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Autore: _Selene13    31/12/2010    6 recensioni
Breve shot ispirata dalla bellissima I'll Stand By You dei The Pretenders. Mocciosus insulta Lily davanti a James, e qualcosa cambia. 
"Le dava letteralmente la caccia: la inseguiva per i corridoi, le gridava inviti ad Hogsmeade nel bel mezzo della Sala Grande, le faceva scherzi stupidi davanti a tutta la scuola. Dietro al comportamento del ragazzo, oltre ad una certa stupidità di base, si nascondeva il fatto che lui adorasse l’espressione stizzita che si dipingeva sul volto della rossa ogni volta che lo vedeva, e il suo buffo modo di gonfiare le guance quando davvero non lo sopportava più e si stava a stento trattenendo dall’affatturarlo."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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I'll stand by you

I’ll stand by you

When the night falls on you, baby,

you're feeling all alone,

you won't be on your own...

I'll stand by you...

I'll stand by you,

won't let nobody hurt you.

(I’ll Stand By You, The Pretenders)

 

“Non mi serve l’aiuto di una sporca mezzosangue!”- James ascoltò quelle parole uscire dalla bocca di Mocciosus quasi al rallentatore, mentre il sangue gli affluiva velocemente alla testa e una rabbia cieca si impossessava di lui, osservando quel guizzo di puro dolore negli occhi di Lily, la sua Lily.

Lei tentò di nascondere subito quel sentimento dietro una barriera invalicabile di disprezzo e odio, ma James la conosceva bene, forse meglio di quanto si conoscesse lei stessa, e sapeva che in realtà avrebbe voluto solamente piangere e probabilmente picchiare alla babbana quello stesso ragazzo che aveva sempre considerato il suo migliore amico e che si era appena rivelato essere un grandissimo idiota… Non che James avesse mai avuto dubbi al riguardo.

Il grifondoro agì d’istinto, sollevò la bacchetta e la puntò nuovamente contro Piton, che era ancora appeso per aria, poi, con voce tremante, gli intimò di chiederle scusa. Richiesta a cui il serpeverde rispose in modo decisamente poco consono, soprattutto considerando la sua condizione di svantaggio. L’unica cosa che bloccò sul nascere la maledizione che il grifone aveva pensato, fu l’arrivo della professoressa McGranitt che, furibonda, gli ordinò di “Far scendere immediatamente il signor Piton e andare a trovare il professor Silente, che”- come aggiunse poco dopo- “sente di certo la sua mancanza, signor Potter”.

Dopo aver, seppur controvoglia, eseguito il contro incantesimo e dopo aver lanciato un’ultima occhiata in direzione di Lily, James si recò a passo di marcia verso l’ufficio del preside.

Quando giunse fuori dall’ufficio, i gargoyle di pietra che vi facevano la guardia si spostarono senza alcun bisogno della parola d’ordine: erano abituati alle frequenti visite del giovane Potter e dei suoi amici.

Silente lo stava aspettando seduto dietro la scrivania, le mani incrociate davanti agli occhi, le labbra piegate in un sorriso appena accennato. Il ragazzo si lasciò cadere su una delle poltrone e, senza nemmeno aspettare l’invito del preside, afferrò una liquirizia e la addentò con rabbia.

“Ma tu guarda che maleducato!”-sibilò irritato uno dei ritratti-“Ai miei tempi…”

“Si, Phineas, ai tuoi tempi era tutta un’altra cosa, lo sappiamo.”-lo interruppe subito Silente, abituato alle continue lamentele del vecchio preside sul comportamento degli studenti “moderni”.

“Sei arrabbiato, James.”-continuò poi, rivolgendosi al ragazzo. Non era una domanda, era una semplice constatazione.

“Per quale motivo sei arrabbiato, James?”-chiese, dopo cinque minuti di silenzio.

“L’ha chiamata mezzosangue”-il grifondoro sputò fuori quella parola con disprezzo e rabbia-“come se l’abilità di un mago si potesse davvero misurare in base al sangue! Ma soprattutto, ha insultato la sua migliore amica! L’ha ferita senza nemmeno curarsene.”

Se c’era una cosa che per James era sacra, quella era l’amicizia. Proprio non riusciva a capire come si potesse insultare, tradire, un amico; quello che aveva fatto Piton era inconcepibile, per lui.

“E dimmi, James, avresti reagito allo stesso modo se l’amica in questione non fosse stata la signorina Evans?”-lo incalzò il preside, sorridendo.

“Ehm… Ecco, io… Oh, insomma, cosa c’entra questo adesso?”-sbottò il ragazzo, mentre uno strano calore gli infiammava le guance. Era arrossito, lui, il grande James Potter, mitico cercatore della squadra di Quidditch del Grifondoro, era arrossito.

