Anime & Manga > Trinity Blood
Segui la storia  |       
Autore: WillowG    04/01/2011    1 recensioni
Ogni amicizia nasce da un incontro. Una serie di One-shot legate tra loro riguardanti i membri fondatori dell'AX. Come si sono conosciuti, e cosa li ha portati a creare l'AX.
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caterina Sforza, Vaclav Havel
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
File 04  Il primo “File” dell’anno … spero che vi piaccia, e ancora auguri di Buon Anno!!!

- KNOK-OUT AT THE HEAVEN’S DOOR -

File 04

 -Allora siamo d’accordo per stasera?- Catherina si impedì di roteare gli occhi al cielo. Accanto a lei, Irene pareva nella stessa situazione, anche se molto più intimidita. Ma la ragazza che aveva parlato, con lunghi capelli ramati perfettamente pettinati, non pareva demoralizzata dalla reazione delle due compagne di classe.
 -Per cosa, Arianna?- Domandò la bionda, attorcigliandosi distrattamente uno dei boccoli dorati.
 -Ma come per cosa!? Catherina è una settimana che ne parliamo!!!- Esplose la rossa, le iridi verdi scintillanti d’irritazione. La giovane Duchessa sorrise appena.
 -Deve essermi passato di mente. Sai, ho avuto … parecchie cose a cui pensare, ultimamente.-
 -Sì, tipo una guardia del corpo capellon … Umph!!!- Il braccio di Catherina attorno al collo impedì a Irene di completare la frase, e anche di respirare correttamente. Senza cambiare espressione, la Sforza continuò a fissare Arianna, a cui si era affiancata una nuova ragazza.
 -Quale guardia del corpo? Sempre quel prete con gli occhiali che pensa solo al cibo?- Domandò la nuova arrivata, liscissimi capelli biondo platino e occhi grigi.
 -Abel non pensa solo a mangiare, Isabella!- Sibilò Catherina, fissando con espressione torva la biondina. Questa sbuffò, per nulla impressionata, mentre Irene approfittava del momento per divincolarsi dalla presa della Sforza.
 -Sì, sì, certo, come No. Tornando a cose importanti.- Continuò la ragazza platinata, sedendosi sul banco accanto a quelli di Catherina e Irene, vuoti durante la ricreazione in corso. -Sono riuscita a procurare ben quattro pass per l’apertura con musica dal vivo dell’Heaven’s Door, il locale più importante della città. Che, sottolineiamo, è aperto solo ad una clientela maggiorenne.- E detto questo, fece uscire dalla borsa quattro nuove sfavillanti carte d’identità, con i nomi e foto delle quattro ragazze.
 -Ventiquattro anni?!?- Esclamò Catherina una volta avuta in mano la sua. -Ma se sono già fortunata se dimostro i sedici che ho!!!-
 -Prendere o lasciare, mia cara.- Fece Isabella, tirando fuori uno specchietto e sistemandosi un’inesistente ciocca di capelli fuori posto. Irene, intanto, aveva cominciato a rosicchiarsi nervosamente un’unghia.
 -Ehm … ma questo locale … sarà molto costoso … non credo di potermelo permettere …-
 -Oh, nessun problema!- Rise Arianna. -Essendo la serata di apertura, si pagano solo le consumazioni. Se vuoi puoi bere e paghi, altrimenti No. Ma comunque ti godrai della vera musica!-
 -Allora è tutto deciso! Passerò questa sera col mio ragazzo a prendervi, dato che nessuna di noi sa guidare o ha la patente.- Concluse Isabella, ricacciando lo specchietto nella borsa.
 -Sopratutto perché nessuna di noi è maggiorenne …- Sbuffò Catherina, proprio al suono della campanella. Le ragazze tornarono ai propri posti, e le lezioni ricominciarono.
 All’uscita dall’istituto, Catherina e Irene camminarono fianco a fianco. Arianna e Isabella già sparite. La giovane sforza sospirò, semi depressa. Arianna e Isabelle erano le uniche ragazze, oltre Irene, con cui avesse un minimo di rapporto. E questo solo perché provenivano da famiglie abbastanza potenti e ricche da non sentirsi in particolare disagio in presenza della figlia del Papa. Peccato che fossero anche delle vere ribelli. O almeno questo pensava la giovane Duchessa, avendo rinunciato a contare le volte che le due ragazze avevano violato il regolamento, scolastico e non. Con, ovviamente, nessuna conseguenza particolare. Sempre omaggio del loro status sociale, che garantiva una sorta di immunità per ognuno dei loro capricci. Entrare in un locale accessibile solo a maggiorenni era solo l’ultimo grillo che saltava nella testa delle due.
 Irene camminava a testa bassa, preoccupata. E a ragione. Se Arianna e Isabella, al massimo, in caso fossero state scoperte, potevano ricevere una piccola lavata di testa a casa, Irene avrebbe passato guai piuttosto seri, specie a scuola. Nessuno avrebbe mai osato cacciare due delle rampolle più in vista di Milano. Ma non si poteva dire lo stesso di una ragazza di umili origini come la morettina …
 -Non so, Catherina … questa storia non mi piace …-
 -Se devo essere sincera neanche a me.- Ammise la bionda. -Però non credo che avremo mai più un’occasione del genere …- Irene annuì. Se per lei gli ostacoli erano di tipo economico, di certo anche Catherina aveva i suoi. Anche una volta diventata maggiorenne, il suo destino era di seguire l’esempio del fratellastro Francesco ed entrare nel clero. E allora non ci sarebbe stato modo di evadere dalla gabbia dorata in cui il suo status nobiliare l’avrebbe rinchiusa.
 Catherina emise un lungo, sofferto sospiro. Anche se non lo avrebbe ammesso ad anima viva, ammirava Isabella e Arianna. Il modo in cui non si curavano delle conseguenze, l’assoluta spensieratezza con cui vivevano … la giovane Duchessa non riusciva a non sentirsi attratta da quel modo di vivere, così estraneo alla sua realtà. Specie dopo la notte in cui aveva conosciuto cosa davvero fosse la violenza e l’omicidio.
 -Le carte d’identità ce le abbiamo. Ormai sarebbe solo uno spreco non usarle. Senza contare che credo che Isabella si offenderebbe se rifiutassimo … e Arianna pure …- Entrambe le ragazze vennero attraversate da un brivido. Anche se per ragioni diverse, entrambe avevano difficoltà a trovare amicizie nella scuola. Una perché temuta, l’altra perché snobbata. E l’idea di perdere le uniche due ragazze che si degnavano di rivolgere loro parola, era davvero terribile.
 -Mi sa che hai ragione …- Annuì Irene, accarezzandosi le trecce castane. -Piuttosto, tu hai già trovato un modo per uscire di casa? Io non ho grandi problemi. Mi basta dire ai miei che esco senza dire dove vado, ma tu … come farai con la tua “ombra capellona”?- Chiese, riferendosi a Vaclav. Catherina trattenne a fatica una risata. Irene stessa aveva inventato il soprannome, e alla Sforza piaceva davvero. Anche se aveva il dubbio che al soggetto in questione invece non sarebbe piaciuto molto ….
 -Non sono ancora sicura.- Ammise la bionda. -Padre Havel, anche se è un Inquisitore è un tipo tranquillo, e passa le serate per conto suo, e non è assillante … quando dico che me ne vado a letto, non entra in camera a controllare. Mi preoccupano di più i servitori che fanno le ronde nel giardino e i cani.- Una smorfia passò sul viso fanciullesco. -Soprattutto non so come farò con addosso i vestiti che mi ha passato Isabella!!!- La stessa smorfia passò sul volto di Irene.
 -Non parlarmene! A casa li devo nascondere. Se mia madre li vede e le venisse anche solo da pensare che me li metto, mi sbatte fuori!- Le due sospirarono in unisono. Isabella non aveva tutti i torti: per entrare nell’Heaven’s Door, servivano, oltre alle carte d’identità, anche gli abiti giusti. Almeno giusti abbastanza da non farsi scoprire subito. Peccato che quelli giusti secondo Isabella non  “vestissero” molto. Sembrava infatti che più payette e meno stoffa avessero, più fossero considerati adatti. Ora, Catherina non conosceva poi molto il mondo al di fuori della villa e della scuola, e di certo Isabella aveva ragione … ma questo non faceva accapponare meno la pelle alla giovane Duchessa al pensiero di dover indossare vesti simili!!!
 Le due ragazze erano ormai arrivare all’uscita, dove un paziente Vaclav aspettava, braccia conserte sotto le maniche larghe, apparentemente ignaro di quanto gli accadeva intorno. Ma non appena i riccioli biondi della Sforza fecero capolino, nonostante la ressa di studenti, il prete si voltò, individuandola subito, e offrendo un sorriso educato.
 -Ok. Allora a stasera. E ricordati il trucco. Arianna si è raccomandata.- Sussurrò Irene, prima di salutare Catherina. Questa sorrise e annuì, prima di affiancarsi a Vaclav e avviarsi all’auto, dove un recentemente guarito Carlo li aspettava.

