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Autore: WhiteSnowflake    06/01/2011    5 recensioni
Storia partecipante al contest "What if... e se il succhiasangue fosse morto?".
Cosa sarebbe successo tra Bella e Jacob se Edward fosse morto a Volterra? Avrebbero finalmente avuto il tempo per innamorarsi l'uno dell'altra oppure avrebbero perso tutto quello che c'era tra loro?
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billy Black | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Storia di un'agonia consumatasi troppo in fretta

Premessa:
buongiorno carissime lettrici e carissimi lettori!!! 
E' doverosa una premessa per questa OS. La mia storia ha preso parte ad un contest dal titolo "What if... e se il succhiasangue fosse morto?", quindi prevede necessariamente la scomparsa di Edward dalla scena, ed il conseguente sviluppo del rapporto Bella/Jacob. L'incipit era fissato con il momento in cui Alice avverte Bella della decisione di Edward di andare in Italia a chiedere udienza ai Volturi... e il resto è storia. Spero che vi piaccia!
Buona lettura! :)

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Storia di un'agonia consumatasi troppo in fretta

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“Bella? Bella, riprenditi. Dobbiamo sbrigarci” mi schiaffeggiò la bellissima ragazza davanti a me.

“Alice?” ero quasi senza voce per il calo di pressione dello svenimento. “Cos’è successo?” chiesi, benché non desiderassi saperlo... non sembravano affatto buone notizie.

Alice mi spiegò che mi aveva vista saltare dalla scogliera di La Push e che Rosalie, convinta che io fossi morta, l’avesse detto ad Edward. Mi sentii improvvisamente tranquillizzata da quel breve racconto, in fondo si trattava solo di un semplice malinteso… ma se fosse stato troppo tardi e lui avesse fatto qualche azione avventata? Non era possibile… non mi voleva più, viva o morta che fossi.

“Bella… Edward è partito per l’Italia” mi rispose Alice. Ok, aveva fatto un’azione avventata. Nel dirlo, la sua voce angelica e cristallina scese di almeno un tono. Alice ebbe un’altra visione, probabilmente atroce a giudicare dallo sguardo terrorizzato, e purtroppo io avevo ben capito di cosa si trattasse. Sentii il sangue gelarsi nelle vene… quel sangue che non avrebbe dovuto più scorrere in queste stupide vene umane da un bel po’. Se adesso fossi stata una vampira, non avremmo dovuto affrontare questa situazione.

“No! No, no, no! Non può! Non può farlo!” gridai disperata perché purtroppo avevo perfettamente compreso le intenzioni di Edward. Mi sentii quasi mancare, meno male in quel momento Jacob mi stava tenendo stretta a sé.

“Ha deciso di farlo un istante dopo che il tuo amico gli ha confermato che era troppo tardi per salvarti” disse Alice guardando Jacob con disprezzo.

“Ma lui mi ha lasciata! Che differenza può fare se sono viva o morta? Non mi vuole più! Sa benissimo che prima o poi succederà!” strillai, come se le mie grida potessero risolvere qualcosa in quella terribile situazione.

“Non credo che abbia mai avuto intenzione di sopravviverti a lungo” rispose Alice a bassa voce.

“Che cosa facciamo?” domandai in preda al panico. Alice mi spiegò che tentare di contattarlo sarebbe stato inutile perché aveva gettato via il suo cellulare. L’unica soluzione era cercarlo fisicamente, ed io sapevo perfettamente dove fosse diretto, l’avevo capito appena Alice aveva pronunciato la parola Italia. Italia può voler dire solo una cosa per un vampiro: “E’ andato dai Volturi, vero? Vuole… farsi uccidere?” chiesi retorica. Conoscevo benissimo la risposta.

“Sì” rispose facendomi un cenno di assenso con il capo. “Lo chiederà domani ad Aro” aggiunse con lo sguardo spento. Era terribile vedere Alice, una ragazza così piena di vita, in quello stato di totale sconforto. Sapeva che avevamo pochissimo tempo, e che probabilmente non avremmo mai fatto in tempo a salvarlo.

