciò che aveva appena detto, non avevo proprio voglia di litigare già il primo giorno di crociera.
-Mamma, vado a fare un giro qui intorno.-
-Va bene. Ti aspetto qui.- Disse indicando un angolo della saletta iniziando a sfogliare una rivista.
Girovagavo per la galleria del porto tra i negozi di souvenir e mentre stavo guardando una camicetta carinissima in una delle tante vetrine, mi ricordo di una cosa -Alice!!! La devo chiamare.- Sussurrai tra me e me.
Pigiai velocemente i tasti sul cellulare. Quel numero lo componevo molto spesso, sarei stata capace di farlo anche ad occhi chiusi.
-Finalmente!! Stavi aspettando che la vacanza finisse per chiamarmi? Forse non lo sai, ma tuo padre riesce a trasmettere molto bene le sue ansie agli altri. Per poco non ho chiamato l’aeroporto di Guadalupa per sapere se era atterrato il tuo aereo.-
-Finito?-
-Sì! Allora?- chiese Alice curiosa.
-Allora che?-
-La nave??-
-Ha, non lo so. L’ho vista solo da fuori ed è grandissima, Alice, non puoi immaginare quanto sia grande!- dissi entusiasta.
Non parlammo per molto. Io dovevo ritornare da mia madre per l’imbarco, lei invece, dopo l’ennesima litigata con il suo ragazzo Jasper, aveva deciso di sfogarsi con un po’ di sano shopping.
Fatto l’imbarco con i vari controlli di routine ci fecero entrare nella grande hall della nave.
-Salve.- Continuavano a ripetere i membri dell’equipaggio addetti all’accoglienza degli ospiti.
Mi guardai attorno osservando il grande ambiente, l’arredamento curato in tutti i dettagli. In poche parole tutto era perfetto.
Voltai lo sguardo verso il soffitto e tutta la luce che illuminava la sala entrava da una gran vetrata. Dei pupazzi, che rappresentavano non so cosa, erano stati messi sulla parete di fronte agli ascensori trasparenti che salivano e scendevano in continuazione.
“Bella, andiamo?”
Seguii mia madre e il nostro cameriere di cabina per i corridoi della nave, prendemmo l’ascensore trasparente e come una bambina mi attaccai alla grande ai vetri per poter vedere dall’alto l’atrio.
Il cameriere ci accompagnò fino alla cabina numero “7341” e dopo aver passato il passepartout nella serratura ci mostrò la nostra cabina e come promesso dai “grandi capi” la cabina aveva tutti i confort e i lussi che si potevano offrire, vasca idromassaggio, tessera per il centro benessere, due camere, un soggiorno, una terrazza bella grande.
Mentre mamma continuava a parlare con Herley, il nostro maggiordomo, io uscii dalla camera per prendere un po’ di aria fresca del mare.
La differenza con il vento di New York si poteva percepire, lì l’aria è pesante, è piena di smog da far aumentare ancora di più lo stress dei cittadini, mentre qui, bhè, è tutto così diverso, l’aria è così pulita che sembra quasi disposta ad allacciarti le scarpe.
- Bella.- mi sentii chiamare da mia madre e fui costretta ad abbandonare il mio stato di quiete e pace.
- Allora,- disse porgendomi una tessera magnetica con su scritto il mio nome. – questa è indispensabile a bordo, non dimenticarla mai! È tipo una carta di identità, che serve anche da chiave e da carta di credito.- spiegò mia madre.
- Okay.- dissi – Ti dispiace se vado a farmi un giro, sai per orientarmi un po’..-
- Va bene. Ma tra mezz’ora ti voglio qui.- disse.
Non la risposi. Presi solamente la mia Chanel, il cellulare e mi incamminai spedita verso gli ascensori con cartina alla mano per non perdermi in questa “città che camminava sull’acqua”.
Decisi di andare sul ponte sole, o meglio il ponte più adatto dove abbronzarsi.
Poi scesi al ponte “5” dove c’erano tutti i bar.
Camminavo tra i tavolini e sentivo l’odore di cioccolato ma non riuscivo a capire da dove provenisse, girai la testa da una parte e dall’altra e finalmente la vidi, una cascata che sgorgava cioccolata, il sogno di qualsiasi goloso era lì davanti ai miei occhi. Restai qualche minuto a fissarla con l’acquolina in bocca, come quando era piccolina e accompagnavo papà a comprare in pasticceria. Solamente quando uno degli addetti al bar mi iniziò a fissare come se fossi pazza decisi che era meglio raggiungere mamma in cabina.
Ripercorsi il cammino all’indietro fino agli ascensori. Appena le porte si chiusero mi appoggiai alla parete.
L’ascensore non salì neanche di un piano che le porte si riaprirono ed entrò un ragazzo alto dai capelli non molto chiari, che dopo aver premuto il pulsante del piano a lui interessato, mi lanciò una veloce occhiata e si posizionò al lato opposto al mio.
Anche se non riuscivo a guardarlo in volto, sentivo che mi stava studiando. Non so come sia possibile, ma riesco a rendermi conto di quando le persone mi fissino.
Forse a causa dell’imbarazzo o per chissà quale altro motivo iniziai a canticchiare la canzone dei The Script tra me e me e il ragazzo al mio fianco dopo poco iniziò a cantarla anche lui.
“Tutte a me capitano” pensai iniziando a scuotere la testa.
- Era ‘For The First Time’, giusto?- mi chiese donandomi uno dei sorrisi più belli che avessi visto in tutta la mia vita.
- Sì, è quella.- dissi, mentre cercai di ricambiare il suo sorriso.
- E’ bellissima questa canzone. In questo momento è la mia preferita.- disse facendomi sorridere. – E’ anche la mia.- risposi.
- Wau.-
Scoppiai a ridere come una stupida.
- Che c’è?- mi chiese lui con tono curioso.
- Nulla.- scossi la testa e poi spiegai, - E’ per come hai detto ‘Wau’, è così… non l’ho mai sentito detto con tanti enfasi in vita mia.-
Per la prima volta da quando era entrato nell’ascensore mi ritrovai a fissarlo attentamente in volto ed era di una bellezza disarmante. Era perfetto nonostante avesse i capelli in disordine come se si fosse appena svegliato e poi aveva gli occhi dello stesso colore del mare caraibico che a mi piaceva tanto osservare.
Solo quando sentii il bip e una voce stridula annunciare l’arrivo al ponte 7 distolsi lo sguardo dal ragazzo.
- E’ il mio piano.- dissi uscendo dall’ascensore e prima di scappare nei corridoi lanciai un ultimo sguardo al ragazzo che mi salutò con un cenno della mano.
Attraversai il lungo corridoio che mi portava alla cabina e pensai a questo strano incontro, agli occhi del ragazzo e alla sua voce.
E dentro di me, anche se non lo avrei mai ammesso ad alta voce, sperai di poterlo rincontrare. 

  
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