“Oh, nulla, James, nulla. Bene, diciamo che per questa volta puoi andare, niente punizione, mi sento particolarmente magnanimo, probabilmente perché oggi è una così bella giornata!”-fu il commento divertito del preside.

“La ringrazio, Signore. Arrivederci.”-il ragazzo si allontanò in fretta dall’ufficio, temendo che Silente potesse ripensarci.

Quasi senza accorgersene, James iniziò a correre verso il campo da Quidditch, quando era nervoso, l’unica cosa che riusciva a calmarlo era un giro sulla scopa. Oppure uno scherzo a Mocciosus ma, si disse, in quel momento era meglio evitare quella seconda opzione.

Quando arrivò nei pressi della capanna di Hagrid, però, qualcosa interruppe la sua corsa: un singhiozzo, che proveniva da una ragazza dai capelli rossi, accucciata sui gradini della casa del guardiacaccia.

James la riconobbe subito, nonostante avesse il viso nascosto tra le ginocchia.

L’aveva osservata bene, in quei cinque anni, imprimendo nella propria mente ogni singolo particolare della sua esile figura: quella ragazza era Lily Evans.

Il ragazzo si bloccò, incerto sul da farsi. Da una parte avrebbe voluto avvicinarsi a lei e consolarla, dall’atra temeva che Lily potesse pensare che fosse solamente l’ennesimo modo per infastidirla e lo cacciasse in malo modo.

Non lo dava a vedere, ma i continui rifiuti della sua compagna di Casa lo ferivano. Ogni “no”, ogni battuta che la ragazza rivolgeva nei suoi confronti era come una coltellata. Era anche vero che James non si era mai comportato in modo propriamente signorile con lei. Le dava letteralmente la caccia: la inseguiva per i corridoi, le gridava inviti ad Hogsmeade nel bel mezzo della Sala Grande, le faceva scherzi stupidi davanti a tutta la scuola. Dietro al comportamento del ragazzo, oltre ad una certa stupidità di base, si nascondeva il fatto che lui adorasse l’espressione stizzita che si dipingeva sul volto della rossa ogni volta che lo vedeva, e il suo buffo modo di gonfiare le guance quando davvero non lo sopportava più e si stava a stento trattenendo dall’affatturarlo.

Vederla seduta lì, indifesa, fece scattare qualcosa in James, qualcosa che lo spinse a vincere la paura di un suo rifiuto.

Lentamente, con una titubanza che non gli si addiceva, si avvicinò a lei e le passò un braccio dietro alle spalle, per poi attirarla a sé con delicatezza. Lei spalancò gli occhi sorpresa e tentò di liberarsi, quantomeno per controllare chi la stesse abbracciando.

“Calmati Evans, non ti farò nulla. Sfogati, piangi pure”-mormorò lui piano, impedendole di allontanarsi.

Lily si aggrappò a lui, come se in quel momento fosse la sua ancora di salvezza, l’unica cosa che le impediva di lasciarsi andare a quell’abisso di dolore che sentiva sempre più vicino. Si aggrappò a lui e pianse tutte le sue lacrime, lasciandosi cullare dalle braccia muscolose del ragazzo e dalle sue parole rassicuranti.

Nessuno dei due seppe per quanto tempo restarono lì, abbracciati, probabilmente per ore, perché quando Lily smise di singhiozzare e si liberò lentamente dall’abbraccio la luna era già alta nel cielo.

“Grazie… James.”-mormorò sorridendo, prima di correre via.

Ci volle un attimo perché lui si riprendesse. L’aveva chiamato per nome. Per la prima volta in cinque anni l’aveva chiamato per nome.

James. Il suo nome pronunciato dalle labbra di Lily gli era sembrato una dolce melodia che avrebbe voluto riascoltare all’infinito.

Fu in quel momento che James promise a se stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per sentirle ripetere il suo nome ancora, per vedere il suo splendido sorriso rivolto lui.

Voleva che lei non provasse imbarazzo nel piangere sulla sua spalla, voleva che gli permettesse di starle accanto anche nei momenti peggiori.

Fu in quel momento che James promise a se stesso che le sarebbe stato accanto per sempre, fino alla fine.

Fu in quel momento che James promise a se stesso che l’avrebbe sempre protetta, anche a costo della sua stessa vita.

“Prego… Lily.”-il suo sussurro si perse nell’aria tiepida di quella notte di Maggio che era stata testimone dell’inizio di una storia che sarebbe sempre stata ricordata.

Fu in quel momento che James Potter scelse, inconsapevolmente, il proprio destino.

 

   
 
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