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Autore: Flaminia_Kennedy    06/01/2011    4 recensioni
Anno Domini 1191.
E' l'epoca delle Crociate, la Terza per essere precisi.
Riccardo ha con sé una giovane donna, che cambierà per lo più il destino del Re inglese e quello di un uomo, le cui ali spezzate riprenderanno a volare in alto, retto dal credo degli Assassini.
"Nihil est reale, licet omnia...o come dici nella tua lingua -Niente è reale, tutto è lecito"
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un paio di occhi scuri si aprirono contro lo schermo dell’Animus in fase di spegnimento “Ending completo, professore” disse la voce di una giovane ragazza e appena quella frase terminò, il bip proveniente da un terminale sembrò quasi sottolinearne le parole.
Warren Vidic sbuffò irritato, appena vide il soggetto 18 mettersi a sedere lentamente, la testa tra le mani.
Da quando il 17 era fuggito assieme a quella maledetta Lucy Stillman si era dovuto affrettare a trovare un sostituto mentre le forze dell’Abstergo cercavano quel Desmond Miles.
La ragazza che avevano trovato sarebbe stata solo un aggancio temporaneo alla figura di Altair “ah, prof, anche lei qui a guardarmi soffrire” disse la ragazza, i capelli corti scarmigliati dal nuovo sistema a elettrodi dell’Animus 1.3.
Vidic storse il volto, strinse di più il manico della tazza di caffè ancora fumante e le girò le spalle “vada a riposarsi, senza storie” disse lui uscendo dalla stanza.
La ragazza, dall’anonimo aspetto cittadino, strinse le palpebre e ci passò sopra le dita fresche, quasi congelate “quanto sono stata dentro, traditrice?” si rivolse il Soggetto alla nuova assistente di Warren, una ragazza grassoccia e tremebonda, ma che sapeva fare un po’ di tutto col computer.
La cosa più importante, però, era che la nuova assistente di Vidic era la sorella del Soggetto “Andrea…ti prego non parlarmi in quel modo” mugugnò lei, contrita.
Sembravano due gocce d’acqua, anche se una era più magra e dell’altra e solo la montatura differente degli occhiali le poteva distinguere “quanto sono stata dentro quell’affare, piccola farabutta” abbaiò il Soggetto, passandosi la mano sul resto della faccia.
Si sentiva assonnata e fiacca al tempo stesso “beh, da stamattina..quindi sono più di diciotto ore in riga” disse l’assistente, tamburellando le dita sulla sottile tastiera del pc accanto all’Animus.
Il Soggetto scosse la testa e si rimpossessò del proprio peso, mettendosi in piedi “perfetto…magari la prossima volta Vidic mi darà meno rispostacce se muoio sotto i ferri” borbottò prima di infilare le mani a fondo nella felpa bianca e nera a quadri che indossava.
Strisciò le scarpe fino alla porta ad auto scorrimento della propria camera e lì venne chiusa dall’esterno, come ogni volta che vi era entrata.
Vidic doveva avere una telecamera da qualche parte, magari nascosta sopra l’armadio di acciaio consunto.
Tutto di quella camera gli diceva di ‘già usato’ come se parecchie persone l’avessero usata: per quanto le lenzuola e le federe fossero bianche, lei ci posava la testa con la convinzione di poter sentire i bisbigli delle altre diciassette teste che si erano posate lì.
Poi i muri, dipinti di grigio quasi a nuovo, era come se le sussurrassero delle frasi in lingue che lei non conosceva, come se dietro la vernice ci fosse uno strato marcescente.
Una sensazione brutta e lei doveva dormirci…avrebbe preferito prendere cuscino e coperta per andare a dormire nella doccia.
Il Soggetto 18 attraversò la stanza in velocità di crociera ed entrò nel bagno, una camera molto più tranquilla, riguardo alle sensazioni.
Il cesso non le parlava e quello era un passo avanti.
Si guardò allo specchio e sbuffò da davanti agli occhi una ciocca scura più lunga delle altre, arricchita da dei fili di un rosso carminio che lei adorava perché le ricordava un po’ il velluto -il suo tessuto preferito-.
Altre ciocche rosse erano sparse in quel caschetto sfilacciato e gli occhiali neri e spessi incorniciavano degli occhi rotondi che in quel momento erano chiusi a fessura, un po’ per l’autocritica e un po’ per la rabbia che la prendeva.
Per una settimana era stata forzata dentro quel macchinario e per una settimana si era ritrovata a essere una figlia illegittima di Re Riccardo I, in più aveva dovuto passare una settimana -quasi sempre collegata alla macchina- a imparare come usare una spada, come difendersi e come tendere imboscate.
L’Effetto Osmosi, come l’aveva chiamato Vidic, sarebbe stato molto utile nel caso fossero finiti senza guardie: avrebbero usato le sue capacità medioevali per proteggere qualcosa che nemmeno conosceva.
Nel caso contrario, l’avrebbero semplicemente uccisa “sempre se l’Animus non mi mandi al manicomio” borbottò a se stessa.
I primi giorni di quello strano viaggio nel passato li aveva passati costantemente nell’Animus, senza tempo per mangiare o per dormire, tantomeno fare una capatina al bagno.
Il corpo del Soggetto veniva sedato per non incorrere in problemi corporali e il cervello poteva rimanere a portata della macchina, in una specie di bolla di coscienza.
E dopo quei tre giorni di maratona, la sua testa aveva iniziato a vedere e sentire cose strane, come fantasmi che poi se ne andavano.
Le ricordavano le ombre che si ottenevano fissando una lampadina accesa per trenta secondi “bah…” mugugnò mentre prendeva un po’ d’acqua e se la gettava sul viso “altro giorno, altri dolori…quand’è che mi sveglierò e mi ritroverò morta?” chiese all’immagine dello specchio che rimase muta.
Era un po’ come una risposta positiva, il silenzio della propria immagine: se mai ti avesse risposto, avresti capito che era ora di andare a nanna per sempre.
Si voltò quando avvertì un certo calore alla spalla destra, come una mano appoggiata su di essa, delicata e rassicurante.
Poi magicamente il calore si spostò sul collo, qualcosa di soffice lo stava solleticando, massaggiando e per un attimo il Soggetto si ritrovò a pensarsi come una persona vera, come Andrea Hills, la pazza della scuola che aveva allontanato qualsiasi ragazzo dall’essere il proprio.
“Meglio andare a letto” bisbigliò, la testa piegata all’indietro “queste allucinazioni stanno diventando troppo…reali”.
Fece come aveva detto e ritornò nella camera, senza sentire più il calore di un abbraccio fantasma “che strano” pensò “perché ricordo senza Animus? Domani lo chiederò a Vidic”, ma non riuscì nemmeno a finire la frase nella sua testa che chiuse gli occhi.
Altro giorno, altra sessione.



