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Autore: Reruchan    02/01/2011    3 recensioni
Era bello [...] in fondo se svariati milioni di persone lo sostenevano da parecchi anni, non era forse lecito convincersi della cosa? [Main character: MATSUMOTO JUN]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jun Matsumoto, Kazunari Ninomiya , Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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恋人はちょっとバカだよ。

Koibito ha chotto baka da yo

 

Capitolo 1

ある日

Aru hi… (Un giorno…)

 

Era bello.

Certo, pensarlo di sé stesso poteva suonare un tantino presuntuoso, ma in fondo se svariati milioni di persone lo sostenevano da parecchi anni, non era forse lecito convincersi della cosa?

Forum, giornali e sondaggi spesso e volentieri lo indicavano come il più attraente fra loro cinque. Poster, fotografie e gadget dedicati a lui andavano a ruba. Quindi non si sentiva troppo in colpa quando, passando davanti a uno specchio, indugiava in un po’ di puro narcisismo o si compiaceva delle urla di fan estasiate.

Non ricordava quando aveva iniziato a vederla in questo modo, quando aveva cominciato a sentirsi in competizione con Sho o ad infastidirsi un po’ se Nino gli diceva scherzosamente di darsi meno arie.

Ma dopotutto ciò non intaccava minimamente le sue prestazioni lavorative o il suo costante impegno per il gruppo. Anzi, proprio per questo poteva permettersi un po’ di egocentrismo. Pensare a sé stessi era giusto, no?

Non poteva sapere che una sera qualsiasi di fine novembre, entrando nel suo solito locale, sarebbe stato il giorno grazie al quale avrebbe cambiato idea.

 

 

                       

 

 

La campanella affissa sulla porta tintinnò allegramente, mentre un giovane trafelato e bagnato dalla pioggia entrava nel locale. I jeans umidi gli aderivano alle cosce e anche se il cappotto a prima vista poteva sembrare asciutto, al tatto ci si rendeva conto dell’esatto contrario. Ciuffi di capelli grondavano acqua ai lati del viso e solo gli occhiali da sole nascondevano la sua espressione contrariata.

Il ragazzo si guardò attorno, compiaciuto di trovare il locale quasi deserto, come avveniva spesso a quell’ora della sera, durante i giorni feriali. Si tolse il cappotto fradicio e lo appoggiò a una delle sedie accostate al bancone del bar, mentre un uomo sulla cinquantina, non molto alto e stempiato, si affacciava da dietro il registratore di cassa.

   -Ben trovato- lo salutò con aria confidenziale- Non trovi che gli occhiali da sole a gennaio siano eccessivi anche per te, Matsumoto-san?

Il ragazzo si tolse l’accessorio- Sai bene che devo essere poco riconoscibile, Yoshida-san.

L’uomo fece spallucce- Trovo che quegli occhiali attirino solo di più l’attenzione. Ma chi sono io per contestare le stravaganze di un idol?

Matsumoto gli rivolse uno sguardo fra il divertito e l’esasperato –L’agenzia vuole che…

Bloccò a metà la spiegazione, rendendosi conto che come al solito sarebbe stato inutile imbastire ulteriori giustificazioni con Yoshida.

   -Sbaglio o sei completamente bagnato?- continuò l’uomo- Hai avuto la fortuna di finire sotto uno dei pochi temporali invernali?

   -Già…- rispose l’altro scrollando acqua da una manica della sua felpa- Stamattina, quando sono andato a lavoro, c’era il sole. Non ho pensato di prendere nemmeno un ombrello pieghevole.

   -Puoi usare l’asciugatore per le mani che c’è nel bagno.

   -Si grazie, sperando serva a qualcosa. Nel frattempo preparami il solito, per favore.

Il barista annuì, mentre Matsumoto costeggiava il bancone e varcava la porta di legno scuro che si trovava nell’angolo a sinistra.

Il bagno era arredato in modo semplice ma non aveva l’aria squallida che molto spesso hanno i bagni dei locali, soprattutto quelli piccoli. Le piastrelle sui muri partivano con un color caramello dal basso, andando poi a scharirsi verso l’alto in una morbida sfumatura ambrata. Rispetto alla porta, sulla parete destra si trovava un lavandino in ceramica bianca ben tenuto, sovrastato da uno specchio di medie dimensioni; di fronte all’ingresso un’altra porta nascondeva la toilette vera e propria.