“Cosa stiamo aspettando? Andiamo!” gridai alzandomi in piedi. Alice non voleva portarmi con sé perché sapeva che da umana non avrei avuto speranze di sopravvivere in mezzo ad un branco di vampiri famelici, per quanto nobili ed educati fossero. Non mi importava, perché Edward aveva bisogno di me, e nessuno avrebbe potuto fermarmi… neanche una delicata vampira con la forza di un’intera squadra di rugby.

Scrissi un biglietto a Charlie mentre sorbivo le suppliche di Jacob per convincermi a restare a Forks, ma fu tutto inutile perché nell’arco di un paio di minuti ero già sulla macchina dei Cullen che sfrecciava verso l’aeroporto di Seattle.

……………………………………………………….

 Ero lì, sola, davanti allo specchio, con gli occhi colmi di lacrime… ne avevo piante talmente tante che la vista mi si era annebbiata e sentivo la testa pulsare. Probabilmente non sarei mai più riuscita a vedere oltre quella patina opaca che mi costringeva ad osservare il mondo come se fosse una specie di dipinto impressionista senza contorni netti.

Ero lì, completamente sola.

Ero totalmente priva di ogni desiderio di vita.

Me ne stavo seduta sul letto della mia stanza, esattamente di fronte allo specchio, e osservavo quella macchia scura che vi vedevo riflessa. Quella chiazza informe di colore nero ero io, nel mio abito migliore, indossato la prima volta per uno scherzo del destino nella peggiore delle occasioni.

“Vieni tesoro, dobbiamo andare” mi disse Charlie con voce paterna e piena di empatia per la sofferenza che stavo provando in quel momento. Non ebbi la forza di rispondergli, quindi mi limitai a seguirlo.

Scesi le scale trascinando il mio corpo stanco e ancora provato dal lungo viaggio in Italia, ma soprattutto dalle nottate insonni trascorse a piangere tutte le lacrime che avevo sul mio cuscino. Gli occhi ormai erano di un color rosso acceso, contornati da due profonde mezzelune violacee. Quel colore, abbinato all’estremo pallore del mio viso, aveva reso anche me una sorta di vampira.

In salotto ad aspettarmi c’erano anche Jacob e Billy, suo padre.

“Vieni qui” mi disse Jake aprendo le braccia per accogliermi nel calore della sua pelle.

“Dobbiamo andare” riuscii io a rispondere con la poca voce roca che avevo, evitando quell’abbraccio. Non mi serviva calore umano. Io volevo il freddo marmoreo dei non-morti… volevo il gelo delle braccia di Edward. Avevo solo bisogno di stare da sola a piangere e a commiserarmi nel mio dolore.

Charlie aprì la porta di casa e ci fece segno di salire in macchina. Quei pochi minuti che mi separavano dalla chiesa di Forks sarebbero stati il viaggio più lungo della mia vita… erano quelli che mi separavano dall’estremo addio alla persona che più amavo al mondo. Avrei voluto che non finissero mai, perché questo avrebbe significato non dover mai davvero realizzare la sua morte.

*

“Siamo tutti qui riuniti oggi per celebrare il passaggio a miglior vita del nostro caro Edward” iniziò il prete. Ecco una fitta al petto. Sentire il suo nome era troppo per me. Non riuscii ad ascoltare la funzione oltre questa prima breve e incompleta frase: non potevo restare lì a guardare la bara aperta con dentro il suo corpo ancora più gelido e bianco. Era il corpo del ragazzo che avevo amato così intensamente da desiderare di rinunciare alla mia stessa vita da umana per poter vivere l’eternità da immortale con lui. Mi alzai attirandomi addosso gli occhi di tutti i presenti, Cullen compresi, e uscii dalla chiesa.

