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Autore: Elepinkina    07/01/2011    6 recensioni
Gaia rimane incinta a 16 anni. Dovrà affrontare tutto il mondo intorno a lei. Lei che non sa nemmeno badare a sè stessa. Ma soprattutto, dovrà farsi amare da lui.
E' una storia che volevo scrivere da tempo, ispirata a persone vere, cioé a miei desideri in realtà.Ho visto JUNO e ho cominciato a buttarla giù.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Paolo?»

«Non mi piace.»

«Carlo?»

«E’ da vecchio.»

«Gianluca?»

«Troppo lungo.»

«Non è con me che dovresti discuterne.» Vittoria scosse la testa, esasperata. Incrociò le braccia al petto guardando Gaia.

«Che ne dici di Luca?» ribatté la bionda, facendo finta di non averla sentita.

«Che ne dici di Sara?» Vittoria sapeva bene dove colpire. Gaia si voltò a guardarla con aria truce: «Non è femmina.»

L’altra schioccò la lingua: «Mi dai sui nervi.» e si voltò dall’altra parte.

Gaia sbuffò.

«E se fosse femmina?»

«Non può essere.»

«Che testarda!» Vittoria si alzò in piedi, prendendo il giubbetto in pelle.

«Dove stai andando?» chiese Gaia, sorpresa.

«E’ inutile che io e te discutiamo su una cosa che non dovresti affrontare con me.» Si piegò, le diede un bacio sulla guancia ed andò via.

Gaia sbuffò di nuovo e cerco di sollevarsi con fatica sulla sedia.

«Che fortunata che sei!» disse una voce nella sala d’aspetto.

Non ci volle molto a capire chi aveva parlato: Gaia spostò il suo sguardo sull’unica ragazza presente.

«Vorrei averla io un’amica così» disse ancora questa.

«Sei qui da sola?» chiese Gaia guardandosi attorno.

La ragazza annuii.

«Come ti chiami?»

«Debora.Tu sei Gaia giusto?»

Alzò gli occhi al cielo: «Immagino non ci sia più nessuno che non conosce il mio nome qui!»

Debora sorrise, come per scusarsi, poi accennò alla pancia dell’altra.

«A quanto sei?»

«Sei mesi più o meno.»

«E’ difficile?»

Istintivamente, Gaia portò le braccia ad accarezzare il ventre, mentre un calcetto la faceva sussultare. Ripercorse con la mente tutto il periodo passato e si accorse che «No, non lo è.» La sua voce era meno dura di prima, inconsciamente più dolce.

«Come mai sei qui allora?» chiese Debora accennando alla targhetta sulla porta che riportava: Psicologo.

Gaia rise: «Mi ci hanno mandato, veramente! Sai, una mamma teenager, chissà cosa potrei mai fare!» commentò sarcastica. Le pareva impossibile veramente che pensassero che avrebbe mai fatto una cavolata, che si sarebbe pentita di quella scelta che aveva fatto. Quel bimbo era parte di lei ora. Per questo non le venne nemmeno in mente di chiedere cosa ci facesse l’altra lì.

Glielo disse in ogni caso: «Io non ce l’ho fatta.» deglutì «Ho abortito.»

Calò un silenzio pesante e a Gaia si ghiacciarono le vene.

«Non mi giudicare» Debora mise le mani avanti.

«No...no. Solo io non me l’aspettavo.»

«Non tutti sono forti e fortunati come te. Io non me la sono sentita.»

Il silenzio piombò di nuovo nella stanza. La ragazza alzò le spalle in modo non curante. Com’era possibile? Certo, Gaia non voleva biasimarla, ma ora come ora pensare di abbandonare quella piccola creatura che era dentro di lei e che le procurava un dolore atroce alla spina dorsale e incapacità di muoversi decentemente, le metteva i brividi. Si ritrovò a sperare di andarsene il più lontano possibile da lì al più presto.