Matsumoto si avvicinò al lavandino, dandosi un’occhiata allo specchio: i capelli mossi grazie alla permanente stavano iniziando ad asciugarsi, ma non erano certo quello il problema; con la pioggia il fondotinta che gli avevano messo sul viso per le riprese se n’era andato quasi del tutto, lasciando che un paio di occhiaie azzurrognole si mostrassero sotto i suoi occhi. Negli ultimi giorni le ore di sonno erano scarseggiate a causa del lavoro fino a tarda ora, ma per sua fortuna il giorno dopo era libero e avrebbe potuto recuperare.

Senza indugiare oltre posizionò le mani sotto l’asciugatore accanto allo specchio, che partì qualche istante dopo, soffiando fuori aria calda. Rimase lì per un po’, concentrando l’asciugatura soprattutto sulle maniche della felpa, visto che era proprio l’umidità sulle braccia a dargli più fastidio. Per il petto e i jeans non c’era molto da fare, poteva solo tornare a casa e mettere tutto sul calorifero.

Quando fu almeno un po’ soddisfatto si allontanò dal phon, che continuò a funzionare per qualche secondo ancora, finché non si spense da solo.

“Bevo il mio cappuccino e corro a casa fare una doccia calda” pensò aprendo la porta del bagno “Magari noleggio un..” il pensiero fu interrotto da un getto freddo che lo colpì in piena faccia.

Matsumoto rimase immobile sulla porta, gli occhi chiusi, sperando che il liquido che gli gocciolava dal mento fosse solo acqua.

   -Oddio mi dispiace!- una voce femminile lo spinse ad aprire gli occhi, trovandosi di fronte una ragazza mora che lo fissava. Era più bassa di lui di almeno dieci centimetri, i capelli neri raccolti in due trecce laterali e indossava un grembiule da cameriera.

   -Mi dispiace davvero- ripetè- Per fortuna era solo acqua.

   -Già, che fortuna…- rispose lui con tono sarcastico.

La ragazza arricciò le labbra al commento e incrociando le braccia fece scorrere lo sguardo dalla felpa ancora umida ai jeans bagnati -Bhè, non ho fatto un gran danno, ci avevi già pensato per conto tuo.

Matsumoto corrugò le sopracciglia- Mi ero quasi asciugato. Dovresti prestare attenzione lavorando in un locale.

   -E tu aprendo le porte.

I due rimasero in silenzio a fissarsi, finché il viso del proprietario non comparve alle spalle della ragazza.

   -Che succede qui?- domandò incuriosito, notando che il suo assiduo cliente era ancora bagnato come appena entrato nel locale- Non eri andato ad asciugarti?

   -C’è stato un incidente di percorso- rispose l’altro facendosi largo verso il bancone dove lo aspettava il suo cappuccino fumante- Spero solo che questo scherzetto non mi costi un malanno.

La ragazza lo guardò storto- Un raffreddore non ha mai ucciso nessuno.

   -Già, ma il nostro cliente è piuttosto famoso, un raffreddore potrebbe portagli via giorni di riprese- rispose Yoshida.

Matsumoto fissò il proprietario con occhi spalancati, non riuscendo a credere che avesse parlato ad alta voce. Per fortuna l’affluenza nel locale in quel momento era ridotta al minimo e non rischiava che qualcuno si mettesse a guardarlo con curiosità, rischiando di riconoscerlo. A quel punto sperava solo che la dipendente di Yoshida non fosse una pettegola e non raccontasse in giro che frequentava quel bar.

   -Famoso? Sul serio?- chiese la ragazza con tono stupito- Non mi sembra di averlo mai visto. Yoshida-san, è sicuro?

Il ragazzo sollevò lo sguardo dal suo cappuccino.

   -Suzuki, una volta non mi hai detto che ti piace guardare quegli sceneggiati alla tv?- chiese il proprietario.

La ragazza annuì vigorosamente verso il suo capo- Sto seguendo la seconda stagione di Hanadan*.

“Ecco, è il momento” pensò Matsumoto. La ragazza lo avrebbe guardato e riconosciuto, sul suo viso si sarebbero susseguiti lo stupore e la gioia;  in fondo amava vedere quelle espressioni sui volti delle fan, anche se gli avevano rovesciato dell’acqua addosso.

Suzuki guardò un’altra volta il ragazzo, che continuava a sorseggiare il suo cappuccino. Arricciò le labbra, inclinò la testa, sbatté le palpebre.