Vidi una panchina esattamente dall’altra parte della piazzetta centrale del paese, sotto un albero verde. Mi sedetti lì, sperando che la morte prendesse anche me da un momento all’altro. I Volturi sicuramente sapevano che io ero a conoscenza del loro mondo sovrannaturale, quindi speravo fosse solo questione di tempo prima che venissero ad ammazzarmi. Non credevo che un essere umano potesse desiderare la morte in maniera così profonda e totale come stavo facendo io in quel momento. Volevo morire perché Edward aveva dato la sua vita per causa mia, perché io non ero arrivata in tempo. Era tutta colpa mia. Le fiamme dell’Inferno mi sembravano una pena troppo dolce per quello che sentivo di meritare.

Mentre stavo seduta sofferente sotto la pioggia fine che aveva appena iniziato a cadere, vidi Jacob lasciare la chiesa e venirmi incontro. Si sedette accanto a me, in silenzio.

“Abbracciami” gli chiesi tenendo gli occhi fissi sui sassolini a terra. Forse dopotutto avevo bisogno di un contatto umano. Jacob era il mio migliore amico, avevo bisogno di lui se volevo superare il dolore per la perdita di Edward. Sempre che un dolore del genere potesse mai essere superato.

Non se lo fece ripetere due volte e mi strinse a sé. Era così caldo, così profumato di erba tagliata e di muschio… così Jacob. Era l’unica piccola speranza di trovare un minimo di pace in quella giornata tanto dolorosa.

Mi tenne stretta fino alla fine del funerale, quando iniziammo a vedere la gente uscire dalla chiesa. Il padre di Jacob fece segno a Charlie di non seguirlo e venne verso di noi, sedendosi accanto a me dal lato libero dalla calda morsa di Jake.

“I Cullen lasciano Forks” disse Billy compiaciuto, ma nel tono della voce potevo chiaramente sentire il dolore per la sofferenza che stavo passando. Dopotutto, Billy mi voleva molto bene nonostante le decisioni di vita secondo lui sbagliate che mi vedeva continuamente prendere.

“Lasciano Forks?” domandai io per niente sorpresa. Me l’aspettavo in fondo: ero io l’unico motivo che li teneva qui. Erano rimasti solo perché Edward voleva starmi accanto, altrimenti se ne sarebbero già tornati in Alaska o da qualche altra parte dove possedevano qualche immobile.

“Sì” annuì. “Credo se ne siano già andati, a dire il vero”. Trasalii, ferita dall’idea di non averli nemmeno salutati. Guardai Jacob attraverso il velo che le lacrime avevano creato sui miei occhi, e non percepii nemmeno un briciolo di gioia sul viso del mio amico alla notizia della sparizione dei suoi più acerrimi nemici dal loro territorio. Jake soffriva. Per me. Con me. Gliene ero immensamente grata: mi sembrava quasi di dividere con lui il mio dolore, e che questo lo rendesse più sopportabile, per quanto insopportabile fosse.

“Ma… ma erano alla funzione!” dissi io, per poi realizzare che con la loro velocità a quest’ora probabilmente sarebbero già stati oltre i confini dello Stato... forse addirittura già in Canada o in Messico. “Non mi hanno nemmeno salutata” dissi con voce bassa e sconsolata.

“Credimi, è pazzesco che sia proprio io a dirlo, ma in fondo erano brave persone… o qualunque cosa fossero: hanno deciso di andarsene senza dirti nulla per non farti soffrire più di quanto tu non faccia già” mi spiegò Billy.

“Come fai a dirlo?” domandai, sempre più depressa e sconsolata.

“Il capoccia dei Cullen, quel Carlisle, è venuto a parlarmi ieri per dirmi che avrebbero levato le tende lasciando a noi del branco il completo controllo anche del loro territorio…” fece una breve pausa. “E mi ha spiegato che non sapevano se sarebbe stato meglio salutarti o andarsene senza dire nulla. La seconda ipotesi sembra sia stata confermata da una visione della piccoletta mora di te… ehm… sorridente tra le braccia di Jacob. Ecco perché hanno preferito andarsene in sordina”

“Ti hanno detto dove sono diretti?” chiesi.

