Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: cassiana    01/01/2011    1 recensioni
Camilla è un ragazza ordinaria che vive una vita ordinaria ma anela a qualcosa di più. Forse l'incontro con un individuo misterioso cambierà la sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La caverna di Aladino

Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.

La caverna di Aladino


   
    Camilla si guardava sconsolata allo specchio: non era per nulla cambiata dalla sera prima, eppure aveva pregato così intensamente! I capelli castani ricadevano smorti sul viso scialbo, gli occhi erano tristemente grigi, il naso continuava ad essere appuntito e il corpo   continuò ostinatamente a  somigliare ad un asse da stiro. Camilla fece un gesto esasperato contro il suo doppio allo specchio. Poi si sedette sul letto sfatto in preda alla costernazione. Aveva ventiquattro anni, uno stupido lavoro come stenodattilografa e una zia petulante e noiosa. Naturalmente viveva in  una casa ordinaria, di un'ordinaria strada. E per di più non un buon partito che si profilasse all'orizzonte. Insomma si avviava a divenire un'orribile zitella come sua zia Agnese. Una lacrima le scese lentamente sul viso spento. Dei colpi alla porta interruppero le sue tristi meditazioni.
    - Vieni a fare colazione o dovrai andare al lavoro di nuovo a digiuno.
le intimò da dietro la porta la zia con la sua voce acuta.
    Il tragitto da casa all'ufficio era lungo e noioso e per di più quella mattina una fastidiosa pioggerellina continuava a cadere senza nessuna intenzione di placarsi. Finalmente Camilla raggiunse il suo ufficio: una squallida stanzetta che condivideva con altre tre segretarie in un grande edificio dove si trovavano una banca, un'agenzia di assicurazioni e una di commercialisti. Camilla lavorava presso le assicurazioni anche se era certa che non fossero più interessanti delle altre due attività. Se il buon giorno si vede dal mattino… pensò sarcastica, aspettandosi un’ennesima giornata noiosa. Mentre ribatteva un'ennesima lettera a macchina si sorprese a sognare di viaggi in luoghi lontani ed esotici. E durante il pranzo s'immaginò, invece, di essere una signora ad un gran ricevimento corteggiata da uomini affascinanti e colti. Ma erano solo sogni.
    Tutte le notti Camilla pregava intensamente di svegliarsi la mattina successiva e di trovarsi in un nuovo mondo, più bella, colta e protagonista di interessantissime avventure. Ma la mattina, come poteva costatare con delusione,  non erano altro che sogni. Lei era e non sarebbe stato altro che una povera segretaria della Compagnia d’Assicurazioni  Speranza (dal 1904). Alle cinque in punto lasciò il palazzo delle assicurazioni e per un'ora passeggiò per le vie del centro guardando desiderosa le vetrine dei gioiellieri e delle boutique. Spesso incontrava signore impellicciate che entravano o uscivano da quei negozi e le osservava con invidia. Poi con un sospiro si recò alla fermata del tram per recarsi a casa.
Anche la serata si prospettava noiosa. La zia aveva voluto che le facesse compagnia durante la sua trasmissione preferita alla radio e poi, finalmente, l'aveva lasciata andare. Per fortuna aveva preso in prestito alla biblioteca un libro di viaggi e si mise a divorarlo sdraiata sul letto. Parlava di un conte italiano, Ludovico Bersani Frisoni,  che nel secolo passato aveva viaggiato in lungo e in largo per la Cina sconfinata. Verso le dieci Camilla spense la luce e pregò a lungo e fervidamente.

    Finalmente domenica! Era il giorno preferito di Camilla. La mattina doveva naturalmente accompagnare la zia Agnese a messa, poi seguiva il pranzo abbondante e in parte cucinato anche da lei. La zia, infatti, le raccomandava sempre che doveva imparare a cucinare perché se si fosse sposata avrebbe avuto una qualità in più per essere una brava moglie e se, invece, disgraziatamente, fosse rimasta sola, bè avrebbe sempre potuto consolarsi con il cibo! Era uno dei soliti sensati ragionamenti della zia, che, tuttavia, per una volta, Camilla approvava. Le piaceva molto, infatti, mettersi il grembiule di cotone colorato, rimestare il sugo, controllare la cottura dell'arrosto, condire l'insalata. Era una cosa divertente. Mangiarono con la radio accesa, quasi in silenzio e quando fu il momento del caffè la zia Agnese tossicchiò. Camilla capì che le stava per chiedere qualcosa. Di solito Camilla preferiva  trascorrere  la domenica pomeriggio facendo lunghe passeggiate nel parco oppure leggendo in camera sua.
