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Autore: miseichan    05/01/2011    6 recensioni
“E’ un pervertito, agente. Lo sbatta in galera, mi faccia questa cortesia.”
“Giovane, come ti chiami?”
“Matteo Fiori.”
“E lei signorina?”
“Veronica Cristina Sandra Merogliesi.”
“Sei un pervertito, giovane?”
“No, agente.”
“Tu sei un pervertito e lo sai benissimo.”
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutto fuorché uno sbaglio'
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Bugie bianche

                                                                                                 

        ≈  Spese telefoniche ≈

 

 

 

 

“Grandi magazzini Perilli. Posso esserle d’aiuto?”
“Ehm… in realtà non so se sto parlando con la persona giusta.”
“Ha sbagliato numero?”
“Siete i grandi magazzini?”
“Sì, l’ho già detto.”
“Allora il numero è giusto.”
Il silenzio aleggiò nell’aria per diversi secondi, poi la voce maschile si decise a ritentare.
“Non capisco.”
“Ah, lo so. Mi capita spesso di venire fraintesa.”
“O di non spiegarsi affatto.”
“Come, scusi?”
“No, niente.” sospirò seccato “Se il numero è quello giusto, cosa posso fare per lei?”
“Ecco, è questo il punto: non so se è con lei che devo parlare.”
Nuovo sospiro, sempre più sentito. Il sospiro di chi cerca di mantenere la calma.
“Se il numero è quello giusto, perché non prova a spiegarsi meglio?”
“Con lei?”
“Posso essere sorprendentemente utile quando voglio. Mi metta alla prova.”
Lei rise nervosamente e lui sperò che fosse un assenso.
“Proviamo.” mormorò lei prendendo coraggio “Ho trovato l’articolo qualche giorno fa.”
“Che articolo?”
Sbuffo seccato  e prolungato.
“Il vostro: quello dei grandi magazzini.”
“Il nostro?”
“Esattamente. Quello in cui si parlava delle spese telefoniche.”
Nuovo silenzio, più lungo del precedente. A romperlo, questa volta, fu lei: 
“Sa di cosa parlo?”
“Sì.”
“E sto parlando con la persona giusta?”
“Temo di sì.”
“Teme?”  
“Scherzavo.” risposta secca e palesemente forzata.
“Quindi mi aiuta?”
“Sono qui per questo.”
“Perfetto!” esclamò lei sollevata “Devo fare un regalo.”
Silenzio sostenuto, intervallato solo da qualche sporadico schiarimento di voce.
“E allora?” s’ impuntò lui.
“Devo fare un regalo.”
Sospiro. Sospiro stanco, esasperato.
“Questo l’ho capito. Necessito di altre informazioni, però, lo capisce signora? -
Breve silenzio, teso.
“Come mi ha chiamata?”
“Io…”
“Mi ha dato della signora?”
“Non…”
“Ho la voce da vecchia?” singulto disperato “Non posso avere la voce da vecchia a vent’anni!”
“Zitta!”
La voce femminile tacque improvvisamente, colta ancora una volta alla sprovvista.
“Non le ho dato della vecchia, per la miseria!” si rivoltò lui “Le ho dato della signora senza neanche rendermene conto. E’ per deferenza.”
“Quindi non ho la voce da vecchia?”
“No.” sospirò esausto lui, riprendendo a parlare timoroso “Va bene se la chiamo signorina? –
“No.”
Ci furono diversi attimi di incredulo silenzio prima che lei si decidesse a spiegarsi:
“Non mi può dare il tu?”
“Il tu?”
“Sì, il tu.” rise lei “Mi chiamo Veronica.”
“Veronica.”
“Anche tu ti chiami Veronica?”
“No.”
“Te lo devo tirar fuori con le tenaglie il nome?”
“E se non volessi dirtelo?”
