Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: GaTTaRa PaZZa    05/01/2011    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Al Caffè ovviamente. L' abbiamo aperto da poco...» spiegò Keiichiro con dolcezza, fermandosi davanti all' entrata. «Mia cara Satō, benvenuta al caffé mew mew» aggiunse con voce serena.
L' interpellata guardò i due con una faccia confusa.
«Che poi sarebbe...» attaccò il moro, interrotto un secondo dopo da Ryou. «... la nostra base segreta» concluse il biondo con un sorrisetto sbruffone, aprendo il portone del locale.
Satō guardò immediatamente l' interno; l' atrio era IMMENSO!
Il soffitto era a volta, tipo le chiesette delle Cattedrali, a destra c' era la cassa e per tutto il salone erano sparsi con molta cura e buongusto tavolini con tanto di siede con lo schienale a forma di cuore.
Era di un gusto melensissimo: possibile che Keiichiro avesse un animo così... romantico?
Ryou si sedette rumorosamene su una seria, pacifico e completamente indifferente, mentre l' uomo tese un pacchetto con un fiocco rosso (recuperato dalla superficie di uno dei tantissimi tavolini) alla ragazza, che lo prese nelle mani, riluttante.
«Senti... che ne diresti di cambiarti?» chiese lui con un sorriso amabile, sotto lo sguardo stupito e diffidente dell' altra. «Gli spogliatoi sono da quella parte» aggiunse, speranzoso, indicando con la mano una porta in fondo a sinistra.
«Io dovrei cambiarmi?! E per quale motivo, scusa??» ribatté velocemente Satō, riprendendosi immediatamente dallo stupore.
«uff... avanti, non fare domande e ubbidisci» replicò secco Ryou, spazientito.
La ragazza si girò a ucciderlo con gli occhi:«CHE COSA?!?!»
«Ehmmm, perdonalo! Ma fa quello che ti dico, per favore. Una ragazza speciale come te, merita una divisa speciale» sussurrò Keiichiro all' orecchio dell' imbarazzatissima moretta, che era diventata rossa. Odiava le vicinanze improvvise.
«Ecco... sì... d' accordo...» mugugnò Satō stringendo a sé il pacco e andandosene a tutta velocità in spogliatoio, immersa nei suoi pensieri.
Mentre si cambiava, la nostra eroina (N.B= adoro scrivere questa frase XD) ebbe modo di pensare a tutte quelle assurdità accadute in una semplicissima ora.
Aveva incontrato un ragazzo agilissimo che l' aveva salvata da un topo gigante, che poi aveva fatto fuori. Poi sbuca un giovane uomo che si comporta da completo lecchino e lei cosa fa?! Li segue come una bambina di cinque anni!! La prima cosa che una bimbetta impara è non fidarsi degli sconosciuti, e ora lei si trovava da sola in un locale con due uomini forti e misteriosi, di cui non sapeva proprio nulla.
E ora era perfino costretta a cambiarsi!! Che cosa c' era in quel minaccioso pacco bianco col fiocco bordeaux?!
Lo aprì, riluttante, ed esaminò il contenuto: una banalissima divisa da cameriera bianca con qualche nastro azzurro pallido qua e là.
Si sentì più rilassata, e l' indossò in un baleno.
Meno male che non c' era il suo migliore amico, o l' avrebbe presa in giro a vita perchè era vestita da camerierina sexy. Orrore.
Respirando lentamente, tornò in salone dai due, impacciata dentro quella divisa troppo bambolesca per i modi goffi e spicci di Satō.
«Ti sta proprio bene! Sai, sei bellissima» osservò affabile Keiichiro, soddisfatto della propria opera.
Lei si sentì il cuore colmo di gioia: lei? bellissima? ma dove? da quando?? Nessuno glielo aveva mai detto, mai.
Sentì nascere dentro di lei il sospetto; che quelle lusinghe avessero qualche sporco fine?? «Ehm, dici sul serio?» mugugnò invece, incredula che avesse risposto proprio così. Ma d' altronde, ricevere complimenti del genere non era mica male...
«Sì, ma è tutto merito della divisa, è così ben fatta che farebbe sembrare bella chiunque la indossasse» rettificò critico il biondo, ancora bello comodo sulla seggiola.