     - Camilla conosci la signora Norma Sangallo, vero? Anche lei viene a giocare a bridge.
Le compagne del bridge, che si teneva tutti i mercoledì pomeriggio, erano la signora Del Gallo, la signora Gallinari e la signora Sangallo appunto. La zia continuò dopo un momento di pausa durante il quale aveva bevuto il suo ultimo sorso di caffè.
    - Viene a trovarmi questo pomeriggio.
    - E le altre?
Chiese con curiosità affettata Camilla, giusto per sembrare interessata. Zia Agnese scosse i suoi riccioli grigi.
    - No, viene solo lei.
Guardò la nipote con occhio critico. Camilla se ne accorse e capì che la sorpresa non era tanto per la zia quanto per lei stessa. Sicuramente volevano farle conoscere un qualche parente della signora nella speranza che entrambi fossero colpiti da un devastante colpo di fulmine e si sposassero due settimane dopo in preda ad un ardente amore. Ma come aveva fin troppo spesso costatato la zia ciò non era mai accaduto. Un po' perché i buoni partiti che le presentavano erano sempre di una noia mortale: piccoli borghesi dai piccoli interessi e dalle menti ancora più ristrette. Decisamente non erano fatti per lei. D'altra parte neanche uno di quei giovanotti le aveva mai fatto la corte. La zia continuava a chiacchierare e Camilla, conoscendo ormai a memoria gli argomenti di cui parlava la zia, rispondeva automaticamente, pensando a malincuore che non avrebbe potuto chiudersi in camera a leggere. Era arrivata ad un interessantissimo capitolo nel quale il conte si trovava in una zona vicino alla Mongolia e rischiava di essere catturato dagli abitanti semiselvaggi di quelle lande.
     Alle cinque in punto la signora Sangallo suonò il campanello. Camilla aprì la porta e si trovò di fronte una signora alta e segaligna, vestita sobriamente di nero. Dopo aver appeso il soprabito dell'ospite, la ragazza l'introdusse in salotto. Zia Agnese andò ad accogliere l'amica. Dopo i convenevoli di rito si misero a chiacchierare amabilmente di cose che per Camilla non avevano nessun interesse ed, anzi, la ragazza fremeva non vedendo l'ora che la visita finisse. Qualche tempo dopo suonò nuovamente il campanello.
    - Questo deve essere mio nipote Fabrizio. Di solito esce ora dal lavoro e mi ha assicurato che mi avrebbe raggiunto da voi, spero non vi dispiaccia. Sapete è impiegato in una casa editrice molto importante. 
Camilla si era nuovamente diretta  all’ingresso, nonostante tutto curiosa. Un giovane d'aspetto comune era sulla porta con il cappello in mano e un timido sorriso sul volto quadrato.
    - Questa è la casa della signora Carpi, spero.
Esordì. Camilla sorrise educata e un po' sorpresa dalla voce profonda del giovane. Anche lui fu introdotto in salotto e dopo essere stato presentato si sedette proprio di fronte a Camilla. Rispose affabilmente alle numerose domande che gli rivolgeva la padrona di casa, ma intanto non staccava gli occhi dalla ragazza, che dopo averlo notato, fu dapprima infastidita e poi irritata. Le sembrava un comportamento indecoroso, soprattutto perché credeva di non avere propria nessuna di quelle qualità che spingono gli uomini a guardare fissamente una donna. La conversazione proseguì scorrevole tra le anziane signore. Finalmente la tortura, come la considerava Camilla, terminò e i due Sangallo se ne andarono. Nel congedarsi Fabrizio Sangallo le mormorò:
    - E' stato un vero piacere conoscerla, signorina, spero di rivederla…Ah, anche io penso che i viaggi del conte Bersani Frisoni siano molto interessanti.