La voce femminile tentennò, poi ribatté sicura e divertita:
“Potrei tenerti al telefono per ore, sai?”
“Matteo.”
“Perfetto!” si compiacque lei “Visto che abbiamo risolto alla svelta, Matteo?”
“Sì. Ora cerchiamo di concludere altrettanto alla svelta anche con il regalo che devi fare?”
“Non sei cordiale.”
“E tu sei prolissa e prepotente.”
“Siamo alla pari allora, no?” ridacchiò lei, per nulla scalfita.
“Il regalo…” le ricordò lui, insofferente.
“Ah, già. E’ per una mia amica.”
“Un passo avanti, finalmente!”
“Dici?”
“Un maglione?”
“No.”
“Una felpa?”
“No.”
“Un paio di scarpe?”
“No.”
Breve silenzio. Lo scatto di un accendino.
“Fumi?”
“Solo quando sono nervoso.” ringhiò lui, prendendo diversi lunghi respiri.
“E’ un modo non troppo sottile per dirmi che sei nervoso?”
“Possibile.”
“Nervoso per colpa mia?”
“Probabile.”
Lei rise ancora, schernendolo quasi.
“Te la prendi troppo facilmente, Matteo.”
“Un pigiama?”
“Non va bene, non li usa.”
“Non usa i pigiami?”
“No.”
“E come dorme, questa tua amica? Nuda?”
“Il più delle volte.”
Rumore di una sedia che struscia contro il pavimento.
“Mi prendi in giro?”
“Probabile.” gli fece il verso lei.
Rumore sordo. Segnale acustico ripetuto. Linea libera.
“Grandi magazzini Perilli. Posso esserle d’aiuto?”
“Mi hai chiuso il telefono in faccia!”
“Ancora tu.”
“Hai osato chiudermi il telefono in faccia!”
“Probabile.”
“Cafone.”
“Chi è permaloso, ora?” se la rise lui.
“Sempre tu.”
“Non sono d’accordo.”
“E la cosa non mi tange.”
Sospiro. Sospiro prolungato.
“Sempre decisa a fare questo regalo?”
“Devo: fra due giorni è il suo compleanno.”
“Hai qualche idea?”
“No.”
Scatto di un accendino.
“Un’altra sigaretta?!”
“Non sono fatti tuoi.”
“Sei scortese.”
“E tu fastidiosa.”
“Ma il lavoro è il tuo. Non dovresti essere più disponibile?”
“Certo.” schioccò la lingua “E tu sei una cliente. Non dovresti aiutarmi?”
Silenzio cupo.
“Ma non ho idee.” si lagnò lei, abbattuta.
“Perché hai chiamato, allora?”
“Speravo che…”
“Cosa?”
“Non lo so!” esplose irritata “E’ il tuo lavoro! Sei tu l’assistente! Fatti venire un’idea.”
Risatina nevrastenica.
“Ragazzina, sei proprio fuori, lo sai?”
“Dovrebbe essere un insulto?” s’informo lei placidamente.
“No.” sospirò il ragazzo “Qualcosa dal reparto bigiotteria?”
“No.”
“Una tuta?”
“No.”
“Aiutami.” guaì lui, facendola sorridere.
“Sto pensando, sto pensando!”
“E non puoi pensare e richiamare più tardi? Fra venti minuti mi danno il cambio.”
“Puoi resistere ancora una ventina di minuti, dai.”
“Ma la bolletta del telefono non ti spaventa?”
“E’ l’ultimo dei miei pensieri.”
Sospiro prolungato.
“Forse…”
“Forse?”
“Forse qualcosa dal reparto intimi?”
“Non lo devi domandare a me, ragazzina.”
“Infatti non te lo stavo domandando, solo proponendo.”
“Sto andando.” mormorò lui, afflitto.
“Bravo. Poi ti do un biscottino.”
“Sta’ attenta. Non provocarmi, tesorino.”
“Tesorino?”
“Divento amorevole, prima di perdere il controllo.”
“Ammirevole, davvero.” si compiacque lei “Ma non lo sai che non bisogna rivelare i propri punti deboli al nemico?”
“Non è un punto debole: è un avvertimento.” ribatté lui.
“Se lo dici tu.”
“Un reggiseno?”
“No.”
“Un paio di slip?”
“No.”
Scatto dell’accendino.