“No, Carlisle non mi ha detto nulla perché non vogliono che tu ti metta a cercarli… e io non ho insistito perché non è che la cosa mi interessi più di tanto. Per te è meglio stare qui e concentrarti sulle tue cose ora”

Forse era stato meglio così davvero: dire loro addio sarebbe stato troppo difficile. La sua famiglia era l’unico collegamento che mi restava con Edward, e probabilmente non sarei riuscita a salutarla… avrei pianto tutto il tempo in preda alla disperazione.

Sempre più afflitta dal dolore, abbracciai Jacob fortissimo e crollai addormentata tra le sue braccia dopo più di una settimana insonne.

*

Erano giorni che non mi alzavo dal letto. Non facevo altro che dormire e piangere. Qualche volta mangiavo qualcosa che Charlie mi portava in camera, ma solo per farlo contento. Le uniche persone che accettavo di vedere erano lui e Jacob, che ogni giorno passava a trovarmi. Avevo respinto Jessika e Mike, Erik e Angela, persino Quil e Embry… proprio non ce la facevo a vedere altre persone, volevo solo Jacob. Lui era il mio sole, anche in quelle giornate buie. Con lui riuscivo a riacquistare il sorriso per un paio di secondi al giorno, prima di scoppiare di nuovo a piangere e gettarmi tra le sue braccia. Lui sapeva accogliere le mie lacrime, non se ne imbarazzava, e capiva il mio dolore.

“Tesoro, c’è qui Jake. Lo faccio entrare?” mi chiese Charlie aprendo poco la porta, quel tanto che bastava per mettere dentro la testa nella mia stanza. Gli feci cenno di sì.

“Ecco la mia piccolina” mi disse Jacob illuminandosi. Si sedette accanto a me sul letto, e io sollevai istintivamente il busto abbracciando il cuscino.

“Ciao Jake” gli sorrisi sinceramente. Era bellissimo vedere la sua faccia simpatica e dolce, e sentire il calore che il suo corpo emanava così vicino al mio.

“Come stai oggi?” mi chiese per farmi parlare... sapeva benissimo che era una domanda inutile.

In risposta non ottenne parole: mi protesi in avanti, lasciai cadere la testa sulle sue ginocchia incrociate sul letto, e scoppiai di nuovo a piangere. Lui iniziò ad accarezzarmi i capelli e a cantare una ninna nanna Quileute che mi fece rilassare un pochino, ma non abbastanza da farmi addormentare di nuovo.

“Come si può vivere senza una parte di se stessi, Jake?” domandai, quasi annegata nelle mie stesse lacrime.

“Io ce la faccio” mi rispose guardando nel vuoto, oltre la finestra. Non toglieva la mano dai miei capelli, continuava ad accarezzarli come se fossero la cosa più preziosa che avesse mai toccato. “Credimi: è difficilissimo… ti senti come se non potessi vivere, come se ti mancasse il fiato perché quella persona è la tua aria. È come se il tuo cuore non pulsasse più perché quella persona che non puoi avere accanto è il tuo sangue. È come ascoltare la musica senza il sonoro…”. Non dissi nulla, ma avevo capito che si stesse riferendo a me. Jake mi aveva amata intensamente per tutto questo tempo, guardandomi persa tra le braccia di un altro ragazzo, e nonostante questo mi era sempre stato vicino. Aveva accettato, suo malgrado, di vedermi baciare il suo più acerrimo nemico, purché fossi felice… ma non aveva smesso di lottare per me neanche un secondo. Mi amava profondamente, più di quanto probabilmente io potessi immaginare, ma non era Edward. A modo mio, anch’io lo amavo: Jake era l’unica persona che era riuscita a farmi dimenticare -anche se per poco- di lui quando ero stata abbandonata, e che ora mi stava vicino e raccoglieva le mie lacrime per un altro ragazzo. Era perfetto, dolce, caldo… mi infondeva serenità. Ma non era Edward. Non sarebbe mai stato Edward.

“Bella, io ti amo” disse sospirando. “Ti amerò per sempre, e nulla cambierà questo mio sentimento per te”

“Jake, io…” ero in difficoltà.

“Sssh… non voglio che tu mi risponda. Era solo una semplice constatazione” concluse, e riprese a cantarmi quella dolce ninna nanna Quileute che aveva la speciale capacità di rilassarmi. Continuò a cantare finché non mi addormentai tra le sue calde braccia.