Camilla rimase a bocca aperta, come era possibile che sapesse cosa stesse leggendo in quel periodo se non ne aveva fatto cenno né aveva portato il libro in salotto? Scosse la testa completamente sbalordita ed incapace di darsi una risposta razionale. Rimase molto turbata e quella sera si dimenticò perfino di dire la sua preghiera abituale.
Ancora per qualche giorno la zia Agnese continuò a parlare del giovane Sangallo tessendo le sue doti, poi il mercoledì mattina, durante la colazione esordì:
    - Come sai oggi c'è il bridge, cosa devo dire  a Norma?
Camilla alzò le spalle e mentre imburrava il pane rispose:
    - Tutto ad un tratto non trovi più argomenti di conversazione?
La  zia infastidita fece una smorfia ed esclamò:
    - Ma no, sciocchina! Intendevo: cosa devo dirle del nipote?
    - Prova a ripeterle quello che hai detto a me per due giorni di fila!
Rispose ancora Camilla con un sorrisetto. Le piaceva irritare la zia, era uno dei pochi divertimenti che le erano concessi. La zia rinunziò e si alzò per sparecchiare. Ma Camilla, nonostante tutto, continuava a ripensare a Fabrizio. Non tanto per il suo aspetto fisico, giacché ne incontrava molti di giovani simili in ufficio: altezza media, viso aperto ma ordinario, capelli impomatati con la riga da una parte. No, ciò che aveva colpito Camilla era quell'accenno finale che Sangallo le aveva rivolto nel congedarsi.
     Era tanto assorbita da quel problema che in quei giorni si era quasi dimenticata di autocompatirsi e le vetrine non attiravano più come prima il suo sguardo bramoso, pur continuando a guardarle, quasi fosse ormai un'abitudine piuttosto che una necessità. Quando quella sera tornò a casa, Camilla trovò la zia raggiante. Non credeva fosse così perché aveva vinto il bridge. Zia Agnese, senza quasi dare il tempo alla nipote di togliersi il cappotto, cominciò a raccontare ciò che le aveva riferito la signora Norma.
    - Pensa, Camilla, il nipote ha detto di te che sei molto interessante e graziosa. Inoltre ha detto anche che sarebbe lietissimo di poterti incontrare ancora!
Camilla sorrise, più per fare contenta la zia che per gioia vera. Ma la zia se ne era accorta:
    - Bè, non hai nulla da dire? Non sei contenta? Non sarà per caso perché non ti piace? Insomma tutte le volte è la stessa storia, ma non puoi continuare ad aspettare il principe azzurro, sai bene che non esiste! Insomma questo giovanotto è di bell'aspetto, con una posizione onorevole e di ottima famiglia! Non so più cosa fare con te!
Dopo quella tirata la signora Agnese alzò le mani al cielo esasperata, ma non ottenendo alcuna risposta dalla nipote si allontanò verso la cucina borbottando tra sé e sé.
    Qualche giorno dopo, durante la pausa per il pranzo, Camilla se lo vide davanti, mentre entrava in ufficio. Fabrizio la salutò cordialmente.
    - E' davvero un piacere incontrarla! Sono venuto qui per una questione di lavoro, sa, cose noiose; lei piuttosto che ci fa qui?
Camilla gli spiegò che lavorava proprio lì. Sangallo rimase piacevolmente sorpreso e le chiese se avesse già mangiato. Ma quando la ragazza gli rispose che era proprio così sembrò dispiaciuto e un po' deluso. Camilla, però, era rosa dalla curiosità e così sfacciatamente sbottò:
    - Ma come è riuscito a capire quale libro stavo leggendo domenica? Sono rimasta turbata per l'intera serata!
Sangallo le fece un sorrisetto enigmatico e invece di rispondere, le chiese:
    - Le piace il museo di etnologia? Bene, allora lo saprà domani pomeriggio alle sei!