Satō si sentì nuovamente inabissare. Sì, indubbiamente era così, aveva assolutamente ragione. Si era illusa per così poco... non rispose, riprendendo però il controllo di sé stessa. Il fatto che il tipo fosse così sgarbato la tranquillizzava, non c' era motivo di avere paura.
«Ryou, smettila. D' ora in poi passaremo molto tempo insieme, perciò cerchiamo di andare d' accordo,ok?» lo rimproverò Keiichiro severamente: gli sembrava di parlare con due bambini di quarta elementare!
«Che cosa?! Per quale motivo dovremmo passare molto tempo insieme? E già che siamo in tema di domande, perchè dovrei essere io ad affrontare mostri?» s' informò Satō, alzando il tono di voce. Si stava arrabbiando.
«Quello che hai sconfitto non era affatto un mostro. Era soltanto un Chimero» precisò il ragazzo, annoiato.
«E che cos' è un chimero?» borbottò la camerierina, inarcando le sopracciglia delicate.
«Guarda» rispose l' altro, con uno schiocco di dita. Così facendo, le luci della stanza si offuscarono, e si accese un televisore al plasma ultimo modello su una parete là vicino.
"Wow... chissà che tecnologia avanzata, per reagire a uno schiocco di dita!" pensò eccitata l' altra, incuriosita.
Lo schermo proiettò l' immagine di una specie di medusa che vagava su un prato.
«Il nome degli animali che cadono sotto controllo di un' alieno parassita» spiegò Ryou, mentre nell' immagine, la medusa entrava in contatto con un innocente topolino di campagna, trasformandolo nel mostro di poco prima.
«Non sappiamo quale sia il suo obiettivo, ma se si dilagassero, la Terra sarebbe in grave pericolo» aggiunse il moro con serietà.
Satō non ne poté più: «Sentite, adesso mi dite chi siete?!»
«Io sono Ryou Shirogane, un liceale del secondo anno e la mia famiglia è piuttosto ricca»
«E io sono il propietario di questo caffé... almeno in apparenza»
«In realtà siamo alla ricerca di un modo per debellare gli extraterrestri. Per questo motivo abbiamo ricercato i dati di tutte le specie in via d' estinzione, ovvero gli animali Codice Rosso. Abbiamo scoperto che il loro DNA ha la capacità di proteggere e conservare la vita. Di conseguenza, inserendo il DNA dei chimeri, si dovrebbe distruggere il parassita alieno e far tornare l' animale alla sua forma originaria» raccontò il biondino con aria saccente, mentre nello schermo apparivano immagini di: orso polare, pipistrello, lontra, coniglio, volpe rossa, foca e tigre.
«Ma per questo abbiamo bisogno di una persona il cui corpo abbia le caratteristiche per adattarsi al DNA» concluse Ryou, diplomatico.
«E quella persona sarei io, giusto?» chiese la mora, titubante.
«Sì, tu hai tutti i requisiti, tanto è vero che nei panni di Mew Satō hai utilizzato il potere dell' orso polare. Infatti, hai liberato il topo dal chimero facendolo tornare alla normalità»
«Quindi significa che siete stati voi a trasformarmi in un ORSO?!» strillò isterica la ragazza, offesa e adirata.
«Eh sì, non avevamo altra scelta. Era l' unico modo per permetterti di usare la forza degli animale Codice Rosso»
«Ma che gentili!!! Adesso sono intrappolata in questa assurda missione vivendo come un orsacchiotto!!» biascicò infuriata l' interessata, fulminando con lo sguardo quell' odioso Ryou.
Keiichiro prese il polso di Satō delicatamente, guardandola fisso negli occhi. «Quello che ti è capitato è una cosa straordinaria! Fra milioni di candidate, hai avuto la fortuna di essere stata scelta per diventare la paladina del mondo» disse con tono morbido e incalzante, cercando di farle vedere il lato positivo della vicenda.
«Io... la paladina... del mondo?» sussurrò la ragazza, immaginandosi benissimo la scena nella mente. Oh, che bella immagine aveva ora affissa nella testa!
«Prova a pensarci; se lo volessi, potresti facilmente far inginocchiare ai tuoi piedi l' uomo dei tuoi sogni o diventare l' idolo più acclamato della Nazione» le fece notare suadente l' uomo.
