NdA – Se
siete arrivati fino a qui, significa che questa storia, forse, non è così
terribile. O forse sì, fa schifo, e voi siete solo masochisti. Comunque sia,
questo è l’ultimo capitolo. Un commento sarebbe gradito, anche solo per sapere
che cosa non avete gradito.
A
presto,
Pocahontas_Effie,
alias Stefania*
IV. When You Look Me In The Eyes
Bonnie
si è lanciata a rotta di collo giù per le scale del campus, rischiando più volte
di investire qualcuno, e inciampando un paio di volte nei lacci delle scarpe,
che continuano a svolazzare intorno ai suoi piedi. Arrivata al pianterreno col
fiatone, ha scansato con un paio di scuse un paio di spasimanti, e si è
affrettata a raggiungere l’aula magna, dove le opere del concorso saranno
esposte fino a fine mese.
Prima
di entrare, ha ripreso fiato, si è allacciata le scarpe e ha controllato di non
avere i capelli dritti. È entrata e si è stupita del numero di persone che
ancora stanno guardando i disegni: credeva che ormai non interessassero più a
nessuno. Poi si ricorda di quanto ha detto il suo professore: i disegni
potranno essere venduti, e il ricavato andrà allo studente interessato, tranne
una piccola percentuale che andrà alla direzione del college e ai mediatori.
Bonnie scuote la testa: chi mai potrebbe comprare il suo disegno? Chi vorrebbe
mai comprare i ricordi dei giochi di una bambina?
Infatti,
davanti al suo quadro c’è solo una persona. Un uomo, piuttosto alto e con i
capelli biondi. Bonnie sorride, e contemporaneamente sente lo stomaco
svuotarsi. Un po’ è per l’emozione di sapere Andy così vicino a lei, e un po’
perché un cartello “Venduto” penzola dal suo quadro. L’idea di separarsi da
quel disegno le pesa, ma cerca di non pensarci. Quando poi Andy, sentendosi
osservato, si volta e sorride, non è difficile pensare ad altro.
Andy
le sorride, tendendole una mano, così come tredici anni prima le ha teso i suoi
giocattoli.
Bonnie
lascia scivolare le proprie dita tra quelle dell’uomo, sentendo che le farfalle
continuano a fare i loro comodi con il suo stomaco.
Andy
l’attira dolcemente al suo fianco, e così fermi rimangono a guardare il
disegno.
In
quel momento, Bonnie ricorda della bambola, ancora stretta nella mano destra.
“Andy, questa…” inizia, sussurrando.
“L’ho
fatta fare ad un amico. Certo, non è bravo quanto te, ma ha fatto un buon
lavoro. Gli ho fatto vedere il tuo disegno.”
Bonnie
lo guarda, senza sapere bene cosa dire.
“Certo,
Bonnie è meglio di Andy” continua lui, tirando fuori dalla tasca un altro
pupazzetto, il gemello di Bonnie. Sorride, avvicinando Andy a Bonnie. “Ma
d’altra parte, tu sei meglio di me.”
La
timidezza di Bonnie si acuisce, le guance di accendono come il naso di un
clown, e lei cerca di distogliere lo sguardo. “Almeno, potrò avere un ricordo
del disegno, visto che lo hanno venduto.”
“Non
c’è bisogno che guardi Bonnie per ricordarlo. L’ho comprato io” sussurra.
Bonnie
rimane a bocca aperta, senza parole. Sente che qualunque cosa potrebbe rovinare
l’atmosfera.
E
infatti non servono parole: la mano di Andy stringe con più decisione quella di
Bonnie, i loro visi si avvicinano; e mentre le loro labbra si scambiano il
primo di una lunga serie di baci, i due pupazzetti finalmente riuniti si
strizzano l’occhio.