 Che qualcosa sotto ci fosse, Vaclav non aveva dubbi. La Duchessina era stata silenziosa per tutto il viaggio, pensierosa. E, soprattutto, non gli aveva lanciato neanche una delle sue occhiate raggelanti. E, per quanto sentisse il dovere di ringraziare la propria buona stella per questo, il prete non poteva non reputarlo un cattivo segno. La classica quiete prima della tempesta.
 Ci stava ancora pensando dopo cena, dopo aver educatamente salutato Catherina, ritiratasi nelle sue stanze, quando la brusca e professionale voce della governante lo fece trasalire.
 -Allora, Padre? Che cosa farete della vostra serata?-
 -Mi ritirerò per le mie preghiere, farò la mia ronda serale, e salirò alla mia stanza. Per quale motivo, Signora Beatrice?- Chiese l’Inquisitore, stupito dalla domanda. Gli occhi della donna si spalancarono per la sorpresa, perdendo un poco della loro severità.
 -Davvero? Non avete progetti? Eppure siete un ragazzo giovane … pensavo avreste usato in maniera diversa la vostra serata di riposo …-
 -Serata di riposo?!- La fronte del prete si corrugò per la confusione.
 -Ma certo! Non siete mica uno schiavo! Come ogni servitore della villa, anche voi avete diritto ad un’intera giornata di riposo ogni mese. Il vostro inizierà stasera, per terminare domani sera.- Vaclav rimase immobile, esterrefatto. Un’intera giornata di riposo? Solo per lui? Senza nessun tipo di compito? Una cosa assolutamente normale, ma di cui lui aveva perso cognizione, entrando nell’ordine clericale. Nella Santa Inquisizione soprattutto, le regole erano rigide, e non esistevano giorni di riposo, se non per ordine del medico. C’erano le uscite per visitare le famiglie, certo, ma lui non ne aveva mai usufruito. Anche la Domenica, era considerata solo dal punto di vista religioso, con la confessione prima della Santa Messa, che per l’occasione della festività settimanale, veniva seguita coi fedeli in chiesa invece che nella cappella privata nella caserma monastica.
 -Quindi … non ho altri compiti … fino a domani sera?-
 -Ma certo!- Fece Beatrice, sempre più stupita dalla sorpresa del prete. -Andate da Carlo, e fatevi scorrazzare un po’ per la città. Uscite di qui, e respirate un po’ di aria!!!- Cercando di ricomporsi, il prete annuì.
 -Un gradito suggerimento. Grazie ancora per avermi avvertito. I miei saluti.- E con un leggero inchino, uscì dalla stanza.
 Beatrice scosse la testa, indecisa tra irritazione e rassegnazione. Il tempo che la porta si chiudesse alle spalle dell’Inquisitore, e la voce del Padre sembrò trapassare i muri.
 -SONO LIBERO!!!- La donna si portò una mano alle tempie, esasperata e rassegnata. Inquisitori. Mai che ce ne fosse uno normale.

  Il sopracciglio biondo si inarcò, scettico. L’immagine allo specchiò mimò perfettamente l’azione, ma Catherina non riuscì a riconoscere la ragazza riflessa, e non sapeva se esserne felice o meno. Il trucco era pesante, quasi una maschera. La giovane Duchessa emise un sospiro, esasperata. Non si era mai truccata da sola. E questo era il risultato migliore che era riuscita a ottenere. Si passò con cautela il rossetto sulle labbra, e la trasformazione era terminata. Al posto della piccola sedicenne Catherina stava una versione più adulta, che avrebbe fato girare la testa a tutti gli uomini che l’avessero incrociata per strada.
 Sì. Magari! Tutto quello che la ragazza riusciva a vedere allo specchio era una sorta di Pierrot punk. Ad avere molta fantasia.
 Aveva già preso in mano le salviette struccanti per ricominciare tutto, ma un’occhiata all’orologio la costrinse a rinunciare: Isabella sarebbe passata di lì a poco con il suo ragazzo, e lei doveva ancora sgattaiolare fuori dalla villa. E per farlo, doveva approfittare della piccola pausa tra Carlo che andava a dar da mangiare ad Attila e Nerone, e la ronda serale attorno alla villa di Vaclav. Pochi minuti, ma sufficienti a sgattaiolare fuori indisturbata, sempre che i tacchi non la facessero stramazzare al suolo prima.
 Lanciò un’ultima occhiata disgustata al suo riflesso, poi agguantò il cappotto più lungo che aveva, per nascondere al meglio gli abiti che indossava. La gonna che le era stata prestata non era particolarmente corta, per fortuna, ma non la faceva sentire a suo agio. Così come la maglietta senza maniche scintillante di payette. Un flebile raggio di luna, e sarebbe stata visibile da ogni angolo del giardino.
 Colletto della giacca tirato su al massimo, e un profondo respiro. Era ora di andare.