   -No, lui non l’ho mai visto- sentenziò alla fine.

Matsumoto rimase con la tazza sospesa a mezz’aria, fissando la ragazza che girava sui tacchi e andava dietro il bancone a riempire di nuovo il bicchiere rovesciato.

Non lo aveva riconosciuto. Guardava tutte le settimane il drama di cui lui era il protagonista e non lo aveva riconosciuto. Sapeva benissimo che la sensazione di irritazione che gli stava crescendo dentro era assolutamente infantile e inappropriata.

   -Aspetta- le disse appoggiando la tazza sulla superficie di marmo del bancone- Osservami meglio.

Era sicuro che bagnato come un pulcino e con le occhiaie anche sua madre avrebbe faticato a riconoscerlo, le serviva solo un’occhiata più attenta.

La ragazza non sollevò nemmeno lo sguardo, continuando a fare quello che stava facendo.

   -Non tutti raggiungono livelli di popolarità da essere poi conosciuti da chiunque- disse- Magari col tempo diventerai famoso come Miyavi o Ken Watanabe. Cosa sei, un attore?

Il ragazzo non rispose. Rovistò nella sua borsa, estrasse qualche moneta e la posò sul bancone. Senza dire nulla recuperò tutta la sua roba e, a dispetto del maltempo, uscì dal locale sparendo oltre la porta.

Yoshida e Suzuki erano rimasti immobili ad osservare la scena.

   -Ma che ho detto?- chiese lei un poco confusa.

L’uomo sbuffò divertito- Credo che tu abbia ferito il suo orgoglio di idol. Quello era Matsumoto Jun.

La ragazza sbatté le palpebre, girando la testa verso l’ingresso, anche se non c’era più nulla da guardare.

   -Quel Matsumoto Jun?

 

 

                        

 

 

 

 

“Cosa sei, un attore?”

“Si, sono un attore. E un cantante. E un presentatore.” pensò Jun mentre entrava nel suo appartamento. Si tolse le scarpe, che abbandonò accanto alla porta, e si diresse verso il salotto, lasciando impronte umide sul parquet.

Appoggiò il soprabito su un bracciolo del divano, poi continuò dritto verso il bagno dove, una volta entrato, prese a far scorrere l’acqua calda della doccia, mentre cominciava a svestirsi.

Quando entrò nell’abitacolo per un attimo il suo corpo rabbrividì a contatto con il getto d’acqua; avrebbe preferito un bel bagno, ma non ne aveva il tempo e soprattutto avrebbe rischiato di addormentarsi nella vasca.

Chiuse gli occhi mentre i suoi muscoli si rilassavano sotto il calore.

Si sentiva piuttosto stupido per la reazione avuta al locale, per essere scappato via in quel modo. Nemmeno lui si aspettava di restare così male per non essere stato riconosciuto, da una persona che poi seguiva assiduamente il suo drama. Rabbrividiva al pensiero di ciò che ora quella ragazza pensava di lui: probabilmente lo considerava uno di quei classici attori che non riescono a sfondare. Ma in fondo cosa gli importava della sua opinione? Metà della nazione sapeva benissimo chi era. Era sciocco prendersela solo perché una persona non lo aveva riconosciuto.

La cosa migliore era chiedere a Yoshida i turni della ragazza, in modo da evitare il più possibile altre scene di quel genere. Non che temesse un confronto con lei. Assolutamente.

Voleva solo stare tranquillo nei pochi momenti di relax che poteva concedersi.

Si, era così.

 

 

 

 

   -Sveglia Matsujun!!!

La voce squillante di Aiba dall’altra parte del telefono era tremendamente penetrante, ma forse era solo dovuto al fatto che era in piedi da appena cinque minuti.

   -Sono sveglio…- rispose Jun, stropicciandosi gli occhi- Purtroppo.

   -So che oggi è il tuo giorno libero, ma ti andrebbe di accompagnarmi a Ueno?- chiese l’amico- Devo fare un sopraluogo per Doubutsuen*.

Il silenzio che seguì era carico di sottointesi, ma Aiba non si arrese, mettendo in campo le sue migliori doti di persuasione. Alla fine Matsumoto cedette, più per esasperazione che per altro, ma si convinse che in fondo un giro all’aria aperta gli avrebbe fatto bene.