La nostra orsetta non riuscì a tenere a freno la mente: il primo punto poteva anche tralasciarlo (a lei non interessavano affatto i ragazzi) ma il secondo... lei, poteva aiutare un sacco di persone in pericolo, poteva contribuire alla salvaguardia del pianeta, poteva difendere l' intero giappone dagli alieni, e perchè no, magari difendere la Terra intera!
«Noi ci prenderemo cura di te. Fidati Satō, non te ne pentirai» affermò dolcemente Keiichiro, baciando la mano abbronzata della ragazza per la seconda volta.
Lei divenne color ciliegia, in completo disagio.
Ryou si alzò finalmente dalla sedia, e si avvicinò ai due con un' espressione seccata. «Ecco, ti abbiamo dato la spiegazione che volevi. Continua così, paladina della giustizia!» esclamò, toccando velocemente il nasino all' insù della poveraccia, facendola sobbalzare all' indietro.
Lui si girò, pronto ad andarsene, quando alla ragazza venne in mente un' altra domanda: «Un momento! Questo vuol dire che tutto il lavoro devo farlo io?!»
«No, non sarai sola. Ci sono altre sei ragazze come te»
«Addirittura altre sei!!!»
«Tutte hanno un segno distintivo sul corpo, un segno che vi accomuna. Anzi, visto che ti senti sola, inizia a cercarle!»
«Eh? Aspetta un attimo! Di che segno stai parlando?!» esclamò preoccupata Satō, iniziando a controllarsi dappertutto.
«Adesso smettila! Scomparirà da solo una volta che sarà compiuta la missione»
«Ma io ancora non l' ho trovato! Dov' è?!»
Nessuno sapeva la risposta, avrebbe dovuto cercarselo da sola.
Keiichiro si avvicinò a Satō, aprendo le mani unite a palmo, da cui uscì l' esserino rosa che prima aveva inghiottito la medusa. Ora che l' osservava meglio, notò che aveva una forma a cuore.
Aveva due occhioni neri dolcissimi e orecchie a triangolo in cima al capo. Ai lati aveva due alette fuxia che fremevano come le ali di un colibrì e per fenire aveva un codino buffissimo.
«E questo coso cos' è?» domandò la ragazza arricciando il naso, diffidente.
«Il suo nome è Mash. Ti seguirà nelle missioni, quindi abbi cura di lui. A proposito; è dotato di sensori capaci di rivelare la presenza di alieni» spiegò il moro, tutti fiero del robottino creato dalle sue stesse mani.
«Konnichiwa!» salutò Mash, posandosi sul dorso della mano di Satō, che ricambiò il saluto estasiata. Quel cosino era proprio kawaii!!
In una nuvoletta grigia, il robot si rimpicciolì un quinto di com' era un secondo prima, sotto immenso stupore della posseditrice.
«Un' altra cosa: quando verrai qui al Caffé, lavorerai come cameriera, intesi?» s' intromise Ryou seccato, come se la vicenda lo annoiasse a morte.
«Ah, ovviamente! Ci mancava anche questa! Ma se dovessi inciampare e distruggessi tutto il raffinato servizio da thè, la colpa sarebbe solo vostra!! Ecco il perchè di questa divisa da bambola!»
«E' solo per non dare nell' occhio! E poi ti sta d' incanto. Come ti abbiamo detto il Caffè è solo una copertura per le nostre attività, e comunque dubito che avremo molti clienti»

***


Da tutt' altra parte, in una dimensione parallela immersa nell' oscurità, due presenze inquietanti parlano del destino della Terra...

«Voglio il pianeta azzurro. Devi portarmelo» disse la prima voce, una voce melodica quanto angosciante.
«Sì» rispose immediamente la seconda voce. Una voce maschile, determinata e rispettosa.
«Usa tutti i mezzi che vuoi, ma portami quel pianeta»
«Conta pure su di me»

***


E adesso torniamo a Tokyo: strade trafficate, gente che cammina svelta sui marciapiedi, e una ragazza bionda che passeggiava sovrappensiero in mezzo a tutti quegli automi uno più identico all' altro per via dei capelli scuri gustandosi un buon gelato alla mela verde.
"Sono proprio soddisfatta. Ho comprato uno smalto verde fosforescente bellissimo che sfoggerò il primo giorno di superiori, dei jeans chiari favolosi e una camicetta azzurra molto carina!! E tutto questo senza okasa in mezzo alle balle! Fantastico!" pensò, facendo roteare i pacchi con gli acquisti. Si diresse a buttare la coppetta di cartone del gelato ormai finito, e riprese la camminata verso casa sua, una villetta niente male e con un bello spiazzo di terreno, per una megalopoli come la capitale giapponese.