*

Dopo una settimana che la storia continuava a ripetersi -c’era una volta una ragazza che non faceva che piangere, un lupacchiotto rossiccio la andava a trovare per tranquillizzarla, e così vissero per sempre infelici e afflitti con lei che gli dormiva appoggiata sulle ginocchia- mi decisi ad alzarmi da quelle lenzuola ormai madide di sudore e lacrime, e andai in bagno a guardarmi allo specchio, ma quello che vidi non fu certo un bello spettacolo: ero il fantasma di me stessa. Ero più morta di Edward, paradossalmente… come se un vampiro già morto potesse morire. Eppure era andata così. Mi buttai sotto la doccia e ne uscii ristorata. Mi vestii con le prime cose che trovai appoggiate alla sedia e decisi di uscire. Sapevo benissimo dove fossi diretta: dovevo vedere Jacob, ed ero certa che l’avrei trovato nel suo garage alla riserva intento a mettere insieme la sua Golf.

Sulla strada per La Push, ebbi tempo di riflettere sui miei sentimenti per Edward e per Jacob. Li amavo entrambi, li avevo sempre amati… ma amavo di più Edward. Nessuno per me sarebbe mai stato come lui. Nel pensare il suo nome, sentii una fitta al torace, come se mi stessero strappando via un pezzo di cuore a mani nude. Non era mai semplice pensare a lui, pensare a quanto amore avessi ancora da dargli e a quanto invece avrei dovuto tenerne per me perché lui ormai non ne avrebbe più potuto ricevere. Ma la cosa che mi feriva di più era che, da quando se ne era andato da Forks in quel giorno di pioggia, dopo avermi detto addio nel bosco dietro casa, non lo avevo più visto. Non ero riuscita a vedere i suoi occhi dorati neanche un’ultima dannatissima volta. In Italia, tutto quello che di Edward avevo visto era il suo corpo perfetto senza vita accasciato in terra, buttato in un vicolo da uno dei Volturi. L’avevano nascosto così bene che non l’avrei mai ritrovato se in aereo Alice non avesse avuto la terribile visione della morte del fratello. Quando arrivammo a Volterra, sapevamo già che non ci sarebbe stato più nulla da fare. Sentii un’altra fitta al torace. Ecco un altro pezzo di cuore che se ne andava con questo pensiero, che se ne andava con lui.

La mia vita ora era qui, quella di sempre, solo un po’ meno sovrannaturale e più carica di dolore di quanto avessi mai potuto immaginare. Dovevo accettare di vivere senza di lui, anche se non credevo ce l’avrei mai fatta. L’unico modo che conoscevo per mitigare il dolore e renderlo più sopportabile era avere Jacob accanto. Dovevo avere Jacob accanto, ne andava della mia serenità e della mia sanità mentale, per questo quel giorno ero diretta alla riserva… doveva sapere che ero pronta -a modo mio- ad averlo accanto… non ero preparata per una storia né volevo avere una storia, dati i sentimenti per Edward che ancora potevo distintamente sentire pungermi il cuore ogni volta che pensavo il suo nome o immaginavo il suo volto … ma quello che volevo era Jacob. Semplicemente Jacob, il mio Jacob.

*

“Jake?” lo chiamai bussando alla porta del garage. “Jake, sei qui dentro?”

“Vieni Bella, entra! Non ti avevo sentita!” urlò Jacob mentre si puliva le mani dal grasso dell’automobile. Era senza maglietta, tanto per cambiare… era stupendo, ma non come Edward. Questo però lui non avrebbe mai dovuto saperlo.