E se ne andò prima che Camilla avesse il tempo di profferire parola. Alla ragazza il suo comportamento apparve piuttosto ambiguo ed anche lievemente sinistro. Ma decise di non dire nulla alla zia, tanto cosa poteva consigliarle? Il giorno seguente, giovedì, si svegliò con una nuova trepidazione: finalmente le stava capitando qualcosa di interessante! Tutto quel giorno si comportò in modo diverso, apparendo nervosa e distratta, tanto che le sue colleghe si stupirono, visto che la conoscevano come una ragazza precisa e un po' distaccata
    - Camilla, non ti sarai per caso innamorata?
Le chiedevano canzonandola. Finalmente giunse la sospirata fine della giornata ed alle cinque Camilla raccolse frettolosamente le sue cose e si precipitò in strada,. L'aria era sempre pungente, ma per fortuna non pioveva e il crepuscolo era illuminato dai lampioni e dalle vetrine che Camilla non degnò neanche di un'occhiata. Il museo di etnologia era a qualche isolato di distanza,. Vi giunse rapidamente e, poiché era ancora presto, si mise a girellare per le varie sale. Stava osservando delle statuine votive indonesiane quando vide riflessa sul cristallo della vetrinetta una figura che entrava. Era Fabrizio.
    - Mi dispiace essere stato così misterioso ieri -  esordì - ma dovevo attirare la sua attenzione in qualche modo. Camilla rispose che non c'era nulla di cui scusarsi, ma che, anzi, le aveva procurato un piacevole diversivo:
    - Ma ora, la prego, mi dica come ha fatto a sapere che stavo leggendo quel libro!
concluse Camilla. Fabrizio la osservò per un breve momento in silenzio, poi cominciò:
    - La casa editrice in cui lavoro si occupa di saggistica, soprattutto etnologia, antropologia, e religione. Mi trovo così a dover leggere molti di questi saggi, che peraltro m'interessano moltissimo. Poiché ho una memoria ottima riesco a ricordarmi tutto quello che leggo ed ecco perché le mie conoscenze sono piuttosto vaste.
Camilla friggeva d'impazienza, in qualsiasi altro momento quel prologo le sarebbe apparso interessante, ma ora l'unica cosa che le interessava udire era la risposta alla domanda che si era posta da tanti giorni. Ma Fabrizio continuava imperterrito:
    - Si dà il caso che anche io abbia letto il libro di Bersani Frisoni. Si ricorda quando capitò tra quella tribù, gli Enuit?" Camilla annuì anche se non capiva dove l'altro volesse arrivare.
    - E si ricorda anche che quando desideravano una cosa ardentemente, i bambini facevano un gesto scaramantico di continuo per convincere gli spiriti ad esaudire il loro desiderio? Qual è il gesto?
Camilla senza quasi accorgersene alzò il pugno, sporse il mignolo e fece oscillare lievemente tutta la mano. Quando se ne accorse la ragazza arrossì.
    - E' questo quello che ha fatto per tutta domenica pomeriggio.
Le spiegò finalmente Fabrizio.
    - Mi sento così stupida.
Confessò Camilla. Piano piano erano giunti all'entrata del museo. Adesso era ancora più buio e se voleva tornare in tempo a casa Camilla avrebbe dovuto subito andarsene. Lo spiegò al giovane Sangallo che le disse:
    - Anche io per un periodo mi sono sentito come lei, ma poi ho trovato qualcosa che ha riempito la mia vita. Vuole conoscerlo anche lei?
Camilla rispose che non avrebbe desiderato di meglio e Fabrizio, allora, le diede un nuovo appuntamento, questa volta per Sabato mattina alle dieci sempre lì al museo. Camilla accettò e corse a casa.

    Il sabato si era alzata prestissimo e senza avvertire la zia era scappata da casa diretta al museo. Arrivò alle dieci in punto ed ad aspettarla c'era già Fabrizio. Però non entrarono nell’austero edificio come Camilla si era aspettata. Infatti la ragazza riteneva che la sua nuova conoscenza avesse da dire una qualche verità filosofica, non certo che la portasse da qualche altra parte! Tuttavia lo seguì anche se un po' timorosa. La condusse in un edificio sito in una via abbastanza conosciuta che si affacciava sul parco.