Iniziò a canticchiare (fregandosene del fatto di essere stonata come una campana) quando vide sbucare dall' angolo dell' incrocio un Dobermann nero che veniva nella sua direzione. Si bloccò, terrorizzata.
I pacchi le caddero dalle dita, ed era pronta a correre via, quando notò che quell' animale le faceva le feste: non aveva cattive intenzioni! Addirittura riuscì a leccarle la mano, prima che lei la ritrasse con un urletto di sorpresa.
«KIM! Vieni qui!» gridò una voce persistente, e la bestia rimase immobile con la lingua penzoloni: aveva un' espressione decisamente idiota.
«Vieni subito qui!» ripeté la voce arrabbiata, sicuramente appartenente a un ragazzino.
La cagna trotterellò in direzione del padroncino, un ragazzetto moro di undici o dodici anni, che la prese e le legò al collo il guinzaglio da cui si era liberata.
«Gomenasai! E' così stupida che si comporta ancora come se fosse un cucciolo!» esclamò, avvicinandosi alla ragazza bionda con un' espressione rassegnata.
Da dietro di lui apparve una ragazza con lunghi capelli nero carbone, lisci e ben curati, vestita con una maglietta nera e dei pantaloni neri agghindati da una cintura con borchie piatte a piramide. Le mani erano coperti da guantini neri che scoprivano la punta delle dita.
«Perdonala, è un' emerita stupida. Ma non farebbe male a nessuno» aggiunse questa in tono imbarazzato e innervosito, in difesa del suo animale.
«Meno male. Avevo paura che mi sbranasse» confessò la nostra biondina, spalancando gli occhioni verde prato con aria di circospezione. Riprese in mano i pacchetti caduti per terra.
«Tieni. Per asciugarti la mano» rispose la darkeggiante, tirando fuori un fazzoletto di lino bianco dalla borsa di similpelle. Sembrava che cercasse in tutti i modi di scusarsi per andarsene il più presto possibile. Era chiaramente a disagio.
«Oh! Grazie mille». Iniziò a sfregarsi il dorso della mano: un sollievo, togliersi quella bava di dosso!
«Tienilo. Te lo regalo. Ne ho un sacco io a casa. Beh, ti auguro una buona serata!» salutò, e tirando uno scappellotto al fratello per aver fatto fuggire Kim, ripresero la loro passeggiata bisticciando.

***


Satō tornò al caffè il giorno seguente alla sua avventura, e da subito iniziò a sbraitare contro Ryou.
«Senti cocco, mi spieghi come farò a trovare tutte le altre mie compagne di squadra?!?! Vorrei farti presente che non posso ammazzare mostri da sola, CAPITO?!» urlò appunto, mentre quello continuava a sfogliare una rivista sportiva senza degnara di uno sguardo.
La ragazza digrignò i denti, pronta a strappargli di mano il giornalino e distruggerlo sotto i suoi felini occhi azzurri, quando Keiichiro la chiamò -giusto in tempo-.
«Dovresti portare questi dolci al tavolo 7. Ti dispiacerebbe...?» chiese, serafico, con il suo solito sorriso innocente.
«Ah sì sì, certo» borbottò la moretta, prendendo in mano il vassoio per consegnarlo al clienti.
Un boato di ordini rimbombò nella stanza: c' erani un sacco di clienti!!!!!!!
«Mi scusi signorina, potrebbe venire?». «Ha sbagliato a portarmi, avevo chiesto del thè verde, non una camomilla!». «Allora?! Abbiamo ordinato da dieci minuti!».
Satō, rossa come una fragola, cercò di accontentare le richieste di tutti, ma non era affatto facile dover sbrigare tutto quel lavoro da sola!!
Alla fine della giornata, la nostra eroina, armata di Mash, si diresse stanchissima verso la prima fermta che le capitasse sotto mano: si sedette sulla panchina d' attesa, distrutta. «Mamma mia, sono da raccogliere con un cucchiaino!» brontolò tra sé, augurando a Ryou le più feroci e subitanee pene dell' inferno.