 Del tutto ignaro di quanto stesse combinando la Duchessina, Vaclav si stava mezzo maledicendo a denti stretti. Per la prima volta da anni, aveva l’opportunità di vivere una serata nel mondo, fuori dall’Ordine. Solo per non poterne godere. L’iniziale euforia già svanita, una volta resosi conto di non avere con sé neanche uno straccio di abito civile. Nonostante non fosse di certo raro trovare in giro ad ogni ora preti di ogni grado, infatti, con l’abito avrebbe attirato comunque troppa attenzione. Ma tutte le sue vesti erano composte da divise rosse da Inquisitore, o scure da prete. Non che si fosse portato chissà cosa nel borsone. Ma anche volendo, lui proprio non possedeva altro. E ora si trovava seduto nella rimessa, indeciso su cosa fare.
 -Padre? Che ci fa qui?-  Carlo, di ritorno da nutrire i cani, lo fissava sorpreso. -Non è la sua serata libera?- Una vena andò a pulsare sulla tempia del prete. Nella villa era lui l’unico a non sapere quando fosse il suo giorno di riposo?
 -Così sembra.- Rispose, piatto.
 -E allora cosa fa lì impalato? Vada a mettersi qualcosa di meno clericale, forza! La porto a fare un giro in città!-
 -È qui il problema.- Sospirò Havel, passandosi una mano tra i lunghi capelli bruni. -Non possiedo nulla di non clericale.- Lo sguardo sorpreso che gli lanciò l’anziano fece arrossire di vergogna il giovane Inquisitore. -Non … non era previsto che avessi tempo per uscire … così … non ho portato nulla.- Inutile precisare che lui, a parte la biancheria, non aveva assolutamente niente senza croci p altri simboli sacri sopra. Era già abbastanza imbarazzante così. L’anziano custode parve riflettervi per qualche istante, accarezzandosi i lunghi baffi.
 -A questo si può rimediare. Mi segua, Padre.- Curioso, Vaclav seguì il buon vecchio fino ai suoi alloggi, che neanche a dirlo, si trovavano in una piccola abitazione a pochi passi dall’autorimessa. Dopo aver atteso per qualche minuto nella piccola ma accogliente sala da pranzo, Havel venne raggiunto da Carlo, con le braccia coperte di abiti di ogni genere.
 -Mio figlio è partito con il Signorino Alessandro. Di certo non ne avrà a male se le presto qualcuno dei suoi stracci.-
 -Io … davvero non so come ringraziare …- Mormorò il prete, sinceramente commosso. Carlo rise, agitando una mano, volatilizzando ulteriori parole da parte del giovane.
 -Non deve neanche dirlo! E ora vediamo se tra questa roba c’è qualcosa che le possa andare bene …- La cernita fu più veloce di quanto immaginato, a causa della differenza di taglia fra il figlio di Carlo e Vaclav. Il figlio del custode, infatti, era di quasi una ventina di centimetri più basso del prete, e alla fine, gli unici abiti indossabili dall’Inquisitore si ridussero ad un paio di jeans scuri, regalati da Beatrice un Natale di qualche anno prima sbagliando taglia, e mai accorciati, e a una camicia scura e una giacca intonata, fortunatamente con maniche abbastanza lunghe per le braccia del prete.
 -Allora, Padre? Che gliene pare?- Chiese Carlo, senza nascondere un sorriso soddisfatto sotto i baffi. Vaclav infilò le mani nelle tasche dei jeans, piacevolmente soddisfatto della sensazione che quella stoffa ruvida ma allo stesso tempo comoda gli dava.
 -Posso essere sincero, Carlo? Non ho mai indossato nulla di più comodo in vita mia!- L’autista scoppiò in una risata, per nulla sorpreso dalla risposta. Era difficile non vedere l’Inquisitore senza essere alle prese con il suo infernale colletto. Perché i preti si infliggessero tale tortura, per Carlo era un mistero. Poi però, studiando meglio il giovane uomo che si trovava di fronte, gli venne un’altra idea.
 -Ditemi, Padre. Avete la patente di guida?- Havel annuì, dopo aver battuto un paio di volte le palpebre, confuso dalla domanda.
 -Sì, certo. Per renderci completamente indipendenti in caso di trasferta, l’Ordine ci obbliga a saper guidare un mezzo. Per quale motivo?-
 -Perché credo di avere una proposta più alettante che non farsi scorazzare in auto da un vecchio fossile come me …- E detto questo, l’anziano fece segno a Vaclav di seguirlo nell’autorimessa.
 Superando le auto di servizio, l’autista guidò Vaclav fino a dei mezzi coperti da teli. Quando Carlo scoprì il primo, l’Inquisitore perse l’uso delle corde vocali: scintillante nella poca luce, la carrozzeria aerodinamica e lucente, un motore che pregava di essere acceso: una vera Ferrari, nera e seducente come la notte.
 -Il nonno della Signorina, il defunto Duca Sforza, era un appassionato di auto dell’epoca pre-armageddon.- Spiegò l’anziano, accarezzandosi con orgoglio i baffi. -Da anni mi occupo di questa e degli altri gioielli motorizzati della collezione. Ma questa puledra è un po’ il mio orgoglio.- Sorrise, quasi gongolante, mentre Vaclav sfiorava appena la carrozzeria, ancora senza parole. -All’inizio, non riuscivo a farla partire. Troppi anni senza manutenzione e troppa polvere. Ma dopo aver smontato e riassemblato il motore pezzo per pezzo, questa meraviglia mi ha ripagato con il rombo più melodioso del mondo!- Vaclav non era un intenditore di auto. Né un fanatico. Ma avrebbe mentito dicendo che era impassibile di fronte a quell’automobile. Probabilmente era un gene presente nel DNA maschile, ma di fronte a una bella macchina, non c’era ordine religioso che teneva. Nessun uomo avrebbe potuto fare altro se non rimanere in adorante ammirazione davanti a una quattroruote del genere.
 -È un vero gioiello, Carlo.- Bisbigliò il prete, riuscendo a stento a far funzionare un minimo le corde vocali. Era certo che non servissero tutte le dita di una mano per contare gli esemplari di quel modello ancora esistenti al mondo. Il sorriso di Carlo, se possibile, si accentuò ulteriormente, mentre tirava fuori un mazzetto di chiavi.
 -Allora credo proprio che le piacerà farci un bel giro.- Gli occhi sottili dell’Inquisitore si fecero tondi come due palle da tennis.
 -Cosa?!-
 -Oh, siete troppo giovane per essere sordo, Padre.- Sbuffò il vecchio, ficcando in mano a Vaclav le chiavi. -Quest’auto è troppo veloce per me, e sarebbe solo un triste spreco lasciarla sempre qua, senza poter mostrare al mondo il livello che avevano raggiunto le automobili prima dell’Armageddon. Prendetela e fatela rombare per un po’ per le strade, ragazzo!-
 -Ma … siete davvero sicuro … insomma …- Havel dovette deglutire più volte, sentendosi improvvisamente regredito ad un bambino di sei anni a cui era stata regalata la bicicletta più bella del mondo.
 -La prenda, ci faccio un bel giro e ci carichi su una bella ragazza, e si diverta anche un po’ per me!!!- Il volto del prete divenne paonazzo quanto la sua divisa da Inquisitore, ma Carlo rise, dando una pacca sloga spalla al ragazzo. -Cerchi solo di non farle danni che neanche un topo da motori come me possa aggiustare, e per questa notte è tutta sua!- E detto questo, lasciò Vaclav da solo con il bolide maliziosamente scintillante nella luce artificiale.