Anche se Masaki aveva promesso di offrirgli qualcosa per il pranzo, mangiò comunque un panino ripieno di marmellata di azuki*, per non uscire di casa con lo stomaco brontolante.

Non aveva voglia di mettere le lenti a contatto, così inforcò i suoi occhiali appoggiati sul comodino.

Indossò il paio di jeans più pesanti che aveva, infilati dentro gli anfibi, una maglietta bianca e una camicia di flanella a quadri. Quell’abbigliamento faceva molto “boscaiolo”, ma per una volta voleva fregarsene dell’aspetto e stare comodo.

Indossati giacca e cappello uscì di casa, avviandosi verso la metropolitana. Viveva a pochi minuti dalla stazione di Ikebukuro, il che gli risultava molto comodo per spostarsi, dato che muoversi per Tokyo in automobile richiedeva una buona dose di pazienza, di cui spesso lui era carente. Da lì poteva accedere a varie linee dei treni, soprattutto quella della Yamanote* che disegnava un circolo che toccava i principali quartieri della città. Prendendola, poteva arrivare a Ueno in circa venti minuti.

Salito sul treno, fu lieto di trovare il vagone piuttosto libero, con solo qualche casalinga armata di sacchetti della spesa e un paio di pensionati intenti a leggere il giornale. Si sedette nel posto adiacente alle porte scorrevoli e per tutto il viaggio osservò le pubblicità che passavano sui piccoli schermi televisivi del vagone*, con gli auricolari nelle orecchie.

Arrivato a destinazione trovò Aiba ad aspettarlo proprio all’uscita dei tornelli e insieme si diressero verso il parco faunistico. Si accertò che entrambi fossero ben coperti dai cappelli e costrinse Masaki a indossare il suo paio di occhiali da sole, per essere il meno riconoscibile possibile.

   -C’è pochissima gente in giro per il parco a quest’ora…- disse Aiba- Secondo me con questi occhiali da sole attiro di più l’attenzione.

Era la stessa cosa detta da Yoshida e Jun si irrigidì al pensiero della sera precedente. Masaki sembrò non notarlo e proseguì nel suo chiacchierare imperterrito.

   -Come è andato il servizio fotografico di ieri? È per pubblicizzare il nuovo drama, vero? Come hai detto che si chiama?

   -“Bambino”*- rispose l’altro- Dovresti ricordartelo, visto che la theme song è “We can make it”.

L’amico fece un sorriso- Sbadato come al solito. Dopo cosa hai fatto?

Jun scrollò le spalle- Sono andato al solito bar, poi sono tornato a casa.

   -Il famoso bar del signor Yoshida? Un giorno dovresti portare anche noi.

   -Non è niente di particolare…- borbottò Matsumoto- Inoltre recentemente il servizio lascia a desiderare.

L’altro ragazzo sbatté le palpebre perplesso e aprì la bocca per dire qualcosa, ma l’amico lo zittì scuotendo una mano, per poi indicare la biglietteria dello zoo, davanti alla quale erano giunti. All’ingresso, quelli che sembravano, abbastanza chiaramente, i membri di una troupe televisiva, fecero loro segno di raggiungerli. Una volta entrati Jun lasciò che Aiba facesse il suo lavoro, lasciandolo con i produttori del programma, e ne approfittò per girare indisturbato per il parco.*

Attraversò la piccola foresta e le gallerie che permettevano di vedere animali come i gorilla e i grossi felini; passeggiò davanti alle gabbie delle scimmie e al recinto dell’elefante; per un po’ rifletté se prendere il trenino panoramico che trasportava i visitatori nella seconda parte dello zoo, ma alla fine decise di andare a piedi. Si mantenne sulla parte destra del sentiero, per vedere gli ultimi recinti e poi dirigersi all’uscita costeggiando il lago artificiale che ospitava principalmente uccelli acquatici.

Si soffermò ad osservare la vasca degli ippopotami, davanti alla quale vide una bambina di circa cinque anni, che camminava lentamente, dando l’idea di sentirsi disorientata. Subito Jun pensò che si fosse persa, dato che non scorgeva alcun adulto nei paraggi, a parte lui, ma sperò anche di sbagliarsi: non sapeva approcciarsi molto bene ai bambini, come gli anni di episodi di Mago Mago Arashi* avevano dimostrato. Tuttavia, se la bambina era davvero in difficoltà non poteva certo lasciarla lì.

