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Autore: Sophrosouneh    06/01/2011    3 recensioni
“Come un leone che ruggisce nell’alba della prateria. Unica voce abbastanza forte da levarsi dal coro. Unico appiglio rimasto di un’esistenza altrimenti vuota.
Sorrise di nuovo, quella era una serata decisamente strana.”
Una conversazione un po’ fuori dal comune segnerà un comune destino.
*Seconda Classificata al “Contes Multifandom – Quando la Morte ti chiama indetto da Diana21”
E vincitrice del Premio Genesis: per la storia con lo stile più efficace e ricercato
*Quinta classificata al contest “Sulle orme di Nessuno { ossia, di thriller e citazioni }” di FataFaby89
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Seconda Classificata al “Contes Multifandom – Quando la Morte ti chiama indetto da Diana21”
E vincitrice del Premio Genesis: per la storia con lo stile più efficace e ricercato
 
*Quinta classificata al contest “Sulle orme di Nessuno { ossia, di thriller e citazioni }” di FataFaby89

 Nick Autore: Ss904
Titolo: The Revelation
Parola scelta: Potere di vita e di morte / 51. La vendetta e la giustizia a volte coincidono. 55. « Il mondo è ancora troppo giovane per fare in modo che storie come questa non si ripetano più. »
Fandom: Originale
Personaggi: originali
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo, Drammatico
Rating: Giallo
Avvertimenti:One-shot, What if?
Introduzione: “Come un leone che ruggisce nell’alba della prateria. Unica voce abbastanza forte da levarsi dal coro. Unico appiglio rimasto di un’esistenza altrimenti vuota.
Sorrise di nuovo, quella era una serata decisamentestrana.”
Una conversazione un po’ fuori dal comune segnerà un comune destino.

 The Revelation
..Only a Laugh..

 
 
 
La sabbia del tempo inesorabile
Scorre tra le mie mani.
Granello dopo granello
Appassiamo al suono del rintocco.
 