 Il posto non era davvero come Catherina se lo aspettava. Pieno di luci, musica e gente. Questo sì. Quello che non si aspettava, era le luci psichedeliche che sembravano avere il solo scopo di farle venire il mal di mare, il volume della musica così alto da impedirle di sentire quello che le stava urlando Irene nell’orecchio, e una folla che la spintonava ad una parte all’altra dell‘ambiente. Pressata come una sardina, con un inizio di mal di testa e confusa oltre ogni limite, non riusciva bene a capire dove fosse il divertimento. L’Heaven’s Door aveva iniziato la sua serata inaugurale con un assaggio di musica da discoteca. Fu un vero sollievo quando il disco venne tolto, per far entrare un gruppo in carne e ossa.
 Approfittando con gratitudine della pausa necessaria per accordare gli strumenti sul palco, la Sforza riuscì finalmente a udire ciò che Irene aveva tentato di comunicarle da quasi un quarto d’ora.
 -Sai Arianna e Isabella dove sono finite? Non le vedo più …- Una smorfia passò sul volto della bionda. Arianna e Isabella? E chi le aveva più viste? Dopo essere riuscite a entrare nel locale, scampando ai controlli, cosa che si era rivelata più semplice del previsto, le due ragazze erano come schizzate via, lasciando Irene e Catherina sole tra la folla pressante.
 -Non ne ho idea!- Sospirò la Duchessa, per poi indirizzare l’amica verso un angolo meno affollato. Entrambe esalarono un enorme sospiro di sollievo. Incredibile quanto fosse bello avere lo spazio sufficiente per respirare e voltarsi senza rischiare di calpestare i piedi a qualcuno. Neanche il tempo di godere del piccolo piacere, però, che erano già state raggiunte.
 -Ragazze, scusate, avete per caso visto Isabella?- Catherina e Irene fissarono con odio il nuovo arrivato, che si trovò inconsciamente a fare qualche passo indietro. Un ragazzo piuttosto alto e dinoccolato, con capelli ricci color carota e un mare di lentiggini sulla zona guance e naso. Lorenzo, il ragazzo di Isabella. Difficile credere, dal solo aspetto, che fosse già maggiorenne e patentato. E ancor di più che Isabella, dati i suoi gusti raffinati in fatto di ragazzi, ci uscisse assieme. Quasi tutti gli ex della platinata, infatti, sembravano essere pescati da riviste di intimo maschile, o da una palestra. Ma Lorenzo era un ragazzotto gentile e disponibile, come testimoniava il fatto che avesse fatto da autista alle quattro ragazze, e questo lo aveva fatto entrare decisamente nelle grazie di Irene e Catherina.
 -No, ci spiace.- Disse Catherina, abbandonando, almeno per il momento, la faccia feroce.
 -La stavamo cercando anche noi …- Ammise Irene. Lorenzo si lasciò andare ad un sospiro depresso.
 -E io che speravo di passare la serata con lei, prima di suonare col mio gruppo …-
 -Tu suoni qui?!- Tropo tardi Catherina si rese conto di quanto il suo tono di voce fosse troppo incredulo. Ma era davvero difficile immaginare il semplice Lorenzo a suonare in un locale alla moda come l’Heaven’s Door. Arrossendo di brutto, cercò di scusarsi. -Scusa, non volevo dire …-
 -Oh, fa lo stesso.- Assicurò il ragazzo, bloccando la Sforza con un gesto della mano. -La prima volta che l’ho detto a Isabella si è messa a ridere …-
 -E che strumento suoni?- Chiese Irene, togliendo l’amica dall’imbarazzo.
 -Chitarra.- Rispose il rossino, il volto improvvisamente illuminato dal piacere di poter parlare della sua passione. -Da piccolo ho suonato pianoforte, e adesso sto imparando anche il saxofono.- Proprio mentre Lorenzo esponeva le sue qualità musicali, alle sue spalle, pochi metri più in là, Catherina e Irene individuarono Isabella. Solo che stava attaccata stile ventosa alla bocca di un ragazzo dal fisico muscoloso e corti capelli biondi. Né la Sforza né la morettina volevano sapere dove fossero le lingue dei due. Un’occhiata di sfuggita, e Irene e Catherina furono d’accordo. Ben attenta ad attirare su di sé l’attenzione di Lorenzo, in modo che non si voltasse, la morettina sfoderò il suo sorriso più dolce.
 -Da piccolo? Perché ora non suoni più il piano?-
 -Solo un po’.- Una tinta ciliegia sulle guance fece mimetizzare buona parte delle lentiggini. -Sapete. Ho smesso col piano perché mi piace andare a suonare in giro. E un pianoforte è troppo ingombrante da portarsi dietro …- E mentre Irene intratteneva il rosso, Catherina partiva a passo di marcia verso l’amica infedele. Nella sua testa già si agitavano decine di improperi da mandare alla platinata. Ah, se solo non ci fosse stato quel tipo di mezzo … quello fu l’unico ostacolo che fece rallentare la ragazza. Furiosa sì. Ma non a sufficienza da straccionare un’amica di fronte a estranei. La sua educazione glielo impediva, più rigida di una spranga di metallo.
 Fortuna volle (o sfortuna, a seconda delle parti) che il tipo a cui era avvinghiata Isabella la lasciasse un momento, e sparisse dalle parti dei bagni maschili. Giusto in tempo perché la platinata si trovasse faccia a faccia con lo sguardo glaciale della Sforza.
 -Isabella.- Il sibilo che uscì dalle labbra della bionda avrebbe avuto lo stesso effetto di una condanna a morte. Quindi, quando l’unica reazione di Isabella fu una risatina infantile, Catherina quasi perse la mascella.
 -Oh, Catherina! Ti stai divertendo? Non è uno spettacolo questo posto?- Una sola occhiata alle pupille dilatate della ragazza, e le parole strascicate, fecero sospettare qualcosa a Catherina. Ma la zaffata di alcool che la colpì non appena Isabella le si fece più vicina, le diede la conferma che le serviva. La bionda platinata era. Completamente. Ubriaca.
 La Sforza si spalmò una mano tremante sul volto, mentre l’amica si divulgava in sproloqui assurdi, i nervi ducali messi a dura prova. Specie quando Isabella si mise in testa di provare un bacio lesbico. L’arrivo di Arianna fu provvidenziale nel salvare la vita alla platinata.
 -Hey! Come procede la serata?- Cinguettò la rossa, con tanto di cocktail in mano. Catherina le mandò una delle sue occhiate più feroci.
 -Aiutatmi. A. togliermela. Di. Dosso.- Sibilò la Sforza, cercando di districarsi dalla morsa di Isabella, regredita ad un mollusco convinto che Catherina fosse il suo scoglio. La rossa rise, facendo quasi versare il contenuto del bicchiere. Neanche lei in condizioni molto salubri.
 -Si è di nuovo messa in testa di baciare una ragazza, vero? Le succede tutte le volte che va fuori … Ma di solito è me che vuole baciare … Devo essere gelosa?- Le risate divertite di Arianna fecero solo aumentare la furia della bionda ricciuta, le cui iridi erano diventate due schegge gelide dall’aspetto letale.
 -Prenditela. E. Basta.-
 -Eeeeeh, ok, ok, che carattere! Che sei, omofobica? Guarda che non c’è niente di mare ad essere un po’ lesbiche …-
 -C’è di male quando una lesbica cerca di baciare una etero che non vuole essere baciata!- Ringhiò la Sforza, evitando per un pelo un “assalto” di Isabella.
 -Come se tu avessi abbastanza esperienza da sapere che ti piace.- Sospirò Arianna, afferrando la platinata e portandosela via, nonostante le proteste strascicate. Catherina rimase ferma, immobile. Solo un lieve tremolio del corpo a dimostrare la rabbia bruciante, mentre un rossore acceso si faceva strada sul viso. Era vero, lei non aveva molta esperienza con l’altro sesso. Anzi, praticamente non ne aveva nessuna. Fino ad allora, non era mai uscita con un ragazzo. E per molte ragioni. La figlia di un Papa non poteva permettersi una vita sentimentale come ogni ragazza, in fondo. Non che fosse stata una sua priorità. Negli ultimi anni, aveva avuto ben altro a cui pensare. Dalla morte di sua madre, alla salute cagionevole di Alessandro, ai battibecchi feroci, anzi liti, con Francesco. E senza mettere in conto i vari attacchi alla sua persona da parte di attentatori, umani e non. Tutti, fortunatamente, sventati da Abel.
 Ma il sentirsi rinfacciare questa sua mancanza la feriva. La feriva dal profondo. E forse ancora di più perché a rinfacciarglielo era una sua amica. Ricacciò dietro le palpebre le lacrime di rabbia. Non era né il luogo, né il tempo adatto per piangere.
 -Ok, dolcezza sono torn … hey, ma dov’è finita?- Catherina fece quasi un balzo. Il biondo con cui si stava baciando solo poco prima Isabella era tornato. E la stava cercando. Desiderando profondamente di essere diventata invisibile, la bionda si voltò, e piano piano, cercando in ogni modo di non dare nell’occhio, si avviò dove Irene stava ancora intrattenendo Lorenzo. Ma una mano sulla spalla le impedì di continuare la fuga di soppiatto.
 -Oh, dolcezza eccoti qui!- Il biondo l’aveva agguantata, con un sorriso quasi predatore sulle labbra. L‘accento, si rese conto la Duchessina, foresto. Non straniero, ma neppure Milanese. L‘aveva già sentito, da qualcuno dei numerosi ospiti del padre. E se non si sbagliava, le pareva genovese. I suoi dubbi vennero confermati non appena il ragazzo riprese a parlare. -Isabella cara, per un attimo ho pensato che non saresti rimasta ad aspettarmi …- Gli occhi grigi della Sforza si fecero enormi.
 -Ehm, guardi che io non sono …- Imbarazzata, la ragazza tentò di chiarire l’equivoco, ma il biondo non le diede modo di parlare, convintissimo di avere di fronte Isabella.
 -Piccola, non fare l’offesa! Sono stato via poco, no, come promesso!- E con un sorriso seducente, le sfiorò giocosamente una ciocca di capelli. Catherina si lanciò una maledizione serrata tra i denti. Ora aveva capito il perché dell‘equivoco. I suoi capelli. Per l’occasione, aveva appiattito i boccoli dorati con una piastra. E alla luce artificiale, spesso multicolore del locale, i suoi capelli biondi, una volta lisciati, non erano molto diversi da quelli ancora più chiari di isabella. Senza contare che fisicamente le due non erano chissà quanto diverse. Non poteva dare neppure tutti i torti al biondo. Senza contare che anche lui sembrava stare bene dal punto di vista alcolico …
 La Sforza decise di tentare ancora una volta a chiarire l’equivoco.
 -Senta, io non …-
 -Tranquilla, rimedierò il tempo perduto …- Fece il giovane, avvicinandosi troppo per i gusti della Duchessina, che nonostante i tentativi di indietreggiare, si trovò con il volto del biondo a pochi centimetri dal proprio. Oramai a vuoto di risorse, e disillusa su un improvviso ravvedimento del tipo, Catherina fece l’unica cosa che venne in mente. Con la pura forza dell’istinto, tirò un calcio. Forte. Che raggiunse la caviglia dell’uomo, facendolo ululare di dolore e sorpresa. Balzando all’indietro, urtò anche delle persone, ma non se ne curò minimamente, lo shock trasformato in rabbia.
 -Ma che diavolo ti è preso, maledetta bagascia?!?!- Con uno scatto fu subito sulla bionda, che non fu abbastanza veloce da scappare via in tempo. Catherina cercò di divincolarsi dalla mano che l’aveva afferrata per il braccio, ma senza successo. Chiuse gli occhi quando notò la mano libera del biondo alzarsi, pronta per schiaffeggiarla.

