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Autore: Kat Chan    01/01/2011    3 recensioni
[AGGIORNAMENTO del 05/07/2011 circa lo stato della storia, nel profilo.]
L x Misa. Un momento nel tempo. Un incontro avvenuto per caso. Il fato capovolto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Misa Amane
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Rewrite




Theme 17: kHz ~ Chilohertz

Se del senno di poi erano davvero piene le fosse, Misa avrebbe dovuto ammettere mestamente di non esserci nata, affatto. Perché certamente non avrebbe potuto prevedere ciò che avrebbe seguito il suo rischioso tentativo di raggirare di Ryuuzaki in persona per fargli togliere le telecamere dall’appartamento.

Quando aveva accennato a delle precauzioni per evitare futuri incidenti di qualunque genere con il suo ‘stalker’, Misa aveva presunto di poterlo far desistere da qualcosa di troppo estremo con un paio di moine. Era talmente impegnato con Kira che non se l’era di certo immaginato a perdere tanto tempo a cercare di implementare le sue migliorie. Oltretutto, di solito lei era bravissima a persuadere la gente a fare ciò che voleva.

Pertanto fu molto, molto turbata quando davanti alla porta di casa trovò appostati due omaccioni dal fisico prestante, stoici e determinati, pochi istanti dopo una discussione telefonica piuttosto accesa con Ryuuzaki a proposito di guardie del corpo, privacy, spazio personale e protezione adeguata.

Uno sarebbe rimasto lì fuori per tutto il giorno, mentre l’altro era stato incaricato di seguirla ovunque andasse. Il mero pensiero di avere un’ombra parlante a pedinarla – un’ombra che non fosse Rem, almeno – bastò a farle rizzare i peli sulla nuca come la pelliccia sulla schiena di un gatto.

“Misa non lo tollererà!” Giurò loro nel corridoio, brandendo un dito fine contro di loro come una spada. “Andate a casa! Non ho bisogno di voi!”

“Non possiamo, signorina,” disse uno, ma sapeva che si sarebbe dimenticata di chi dei due aveva parlato nel giro di cinque minuti. Un uomo troppo muscoloso vestito di nero con il collo più grosso della testa era uguale a tutti i suoi simili, per quanto la riguardava. “Abbiamo i nostri ordini.”

Misa si comportava con i no nello stesso modo in cui si comportava quando non otteneva quello che voleva: strillando e sbattendo la porta.

Fumante, ruggì a bassa voce: “Ryuuzaki non dovrà preoccuparsi di Kira, perché Misa lo ucciderà personalmente la prossima volta che lo vede.”

Rem, nel frattempo, contemplava il tutto con un’espressione alquanto placida in volto. Certo, era il massimo che poteva fare per non cedere a un sorriso compiaciuto. Completamente all’oscuro di tutto, la ragazza era caduta con notevole facilità in una trappola tesa in precedenza da L. Quando erano state installate le telecamere, Rem era rimasta perplessa da alcune delle posizioni. Dal fatto che alcune sembrassero quasi messe a caso. Inizialmente aveva imputato la cosa alla fretta che avevano avuto verso la fine la ladra e il genio della truffa che L aveva impiegato, visto che avevano ricevuto la telefonata che li avvertiva del ritorno imminente di Misa.

Tuttavia, dopo aver origliato al quartier generale presieduto da L, aveva scoperto che le telecamere meno discrete erano state piazzate di proposito così. L aveva voluto che Misa le trovasse sin dall’inizio. Era già al corrente del coinvolgimento di Misa con Light, e della posizione piuttosto precaria in cui questo aveva messo entrambi. E se da un lato non aveva reso le telecamere troppo palesi nella speranza che Light a un certo punto andasse a trovarla (che era stato il loro intento originale), il suo scopo ultimo era far uscire Misa dai giochi.

L aveva ipotizzato che una volta scovate le telecamere, Misa sarebbe giunta alla conclusione più verosimile di stalking, considerati il suo status e i precedenti. A quel punto sarebbe stato nel pieno controllo della situazione, e l’avrebbe fatta pedinare da due dei suoi agenti ventiquattr’ore su ventiquattro. Con due ‘guardie del corpo’ a osservare ogni sua mossa le sarebbe stato impossibile gironzolare liberamente. E la scoperta delle telecamere era la scusa perfetta per farla seguire dai suoi uomini senza che dovessero più nascondere la propria presenza, con la copertura di doverla proteggere.