            Gaia salì in macchina di Andrea senza dire una parola, con la testa china. Lui era passato a prenderla dato che aveva finito il rientro pomeridiano a scuola giusto a quell’ora.

Non avevano più affrontato l’argomento del bacio. Si comportavano come se niente fosse mai successo, per quieto vivere. Ad entrambi andava bene così, dopotutto dovevano condividere ancora lo stesso tetto dopo che la madre della ragazza aveva posticipato un’altra volta il ritorno a casa.

«Come è andata?» chiese lui osservandola.

«Bene» rispose lei, piatta con la testa bassa. «Grazie per essere passato a prendermi.» Sull’ultima parte della frase la sua voce si inclinò leggermente.

Andrea le diede una veloce occhiata. «Sicura?» le prese una mano e a quel tocco Gaia cominciò a singhiozzare.

«Che c’è?» chiese di nuovo lui, questa volta preoccupato. Appena superato il semaforo accostò la macchina al ciglio della strada.

«Scusa» disse lei tra un singhiozzo e l’altro cercando inutilmente di smettere.

« Non devi scusarti.» Andrea era completamente disorientato ma cercava di risultare comprensivo, per quanto potesse.

Le accarezzò la testa e poi la guancia, sperando che si calmasse, poi la guardò negli occhi: «Che è successo?»

Gaia le raccontò del suo inaspettato incontro.

«E’ stata una sua scelta... Tu hai fatto la tua. Tu non sei lei.»

«Ma è vero?»

«Cosa?»

«Che sono così fortunata come dice lei?» singhiozzò «Chi mi è vicino? Chi si porta tutto questo? Io. Io! Solo io! Sono da sola con questa “cosa” da portare avanti.»

«Non lasciarmi fuori. Ci sono anch’io dentro questa faccenda!»

Gaia lo trapassò con lo sguardo: «Lo so bene. Se non ti avessi mai conosciuto ora non starei in questo stato! Non dovrei avere un bambino che non sarò nemmeno in grado di tirare su da sola! Non sarei qui con tutti gli occhi della gente addosso!»

Mentre Andrea incassava il colpo, lei ricominciò a piangere «Non sarei mai dovuta essere messa davanti ad una scelta così importante a quest’età.» si guardò le mani che giocavano frenetiche con la borsa «Ti rendi conto che sia così, sia se avessi deciso di abortire la mia vita sarebbe comunque cambiata? Non avevo alcuna scelta.»

Andrea fece ripartire la macchina senza dire una parola. A casa, aiutò Gaia ad entrare e poi salì velocemente in camera sua. C’era una nuova consapevolezza in lui. No, forse era meglio dire che per la prima volta era costretto ad affrontare ciò che aveva dentro. Le parole di Gaia lo avevano come risvegliato. Era vero, lui era veramente quello da odiare. Lei aveva tutte le ragioni per odiarlo, eppure questo non poteva non procurargli una fitta allo stomaco.

 

            Gaia era euforica, e le c’era voluto così poco! Cambiava umore con niente.

Salì le scale piano, anche se avrebbe voluto correre di corsa in camera di Andrea. Forse non doveva essere così felice, pensò. In fondo non erano una coppia, non stavano insieme, non era un bambino voluto quello. Eppure sentiva che era a lui che voleva dare la notizia, con lui voleva condividere una cosa così importante per lei. Se non con lui, allora con chi?

«Andrea!» lo chiamò, mentre si avvicinava alla sua camera. Nessuna risposta. Si era chiuso lì dentro da quando erano tornati a casa.

Aprì la porta e lo trovò steso a pancia in su sul suo letto, le mani dietro la testa e l’espressione pensierosa.

«Scusa.» disse lei, con voce dolce, trattenendo l’entusiasmo che provava dentro. «Ti ho disturbato?»

Andrea le diede un’occhiata e provò molta, troppa tenerezza per quella ragazzina. Le sorrise e si tirò su a sedere.

«Ti ho chiamato, non mi hai sentita?» chiese lei avvicinandosi goffamente.