 Vaclav non era mai entrato in un posto del genere, prima. Mai da semplice frequentatore, almeno. Qualche volta aveva compiuto degli arresti in locali notturni, anche più equivoci, ma mai lussuosi e belli come l’Heaven’s Door. Buffo come la semplice ricerca di parcheggio lo avesse portato fin lì. Tutti i posti erano chiusi o strapieni. Così, girovagando senza una meta precisa, era arrivato ad un parcheggio riservato ai clienti del locale. Il custode del parcheggio, visto il mezzo su cui viaggiava il ragazzo, ed erroneamente prendendolo per chissà quale rampollo, aveva subito proposto un posto controllato per l’auto, e ovviamente consegnato un buono per una consumazione gratuita all’Heven’s Door.
 E così, ritenendo stupido non approfittare di tale colpo di fortuna, l’Inquisitore era entrato nel locale, e ora stava sorseggiando un cocktail di cui non avrebbe mai potuto ripetere il nome, neanche se ne fosse valsa la sua stessa vita, ma che non era affatto male. Soprattutto, era impaziente di ascoltare i gruppi dal vivo. Pur non avendo, nella vita clericale, molto spazio per lo svago, la musica era una delle poche distrazioni che si permetteva. E, che si trattasse di cori di chiesa o meno, non era di certo tipo da perdere l’occasione di sentire una melodia dal vivo. Anche il genere poco gli importava, purché fosse di epoca pre-armageddon. Apprezzava ogni tipo di musica. Dalla classica al rock.
 Le chitarre venivano accordate, e lui prese un lungo sorso, quasi pentendosene: la cosa aveva un nome strano, ma era alcolica. Eccome. Resistendo alla voglia di tossire, se la allontanò dalle labbra, deciso a farsi durare la bevanda il più a lungo possibile.
 Le ultime parole famose.
 Uno spintone alle spalle, e il bicchiere gli scappò di mano, facendo un perfetto arco a mezz’aria, prima di frantumarsi sul pavimento. Un cameriere vide la scena, e si affrettò a pulire, ma Vaclav vi fece poca attenzione. Cameriere o no, non poteva permettersi un nuovo cocktail. Non coi prezzi del locale. E voleva almeno togliersi la soddisfazione di fissare in cagnesco la persona che gli aveva fatto sprecare il suo alcool. Il primo da quando aveva lasciato la Boemia.
 Ma quando si girò, vide un motivo ben più grave per avercela con lo sconosciuto. Il tipo stava strattonando una ragazza per un braccio, e si stava preparando a schiaffeggiarla, sotto gli sguardi incuranti degli altri avventori del locale. Un moto di rabbia si espanse nel petto dell’Inquisitore, indeciso se avercela di più con il tizio biondo, così vigliacco da avere l’ardire di alzare le mani su una ragazza che era tranquillamente la sua metà, o con la gente, del tutto indifferente a quanto stava succedendo a pochi passi di distanza.
 Lasciandosi scappare dalle narici uno sbuffo degno di un toro, afferrò la mano alzata, giusto prima che lo schiaffo partisse. Un’esclamazione in un dialetto a lui sconosciuto, e l’uomo si voltò, gli occhi chiari del biondo a fare conoscenza con le iridi ebano del prete in borghese.
 -E tu cosa vuoi!?- Ringhiò il ragazzo, trovando però la presa dell’Inquisitore ben più salda di quanto si aspettasse.
 -Non ho capito bene quello che ha detto. Ma sono certo che non siano scuse per il mio bicchiere.- Sibilò Havel, serrando ulteriormente la presa sul braccio del tizio. -Ora, c’è una cosa che non sopporto. E non mi riferisco solo a quelli che mi fanno cadere da bere. Sono quelli che se la prendono coi più deboli. Specie se i più deboli sono delle donne.- E con un movimento fulmineo, il pugno del prete andò a sbattere contro il naso del ragazzo. Un sonoro crack fu udibile dagli avventori più vicini, mentre il biondo finiva scagliato parecchio più in là. Stordito, il giovane riuscì appena a trovare la forza di portarsi una mano al viso, che si stava rapidamente sporcando di sangue.
 Aggiustandosi la giacca con fare soddisfatto, Vaclav si rivolse alla ragazza, caduta a terra, cercando di essere il più gentile possibile.
 -VI siete fatta male, signorina?- Chiese, porgendo una mano, che venne accettata con un filo di voce.
 -N … no, non credo …- Un campanello interno parve come suonare nella testa del giovane prete. Conosceva quella voce. Ma non poteva essere davvero sicuro di dove e quando l’avesse già sentita.