Un paio di persone che lavoravano al caso avevano obiettato. Una di queste, stranamente, era stato il padre di Yagami Light. Se in un primo momento aveva trovato oltraggiosa l’idea di monitorare una persona considerata da lui nulla più che una civile innocente – sospettata ingiustamente solo per via delle sue frequentazioni – in seguito l’aveva accettata, convinto che fosse il modo migliore per tentare di ripulire per l’ennesima volta il nome di suo figlio.

Ma impedirle da un giorno all’altro di fare ciò che voleva, in particolar modo di continuare tranquillamente la sua relazione con Light, era troppo. Furioso, accusò il detective di mettere i propri sentimenti al di sopra del caso, di comportarsi più come un fidanzato geloso che come un investigatore. L aveva semplicemente ribattuto di non vedere come il coinvolgimento di Misa mostrasse alcun progresso nell’indagine. Al massimo la stavano mettendo in pericolo senza che ve ne fosse bisogno, e se Light era veramente innocente non gli sarebbe dispiaciuta un po’ di compagnia ai suoi appuntamenti.

Scherzando, il poliziotto più giovane della stanza, Matsuda, disse che L evidentemente non doveva essere mai stato a un appuntamento, ma si zittì rapidamente quando entrambi i detective lo trucidarono con uno sguardo.

Alla fine, L aveva ottenuto quello che voleva. Nel gruppo non c’era un solo elemento in grado di sfidare davvero la sua autorità, nemmeno Souichirou. A L non era quindi rimasto che aspettare di vedere se e quando Misa avrebbe trovato una delle telecamere. Era ironico che Misa avesse saputo della loro esistenza fin dall’inizio, passando il tempo ad aspettare quello che presumeva fosse il momento perfetto per ‘trovarne’ una, non facendo altro che ritardare l’inevitabile trappola di L. Rem aveva osservato il tutto con interesse.

Non che avesse cambiato idea su L. Credeva ancora che fosse una creaturina insipida che avrebbe preferito morta e non viva a interferire nella vita di Misa. Tuttavia, se le cose fossero andate secondo i suoi piani c’era un’ottima possibilità che Misa non potesse più uscire con Light, e questo avrebbe permesso a Rem di fare ciò che ormai contava di fare da qualche tempo, e che aveva rimandato solo per pietà dei sentimenti della ragazza.

Quando le acque si fossero finalmente calmate, e Misa si fosse allontanata a sufficienza da Light, Rem l’avrebbe ucciso.



Con suo grande dispiacere, i due robusti bodyguard fecero esattamente ciò che le avevano riferito. Non poteva andare da nessuna parte senza che uno di loro la tallonasse. E nonostante questo semplificasse alcune cose (era sorprendente la riluttanza dei fan a saltarti addosso quando accanto a te torreggiava un uomo due volte più grande e grosso di loro), condurre una vita soddisfacente divenne quasi impossibile. Anche se non le importava che Ryuuzaki sapesse o meno del suo rapporto con Light, persino le semplici conversazioni con tutte le persone con cui parlava si fecero all’improvviso imbarazzate.

Per esempio, ci fu quella volta che Mamori le telefonò mentre lei tentava di andare a comprare dei vestiti nuovi. Non appena partì la suoneria la sua ombra era lì, a fissare senza tante cerimonie il display da sopra la sua spalla per controllare il mittente.

“Questi non sono affari suoi, le pare?” sbraitò, il volto rosso di rabbia.

“Mi scusi, signorina,” replicò, e Misa si accorse senza stupore di non sapere se era quello con cui aveva parlato la prima volta. “Volevo solo essere sicuro che fosse un numero conosciuto.”

Lei sbuffò. “Come se lei ne potesse sapere qualcosa. E poi se fosse stato un mittente sconosciuto, probabilmente si sarebbe trattato del suo capo. Mi scusi.”