Ed infine era passato un altro anno. Eppure niente sembrava cambiato da quando erano arrivati lì. La luce soffusa della stanza filtrava attraverso le spesse tende di velluto color crema, creando ragnatele di ombre sulle mattonelle chiare della terrazza. L’arredamento di quel posto  non era  mai cambiato in quei quindici anni. Spartano e ridotto all’essenziale. Rifletteva perfettamente l’animo del suo padrone. Quel padrone che se ne stava a prendere aria appoggiato al parapetto del balcone e scrutava con i suoi occhi cerulei la scura luna d’opale. I lunghi capelli biondi, smossi dal vento autunnale, gli ricadevano soffici sulle spalle robuste. Sembrava una statua del marmo più puro, sia per la rigida posizione assunta, sia per la sua bellezza, accentuata ancor di più dal taglio lineare del volto e da quei suoi occhi splendenti come diamanti.
Era giunto infine il giorno da tempo tanto atteso. Ancora trovava strano di dover abbandonare tutta quella vita che si era così difficilmente costruito.
“E tu questa la chiami vita? Tze, darei la metà della mia anima per andarmene da questa sudicia topaia.” biascicò una voce alle sue spalle con malcelato malcontento. Avrebbe riconosciuto ovunque quel tono scocciato e indisponente.
Sorrise involontariamente per l’assurdità della situazione. Ci mancava soltanto una sua ramanzina per completare in bellezza la giornata. “Lo so che non possiamo rimanere qui ancora a lungo, e, altrettanto bene so che la mia, o meglio, la nostra non è stata altro che una recita. Ma non riesco a mettermi l’animo in pace..” disse sospirando e senza smettere di scrutare gli astri. Ci doveva pur essere lassù qualcosa che avrebbe potuto evitargli tutto questo. “..vorrei non doverlo fare” concluse infine.
Non si aspettava una risposta dal suo interlocutore che in tutti quegli anni non aveva mai voluto toccare l’argomento, o almeno, lo aveva sempre abilmente svicolato.
Odore di tabacco gli giunse alle narici forte e pungete proprio come il dolore che gli attanagliava le viscere. Sentì i passi leggeri dell’altro avvicinarsi al davanzale per poi fermarsi bruscamente una volta che gli fu accanto. Con la sua fedele sigaretta stretta tra le labbra, puntò anch’ egli i suoi occhi d’ebano sul firmamento.
“Ma io non ti ho detto che la faccenda ti deve andare a genio, nessuno si aspetta una cosa del genere. Tu lo devi fare perché è giusto così. Non ti puoi permettere di lasciare le cose a metà come tuo solito! Non questa volta!” Si, decisamente indisponente come sempre. Da quanto di conoscevano? Secoli. Millenni. Eppure in tutto quel tempo Mikael non era cambiato di una virgola, sia caratterialmente che esteriormente, era rimasto lo stesso ragazzo  lunatico e attaccabrighe che aveva conosciuto. Con i capelli mori talmente folti che sembravano una balla di fieno, lo stesso fisico magro e allampanato,  ma soprattutto la stessa espressione furba dipinta sul volto. E lui che sperava che stare a contatto con gli umani gli avrebbe fatto bene.. che illuso. Era arrivato addirittura al punto di pregare il Capo affinché fosse proprio lui ad accompagnarlo in quella assurda crociata. Doveva essersi completamente bevuto il cervello. Cercare di cambiare quel testone equivaleva a tentare di deviare il corso di un fiume in piena con un cucchiaino da caffè.
 Sorrise di nuovo alle lacrime dei cherubini che inondavano il cielo. Gli sembrava così strana quella conversazione. Ma sta volta il suo sorriso non venne nascosto dalle scure tenebre di Thanatos.
 “Mi spieghi cos’hai da sorridere come un imbecille?” gli chiese Mikael decisamente scocciato di tutta quella situazione che si era venuta  a creare tra di loro in quei pochi minuti.
L’altro dal canto suo non gli rivolse neppure uno sguardo. Troppo assorto nella sua opera di contemplazione. “Pensavo” rispose enigmatico.
Ci godeva da morire a vedere l’amico fumare come una vecchia caldaia. E sapeva perfettamente che risposte del genere non facevano che alterarlo ancora di più. Fossero stati nel loro regno non si sarebbe mai sognato di provocare Mikael a tal punto, ma il suo caro arcangelo non si sarebbe mai permesso di perdere le staffe davanti ad un’intera città di mortali. Certo non avrebbe sorvolato sull’accaduto, ma di sicuro non gli avrebbe staccato la testa dal collo con un morso.
“Grazie della perla di saggezza Gabriel, sei sempre così illuminante!” si sentì rispondere dall’amico con quella che doveva essere una voce quantomeno vagamente femminile. Quella doveva esserle la sua serata fortunata. Soltanto due insulti in una conversazione di due minuti, un nuovo record!
“Ascoltami bene brutto ingrato, io sono qui che mi faccio un mazzo così per ascoltare le tue inutili lagne. Adesso tu parlerai con le buone o con le cattive!” No, decisamente non si smentiva mai. Il solito garbo e buone maniere degne di un rinoceronte.
Sentiva su di se lo sguardo inceneritore dell’altro; se non si fossero trovati in forma umana avrebbe seriamente temuto per la sua vita. Si decise quindi a rivolgergli almeno un po’ della sua attenzione portando le sue fredde iridi di ghiaccio a cozzare con quelle d’ebano dell’altro. “Sai, La vendetta e la giustizia a volte coincidono.” Non si concesse neppure il dolce piacere di vedere l’espressione di Mikael sciogliersi un po’. Tornò a concentrarsi sulla sfera astrale che sovrastava luminosa le loro teste.
 
Il mondo piange
Lacrime di giada.
Il mondo sorride
Gengive di rubino.
 