 Catherina accettò con gratitudine la mano del suo salvatore. Poteva già sentire le cinque dita stampate sul volto, quando la mano del biondo era stata fermata. E quando il braccio le era stato improvvisamente liberato dalla presa ferrea in cui era costretto, era caduta ingloriosamente all’indietro. Stupidi tacchi. Anche loro parte della “divisa” datale da Isabella. Un ringhio sommesso. La platinata avrebbe avuto parecchie cose per cui chiedere perdono, una volta tornata sobria e tra le grinfie della Sforza …
 Senza apparente fatica, il nuovo arrivato la tirò in piedi, e Catherina alzò lo sguardo per guardarlo in viso. Da quel che aveva potuto vedere era molto alto, e con capelli lunghi, ma le luci infami del locale non le avevano permesso di vederne il viso. La voce aveva un che di familiare, ma davvero non riusciva a collegarvi un volto … Non appena gli occhi dei due si incontrarono, la sorpresa fece cascare ad entrambi la mascella.
 -TU!?!?!- Il grido di sorpresa uscì in perfetta sincronia.
 -Non è possibile!!! Sei un’ossessione!!!- Strillò la Sforza, portandosi le mani tra i capelli biondi, i nervi ridotti a fibre sottilissime.
 -Finalmente qualcosa su cui siamo d’accordo …- Sibilò Vaclav, vena pulsante sulla tempia, e tic al sopracciglio. I due si trovarono a fissarsi in cagnesco, in un modo che avrebbe fatto l’orgoglio di Attila e Nerone. Dopo qualche lungo istante, però, lo sguardo di Catherina mutò in uno più sorpreso.
 -Aspetta, ma che fine ha fatto la divisa? Sembri la metà senza …- Ed era vero. Con addosso la camicia e la giacca scura, l‘effetto ottenuto era molto simile a quello con l’abito scuro da prete errante. Ovvero un Vaclav dall’aspetto molto longilineo, apparentemente poco forte fisicamente. Risentito, l’Inquisitore non fece tardare la sua risposta.
 -E lei che ha fatto agli occhi? Non so se sembra un pierrot punk o un panda …- Il ragazzo dagli occhi scuri registrò appena quanto fosse irrispettosa e impertinente la sua risposta. Probabilmente la colpa era da darsi al cocktail dal nome impronunciabile e all‘alcool all‘interno. Ma fatto stava che in quel preciso istante, non gliene poteva importare di meno dell’etichetta.
 Al commento, gli occhi grigi della ragazza parvero mandare scintille. E dagli col pierrot!!!
 -Sono affari miei!!!- Ma, forse per la sorpresa di aver trovato l’ultima persona al mondo che avesse voglia di incontrare, o forse perché ormai ci aveva fatto l‘abitudine ad essere fissato in quel modo, il prete rimase assolutamente impassibile.
 -Sarà. Ma mi pare che questo non sia posto da Duchessine. Soprattutto minorenni.- Se le sue corde vocali glielo avessero permesso, la ragazza avrebbe ruggito. Il prete non imparava la lezione, vero?! Lei. Odiava. Essere. Chiamata. Duchessina!!!
 -Un’altra parole e …- Ma Vaclav non seppe mai quale fosse la minaccia della Duchessa, perché alle loro spalle erano arrivati quelli che presumibilmente erano gli amici del biondino, fino a quel momento rimasti in disparte, sparsi per il locale.
 -Signorino Boccanegra!- Erano le parole che uscivano più spesso dalle bocche dei nuovi arrivati. Vaclav inarcò un sopracciglio, confuso.
 -Signorino?-
 -Boccanegra?- Fece coro Catherina, egualmente disorientata. Boccanegra? Dove l’aveva già sentito quel cognome? Pochi secondi. E il cervello fece i suoi collegamenti. E gli occhi truccati della ragazzina si fecero larghi come due palline da golf
 Boccanegra.
 Signorino Boccanegra.
 Boccanegra.
 Accento genovese.
 Genova.
 Boccanegra.
 Una lampadina parve accendersi nella scatola cranica della Sforza. Simone Boccanegra. Figlio di Riccardo Boccanegra. Attuale Doge della città di Genova!!! E, se ricordava bene i discorsi di suo padre e Francesco, il favorito alle elezioni che si sarebbero tenute di lì ai prossimi anni per il governo della Superba!!! A confermare i suoi sospetti, anche la somiglianza del ragazzo con l’attuale Doge, di cui aveva visto una volta una foto. Terrore puro cominciò a scenderle lungo la schiena. C’erano tutte le potenzialità di scatenare un incidente diplomatico di dimensioni mastodontiche. Con un improvviso moto di affetto per il prete, Catherina lo afferrò per un braccio, e tentò di trascinarlo via. Ma questi non si mosse di un millimetro, nonostante la ragazza stesse usando tutte le sue forze.
 -Cosa accidenti c’è adesso?!- Ringhiò questo, in un tono irritato che la ragazza gli aveva sentito usare solo una volta, quando erano tornati a piedi da scuola. Segno che il prete doveva essere davvero arrabbiato. Ma lei continuò a strattonarlo, cercando di convincerlo a smuoversi, con risultati nulli.
 -Andiamocene!-
 -Per quale motivo?- Chiese, facendo aumentare a dismisura l’impazienza della Sforza.
 -Quello è Simone Boccanegra!!!-
 -E allora?- Con un’esclamazione esasperata, la Sforza spiegò in poche parole chi era il biondo col naso spaccato che stava perdendo sangue per ogni dove a pochi passi da loro. La trasformazione del volto del prete fu un qualcosa che avrebbe voluto filmare. Ma non c’era tempo per cose del genere. E anche volendo, la ragazza non ne avrebbe avuto, perché l’Inquisitore l’aveva afferrata e trascinata fuori dal locale di gran carriera, approfittando della distrazione della gente, tutta rivolta al ragazzo col naso insanguinato. Le parve di aver visto di sfuggita Lorenzo e Irene, a cui fece cenno di saluto, e anche Isabella e Arianna, ma non ne fu sicura al cento per cento, trascinava via stile bandiera. Ma per una volta, non pensò neppure di lamentarsi.
 In men che non si dica, i due erano fuori dal locale e nel parcheggio, dove Vaclav strappò letteralmente di mano le chiavi al custode, e ficcò a mò di pacco la Duchessa nel sedile passeggero della Ferrari nera.
 -E questa dove l’hai presa?!?- Esclamò la ragazza, incredula.