Senza guardarsi indietro, girò sui tacchi e filò dritta nel camerino delle donne, chiudendosi in una cabina. Come scoprì con sollievo sbirciando da sotto la porta, la guardia del corpo non l’aveva seguita fin lì. Scura in viso, aprì di scatto il telefono. “Mamori, salva Misa!”

La sentì sussultare per lo shock. “Stai bene?”

“Non proprio. Adesso ho delle guardie del corpo.” sospirò, compatendosi.

“Eh? Il tuo agente ha finalmente pensato che ne avessi bisogno?”

“Non esattamente,” la corresse, titubante. “E poi non è questo il punto. Il punto è che stanno facendo impazzire Misa! Non mi lasciano mai sola.”

“Misa, quello è, come dire, il loro lavoro.” le fece notare Mamori, con un’ombra di divertimento.

“Beh, a me non piace. Voglio che se ne vadano.”

“Se davvero non li vuoi tra i piedi licenziali.” suggerì la sorella. “Anche se col lavoro che fai tu, ingaggiarne uno non è una pessima idea.”

“Non mi interessa se è una buona idea. Ma tanto non importa. Non posso licenziarli.”

“Ah. Allora chiedi alla tua manager di licenziarli, o almeno digli di darti più spazio.”

“Io…” Misa si interruppe; era meglio non spiegarle come si era cacciata in quella situazione. Conoscendo i picchi di nervosismo che Mamori poteva raggiungere, non faceva molta fatica a immaginarsela presa dal panico all’idea delle telecamere mentre dichiarava che avrebbe preso il primo treno per Tokyo. E davvero, l’ultima cosa che voleva era disturbare la vita di sua sorella. Soprattutto ora che sembrava stesse finalmente voltando pagina dal caso dei loro genitori per tornare alla sua vita. “Ci proverò. Ma non credo che funzionerà.”

“Misa, è per il tuo bene. Sono lì per proteggerti. È una cosa tanto orribile?”

Lei si accasciò contro il muro. “Dipende dal punto di vista.”

“Beh, ci sarà un modo in cui puoi ritagliarti un po’ di privacy. Se c’è una cosa che ho imparato su di te è che riesci sempre a ottenere quello che vuoi, se ci provi.”

La bocca le tremò appena. “Mamori fa sembrare Misa una bambinetta viziata.”

“Sì, ecco, io…”

“Mamori!”

La donna rise piano. “Ti ho chiamato per un motivo serio, sai?”

“Eh?”

“Il mondo non ruota sempre intorno a te.”

“Questo lo so!” Misa allungò il labbro inferiore come se l’altra la potesse vedere attraverso i segnali elettronici che si stavano scambiando i telefoni.

“Volevo farti sapere che presto verrò a trovarti. Nelle prossime settimane, probabilmente.”

Per poco non lasciò cadere il telefono. Lei era lì che cercava di evitare di dire qualcosa che la inducesse a fare i bagagli, e Mamori aveva progettato di farlo sin dall’inizio. “Come?”

“Non essere troppo delusa,” rispose lei, in tono piatto. “Non preoccuparti. Non ti starò tra i piedi. Anzi, starò da un’amica.”

“Misa non è delusa, solo sorpresa,” giurò lei, anche se questo non placò i crampi che le stavano attorcigliando lo stomaco. “Mamori non ama viaggiare.”

“No, infatti. Però cercare un buon appartamento da lontano non porta mai buoni frutti, secondo me.”

Lei sbatté le palpebre. “Cerchi un appartamento? A Tokyo?”

“Sì. Credo che sia ora di andarmene da qui. A Tokyo ci sono molte più occasioni per gli stenografi di corte. E poi potremmo stare più vicine, e poco ma sicuro la mia bolletta del telefono ne trarrà beneficio. Tra l’altro io… io credo di non poter stare più qui.” mormorò. “Non ce la faccio più.”

I crampi si sciolsero rapidamente, rimpiazzati da una sofferenza familiare che aveva sperato di non sentire più. Non poteva biasimarla. Non era scappata anche lei da tutto? “Misa capisce,” bisbigliò. Poi, con voce più luminosa, annunciò: “Misa ti aiuterà a trovare un nuovo appartamento! Un appartamento molto bello dove Misa ti verrà a trovare, e dove Misa e Mamori potranno fare pigiama party come facevano quando Misa visitava Mamori al college!”