“Avevo bisogno di compagnia” gli dissi sconsolata. Ero ancora visibilmente triste e abbattuta per la piega che la mia vita aveva assunto nelle ultime settimane, e non credevo proprio che me ne sarei mai davvero ripresa, ma non volevo che lui lo capisse. “Avevo bisogno di te, Jake” gli dissi andandogli incontro e abbracciandolo. Lo colsi alla sprovvista perché era la prima volta che prendevo io l’iniziativa da quando ci conoscevamo. Jacob ricambiò l’abbraccio stringendomi forte a sé e respirando il profumo dei miei capelli appena lavati. Quella scena mi fece venire in mente la prima volta che io ed Edward ci eravamo trovati vicini: era la mia prima lezione al liceo di Forks, e mi ricordo che aveva sentito l’odore del mio sangue desiderando di fare di me il suo pranzo… io però pensavo avesse sentito il profumo del mio nuovo shampoo alla fragola. Ecco un’altra di quelle dannate fitte al petto.

“Jake, io… ho bisogno di te” ripetei a fatica. Era vero, avevo sul serio bisogno di lui, ma, mentre pronunciavo quelle parole, in realtà era come se le stessi dicendo a qualcun altro che non poteva essere lì in quel momento. Dovevo concentrarmi. Ora che non c’era più Edward, avevo bisogno di Jacob: senza di lui, senza il suo calore e il suo abbraccio, allora sì non avrei più avuto neanche un motivo per vivere. Se ero ancora viva e non avevo deciso di suicidarmi dopo la morte di Edward era solo per amore di Jake e per quello che lui riusciva a darmi.

“Tu… tu hai…” sembrava che non riuscisse a dirlo. “Tu hai davvero bisogno di me?” chiese stupito, come se non avesse mai immaginato una simile eventualità.

“Sì, ho bisogno di te. Davvero” gli dissi stringendolo più forte. “E tu hai detto che mi ami”

“E’ vero, ti amo Bella” mi sorrise.

“Mi sono resa conto che anch’io…” le parole non mi uscivano. Era come se dovessi vomitarle fuori, ma i conati non erano abbastanza forti. Le pensavo davvero, ma non era a lui che volevo dirle, dannazione! Lo amavo davvero, ma la parte che amava Edward era più grande. Certo però che non sarebbe stata una bugia dirgli che lo amavo… sarebbe stata un’amplificazione della verità al fine di tenerlo legato a me. Non poteva far male. “Jake, io ti amo” ecco, gliel’avevo finalmente detto.

Jacob mi mise il dito indice sotto il mento e alzò il mio viso verso di lui per potermi guardare negli occhi, poi mi baciò. Era il bacio più dolce e profondo che avessi mai ricevuto.

D’un tratto però mi allontanò bruscamente.

“Jake, non capisco… cosa succede?” chiesi sorpresa. Aveva finalmente ottenuto quello che bramava da anni -me- e di colpo mi respingeva? Non aveva alcun senso.

“Succede che ti amo troppo Bella. Non posso vivere senza di te, ma allo stesso tempo non posso mettere il mio amore per te sopra quello che sono io”

“Continuo a non capire…” ero confusa: sopra quello che era lui? Il fatto che per me fosse un licantropo non era assolutamente un problema… erano anni che avevo a che fare con creature fantastiche, e certo un lupo dal pelo rossiccio non avrebbe costituito un grosso problema. Certo non più grande di un’intera famiglia di vampiri della quale volevo entrare a far parte.

“Bella… io non posso stare con te sapendo che amerai sempre di più lui. E non dirmi che non è vero perché so che sarebbe sempre così” mi disse con lo sguardo triste. I suoi occhi si erano spenti. Aveva capito che, benché io avessi fatto un passo verso di lui, in realtà non mi avrebbe mai avuta davvero… il mio cuore sarebbe sempre appartenuto ad un altro, e non era disposto ad accettarlo. “Sono rimasto accanto a te sperando che cambiassi idea Dio solo sa per quanto tempo, alzandomi la mattina e pregando di vederti correre verso di me invece che tra le sue braccia. Ma non l’hai mai fatto, tranne nei momenti in cui ti sentivi sola e lui non c’era. Ti sei avvicinata a me quando lui ti ha abbandonata, e ora mi dici che mi ami solo dopo che ti sei resa conto che non potrai mai più averlo” aveva centrato perfettamente il bersaglio, solo che messo giù come l’aveva detta lui, tutto sembrava ancora più brutto di quanto non fosse già. Mi sentivo un’approfittatrice, e in fondo lo ero. Dire a Jacob che l’amavo -pur pensandolo, ma non così profondamente- solo per tenerlo accanto a me era davvero un gesto meschino. “Non sono disposto ad accettarlo. Il mio cuore ti amerà per sempre, lo giuro, ma io non ti starò accanto a queste condizioni. Non sono una seconda scelta, Bella… io potrei darti tutto, tutto quello di cui hai bisogno: una vita normale, il calore umano, un rapporto sano con una persona vera. Se tu avessi capito queste cose e fossi venuta da me a dirmi che mi ami per questo, avrei accettato di essere tuo per sempre. Ma così non mi sta bene” lo capivo, anche se desideravo con tutta me stessa che tornasse ad essere il mio Jacob, senza un minimo di amor proprio perché pieno di amore solo per me.