    - Mi sta portando a casa sua?
Chiese ormai decisamente sospettosa Camilla, ma Fabrizio scosse la testa:
    - Certo che no! Ma è un luogo che considero un po' casa.
Camilla lo squadrò diffidente, temendo per un momento che la stesse portando in una  garçonniere. Rabbrividì al pensiero e si ripromise che, se lui avesse osato toccarla, si sarebbe messa a gridare. Finalmente raggiunsero la meta. Era un piccolo appartamento, l'ingresso era del tutto convenzionale, ma la vera sorpresa arrivò quando Fabrizio aprì una porta a vetri. Tutti i muri della casa erano stati abbattuti ed era stata così ricavata un'unica immensa stanza. Le pareti erano decorate di drappi di velluto rosso e dorati inframmezzati qua e là da arazzi di fattura orientale. Anche per terra c'erano larghi tappeti ed erano disseminati vari grandi cuscini. Per sedersi c'era solo un'ottomana di fattura antica. Non c'erano altri mobili, tranne un piccolo tavolino di legno con decorazioni dorate e d'avorio e un piccolo mobile di legno più scuro, sempre intarsiato, che conteneva diverse bottiglie e bicchieri istoriati. Da una parte vi era un narghilè, molti bruciatori d'incenso erano sparsi per la stanza e un giradischi piuttosto vecchio era poggiato vicino all'ottomana.
    - Questa è quella che chiamo la caverna d'Aladino. È un luogo speciale dove mi rifugio quando sono stanco della vita. Allora vengo qui con un buon libro di viaggi, metto della musica e mi perdo.
Fabrizio le raccontava tutto ciò con occhi sognanti.
    - Ma l'ha arredata tutta da solo?
Chiese Camilla suo malgrado affascinata da quel luogo
    - No, non ne avrei avuti i mezzi. Bè si rilassi che le racconto tutta la storia!
Camilla si sedette sull’ottomana. Fabrizio accese alcuni incensi e mise sul giradischi una lenta nenia indiana. Camilla cominciava a sentirsi rilassata.
    - Ma non è che fuma l'oppio?
Chiese a Fabrizio improvvisamente allarmata, al che lui sbottò a ridere di gusto:
    - No, no! Anche se un tempo, bè, c'era chi qui dentro fumava anche l'oppio.
Anche lui si era seduto e stava trafficando con delle bottiglie ed, infine, le porse un bicchiere colmo di un liquido denso e profumato. Camilla lo annusò diffidente.
    - Non  abbia paura, non è una droga, è solo una bevanda cinese. Serve per  distendersi ed aprire la mente alle percezioni. Ma non ci sono droghe dentro.
Camilla ne assaggiò un sorso e dovette ammettere che era davvero squisita. Fabrizio fumava  rilassato il narghilè e dopo aver tirato un po' le offrì la cannuccia. A Camilla sembrava strana quella situazione: lei in quel luogo fuori dal mondo, cullata dalla musica, intenta a fumare da quell'esotico apparecchio, bevendo una mistura proveniente da un paese lontano, insieme ad un uomo appena conosciuto e fuori di lì la solita vita di sempre, il traffico, il cielo grigio, le chiacchiere della zia…
    - Appena ti ho vista ho capito subito che eravamo fatti della stessa pasta.
Le parole di Fabrizio scossero Camilla dalla sua meditazione. Non si rese conto che erano passati al tu.
    - Come l'hai capito? Non credo solo perché abbiamo letto tutti e due lo stesso libro.
Fabrizio sorrise:
    - L'ho capito dai tuoi occhi, spenti, opachi ma attraversati a volte da un guizzo indefinibile. Ed anche dal tuo comportamento freddo, distaccato ed annoiato, eppure sempre teso verso qualcosa al di là o al di fuori di…bè di questa realtà.
Concluse facendo un gesto circolare con la mano. Camilla annuì, era proprio quello che lei provava.