 -Carlo.- Fu la sola risposta del prete mentre metteva in moto e usciva dal parcheggio a tutta velocità, rischiando di investire il custode. Catherina si guardò alle spalle, giusto in tempo per vedere un buon numero di persone fare esattamente la stessa cosa, con auto più moderne, ma non altrettanto potenti.
 -Accelera!- Incitò la giovane, terrorizzata all’idea che qualcuno potesse averla riconosciuta, e ancora di più che qualcuno li raggiungesse.
 -Sto già accelerando!!!- Rispose Vaclav, esasperato, il rombo del motore a dimostrazione delle sue parole.
 -Allora accelera di più!!!-
 -Sono già oltre i limiti!!!-
 -Chi se ne frega!!! Le multe te le pago io!!! Schiaccia quell’acceleratore!!!- Urlò la ragazza, in preda a una crisi isterica. Incoraggiato dalle grida della Duchessa e dalle luci delle auto che li inseguivano, il prete eseguì l’ordine.
 -Come desidera Sua Signoria …-
 In pochi minuti di corsa supersonica, gli inseguitori erano stati seminati. E questo fece tirare un profondo sospiro di sollievo ai due. Quasi con dispiacere, il bolide venne fatto rallentare, fino ad arrivare ad una velocità non troppo illegale. Solo allora, Catherina ritrovò un briciolo della sua avversione per la sua guardia del corpo. Le parole le uscirono dalla bocca con un sibilo gelido.
 -Cosa ci facevi lì?- La risposta dell’Inquisitore non si fece attendere, altrettanto glaciale.
 -Prima risponde quella che lo ha fatto illegalmente.- Riflessi sullo specchietto, gli occhi scuri non ammettevano repliche. -Fino a prova contraria, il locale non è vietato ai preti, neanche quelli che fanno parte dell’Inquisizione. Ma lo è per le ragazze di buona famiglia minorenni.- E a questo la Sforza non poté ribattere. Che le piacesse o meno, Vaclav aveva il coltello dalla parte del manico, e lo sapeva benissimo. Non poteva fare a meno di esaudire la richiesta del prete, e sperare che decidesse di non fare la spia. Incoraggiata dal fatto che avesse mantenuto il silenzio sulle sue lacrime di qualche giorno prima, decise di fidarsi. E con uno sbuffo riluttante, Catherina iniziò a raccontare delle idee malsane di Isabella e Arianna. E di come erano arrivate a convincere lei e Irene a parteciparvi.
 -Spero ne sia valsa la pena.- Fu l’unico commento di Havel, che si guadagnò la sua occhiata al vetriolo.
 -Il tuo turno. Che ci facevi lì?- Domandò la ragazzina, decisa, ora che aveva svuotato il sacco, ad avere la sua risposta.
 -Serata libera. E una consumazione gratuita.- Ammise il prete, mentre rilasciava il suo resoconto. In fondo, la Duchessa era stata sincera con lui. E su questo non aveva dubbi, avendo visto, nei giorni in cui aveva scortato la ragazza a scuola, i comportamenti delle sue amiche. Era il suo turno. Una volta terminato il breve racconto, il silenzio avvolse la vettura, se non per il rombo del motore. Alla fine, la Sforza emise un lungo sospiro.
 -Mi spiace. Ti ho rovinato la serata libera … non ne avrai altre fino al mese prossimo.- Vaclav dovette voltarsi un momento per controllare che non gli avessero scambiato Duchessa. Era la prima volta che la ragazza si scusava apertamente con lui. Una volta accertato che tutto era al suo posto, il prete si lasciò andare ad un sorriso.
 -Non importa. Ce ne saranno altre.- Passarono altri lunghi istanti silenziosi, ma decisamente più rilassati. Poi una lieve risata venne a stento trattenuta da Vaclav, ma non abbastanza da non farne accorgere Catherina.
 -Perché ridi?-
 -Perché sto facendo esattamente quello che mi ha detto di fare Carlo.- Catherina lo fissò stupita. Senza perdere la piega divertita delle labbra, il prete spiegò: -Sto facendo fare un giro a questo gioiello di  auto, e ci ho caricato sopra una bella ragazza.- Vaclav evitò accuratamente di aggiungere la parte del “divertimento“. Non sarebbe stato bello essere strangolati durante la guida.
 Un rossore imbarazzato si fece largo sulle guance di Catherina.
 -Pensi che io sia bella?- Chiese con un pigolio titubante la ragazzina. Era la prima volta in assoluto che una persona dell’altro sesso le faceva un complimento simile. E seppur la cosa la stava facendo sentire come se le fossero appena spuntate un paio di ali, allo stesso tempo le faceva uscire una insicurezza che neppure sapeva di avere. Vaclav annuì, sincero e sicuro delle proprie parole.
 -Certo. Il rossetto, poi, le sta molto bene.- Per un istante, il moro distolse lo sguardo dalla strada, per studiare meglio la Duchessa. -Certo, per il resto sembra una fan del Kiss o di Alice Cooper, ma è davvero carina …- Un ringhio e una borsetta in testa fu la ricompensa per la battuta. -Hey!!! Sto guidando!!!-
 Tra una scaramuccia e l’altra, la fuoriserie portò a casa i suoi passeggeri, in un clima quasi cameratesco. Una volta sceso dall’auto, Padre Havel si lasciò andare ad un sospiro depresso.
 -Cosa c’è?- Domandò la sedicenne, sinceramente preoccupata, e non irritata dal prete.
 -Credo di aver fatto più infrazioni del codice della strada questa sera che in tutta la mia vita.- Gli occhi ebano si posarono supplichevoli sulla ragazza. -Non so se dopo stasera manterrò il lavoro …- Catherina sbuffò. Ma quanto sapeva essere melodrammatico questo ragazzo? Poi però notò che l’espressione del prete si era già sciolta in un sorriso, segno che la sua voleva essere una battuta. Mantenendo un tono serio, la ragazza lo rassicurò.
 -Casomai ti assumo come autista.- Il volto fine dell‘Inquisitore si contrasse in un‘espressione pensosa. Poi dopo pochi secondi, entrambi si trovarono a sorridere. Un’altra manciata di secondi, e per la prima volta da quando si erano conosciuti, i due si lasciarono andare a una risata, mentre un nuovo sentimento di complicità si faceva strada nei due. Non ancora amicizia. Ma già qualcosa di più rispetto alla traballante tolleranza di soli pochi giorni prima.