“Sarebbe bello,” disse Mamori, un po’ triste, e fu come se quel leggero cambiamento di intonazione le risuonasse nel corpo, sbriciolandola e poi ricostruendola, ricomponendola in un pezzo intero ma ora delicato e fragile. Il dolore di sua sorella poteva distruggerla. Era stanca morta della sua famiglia che soffriva.

“Beh, ti lascio. Ho ancora molto lavoro da sbrigare, e sono sicura che lo stesso valga per te.”

Lei fece uno sbuffo poco convinto, ma pose fine alla conversazione. Rimase nella cabina, a fissare il cellulare come se potesse darle una risposta. In effetti, rifletté, gliene dava molto spesso. Chissà come, squillava sempre proprio quando ne aveva bisogno, e a volte quando aveva più bisogno che stesse in silenzio. E quasi sempre, sempre, dall’altra parte c’era stato Ryuuzaki. Ma ora non stava chiamando, e anche se l’avesse chiamata non le avrebbe sicuramente dato le risposte che le servivano.

Forse era tempo che ricominciasse a crearsele da sola, le sue risposte. Ryuuzaki le aveva chiesto se voleva essere dominata, e si rendeva sempre più conto che non solo non voleva, ma neanche ne aveva bisogno. Con decisione, selezionò un numero e attese.

Non dovette aspettare molto. “Misa? Sei tu?”

“Light! Misa è contenta che tu abbia risposto!”

“È un po’ che non ci sentiamo,” le disse. “Tutto okay?”

“Non proprio. Light…” Trasse un profondo respiro. “Misa pensa che tu abbia ragione. Che dovremmo smetterla di vederci.”

All’altro capo del filo cadde il silenzio; era più che prevedibile che Light fosse sinceramente sconvolto dalla sua affermazione. “Cosa? Perché?”

“L’hai detto tu stesso. Probabilmente non è sicuro, e le cose mi sono scappate di mano.”

“Scappate di mano?” le fece eco, confuso. “Misa, che succede? Cos’è successo?”

Lei si morse il labbro inferiore, indecisa se dirgli la verità oppure no. Capì di non star parlando solo con Kira, ma con Yagami Light, l’alunno modello infiltratosi con facilità nell’indagine su Kira stesso grazie al proprio genio. Prima o poi l’avrebbe scoperto comunque. Almeno così il come l’avrebbe stabilito lei. “Misa ha trovato delle telecamere in casa. Ryuuzaki-san le ha tolte, ma-”

“Aspetta, c’erano delle telecamere?” la bloccò, e Misa notò che questa volta riuscì a captare la sua ipocrisia. La coprì piuttosto bene con la frase successiva. “Misa, stai bene?”

“Ryuuzaki-san le ha tolte,” ripeté lei, sentendosi diversa per una ragione e in un modo che non avrebbe saputo spiegare. “Ma adesso mi ha assunto delle guardie del corpo. Se ti vedo, Ryuuzaki-san lo saprà. Così, probabilmente è meglio se smettiamo di vederci.”

“Telecamere… È pazzesco,” borbottò lui, ignorando completamente il resto di ciò che aveva detto. “Chi potrebbe mai fare una cosa del genere?”

“Ryuuzaki-san pensa che sia stato uno stalker. A Misa è già capitato in passato.” Non menzionò però il fatto che tutte e tre le persone coinvolte sapevano quanto quella fosse la cosa più lontana dalla verità. “È per questo che mi ha dato le guardie del corpo, anche se gli ho detto che non le volevo.”

“Misa, sta solo cercando di proteggerti. Non posso proprio dargli torto. Probabilmente avrei fatto la stessa cosa se avessi potuto.”

“Ma Light capisce perché non possiamo più vederci, vero?” chiese lei.

“In realtà no. Non ti vergogni di me, vero, Misa?” domandò, divertito.

“Cosa? No, certo che no!” Scosse il capo. Dopotutto lui era ancora il suo eroe. “Light è un amico di Misa.”

“Solo un amico?” Si finse ferito.

