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Autore: chae    02/01/2011    0 recensioni
“Due, le oscure ombre che cadranno su Perdìka;
Due, anime diverse all’apparenza, ma realmente uguali;
Due, le vite che saranno spezzate, se il bene non vincerà;
Due, le guerriere che avranno il potere delle spade Akeru;
Due, destini uniti dalla nascita”
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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prefazione: il portale


Oltre le finestre, solo oscurità. Una figura, indubbiamente una ragazza, stava osservando la parete grigia senza però vederla. Gli occhi azzurri erano ridotti a fessure, e la sua mente correva, velocissima, persa in mille meandri.
Si accorse che si stava avvicinando qualcun altro. Continuò a rimanere nell’ombra, i capelli biondi e lunghi fino alla vita. Una donna alta e slanciata, lunghi capelli ricci quasi bianchi, entrò nella stanza. Portava una maschera d’oro sul viso, e una veste lunga dalla quale pendeva una spada, legata a una cintura alla vita. S’inginocchiò. La sua voce risuonò oltre la maschera, limpida.
“Padrona, Crystal è partita. I Guerrieri arriveranno tra pochi giorni”
La figura parlò con voce inquietante, che non si addiceva al sua aspetto angelico.
“E così, Crystal vuole davvero richiamare i due Guerrieri. Povera sciocca. Guerrieri dal mondo umano. Umano. Pensavo le fosse rimasto un pizzico di cervello in testa.”
“Desidera attaccare appena arriveranno?”
“ No.” Una pausa. “Sai che mi fido di te?”
“Lo so, Padrona.”
“Sai anche che sono stata io a riportarti nel Mondo dei Vivi quando ne avevi più bisogno, vero?”
“Vero. Non smetterò mai di ringraziarvi per questo.”
La ragazza si voltò di lato, ma solo per osservare il cielo grigio oltre la finestra.
“Allora portami le spade Akeru”
La donna alzò leggermente la testa e fissò le spalle della padrona, gli occhi dilatati.
“Le spade Akeru?”
“Esatto. Ne ho bisogno, e lo sai.”
La donna respirò a lungo prima di rispondere. “Andrò a prendere le spade.”
“Non farti attrarre dal loro potere. È grande, ma pericoloso. Portale a me.”
“Si, Padrona. Tornerò con le spade.”
Si alzò e uscì senza fare rumore. La figura rimase nell’ombra, a fissare la parete grigia.
 
“Ho fatto un sogno strano, stanotte” disse Emma ad Andros.
“Che tipo di sogno?” chiese Andros, raccogliendo i libri dall’armadietto.
“Molto stupido. C’era qualcosa di inquietante, non so cosa, però” rispose Emma, turbata.
“I tuoi soliti sogni strani. Mi fai paura, a volte.” disse con semplicità Andros.
“Sai, è da un po’ di tempo che faccio sogni del genere. Chissà.”
Presero i libri e si diressero verso l’uscita, insieme a una grande frotta di studenti.
Emma di solito passava inosservata quando stava con Andros: lui era un ragazzo molto ambito, con il sorriso sempre pronto e due penetranti occhi verdi. Emma era molto carina, ma non sorrideva quasi mai. Aveva lunghi capelli castani e labbra che le avrebbero conferito un’aria dolce, se avesse sorriso. I suoi occhi, di un grigio intenso, sembravano perennemente soprappensiero. Quasi nessuno capiva come quei due potessero essere amici. La verità è che non lo sapevano neppure loro. Si apprezzavano l'un l'altro, si divertivano insieme.
E Andros era innamorato di Emma dai tempi dell'asilo, ma lei non lo sapeva, perchè non aveva mai provato nulla per nessun ragazzo. Non aveva mai provato nulla nemmeno per se stessa.
Andros era attratto da lei, dai suoi occhi chiari e pensierosi, dal suo modo di parlare, dalle sue mani quasi sempre nascoste nelle tasche, del suo sorriso, così raro ma così bello. Emma stava beatamente tra le nuvole, ossessionata dai suoi sogni senza senso, dal suo intuito formidabile e dalle sue paure, senza curarsi del mondo intorno, e di quel ragazzo che le vorticava intorno da quasi tutta la vita.




Alle sette di sera, Emma prese una tazza di cereali e si diresse in camera sua. Accese la TV e si sedette sul letto. Continuava a pensare a quel sogno. Di solito erano diversi: sognava avvenimenti che poi si avveravano, persone che poi si presentavano nella sua vita. In altri sogni aveva già visto quel posto della notte precedente , sembrava quasi un castello. Ma l'aria intorno non era così scura, il cielo così nuvoloso, la tristezza così consistente. C'erano tre bambini coi capelli lunghi, due femmine e un maschio, che giocavano insieme. Sembravano felici, finché una delle due bambine, la più vispa , non rovinava tutto.
Posò la tazza vuota sul comodino e la testa sul cuscino.
 
La donna dietro la maschera d’oro si avvicinò alla ragazza sdraiata sull’erba. Tremava.
“Allora, dove sono le spade?”
“Non sono più qui.” Un sussurro impercettibile, vibrante.
La donna non sembrò soddisfatta. Guardò la ragazza e sfoderò la spada.
“Questo l’avevo capito. Dimmi dove sono.”
“Non lo so!”
“Bugiarda!”
La ragazza tremò ancora più forte. La donna scosse la testa. “Vedi di collaborare.”
“Non lo so, lo giuro!”
“Dimmelo! Alla mia padrona servono.”
Il vento soffiava forte nella radura buia. La donna aspettava.
La ragazza pianse più forte. “Sono nascoste. Le ha nascoste Crystal in un luogo irraggiungibile. Non so altro.”
La donna sorrise dietro la maschera. “Grazie per aver collaborato”
“Ti prego, lasciami andare, ora! Il mio popolo ha bisogni di me…”
La ragazza fece per alzarsi. La donna prese meglio la spada e con un rapido movimento la trafisse nel cuore, un colpo preciso e letale. La ragazza sgranò gli occhi e mentre la donna ritraeva la spada, e scomparì, lasciando al suo posto solo una scia di polvere dorata.
 
Emma si svegliò di soprassalto.
Guardò la sveglia sul comodino. Erano le dieci. La tazza era ancora lì, segno che sua madre non era ancora andata a letto.
Guardò la Tv: annunciavano la scomparsa di una ragazza. E lei la conosceva.
Stella era la persona che più detestava, coi suoi capelli biondi ed il sorriso smagliante, l'aria saccente e la battuta pronta contro Emma.
Ma la sua scomparsa la fece comunque pensare. Dove poteva essere finita? Scappata?  Probabilmente no. Rapita? Aveva bisogno di schiarirsi le idee e parlare con Andros.
Lo chiamò, ma non rispose. Una brutta sensazione cominciò ad invaderle la mente.
Scese in silenzio le scale e uscì in strada. L’aria era fredda. Camminò veloce verso casa di Andros. Svoltò l’angolo e la vide. Emma superò i cancelli e percorse il vialetto. Qualcosa non tornava. Si avvicinò alle finestre e sbirciò attraverso il vetro. Nessuna traccia della famiglia, perchè i suoi genitori erano in vacanza da una settimana. Ma non c'era neppure Andros. Guardò attentamente il vetro.
Qualcuno ci aveva scritto sopra, col dito. “Casa Fantasma”
Casa Fantasma, il loro rifugio, quando erano bambini.
Fece retrofront e cominciò a correre.
   
 
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