“Jake ti prego…” lo supplicai. Chi era ora a non avere più un briciolo di amore per se stessa?

“No, Bella. Questa volta hai davvero esagerato. Quello che mi hai fatto oggi… va beh, non importa. Mi hai dimostrato che non solo non mi ami, ma che non sei in grado di rispettare il bene che ti voglio e l’amicizia che c’è tra di noi… dire di amarmi quando in realtà pensi ad un altro è puro egoismo. L’hai fatto solo perché hai bisogno di me, vero?” mi guardò con aria sconsolata. Il suo orgoglio si stava facendo valere, ma nei suoi occhi leggevo solo tristezza. Mi rendevo perfettamente conto di quanto fosse difficile per lui lasciarmi andare… anzi, mandarmi via, perché il lasciarmi andare avrebbe implicato il fatto che io mi volessi allontanare, quando in realtà io stavo solo cercando di avvicinarmi a lui. “Vero?” mi chiese di nuovo.

Feci segno di sì con la testa, ma aggiunsi subito: “Io ti amo davvero, Jake! È per questo che ho bisogno di te, soprattutto ora…”

“Soprattutto ora che Edward non c’è più” concluse lui la mia frase. Io decisi di stare zitta per non peggiorare la situazione, anche se forse peggio di così non sarebbe mai potuta andare. “Bella, ti prego… ho bisogno di stare solo” capii che voleva che me ne andassi, così presi la giacca che avevo appoggiato sul cofano della Golf e uscii dal garage. Improvvisamente, le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento iniziarono ad uscire a fiumi dai miei occhi, annebbiandoli completamente.

Arrivai al pick up a stento perché non riuscivo più a vedere nulla da dietro la patina opaca del pianto. Salii sul mio Chevy e strofinai il viso con una felpa che avevo dimenticato sul sedile del passeggero, sperando di ricominciare a vedere qualcosa. Non appena la vista fu meno offuscata, accesi il motore e mi allontanai dalla riserva.

*

Perdere Edward era una sofferenza inaccettabile, perdere anche Jake era ancora più insopportabile. Non avrei potuto fare i conti per tutto il resto della mia vita con il dolore di aver perso entrambe le persone che amavo. Non mi restava più nessuno. In un paio di settimane ero passata dall’avere quasi tutto al non avere più nulla. C’erano Charlie e Renée, ma sarebbero riusciti a cavarsela anche in mia assenza: mio padre era un lupo solitario, e mia madre, da poco risposata, aveva una vita felice e appagante anche senza di me.

Non avevo più Edward. Non avevo più Jake. Avevo perso i Cullen e quasi tutti gli amici. Mia madre aveva una vita sua e mio padre era sempre stato abituato a starsene da solo. La mia esistenza a questo punto non aveva più senso. Ecco perché accelerai così tanto da perdere il controllo del pick up e andare a sbattere contro il guard rail a lato della strada, rompendolo e precipitando giù per lo strapiombo, proprio nell’esatto punto dove avevo deciso di tuffarmi un mese prima. Tutto quello che riuscii a pensare prima di morire per l’impatto della macchina con le rocce e con l’acqua gelida là sotto fu

vi amo’.

 

   
 
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