-----

 -Ahia!!!- La Sorella infermiera roteò gli occhi al cielo, esasperata dai lamenti infantili di uno degli ultimi ospiti dell’infermeria vaticana. Tutto il suo rispetto e simpatia rivolti alla giovane suora dai capelli rossi che se ne stava occupando.
 -Oh, insomma, Padre Nightroad! Non posso averle fatto così male!-
 -Ma pizzica …- Pigolò il prete albino, ottenendo uno sbuffo irritato da Esthel.
 -È disinfettante, è normale che pizzichi! E ora la smetta di fare il bambino. Ho quasi finito.-
 -Inutile, Sorella Esther. Non si può pretendere tanto dal nostro Padre Nightroad.- Con un sorriso divertito stampato sulle labbra ricoperte dall’elegante rossetto, la Cardinalessa Sforza era entrata nell’infermeria, seguita da un egualmente sorridente Vaclav.
 L’incontro era andato davvero bene. Simone Boccanegra non li aveva riconosciuti, ufficialmente, e non aveva fatto commenti, se non che Padre Havel assomigliava molto ad un uomo che l’aveva rimesso al suo posto, anni prima. La frase era stata detta con il sorriso sulle labbra, e senza malizia. Difficile indovinare se si riferisse davvero a quella fatidica sera, o ad altro. Ma un’occhiata era bastata per capire che il Doge aveva riconosciuto i due. Eccome. Quegli occhi chiari fissavano l’ex Inquisitore in maniera inequivocabile. Ma non ce l’aveva con il prete o con la ora Cardinalessa. Ed evidentemente considerava il fatto un episodio su cui farci una risata, e non una scusa per una rimostranza. Il commento rese l’atmosfera più confidenziale, e, per una volta, l’udienza fu civile e non del tutto spiacevole, come spesso invece accadeva negli incontri con capi di città.
 Abel, evitando il pizzicante batuffolo di cotone di Esthel, si esibì in uno dei suoi bronci più riusciti.
 -Cardinalessa Sforza, lei mi ferisce! È proprio così bassa la stima che ha nei miei confronti?-
 -Vuoi la risposta educata, Abel, o quella sincera?- Fece la donna in rosso, con un tono tra il sarcastico e la minaccia.
 -Mi accontenterò di quella educata …- Pigolò il prete albino, scatenando una risata a Padre Havel e Suor Blanchett. Lanciando un’occhiata feroce ai due, che non venne presa minimamente sul serio, Padre Nightroad decise di cambiare argomento. -Devo assumere che l’incontro con il Doge è andato bene?-
 -Dobbiamo ammettere che è così.- Disse la Cardinalessa, lasciandosi andare a un sorriso stanco ma soddisfatto. -Le banche e le navi genovesi continueranno a lavorare per il Vaticano, come le altre Nuove Repubbliche Marinare, a patto di avere una totale libertà di mercato anche con l’Impero e con i Methuselah in generale, senza dover renderne conto a Roma.-
 -Ai genovesi non importa se il loro cliente è Methuselah o Terran. Come ai veneziani, ai pisani e agli abitanti di Amalfi.- Annuì Vaclav, mentre porgeva a Catherina una sedia su cui sedersi. -In fondo, ha solo chiesto ciò che ha da sempre contraddistinto le Nuove Repubbliche Marinare. Venezia,  Genova, Pisa e Amalfi, pur facendo parte delle terre vaticane, hanno da sempre preteso una totale autonomia da Roma. Sono in tutto e per tutto città stato, con un loro governo autonomo e leggi proprie.-
 -Ma Cardinalessa, Pisa … non era governata da suo zio, il Vescovo d’Este?- Chiese la suorina rossa, confusa.
 -Sì. Ma ne era il capo solo per elezione. Si faceva chiamare Duca, ma era stato eletto, come ogni Doge.- Confermò Catherina, piacevolmente stupita dalla domanda della giovane Blanchett. Abel piegò la testa da un lato, le sopracciglia chiare inarcate in confusione.
 -Strano che Pisa abbia taciuto dopo l’arresto del suo Signore, e non si sia ribellata …-
 -Este voleva far rientrare Pisa sotto il comando di Roma, sacrificandone l’indipendenza, per poterla continuare a governare anche una volta divenuto Papa. E questo ai pisani non è piaciuto molto. Hanno visto l’arresto di Este quasi come una cosa di cui ringraziare il Vaticano.- Spiegò la Cardinalessa, il cui sorriso aveva preso una piega malevolmente sadica.
 -E indirettamente l’hanno fatto, attraverso il Doge Boccanegra.- Sorrise sotto i baffi Vaclav. -Se quei doni di fattura pisana che egli vi ha portato sono di qualche indicazione.-
 -Già. Pisani e Genovesi non vanno molto d’accordo, ma sono entrambe Repubbliche Marinare, e quindi alleate.- Ridacchiò Catherina, ripensando ai bellissimi piatti e al dipinto donati, su cui era ritratta, invece che la Lanterna, simbolo della città ligure, la famosissima Torre di Pisa. Un messaggio più che lampante. -Sarebbe stato troppo diretto un dono da parte del nuovo Doge di Pisa. Così Boccanegra l‘ha portato al suo posto, ufficialmente come dono di Genova.-
 -Davvero strano. Due città che non hanno simpatia l’una per l’altra, eppure alleate?- Domandò Esthel, scetticismo grondante da ogni parola. Non era segreto, infatti, che tra gli abitanti delle due città non corresse buon sangue. E persino lei, che abitava in Italia da non molto tempo, ne era venuta a conoscenza. Addirittura molte persone erano stupite del fatto che le due città continuassero a far parte di questa alleanza di Repubbliche, rinate ispirandosi alle antiche Repubbliche Marinare di un tempo. Per anni furono tra i pochi baluardi dell’umanità caduta in disgrazia dopo l’Armageddon, in un periodo di caos, prima che il Vaticano si mobilitasse e riportasse un minimo di ordine e unità.
 -Tra le persone accade più spesso di quanto creda, Sorella.- Rispose con un sorriso gentile Know Faith. -Basti pensare a Padre Abel e Padre Leòn.-
 -O a me e te quando ci siamo conosciuti.- Annuì Abel, senza riuscire a sopprimere una risata, a cui si unì anche il prete moro.
 -Giusta osservazione!- Gli occhi blu si Esthel parvero cercare di uscire dalle cavità oculari del cranio della ragazza.
 -Che cosa!? Anche voi due non andavate d’accordo?!?- Catherina non cercò neppure di sopprimere un mugolio esasperato.
 -Non voglio ripensare al nervoso che mi avete fatto venire voi due …- I due preti si lasciarono andare ad una risata. Esthel li fissava, sul volto lampante la sete di conoscenza. Un’occhiata complice, e Havel prese posto su una sedia accanto a Catherina, mentre Abel iniziava il racconto del suo primo incontro con Know Faith, quasi un mese dopo il fattaccio all’Heaven’s Door.

Fine File 04

 Ehm … per chi non lo sapesse, in dialetto genovese, Bagascia vuol dire “puttana”. ^_^’

 Lo so, questo capitolo è venuto fuori lunghissimo, anche perché è l’ultimo File con solo Catherina e Vaclav. Dal prossimo ci sarà anche Abel, e allora arriva il bello!!! ^_^
 Non ho davvero potuto resistere oltre. Non vedevo l’ora di cominciare le avventure del terzetto. Se comunque avete qualche richiesta specifica su situazioni particolari in cui volete vedere i personaggi di TB, basta dirlo e vedrò di accontentare tutti.
 Ho fatto tutto questo sproloquio sulle Repubbliche Marinare per il semplice fatto che mi sembrava una cosa carina da inserire, e perché mi veniva fuori man mano che scrivevo il finale del capitolo, e mi pareva una buona idea per introdurre l’inizio del racconto sull’incontro tra Vaclav e Abel, non esattamente dei migliori, anche in questo caso. E non escludo che possano venirmi bene in futuro. Ho dato parecchio spazio a personaggi inventati da me, lo so, ma quasi tutti avranno una certa importanza in seguito per la crescita di Catherina e delle sue due guardie del corpo.

 Grazie mille a The_Dark_Side che ha commentato, oltre al File 03, anche la mia one-shot “Late Night Conversation”. Spero che questo nuovo File ti sia piaciuto! ^_^

Saluti

Will
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Trinity Blood / Vai alla pagina dell'autore: WillowG