«No.» la voce di lui era vellutata, dolce. Le prese una mano. La intrecciò con la sua mentre Gaia lo guardava senza capirci molto.

«Io... scusa.» disse lui, poi, togliendo la mano.

Gaia lo guardò ancora per qualche istante come studiandolo, poi si ricordò perché era lì. Sorrise a 32 denti.

«Devi assolutamente venire a vedere una cosa!»

L’esplosione di entusiasmo di Gaia sembrò svegliarlo da un’ipnosi.

«Cosa?»

«Eh... vedrai. Vieni! Devi portarmi in macchina...Tuo padre è stato fantastico!»

«...Mio padre?»

 

            A casa di Gaia ovviamente non c’era nessuno. Andrea non capiva perché fossero lì. Per di più sapeva che gli sbalzi di umore di Gaia non dovevano sorprenderlo, ma cos’era che la rendeva così euforica da non togliersi il sorriso dal viso neanche per un attimo?

Lei lo prese per mano e lo portò nella zona notte: accese la luce ed Andrea capì.

Erano in una piccola stanza con il pavimento di legno e le pareti gialle appena tinte. Davanti a loro, proprio in mezzo alla camera, ci stava una culla in legno intagliato.

«Non è bellissimo?» Gaia non tratteneva più la gioia. Si guardò attorno, girò su se stessa e si sedette a terra. Invitò Andrea a sedersi al suo fianco.

«Allora? Non dici niente?»

Andrea non riusciva a guardarsi intorno, per il semplice fatto che i suoi occhi cadevano inevitabilmente sulla ragazza. Gli piaceva osservare la sua espressione gioiosa e gli occhi che le brillavano.

«Non so che dire.» si sentì rispondere. A lei sembrò bastare: appoggiò la testa sulla spalla di lui e ritornò a guardare la culla, sognante. Andrea le circondò le spalle con un braccio e l’attirò a sé, capendo che lì avrebbe voluto essere, che lì sarebbe restato per molto tempo. Sentiva che voleva la vicinanza dei loro corpi ancora una volta, e di più.

Le sfiorò i capelli con un bacio e la cullò piano avanti e indietro. Era strano, ma questa sensazione non l’aveva mai provata prima. E’ questa la felicità? Si ritrovò a pensare annusando il profumo alla pesca di Gaia.

«Oh.» la ragazza portò subito una mano sul ventre e si voltò verso Andrea: «Si è mosso. Ha tirato un calcio, credo.» Il ragazzo meccanicamente portò la sua mano vicino a quella di lei e subito ci fu un altro calcio. Entrambi ridacchiarono tra l’emozione e la paura.

«Mi sbagliavo prima in macchina.» disse Gaia «Non sarebbe potuta capitarmi cosa più bella al mondo. Io sono felice, veramente felice, e tu...tu dopotutto sei ancora qui con me.»

«No invece» Andrea scosse la testa. «Hai ragione ad avercela con me. Non dimenticarti che all’inizio io mi sono comportato come un vero stronzo.»

Lei lo guardò dritto negli occhi. «Non importa. Non mi importa per niente. Tu sei qui ora a condividere questo momento così speciale per me. Dopotutto per chiunque altro questa è soltanto una stanza...»

«E’ speciale anche per me questo momento.» Intrecciò la mano con quella di lei e Gaia sentiì una scossa per tutto il corpo. Andrea fece per avvicinarsi ma lei si tirò indietro di scatto.

«No» disse «Non farlo, ti prego. Non rovinare anche questo bel momento.»

Si allontanò da lui, sempre seduta sul pavimento. Dentro di lei due forze combattevano. Da una parte voleva stargli lontano, non voleva veramente ritornare ad essere irritata dopo quella bella sorpresa, dall’altra la vicinanza dei loro corpi le piaceva. Da sempre, ad essere sinceri.

Andrea rimase incredulo a quella mossa per un secondo, poi cercò di allungare una mano verso di lei per invitarla a ritornare dov’ era. Lì era troppo lontana, troppo distante da lui.