BIP-BIP! BIP-BIP! La ragazza si accorse che quel suono veniva dal robottino rosa che aveva in tasca. Lo tirò fuori svelta, esaminandolo perplessa. «E' qui! E' qui!La mew mew è qui!» fece quello, vibrando e rigirandosi su sé stesso. «Cosa? Dove?» squittì Satō, felicissima. Finalmente ne aveva trovata una!!!!! Mash le indicò una ragazza con dei lunghissimi capelli neri, vestita sportiva con una sacca sulla spalla. Quegli occhi verdi giallastri... li aveva già visti. "Ma sì! La tizia in autobus di ieri!" pensò, colta da un' improvvisa illuminazione.
«Sta andando via! Sta andando via!» trillò l' esserino, vibrando sempre più furiosamente. E in effetti, lei stava per l' appunto andandosene in bicicletta.
La mora sospirò, pentendosi subito di ciò che stava per fare: iniziò a correrle dietro, seguendo scorciatoie per raggiungerla, senza mai perderla di vista.
Era esausta. E ora le toccava anche una maratona provvisoria!
Alla fine, Satō si ritrovò davanti a una bella casa in stile occidentale e si arrampicò sul cancello per curiosare dentro... e quasi non le venne un infarto quando un dobermann le abbaiò contro. «ODDIOOOOOO!» strillò, buttandosi all' indietro, ansimando per la sorpresa. «Ci mancava soltanto il bestione da guardia!» aggiunse,quando riprese fiato.
Più preparata, si arrampicò nuovamente e a fatica in cima al cancello, con un bastone lungo e ben visibile in mano: "o la va, o la spacca" pensò rassegnata l' orsetta, lanciando nel giardino della casa che doveva profanare, il legnetto che teneva tra le dita.
Il cane, caduto nella trappola, trotterellò in direzione del bastoncino, e la ragazza ne approfittò per valicare il cancello e rifugarsi sulla tettoia di un' auto parcheggiata fuori. «Mew Satō metamorphosis!» enunciò, e dopo il solito processo di trasformazione, si ritrovò a pensare a come agire per dire alla ragazza dai capelli neri che era una mew mew...
Beh, per prima cosa, doveva intrufolarsi in casa sua... con un balzo lunghissimo e agilissimo che non sarebbe mai riuscita a fare prima di diventare metà- orso, atterrò sulla mensolina di una finestra e controllò la situazione: vuota. Poteva entrare.... meno male che era aperta! "la fortuna gira in mio favore" pensò, con un sorrisino contento.
Svelta svelta si intrufolò dentro, e proprio in quell' istante una figura aprì la porta della cameretta da cui era entrata...
«ODDIO!» gridò la ragazza che Mash sosteneva essere una mew mew.
«ah ehm... konnichiwa?» rispose Satō con un sorriso imbarazzato. «Aspetta non urlare! Sono qui per... per presentarmi dato che... in autobus non ne ho avuto l' occasione!» sparò di botto, fermando la tipa che stava ricominciando a parlare.
«Ahhh...Beh io mi chiamo Satō Kona... e ti prego di non fare commenti!» si presentò la nostra eroina, stringendo la mano coperta da guantino nero della conoscente sbigottita. «Kanzō Jundo» fu la risposta incerta.
«Ehm, beh molto piacere!! Certo che vivi in una splendida casa!! Sembra di essere a New York, dallo stile dei mobili!» osservò la bruna, tanto per fare conversazione, accennando al letto e non al solito tatami che tutti i giapponesi normali possedevano.
Iniziò a guardare con curiosità la cameretta, e nel frattempo lanciava occhiate agitate a Mash. «Insomma, non capti più niente?! Un attimo fa eri tutto in fibrillazione!» sussurrò all' aggeggio rosa che aveva tirato fuori dalla tasca. «no» disse il robottino con tono innocente.
A Kanzō saltarono i nervi: «Insomma!!! Ti sembra questo il modo di comportarti?! Come diamine sei entrata in casa mia? Cosa vuoi da me? Perchè stai iniziando a frugare dappertutto?!?! Che razza di modi sono?!?! Cosa sei tu?!» esplose, e al diavolo le buone maniere e la calma repressa.
«Ti chiedo scusa!! Ma non so se posso spiegare, ora... è una lunga storia che forse non potrei nemmeno raccontarti!!» si scusò la poveretta, agitata e in qualche modo offesa: le dava molto fastidio la maniera con cui si era rivolta a lei. Ma non poteva darle torto.