Angolo dell'Avvocata
Eccomi qui col quarto capitolo, scusate l'attesa ma ho dovuto formattare il laptop a causa di un virus e -nonostante sia riuscita a salvare praticamente tutto- alcune cose più recenti tra cui la storia qui sopra sono andate perse, quindi ho dovuto riscriverla partendo da questo capitolo qui.
Beh, ora vado a rispondere alle recensioni, che mi fanno sempre felicina ^^

_Zazzy: E ora manco più Cascade xD Tranquilla, tanto ormai ho visto che sei mia affiliata e quindi ti potrò riconoscere in un futuro cambio di nik!
Si si, l'Hashashin è uno che inizia per A e a cui piace scassare le scatole a un povero handicap -leggere Malik, sia fatto santo immediatly- xD
Lady_Kadar: Si meschinetto, anche perchè Kaddy è morto senza manco sapere una cippa di quello che stava succedendo O_o l'hanno messo un po' random, credo. Se Altair non si prende cura del mio personaggio sa quello che succederà: lo potrei citare in tribunale xD
Manga_darlin: Ciao! Quanto tempo! Beh, sinceramente non avevo voglia ne ispirazione per inscenare l'omicidio e poi sai -se hai giocato al gioco- più o meno come muore Sibrando...ovvero come tutti gli altri xD Grazie per il commento, però, la prossima volta metterò un bello sgozzamento in prima linea XD
Sese87: Beh, il passaggio temporale è un po' come un sogno, più che un passaggio a una dimensione intermezza tra passato e presente, quindi mi sono riferita a quello ^^ Grazie e non ti preoccupare! Ho dovuto aggiornare tardi per i motivi sopra scritti, quindi don't worry!
   
 
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