«Io ho solo capito troppo tardi.» sospirò. Cominciò a buttare fuori tutto quello a cui aveva pensato in camera sua: «Da sempre ho cercato ragazze alte, con un fisico slanciato, le labbra carnose e il viso da femme fatale, come avrai notato anche tu.» diede un sorriso ingenuo. «Quando ti ho conosciuta tanti anni fa, tu non rientravi nelle possibili scelte. Tu sei piccolina, paffuta e con il viso da bambina. Io mi sono imposto che tu potessi essere solo un’amica per me. Ma come ben ricorderai, sono sempre stato inconsciamente attratto a chiamarti per confidarmi e dirti cosa succedeva nella mia vita nonostante ci conoscessimo appena. Di sicuro ti sarai chiesta perché molto prima di me. Io ho evitato di farmela quella domanda. Così quella sera ti ho invitata a ballare... Insomma, quello che sto cercando di dirti è che quella sera non è stato uno sbaglio. Era lì dentro di me da tempo, molto più tempo di quanto io stesso volessi ammettere. Non rientravi nel mio “standard”, capisci? Ma in tutti questi mesi in cui ho avuto la possibilità di starti veramente vicino, di condividere veramente con te momenti della mia vita, io sono riuscito a guardarmi dentro.»

Andrea la fissò negli occhi e strisciò di fianco a lei nel pavimento. La osservò beandosi di ciò che vedeva come se fosse la prima volta. Le toccò i capelli e sussurrò piano: «Io... ti amo.»

Gaia fu scossa da un brivido che la riportò alla normalità. «Cosa?» chiese con un filo di voce come se avesse capito male.

«Ti amo.» ripeté lui ancora accarezzandole i capelli e poi la guancia. «Non c’è nessun altro posto in cui vorrei essere se non qui. Non c’è un’altra ragazza se non te. Io non ti deluderò. Te lo prometto.»

Gaia stava piangendo dando la colpa ai soliti ormoni che le ingigantivano le emozioni. Lui le asciugò un po’ di lacrime.

«Dici sul serio?» chiese lei ancora, mordendosi il labbro inferiore. «Non è che lo fai solo per lui?» accennò al bimbo. Ma Andrea non distolse nemmeno per un secondo gli occhi da quelli di lei. «No. Te lo sto dicendo: io voglio te, te, te e basta. Ho mollato Marta prima. L’ho mollata sul serio questa volta. Mi sono ritrovato parecchie volte a pensare a te, a te soltanto. Io voglio stare con te.»

Gaia lo baciò e si lasciò trasportare da tutte le emozioni che la stavano invadendo. Le bastava. Tutto quello che lui aveva detto le bastava. Non c’era altro che volesse sentire al mondo.

Si lasciarono andare sul pavimento continuando a baciarsi ancora ancora e ancora...

Chissà come sarebbe finita. A loro importava solo quel momento. Essere lì, loro due soli e felici in quella stanza insignificante per chiunque altro al mondo.

 

 

***

Devo scusarmi immensamente per questo blocco della storia.

Ho visto quante persone l'hanno messa nei preferiti e quante nelle seguite, per cui mi sento ancora più in colpa di prima.

Questo è l'ultimo capitolo ufficiale e spero vi sia piaciuto. Tutti hanno fatto pace pacetta. Ci sarà un epilogo probabilmente, giusto per farvi sapere il sesso del bimbo. :)

Ah una parola sull'aborto dato che è trattato qui: non sono nè a favore nè contraria. Io personalmente sono completamente neutra. Credo che bisogna tener conto delle condizioni economiche fisiche e psicologiche della madre e che solo lei può decidere. Personalmente non lo farei perchè conosco varie ragazze che non sono state più le stesse dopo essere passate sotto i ferri. Solo questo. Non ho nessun tipo di credenza religiosa o etica verso il bambino.

Grazie mille per l'attenzione. :)

  
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