«Non ci capisco niente. Ti chiedo di spiegarmi, anche se desso non è il momento giusto per un' agente della Naicho o chiunque tu sia!» affermò lei dopo qualche minuto di attesa, accennando a una famosa agenzia di servizi segreti giapponese.
All' improvviso, entrambe sentirono il cane ringhiare ed abbaiare come un invasato, e Kanzō si catapultò in giardino correndo velocissimamente senza dire una parola.
Satō, allarmata da tutto quel casino e si buttò fuori dalla finestra, sicura di non farsi male, e lo spettacolo che le due videro faceva venire i brividi: il cane, che già era grosso di suo, stava crescendo in maniera spaventosamente veloce, fino a diventare della stessa dimensione del ratto che la mew mew aveva affrontato la prima volta.
«Pericolo! Pericolo! Chimero! Chimero!» squittì Mash, scivolando fuori dalla tasca della sua posseditrice, accompagnato dallo strillo della padroncina dell' animale oramai diventato un mostro fatto e finito: aveva lucido manto nero a strisce rosse e gli enormi occhi color cremisi fulminavano le due con lo sguardo.
«Stramaledetti alieni!! Ve la farò pagare una volta per tutte!» ruggì Satō, parandosi davanti a una spaventata Kanzō. «Cosa sta succedendo alla mia Kim?» domandò.
«So bene che per te è uno shock.. sono costretta a spiegarti tutto più tardi! RIBBON SATO SNOWFLAKE!»sbottò la moretta, brandendo il suo flauto ghiacciato.
Il cane abbaiò, e tirò un fendente in direzione delle due: ma la mew mew prese prontamente Kanzō in braccio e saltò da un' altra parte evitando il colpo.
«Aspetta! Non vorrai far del male al mio cane?» ansimò la ragazza, preoccupata per la salute della sua creatura.
Satō la guardò come se fosse un' idiota: quel coso aveva cercato di ucciderle e lei si preoccupava che stesse bene?
Presa alla sprovvista, l' orsacchiotta venne sbattuta su un muro da una zampata della bestia, urlante di dolore.
Kanzō corse a soccorrere la sua salvatrice, ma in quell' istante il Chimero, con un' altra zampata, scaraventò le due sul muro opposto.
«oddio! stai bene, Jundo?». L' interpellata sembrava parecchio dolorante, e le si strappò buona parte del colletto della camicia scura.
E poi Satō lo vide: un delicato tatuaggio rosato a forma di ali di pipistrello. «Che quello sia... il segno?» sussurrò, con gli occhi azzurro ghiaccio fissi sul collo della compare.
Mash ronzava intorno alle due come un'ape sul miele, e alla fine si decise a fare qualcosa: dalla boccuccia emise una capsula d' oro del tutto identica a quella di Satō, che atterrò ai piedi della confusa Kanzō.
«Anche tu fai parte della squadra, Jundo» osservò con voce ferma l' orsacchiotta, chiedendosi dove ce l' aveva lei il tatuaggio.... doveva ancora trovarlo...
«Cosa... di quale squadra parli?»
«Beh, ora ho la certezza che anche tu puoi trasformarti come me».
In quell' istante il bestione decise di aver lasciato troppo tempo di riposo alle ragazze, e riprese a ringhiare in una maniera orribile: così attraversò il salotto facendo schiantare per terra vasi e mobili per avvicinarsi alle ragazze.
«Jundo, devi trasformarti! Non posso fermarlo da sola!» la supplicò la bruna, pronta a combattere contro il Chimero.
«Mi chiedi l' impossibile!! Come faccio,io?!» replicò l' altra, indietreggiando dalla creatura.
L' ennesimo tentativo di omicidio da parte del suo cane le fece decidere che doveva provare a fare qualcosa: afferrò la capsula dorata con le dita e quella emise una forte luce grigia, che la avvolse in un getto di oscurità: poggiò le labbra sul freddo metallo aureo, e iniziò a muoversi come se sapesse perfettamente la coreografia di un balletto: «Mew Kanzō metamorphosis!» esclamò, mentre due ali da pipistrello le crescevano sulla schiena. I vestiti cambiarono completamente: indossava una lungo vestito nero inchiostro, simile a un tubino nero degno di una serata di gala, decorato da righe verticali. Sulle braccia apparvero guanti scuri lunghi fino al gomito, di quelli che venivano allacciati solo dal dito medio. Nel frattempo lei continuava la sua trasformazione, e due orecchie da pipistrello le spuntarono in testa, fremendo.