    - Sai, sto mettendo i soldi da parte per andarmene. Non so dove"
Confidò anche se sapeva che la realtà non sarebbe mai stata come i propri sogni. Fabrizio le prese la mano. Stranamente Camilla non era spaventata da quella intimità, anzi era perfettamente calma ed abbandonata perché sapeva che non sarebbe accaduto nulla di male. La voce profonda di Fabrizio, la musica, la penombra, l'incenso, tutto congiurava per farle chiudere gli occhi.
    - Abbandonati, non combattere.
Le sussurrò l'uomo seduto accanto a lei. Camilla aprì gli occhi, doveva essersi addormentata, pensò con vergogna. Quando si guardò intorno, però, notò che qualcosa era cambiato. Fabrizio era sempre accanto a lei che fumava ma era vestito in modo diverso. Portava larghi calzoni di seta verde, chiusi in vita da una fusciacca rossa ed una giacchetta sempre di seta verde aperta sul petto. Camilla lo osservava stupita, non si spiegava il perché si era dovuto vestire in quel modo. Fabrizio aprì gli occhi e le sorrise:
    - Benvenuta.
Camilla pensò che, contrariamente a quanto le aveva assicurato prima, forse aveva preso una qualche sostanza stupefacente anche se gli occhi apparivano vigili e vivaci. Quando fece per muoversi, Camilla si rese conto che anche lei era vestita in maniera diversa, come un odalisca. A vedersi la pancia nuda però inspiegabilmente non provò vergogna. Toccandosi i capelli capì che erano intrecciati con quelle che al tatto sembravano perle.
    - Cosa è successo? Perché siamo vestiti così?
Come tutta risposta Fabrizio le indicò la finestra. Fuori era ancora giorno, il cielo non era più grigio ma di uno splendido azzurro che sembrava sciogliersi in bocca per quanto era fondo. La finestra dava su un giardino rigoglioso e ben tenuto, solcato da vialetti di ghiaia e al centro del quale vi era una fontana di marmo zampillante. Pavoni dalle code stupende vi passeggiavano tronfi ed arroganti nella loro bellezza e ragazze, anche loro vestite da odalische, passavano ridacchiando. Poco più in là una superba tigre riposava all'ombra di un sicomoro. Camilla si voltò verso Fabrizio a bocca aperta
    - Ma cosa è successo?
    - Rilassati, non fare domande, non avere paura. Non so come ciò sia possibile, ma ormai l'ho sperimentato molte volte ed ogni volta è una sorpresa. Attenta! Vieni qui e calmati, guarda cosa ha fatto la tua diffidenza.
Fabrizio indicò il cielo che sembrava come strappato.
    - Vuoi dire che siamo in un sogno?
Ormai Camilla era troppo curiosa per provare ancora paura .
    - Forse, non lo so. Piuttosto penso che sia la percezione di un'altra realtà che si cela sotto quella che conosciamo.
    - L'unico modo per saperlo, credo, è vedere cosa succede quando torniamo in noi. Comunque mi avevi promesso una storia.
Lo sollecitò Camilla. Fabrizio mantenne la promessa:
    - Anche io qualche anno fa mi sentivo esattamente come te, pronto a fuggire via da quella vita che non mi poteva più dare nulla. Una sera in un bar incontrai Ettore Colaspini. Era un ometto del tutto ordinario, una chierica di capelli bianchi, piccoli occhiali rotondi che gli scivolavano sempre sul naso ed una parlantina straordinaria. Mi parlò della caverna di Aladino ed io pensai che fosse ubriaco. Ma non lo era. Mi disse le stesse cose che ho detto prima a te, cioè che sentiva che eravamo fatti della stessa pasta e che avevamo gli stessi aneliti. Pensai che fosse un po' tocco e non diedi tanto peso alle sue parole. Ma accettai un appuntamento con lui per vedere dove fosse questa fantomatica caverna e mi portò qui. Mi disse che l'aveva ricevuta in eredità da qualcuno che, a sua volta, l'aveva ricevuta in dono, ma non si sapeva chi fosse stato il primo possessore della caverna. La prima volta mi sentii esattamente come te, spaesato e diffidente.
Fabrizio fece una pausa. Camilla lo guardava con occhi sgranati impaziente di sentire il resto della storia.