Deglutì a vuoto, a disagio. I suoi sentimenti adoravano farla soffrire. Un’altra piccola fitta di sofferenza, questa volta più come il bacio di una farfalla sul cuore. “… Light è un amico molto prezioso di Misa.”

Ci fu qualche attimo di silenzio. “Capisco.”

“È solo che…”

“Misa, se mi permetti di aiutarti posso liberarti delle tue guardie del corpo,” propose Light, la voce che trasudava tentazione.

“Davvero?” Non vedeva proprio come persino lui sarebbe riuscito in una cosa del genere. Gli uomini di Ryuuzaki erano professionisti in tutto e per tutto, e dubitava che sarebbe stato tanto semplice gabbarli.

“Certo. Per un giorno soltanto, ma sarà pur sempre libertà, giusto?”

“Beh, sì, ma-”

“Un giorno, Misa.” richiese, la voce come velluto. “Dammi solo un giorno. Ti dirò tutto quello che muori dalla voglia di sapere adesso.”

A qualcosa, in un anfratto recondito della sua mente, non piacquero particolarmente le parole che aveva scelto per quella frase, ma era una proposta troppo allettante per essere rifiutata. Era l’ultima opportunità che aveva per prendere una decisione su di loro. Nessuno dei due era molto degno della sua fiducia, ora come ora. Ma, in fondo, lei meritava davvero la loro? Non era forse diventata una bugiarda tanto quanto loro, di sua spontanea volontà, solo per cercare di giocare a un gioco che era chiaramente al di là delle sue capacità? Era ora di fare qualcosa invece di aspettare e sperare che tutto si risolvesse da solo per lei.

“Di’ a Misa il tuo piano.”



NdT: lol at Matsuda, il vero genio di Death Note.
Ehi, chi posta puntuale a Capodanno posta puntuale tutto l’anno! xD Auguri, btw. Avete notato che è l’01/01/11? LOL! *trolla da sola in angolino*

E a grande richiesta (?), per rispondere alla domanda posta in una delle vostre carinissime recensioni, torna l’angolo delle curiosità di Rewrite! *parte la claque immaginaria*

Angolo delle curiosità inutili di Rewrite

La traduzione italiana, avviata e portata avanti dalla vostra affezionatissima, è cominciata quasi tre anni fa grazie a questo topic del forum di EFP (me lo sono andata a cercare!!1!uno!). Il primo capitolo è stato pubblicato una settimana dopo. È successo tutto per purissimo caso, insomma, anche perché le storie da tradurre me le trovo sempre da sola.
Non so cosa mi abbia posseduto a tradurre una storia che non avevo scelto io e che avrebbe contato almeno trenta capitoli e di cui in realtà, ma non ditelo a nessuno e soprattutto non fatelo anche voi, avevo letto solo degli stralci. Quello che so è che in parte volevo vedere come me la sarei cavata a tradurre una storia che non conoscevo tanto bene dandomi delle scadenze mensili o bisettimanali (e non diciamo come me la sono cavata che è meglio… xD). E l’idea di Misa e L insieme era troppo crack per non intrigarmi. Fortunatamente, la storia meritava davvero <3
Però ripeto, magari don’t try this at home.
Ah, ho trovato anche una delle prime email che avevo mandato a StAkuro, la ragazza a cui si devono la scoperta della storia e la sua traduzione e che per i primi capitoli mi ha fatto anche da beta: “Non so quanto sia buona la qualità di quanto finora tradotto, perché ho avuto l’influenza e ho lavorato con una sinusite in fronte che non riuscivo a muovere gli occhi senza farmi venire delle fitte alla testa. Ma il fatto che ho lavorato a dispetto di capogiri e lacrimamenti involontari, starnuti e una depressione da malattia, secondo me la dice lunga. Ieri sono arrivata al quarto capitolo.
Considerato che anche ora ho un’influenza atroce che quando starnutisco salto come nei cartoni animati (GIURO. E sì, nelle feste, sì, a Capodanno, SÌ), ci sta.
Eh, quante energie che avevo, da giovane. Ovvero tre anni fa.

u_u

Fine dell’angolo delle curiosità inutili di Rewrite
   
 
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