Sul braccio, appena sotto la spalla, apparvero due sbuffi del tutto identici (per forma) a quelli di Satō.
«Bravissima!» trillò quest' ultima, felice di aver trovato una delle sei compagne di sventura. Era ancora più carina del solito, e questo provocò una specie di fitta di invidia alla mew mew bianca, che la represse con un sorriso. Se solo avesse potuto sapere come tutti la consideravano...
«Incredibile» sussurrò la pipistrellina, rigirandosi ad osservarsi.
Il Chimero, infastidito di non essere più al centro dell' attenzione, abbaiò furioso, ma le due balzarono prontamente da un' altra parte, ben attente.
Satō si portò il flauto ghiacciato alla bocca, e incitò la compagna spiegandole cosa doveva fare: «Su, coraggio, dì le parole che senti nascere direttamente dal cuore!».
Mettendo seriamente in dubbio le capacità intellettive della compare, Kanzō la fissò con uno sguardo scandalizzato:«Chi,io? Non ci riesco! Non sento assolutamente nulla che mi nasca dal cuore protestò, decisamente a disagio.
«Forza, ce la farai! Esattamente come quando ti sei trasformata! Il procedimento è lo stesso: segui l' istinto!!».
L' altra annuì, più confortato: sembrava davvero molto semplice.
«Non c' è tempo da perdere!!» strillò impaziente l' orsetta, iniziando a suonare una sinuosa e affascinante melodia che faceva gelare il sangue, tanto era inquietante.
«E va bene!» sbottò lei, concentrandosi intensamente: «Ribbon Kanzō Fury!» enunciò, e da una bolla d' aria apparve una lama, da cui spuntava un cilindro di luce grigio scuro, che diventò un manico tutto intagliato che ella afferrò.
Brandì la sua ascia di fronte al suo povero cagnolino, più per spaventarlo che per colpirlo sul serio.
"Wow. Sembra la moglie di Morte" pensò Satō, mentre continuava la sua melodia cupa, degna come colonna sonora per il combattimento.
Il bestione si congelò, come se fosse cristallizzato, e Kanzō, con un grandissmo sforzo di volontà, agitò la sua falce, e dalla lama scaturì qualche raggio radioattivo che intaccò completamente il Chimero. I raggi iniziarono a vorticare intorno al corpo gigantesco dell' animale, finchè il ghiaccio che lo ricopriva non si distrusse.
La bestia iniziò a rimpicciolirsi sempre di più, finchè non tornò la solita stupida Kim di sempre.
Mash nel frattempo inghiottì una specie di medusa che si era separata dalla cagna, la stessa medusa che Satō aveva visto alla sua prima battaglia...

***


Piombiamoci nuovamente al Caffè mew mew: Kanzō indossava il vestitino da cameriera identico a quello di Satō, solo del colore opposto: nero.
Keiichiro applaudiva, compiaciuto delle sue arti sartoriarie, ed esclamava cose come: «Magnifica! Splendida! Meravigliosa!» tutto contento, sorridendo al mondo.
Per quanto la riguardava, lei odiava essere al centro dell' attenzione ed ascoltare ciò che lei reputava falsi complimenti e non poteva fare a meno di arrossire e balbettare sillabe sconnesse cercando di ribadire di smetterla di mentire per farla contenta, ma nessuno le dava minimamente ascolto.
«La divisa ti sta benissimo!» trillò incantata la ormai amica bianca, gentile e deliziosa come sempre.
Ryou non si fermò a fare complimenti come gli altri (per questo Kanzō lo ringraziò vivamente col pensiero) ma ribadì una futile frase del tipo: «Forza, ancora cinque e la squadrà sarà in completo! Buona fortuna!» per poi dileguarsi nel nulla.
Tutto andava alla perfezione: Keiichiro sistemò il cartellino "OPEN" davanti al locale, Satō aveva scoperto dove si nascondeva il tatuaggio (nella caviglia destra dalla parte interna) e il sole splendeva nel cielo.... cosa poteva rovinare quella quiete idilliaca?
  
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