Le operazioni per il rimpatrio procedettero senza intoppi di rilievo e, soprattutto, senza che giungessero attacchi da parte di nani o giganti a disturbare il lavoro. Ciò preoccupò in parte Baldrir e Thorgrim, che temevano significasse che la maggior parte dei nemici si era già trasferita in Scandinavia, ma Odino li rassicurò prontamente, smentendo questo timore. Inoltre Freyr assicurò che si sarebbe servito del proprio verro dalle setole d’oro, Gullinbursti, per abbagliare con uno straordinario lampo di luce eventuali nani e giganti che si fossero avvicinati al sito ove era ormeggiato il drakkar.
Fu così che una sera, dopo circa due mesi dall’arrivo in Islanda, i superstiti dell’equipaggio del drakkar, nel frattempo ribattezzato Fjölnsviðr in onore di Odino, del quale questo era uno dei numerosi appellativi, salpò alla volta della Norvegia per respingere la minaccia incombente. Il Sole era quasi completamente sparito sotto l’orizzonte, lasciando dietro di sé solamente bagliori vivaci; le tenebre sembravano avvolgere la poca luce rimasta in una morsa silenziosa, come annunciando la propria temporanea superiorità in un conflitto che si ripeteva tutti i giorni. Il mare era calmo e il cielo sereno, anche se da lontano si vedeva incombere una perturbazione piuttosto estesa e minacciosa, che pareva dirigersi proprio verso l’imbarcazione. Thorgrim ordinava frattanto ai suoi di correggere la rotta basandosi sull’osservazione degli astri, usati come riferimento per la navigazione. La Stella Polare era sempre lì, immobile nel firmamento, splendida in mezzo a tante altre stelle; il condottiero si concesse un attimo per ammirare lo spettacolo, sostanzialmente identico ogni notte, eppure commovente ogni volta come se fosse la prima.
L’eternità… la vediamo tutte le notti, basta semplicemente alzare il capo e sognare.
La nave scivolava rapida tra le acque, immerse nel sonno della notte, che sembravano estendersi all’infinito in un mondo in cui Thorgrim e compagni erano le sole entità distinte da tutto il resto.
Dopo alcune ore di tranquilla navigazione il mare cominciò a incresparsi, mentre le nubi portavano la prima pioggia.
- Questa notte ci porta tempesta, comandante – disse Baldrir, che non aveva mai smesso di chiamare così Thorgrim.
- Sembra di sì. Dì agli uomini di prepararsi, non voglio che nessuno cada in mare: sarebbe infatti la sua fine, se il tempo dovesse peggiorare.
- Sarà fatto.
Effettivamente il tempo peggiorò: la pioggia cadde sempre più copiosa, mentre tuoni e lampi turbavano la tranquillità che aveva fino a poco prima contraddistinto quella notte. Le onde del mare si facevano più alte ed il drakkar oscillava con violenza, colpito da flutti veloci e forti. Presto la visibilità si fece scarsa, mentre Thorgrim andava avanti e indietro lungo il ponte, preoccupato che niente e nessuno, nave inclusa, subissero le conseguenze della burrasca; la cosa si rese sempre più difficile, poiché il ponte era diventato scivoloso e le continue oscillazioni rendevano l’equilibrio sempre più precario. Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Fulmineo, inaspettato e spaventoso fuoriuscì dall’acqua un mostro marino tanto grande che lo si sarebbe potuto sicuramente vedere anche da molto lontano. Thorgrim conosceva abbastanza bene i racconti su quella creatura per sapere di cosa avere paura.
Il Miðgarðsormr! – gridò col terrore negli occhi. Quella volta non fu lui a portare il panico tra i suoi uomini: esso si diffuse da solo, contagiando chiunque su quell’imbarcazione si fosse reso conto di cosa lo aspettava. Il gigantesco serpente che si trovava ai confini di Miðgarðr era lì, davanti ai loro occhi, feroce nell’aspetto e, si temeva, anche nelle intenzioni. Sebbene anch’esso generato da Loki, al pari della dea Hel, ben diversamente da questa era qualcosa di selvaggio, spaventoso, orribile ed arcano. I racconti che lo riguardavano erano avvolti da un alone di mistero e di paura; molti marinai ne narravano le vicende, non di rado per esorcizzare il timore da cui erano pervasi ogni volta che si imbarcavano e si abbandonavano al cullare delle onde. Si diceva che chi avesse osato avventurarsi fino ai confini del mondo sarebbe stato ingoiato dalla spaventosa creatura; si raccontava che alcuni impavidi avessero sfidato queste credenze e non fossero mai più tornati indietro. Ancora, alcuni avanzavano improbabili teorie sulla sorte che spettasse agli sfortunati che si imbattevano in esso; c’era anche chi sosteneva che il serpente fosse così grande proprio in virtù dei malcapitati di cui si era cibato da quando esisteva Miðgarðr.