Riprese a camminare, passando dietro alla ragazzina e attendendo una qualche reazione da parte sua; per un attimo pensò che non sarebbe successo niente, ma poi sentì qualcosa trattenerlo per i pantaloni. Abbassò lo sguardo e vide la bambina aggrappata con una mano ai suoi jeans.

Prese un respiro e si chinò, abbassandosi alla sua altezza.

   -Tutto bene?- le chiese.

Lei scosse il capo, mostrando un paio di grandi occhi umidi di un pianto imminente, che Jun sperò non scoppiasse mai.

   -Ti sei persa? Come ti chiami?

Lei annuì e con la manina strinse la manica della giacca del ragazzo, poi sollevò di nuovo lo sguardo su di lui.

   -Mai- rispose solamente.

Matsumoto la prese in braccio e si rimise in piedi- Va bene Mai, sai dove possiamo trovare i tuoi genitori?

La bambina non rispose e Jun era ormai convinto di portarla all’ufficio informazioni, per far mandare un annuncio, ma poi la sentì borbottare qualcosa. La sistemò meglio fra le braccia, lanciandole uno sguardo di incoraggiamento.

   -Lemuri…- disse.

Lemuri. Un po’ scarso come indizio e la bambina non sembrava intenzionata ad aggiungere altro. Forse era un punto di ritrovo concordato con chi l’aveva accompagnata? Si guardò attorno alla ricerca di una cartina del parco e quando la trovò cercò di localizzare la zona dei lemuri. Per fortuna era lì vicino e costeggiava il lago artificiale. Quando la raggiunsero Jun osservò le poche persone che si trovavano lì, sperando di vederne una alla chiara ricerca di qualcuno.

All’improvviso la bambina prese ad agitarsi fra le sue braccia e lui fu costretto a metterla giù; appena toccò terra si mise a correre verso una figura femminile, che si guardava attorno davanti al recinto dei lemuri e il ragazzo si affrettò a seguirla.

   -Nee-chan! Nee-chan!*- esclamò Mai.

La ragazza si voltò verso di lei e la prese in braccio appena la raggiunse.

   -Eccoti, finalmente! Meno male che avevamo stabilito di trovarci qui, nel caso ti fossi persa.- il volto era coperto dai capelli della più piccola, e il ragazzo non riusciva a vederla bene.

   -Mi ha aiutato Nii-san*- aggiunse la bambina, indicando Matsumoto, che le aveva raggiunte.

La ragazza rivolse lo sguardo al nuovo arrivato e lui si bloccò esattamente dov’era. La prima cosa che notò furono i brillanti occhi verdi, che la sera prima, nella penombra del locale, non aveva notato. Non indossava il grembiule e i lunghi capelli neri non erano raccolti, ma quella che si trovava davanti a lui era senza dubbio Suzuki, la cameriera del bar di Yoshida.

 

Dopo un paio di secondi di sbalordimento Jun aprì la bocca, cercando qualcosa da dire, ma la ragazza lo precedette.

   -La ringrazio moltissimo per aver aiutato la mia nipotina- disse chinando il capo- In un momento di distrazione l’ho persa di vista.

Suzuki gli sorrise e la bambina fece altrettanto. Jun non riusciva a credere a quello che stava succedendo. Pensò di sbagliarsi, ma lo sguardo impassibile della ragazza, che sembrava non voler aggiungere altro, lo convinse. Non lo aveva riconosciuto. Di nuovo.

Non sapeva assolutamente cosa dire e il silenzio prolungato provocò lo sguardo accigliato di Suzuki. Era chiaro come iniziasse a pensare che fosse un tipo strano e che forse era il caso di allontanarsi.

   -Ehm…si, allora grazie ancora e arrivederci…- la ragazza fece per andarsene, ma Matsumoto la fermò trattenendola per un braccio. Vide un’ombra di preoccupazione attraversare quegli occhi verdi e avrebbe quasi potuto mettersi a ridere per l’assurdità della situazione.

   -Non mi riconosci?- le chiese.

Lei sbatté le palpebre un paio di volte e corrugò lievemente le sopracciglia, riflettendo. Bastarono pochi istanti perché sgranasse gli occhi e aprisse la bocca in un silenzioso “Oh”.

Jun le lasciò andare il braccio.

   -Matsumoto!- esclamò lei- Con gli occhiali, non ti avevo riconosciuto.