Qualunque persona che li avesse visti in quel momento li avrebbe scambiati per comunissimi mortali intenti nella più normale delle conversazioni. Ormai erano diventati dei veri esperti nel nascondersi e mimetizzarsi sulla terra. Certo, quando quella faccenda era cominciata si erano trovati a dover far fronte a non pochi problemi, ma oramai ci avevano fatto l’abitudine.
Particolarmente faticoso era stato il dover adattarsi alle varie abitudini umane, soprattutto il fatto della respirazione, a loro completamente nuovo.
Ma tutto ciò che erano stati costretti a subire non aveva mai scosso l’arcangelo guerriero come quelle poche frasi che si stavano rivolgendo.
Gli era bastato uno sguardo per capire che il volto di Gabriel quella sera aveva qualcosa di diverso. Ma non si sarebbe mai aspettato una simile complicazione degli eventi.
Infondo la loro missione, fondamentalmente, era semplice. Se la sarebbero cavata in poco più di un decennio. Una cosa pulita, veloce e più indolore possibile. Ma allora perché non era così? Perché mai Gabriel doveva complicare tanto le cose? Il Capo si aspettava il loro vittorioso ritorno già da qualche anno ormai. E intanto lui cercava disperatamente di prendere tempo, cercando di ottenere proroghe su proroghe, ma non funzionava così nel loro regno.
 I vincenti avevano il diritto di restare, venendo trattati con tutti gli onori. Ma coloro che non ne erano meritevoli.. beh, entrambi erano al corrente della fine che avrebbero fatto se, disgraziatamente, Lui fosse rimasto deluso del loro operato. E Gabriel se la stava giocando sul filo del rasoio. Era da tempo che giungevano alle orecchie di Mikael voci secondo le quali l’Arcangelo cominciava a perdere colpi; che non era più adatto neppure a scorgere di lontano la calda luce divina. E temeva che non fossero tutte malelingue infondate. Infondo era a conoscenza dei forti ideali dell’altro, ideali spesso in contrapposizione con quello che era il volere divino. E per i quali si era fatto parecchi nemici tra le alte cariche. Nemici che sarebbe stato molto più saggio non avere, se si desiderava non incorrere in grossi guai. Quella era la sua ultima possibilità, il capo della missione era Gabriel, e proprio per questo un eventuale fallimento avrebbe gravato principalmente sulle sue spalle.
Aveva fatto di tutto per rispettare le volontà dell’altro, ma adesso era giunto il momento. Il tempo degli indugi era finito. Infondo il Capo gli aveva conferito il potere di vita e di morte, era inutile farsi tanti problemi esistenziali. E l’ultima cosa che avrebbe voluto era perdere Gabriel a causa di una sciocchezza del genere.
No, non avrebbe permesso una cosa simile. E poi per chi? Per quella feccia che il Capo si ostinava a voler tenere in vita come monito per tutte le schiere angeliche. Simbolo di quello che sarebbe accaduto a tutti coloro che avessero osato sfidare la suprema potenza divina.
 La terra sarebbe diventata la dimora di quelle anime schifate anche dal più putrido Inferno.
 
Tormento della tua anima nera,
Preda degli avvoltoi,
Sacrifico il mio cuore
Su mille altari di bronzo.
 