    - Cominciai a frequentare anche io la caverna, ma sempre insieme ad Ettore, perché naturalmente solo lui aveva le chiavi. Ma dopo qualche tempo mi disse che era pronto ad andare. In un primo momento non capii. Mi spiegò che mi avrebbe lasciato in eredità la caverna e che anche io avrei dovuto cercare qualcuno come me per condividerla e per lasciargli a sua volta le chiavi. Pensai che stesse per morire, ma non fu così. Un giorno aprì quella porta e non tornò mai più.
Camilla   bevve ogni parola quasi fossero esse stesse altrettanti sorsi di una bevanda esotica ed eccitante.
    - Dove era andato?
Fabrizio scosse la testa.
    - In un suo mondo. Invano provai a cercarlo fuori da qui, ma non esisteva più ormai. Anche il suo precedente compagno era scomparso così lasciandolo depositario delle chiavi della caverna. Solo quando ci si sente pronti si può aprire la porta, che altrimenti rimane chiusa.
    - Questo vuole dire che anche tu fra poco te ne andrai?
L'uomo annuì
    - E non posso venire con te?
Chiese ancora Camilla colta da un improvviso senso d'angoscia.
    - No, non sei ancora pronta e per te la porta non si aprirebbe. Ma per quanto mi riguarda sento che è quasi giunto il mio momento.
Rimasero in silenzio, non avevano più nulla da dirsi e nuovamente Camilla si sentì in preda alla sonnolenza, ma questa volta non cercò di combatterla anche se, a malincuore, si rendeva conto che stava per tornare. Quando si risvegliò si ritrovò vestita normalmente, come pure il compagno. La musica era finita. Si sorrisero.
    Quando Camilla tornò a casa, era già sera e trovò la zia quasi in preda ad un attacco isterico. Prima si sarebbe irritata, ma ora, dopo quella esperienza, si sentiva perfettamente calma e cercò di spiegare come meglio poteva ciò che aveva combinato tutto il santo giorno come disse la zia. Spiegò che erano andati a fare un picnic e si era dimenticata di avvertire. Questo azzittì la zia che, naturalmente, pensava che i due si fossero innamorati: Camilla sapeva perfettamente quali erano i punti deboli della zia.
Insieme a Fabrizio tornò ancora nella caverna, ogni volta trovandosi in un luogo diverso e, quando usciva da lì, era sempre più calma e distaccata, quasi estraniata dal mondo che la circondava. Chi la conosceva, specialmente la zia, pensava che fosse un effetto dell'amore e Camilla lo lasciava credere.
Camilla e Fabrizio erano tutti e due nuovamente nel palazzo del sultano, quando lui annunciò:
    - Sono pronto. Ho già sistemato tutto qui, non mi resta che aprire quella porta.
    - Te ne andrai oggi, allora. Ci rivedremo?
Fabrizio sorrise:
    - Chissà, lo spero.
Camilla lo accompagnò alla porta e lì ricevette le chiavi dell'appartamento.
    - Addio.
Sussurrò Fabrizio baciandola lieve sulle labbra.
    - Buona fortuna.
Lo salutò mormorando Camilla mentre il giovane spariva al di là della porta. Quando si risvegliò era sola. Non lo vide mai più e, questa volta, il suo distacco fu interpretato come una delusione d'amore ed anche questa volta Camilla lo lasciò credere.
Quando non ne poteva più si rifugiava nella caverna di Aladino e la zia sembrava sempre più disperata:
    - Ma si può sapere dove sparisci ogni tanto? Non puoi nemmeno avvertire la tua vecchia zia? Mi farai venire un infarto!
Ma Camilla non dava peso a quelle parole. Dopo qualche tempo in ufficio scorse una ragazza di qualche anno più giovane di lei. Sapeva che era da poco che era venuta a lavorare in quell'ufficio e stava sempre da sola. I suoi occhi erano spenti, ma, a volte, attraversati da un lampo di luce. Una mattina Camilla si diresse verso di lei:
 - Ciao.
La salutò: ormai si sentiva quasi pronta per andarsene.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: cassiana