   -Ieri sera non avevo gli occhiali…- fece notare lui, squadrandola da capo a piedi. Aveva messo giù la bambina e ora la teneva per mano.

La ragazza fece spallucce- Vabè, meglio così no? Per voi idol il rischio di andare in giro è proprio quello che la gente potrebbe riconoscervi.

   -E segui anche Hana Yori Dango…- aggiunse lui senza prestare attenzione alla frase detta.

Suzuki arricciò le labbra- Non te la stia prendendo troppo, per questa storia?

Jun sentì le guance avvampare- Assolutamente no. Non sono così infantile!

Suzuki sorrise- Io non l’ho detto…

   -E comunque, non mi stai parlando con troppa confidenza?- continuò il ragazzo, di nuovo senza prestare attenzione alle parole della sua interlocutrice- Praticamente siamo estranei.

La ragazza prese un cappello di lana dalla sua borsa e lo mise in testa alla bambina. Controllò il cellulare, poi tornò a guardare Jun.

   -Mi chiamo Suzuki Haruko. Ecco, ora non siamo più estranei.

Il ragazzo rimase in silenzio, scandendo il nome nella sua mente.

   -Tu invece sei Matsumoto Jun- continuò lei- Cercherò di non dimenticarlo.

Jun non sapeva decidere se essere affascinato o irritato dal sorriso della ragazza, mentre diceva quell’ultima frase. Aveva chiaramente percepito una nota ironica.

Sia lei che la bambina lo ringraziarono un’ultima volta, poi lo salutarono e si diressero mano nella mano all’uscita, incrociando Aiba che correva verso l’amico.

Quando il giovane lo raggiunse, rivolse uno sguardo alla ragazza e alla bambina che oltrepassavano i tornelli.

   -Ti ho visto parlare con loro. Chi sono?-gli chiese incuriosito.

   -Conoscenti- rispose Matsumoto vago, abbassandosi di più il cappello sulla testa, e sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

   -La ragazza è davvero carina…- aggiunse Masaki con aria sognante.

Jun guardò l’amico e storse le labbra- No, affatto.

 

 

 

Fine capitolo uno

 

 

 

 

NOTE

*Hana Yori Dango Returns, in onda da gennaio a marzo 2007.

*Tensai Shimura Doubutsuen: lo show televisivo in cui, a partire dal 2004, Aiba ha avuto un ruolo fisso.

*azuki: fagioli rossi giapponesi, usati per realizzare moltissimi dolci.

*a chi interessasse, ecco una mappa delle linee di Tokyo (delle più esterne se ne vede solo un accenno) è stata la mia fida compagna nel mese di vagabondaggi per la città XD http://2.bp.blogspot.com/_lgO70rGXyHo/Ssz6rI-vEbI/AAAAAAAACKI/3nazxp7SHco/s1600-h/mappa_metro_tokyo.gif

*ebbene si, in molti treni giapponesi ci sono degli schermi dove passano varie pubblicità durante il viaggio XD

*Bambino: il drama con Jun protagonista, andato in onda da aprile a giugno 2007. “We can make it” era la sigla cantata dagli Arashi.

*piccola mappa dello zoo di Ueno http://waitingtokyo.files.wordpress.com/2008/12/immagine-12.png?w=510&h=357

*Mago Mago Arashi: programma televisivo degli Arashi, andato in onda da aprile 2005 a ottobre 2007. Il programma era diviso in varie sezioni, una delle quali prevedeva che gli Arashi, a coppie, trascorressero una giornata facendo da baby-sitter a dei bambini, giocando e cucinando per loro.

*Nee-chan: letteralmente “sorellona”, ma i bambini molto spesso lo usano per rivolgersi a ragazze più grandi, non necessariamente parenti.

*Nii-san: “fratellone”, vedi sopra.

 

Nota sul titolo:

Koibito” è la parola giapponese che indica l’amante, l’innamorato, il partner. Nella lingua giapponese non c’è distinzione di genere, nel senso che le parole non hanno maschile o femminile, quindi “koibito” può essere riferito sia a una donna che a un uomo.

“ha” è la particella che indica il tema/soggetto della frase (la pronuncia in questo caso è “wa”)

chotto” significa “un po’”

baka” è stupido

“da yo” è il verbo essere accompagnato da una particella che enfatizza.

In conclusione il titolo può essere tradotto “Il mio amore è un po’ stupido/a”.

Grazie dell’attenzione XD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone citate,  offenderle in alcun modo

  
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