“Morirai di cancro.”
“Me ne frego.”
“E’ doloroso.”
“Ragazzina.” s’intestardì lui “In cos’altro consiste, secondo te, il reparto intimi?”
“Già è finito?”
“Intimo.” citò lui “Insieme di elementi di vestiario indossati sotto i vestiti.”
“Ah.”
“Slip e reggiseno, quindi, sei d’accordo?”
“Sì.”
“E non va bene nessuno dei due?”
“No.”
Silenzio. Diversi respiri concitati.
“Non ce la faccio più, ragazzina.”
“Ho notato. Hai un grado molto basso di sopportazione.”
“Avrei detto il contrario, ti assicuro.”
“Un completo!”
“Cosa?” chiese lui, sfibrato.  
“Un completo intimo!” s’entusiasmò lei “Non c’è qualcosa del genere?” 
“Intendi slip e reggiseno abbinati?”
“No.” lo preoccupò lei, continuando veloce “Qualcosa di sexy, ecco. Con tanto di manette, frustino e giochini erotici vari abbinati, se è possibile.”
“Stai scherzando?”
“No.”
“Vuoi un completino sexy con giochini erotici abbinati.”
“Sì.”
Breve silenzio.
“Ma che razza di amica hai?”
Risatina breve e leggera.
“Non sono fatti tuoi.” lo citò lei  “Puoi accontentarmi o no?”
“Certo che posso, ragazzina.”
Rumori di sottofondo, scatole che cadono, oggetti che si scontrano fra loro.
“Sei vivo, Matteo?”
Un respiro soffocato in risposta.
“Mi devo preoccupare?”
“Non sei d’aiuto.”
“Non sono lì.”
“Per fortuna.”
“Come?” ridacchiò lei, cercando di capire cosa stesse succedendo all’altro capo del telefono.
“Colori chiari o scuri?”
“E’ mora.”
“Quindi?” chiese lui, indifferente.
“Scuri.”
Altri rumori. Un crollo.
“Eccomi. Ci sono.”
“Vivo?”
“Sì.” respiro stanco “Viola, rosso, verde, nero…”
“Rosso.”
“Taglia?”
“Aspetta che vado a controllare.”
Brevissimo silenzio. Lo sbattere di una porta.
“Una terza.”
“Attendi.”
Rumore di carta da imballaggio.
“Completino sexy rosso con bordi neri. Taglia tre. Manette pelose rosse. Frustino nero.”
“Perfetto.”
“Sicura?”
“Tutto in busta da regalo.”
“Certamente.” esclamò lui, soddisfatto e ancora incredulo “Il tuo indirizzo?”
Tentennamento.
“A che ti serve?”
Altro tentennamento.
“Non devo inviartelo a casa?”
“No.”
Silenzio.
“Non capisco.”
“Cosa?”
“Perché non te lo devo spedire.”
“Ma perché non serve.”
Silenzio. Brevissimo.
“Continuo a non capire.”
“Vengo a prenderlo domani in mattinata.”
Silenzio. Scatto di un accendino. Imprecazione soffocata.
“Tu cosa?”
“Vengo a prenderlo domani in mattinata.”
Altra imprecazione. Meno soffocata.
“E perché hai chiamato?” ringhio furioso “Non potevi scegliere il regalo direttamente domani?”
“No.” ribatté lei  “Mi andava di chiamare.”
Rumore sordo. Segnale acustico ripetuto. Linea libera.
“Grandi magazzini Perilli. Posso esserle d’aiuto? -
“Non ci credo! Lo hai fatto di nuovo!”
“Ci conosciamo?”
“Che faccia tosta.”
“Sicura di non aver sbagliato numero?”
“Non è divertente.”
“Non sono d’accordo.”
“Non lo sei mai,  a quanto pare.”
Silenzio rilassato.
“Me lo metti da parte, il regalo?”
“Già fatto.”
Scatto di un accendino.
“Grazie.”
“E’ il mio lavoro.”
“Fumi troppo, Matteo.”
“Sei tu che m’innervosisci, ragazzina.”
Risatina.
Sospiro frustrato.
“Posso chiedere di te, domani mattina?”
“A rischio della tua incolumità.”
Uno squillo in lontananza. Una porta che sbatte.
“Credo che rischierò.”

 

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