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Autore: AllysonTH    29/12/2010    4 recensioni
Annalisa, 16 anni, italiana e romana D.O.C, sta passando un momento terribile, dopo il trasferimento dovuto al lavoro dei genitori. Gli manca la sua amata Civitavecchia, odia stare ad Amburgo. Ma... con il tempo comincerà a cambiare idea...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi con il 19 capitolo. Mi fa senso scrivere quel numero, non pensavo che la FF potesse continuare ed addirittura finire. Manca un solo capitolo ormai.
Non voglio salutare le mie lettrici adesso, c'è ancora 'tempo'.
Buona lettura.
Annalisa_



Sono passate due ore, è mezzanotte e mezzo ed io sono ancora da Tom. Beh, lui dorme sul divano ed io lo guardo seduta sulla poltrona di fronte.
Persa tra mille pensieri, arriva una telefonata da parte di mio padre.
“Dove sei?”
“Da Tom. Domani mattina torno a casa.”
“Va bene. Sappi che mi dispiace. Se potessi restare qui a lavorare, lo farei.”
Non preoccuparti, papà. Si vede che non era destino.”
“Su con il morale! Stiamo tornando a casa!”
“Dove tutti mi odiano, dove tutti i puttanieri di prima ritorneranno, dove...”
“Falla finita adesso. Ti prego, non è facile per me sapere che mia figlia…”
“A domani, papà.” Attacco, non gli faccio finire quella maledetta frase. Mi alzo e cerco di svegliare Tom.
“Tom, andiamo di sopra.” Sussurro; lui apre subito gli occhi e si alza.
Senza fiatare, mi prende la mano e saliamo di sopra.
Ci infiliamo sotto le coperte, ancora nessuno dei due riesce a parlare; adesso lui è nei miei occhi ed io nei suoi, non servono parole.
Una sua carezza sulla mia guancia mi fa rabbrividire. Prendo la sua mano, me la porto alla bocca e la bacio.
Non voglio pensare che forse non lo rifarò più; chiudo gli occhi.

***

Un’improvvisa luce e un odore mi svegliano. Mi rigiro nel letto e vedo un Tom senza maglietta che mi ha portato la colazione. Sorrido.
Faccio per parlare ma mi tappa la bocca; si siede sul letto e mi guarda negli occhi senza dire niente, proprio come ieri sera. Tutto d’un tratto mi da un bacio sulle labbra ed esce dalla stanza.
Guardo il vassoio con la colazione che comincio a mangiare velocemente, mi accorgo di un biglietto:

“To We you’ll be forever sacred.”

Dai miei occhi esce una lacrima che cade sul mio polso.
Mi vesto e scendo dai ragazzi.
Bill è davanti alla tv, Georg ha in mano un basso e Gustav è in cucina a mangiare. Non vedo Tom.
Non mi salutano, sono in silenzio anche loro. Mi siedo vicino a Bill.
Si gira verso di me, mi fa un mezzo sorriso con gli occhi tristi e subito dopo abbassa lo sguardo.
Rassegnata, mi alzo intenta a tornare a casa.
“Non può finire così.” Mi giro e vedo Gustav dietro di me.
“Tutte le cose hanno una fine.”
“Beh, non necessariamente. Tu e Tom non potete avere una fine.”
“Io.. io devo tornare a casa.” Prima che scoppi a piangere esco da quella casa sperando di non incontrare…
“Tom.”
“Ti porto a casa?” È appoggiato alla sua auto, ora mi sta fissando.
Annuisco.
Saliamo in macchina, questa volta non metto nessun CD.
“Tom, ti prego, dimmi qualcosa.” Non posso non sentire la sua voce.
“Ti dico solo, per favore, non piangere.” E adesso è lui quello a cui escono lacrime dagli occhi.
Arriviamo davanti casa mia, vedo mio padre che porta le valige in macchina.
“Quando partite?” gli chiede Tom, scendendo dalla macchina. Lo seguo.
“Stasera verso le 8, forse.”
Sento una morsa allo stomaco, come se qualcuno lo stesse divorando.
“Verrò da te piccola, te lo prometto.” Tom mi prende la mano, lo abbraccio.

***

Sono in camera mia, seduta nel mio letto a guardare il vuoto. Ho fatto la mia valigia, ho versato le mie lacrime, ho implorato i miei genitori di lasciarmi qui.
“Ehi.”
“Dopo questa, non prendermi come cameriere personale.” Dice Tom sulla porta con in mano un toast.
“Grazie Tom, ma non ho tanta fame.”
“Se non lo mangi, ti tiro un pugno.”
“Si, ti ci vedo proprio.”
“Era così per dire.”
“Scemo.” È incredibile come questo dialogo sia avvenuto in completa serietà.
“Mangia.” Tom mi mette quel toast in mano, lo addento. Ah, avevo mentito, sto morendo di fame.
“Ti chiamerò tutti i giorni, ti verrò a trovare appena posso. Non possiamo farlo finire.” Lui continua a dire queste cose ma tanto so, che appena tornata in Italia, si dimenticherà di me.
“No, piccola. Non ti dimenticherò.”
“Che fai, mi leggi nel pensiero?”
“Sapevo solo che lo stavi pensando.” Questa fottuta frase la dice in modo così facile, come se fosse ovvio sapere ciò che penso, mi da sui nervi; ma non rispondo e continuo a mangiare quel toast schifoso.
“Perché ti rassegni?”
“Tom, cazzo, smettila!” rispondo io, alzandomi dal letto.
“Allora sei tu che proprio vuoi farla finita!” si alza anche lui, urlando.
“Ma non dire stronzate, Tom…”
“Con questa aria da ‘non me ne frega un cazzo’…” invece lui, con questa aria schifata.
“Pensi questo? Bene.” Prendo Tom da un braccio, lo trascino fuori dalla mia camera e chiudo la porta.
“Addio, Kaulitz.”



*Note dell'autrice: Le cose diventano ancora più catastrofiche, ma tranquilli: non è finita qui.*
  
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