Il silenzio opprimente era rotto solamente dal rumore delle auto che sfrecciavano ai piedi del mastodontico edificio.
Al piano più alto due uomini se ne stavano affacciati alla balconata. Così diversi tra loro eppure legati da un fato indissolubile che si era divertito ad intrecciare assieme le loro vite.
Non avevano nient’altro da dirsi. Sapevano entrambi ciò che avrebbero dovuto fare. Eppure era davvero possibile che il volere divino prevedesse lo sterminio di anime innocenti? Era maledettamente ingiusto. Gabriel sbatté i pugni contro il balcone con tanta forza che piccole crepe si aprirono sul muro. Che gesto stupido, non avrebbe certo cambiato le cose distruggendo quella terrazza.
L’azione avventata gli fece ricevere un’occhiata dubbiosa da parte di Mikael che, standosene con la schiena rivolta verso la città brulicante e le braccia conserte sul petto, lo osservava di sbieco. “Smettila di fare lo stupido e mettiti l’anima in pace. Nessuno di noi due è in grado di fare niente per questo posto!” Si sentì dire in tono cupo dal suo interlocutore. Provò a ribattere: Insomma, erano loro che dovevano dare il via all’attacco, ogni responsabilità gravava sulle loro spalle. Di certo non era felice di mandare un intero pianeta al macello. Per quanto la sua anima fosse stata forgiata dal ghiaccio, gli rimanevano comunque dei principi. E sicuramente sterminare un intero pianeta non faceva parte dei suoi programmi preferiti.
 Ma le parole gli furono troncate in gola sul nascere da l’altro che, senza dargli tempo di obbiettare, aveva semplicemente letto la sua mente. Come da tempo si divertiva a fare, nei momenti meno opportuni. “Niente ma Gabriel! Non ci possiamo permettere di contraddirlo. E lo sai bene anche tu! Questa non è la prima nè l’ultima volta che dovremo affrontare situazioni del genere. Sai meglio di me che il mondo è ancora troppo giovane per fare in modo che storie come questa non si ripetano più.So quello che provi, ma devi ammettere che schierarsi contro le più alte cariche Angeliche non sarebbe che un inutile suicidio!” Mikael aveva alzato la voce ed adesso lo stava sfidando con sguardo deciso. Come un leone che ruggisce nell’alba della prateria. Unica voce abbastanza forte da levarsi dal coro. Unico appiglio rimasto di un’esistenza altrimenti vuota.
Sorrise di nuovo, quella era una serata decisamente strana. “Da quando sei diventato così assennato Arcangelo sterminatore?” gli chiese ironicamente. Al suono di questa frase alche le labbra dell’altro si stirarono in quello che, più che un sorriso, pareva un ghigno demoniaco. Gettò la cicca nel vento della sera vedendo volteggiare le piccole scintille, non ancora spente, nell’aria umida di una serata autunnale.
“Da quando mi hanno mandato a fare da balia a uno stupido autolesionista che si preoccupa più degli altri che di se stesso!” rispose serafico staccandosi dalla ringhiera e camminando verso la porta della terrazza con lunghi e misurati passi. “Ed è un male fare del bene per il prossimo?” si sentì chiedere da Gabriel che era rimasto ad osservarlo dalla sua posizione imperturbabile.
Ogni tanto quell’Arcangelo lo sorprendeva. Come se in quei millenni non lo avesse imparato a conoscere abbastanza. In situazioni come quelle di solito evitava di rispondere alle sue provocazioni. Era sempre così, serio, impostato e metodico fino all’inverosimile. Ma adesso, mentre lo guardava, non poteva fare a meno di paragonarlo a uno di quei piccoli animaletti che gli umani tenevano in casa e allevavano con tanta dedizione e affetto. Dovevano chiamarsi cani, se non andava errato. Si, un piccolo cagnolino dagli occhi dolci e da cuore fragile come una foglia ingiallita dalla mano dell’Autunno.
“In questo mondo sì”. Gli rispose solamente, continuando imperterrito la sua marcia. Ma ancora per poco, poiché, dopo circa un paio di secondi, udì una cosa che mai avrebbe pensato di poter ascoltare in vita sua. Si voltò di scatto mentre freddi brividi di terrore gli percorrevano la schiena.
 L’angelo dell’Annunciazione stava ridendo? Era semplicemente esterrefatto e la sua espressione lo dimostrava ampiamente. Non pensava che Gabriel fosse capace di ridere. Infondo non gli era mai stata data prova del contrario.
Ma il suo stupore si dissolse in fretta poiché si trovò piantati a dosso i gelidi occhi di cristallo dell’altro, animati da una luce nuova. O meglio, animati dalla stessa luce che li aveva pervasi per millenni ma che, da un po’ di tempo a quella parte, aveva cominciato ad appannarsi. “Preparati” Ecco che tornava il criptico Arcangelo che aveva sempre conosciuto.“Si comincia”.
 
Danza di piume portate dal vento.
Un fiume vermiglio di sangue malato.
E il mondo si spense in silenzio
Cullato dalle braccia della Morte nera.
 
E di nuovo tutto tacque.
 
 
 
Piccola Spiegazione: con questa breve storia lungi da me l’essere sacrilega. L’unica cosa che mi preme mettere in evidenza è il fatto che, il più delle volte la differenza tra bene e male non è poi così definita. E che, a parer mio, bene e male assoluti non esistano.
Per quanto riguarda i personaggi sono di mia invenzione (caratteristiche fisiche, comportamentali) ma per i nomi mi sono ispirata a quelli di due dei tre arcangeli presenti nelle sacre scritture. Il passato e gli epiteti dei quali ho preferito lasciare immutati (ex: Mikael l’arcangelo guerriero poiché si deve a lui la sconfitta di satana ecc..).
Come un’altra storia che ho precedentemente pubblicato, anche questa non è che una sorta di spiegazione per la vicenda principale che, entro breve, pubblicherò. La trama non sarà assolutamente collegata, bensì, mi premeva mettere in luce i caratteri dei protagonisti, sui quali ho adorato (e ancora adoro) scrivere. Dopo questo sproloquio vi saluto!
Grazie mille ha chi leggerà e a chi avrà voglia di lasciare un segno del proprio assaggio! Un grazie doveroso anche ai fantastici giudici che hanno avuto la pazienza di leggere e valutare la storia!
Grazie mille!
Un bacio
Ss904
  
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