XXXII
CAPITOLO
-Mamma-
esclamò mogio Giovanni sedendosi a tavola
-si??-le
rispose la donna indaffarata ai fornelli.
-io
torno a casa-.
Una pentola
schizzò dalle mani della madre e cadde per terra producendo un forte rumore
metallico.
-cosa?-
gli chiese a bassa voce guardandolo, diventando improvvisamente pallida.
-torno
a casa. Mi sembra semplice, vado dagli zii-
-stai
scherzando vero?? Bè se è così bella battuta- disse abbozzando un sorriso,
-vero?? È uno scherzo no??- chiese conferma preoccupata al figlio.
-no-
disse lui secco, guardando il piatto vuoto davanti a sé e alzando uno sguardo
pieno di dolore.
-ma…
ma…- cercò di parlare la madre ora sedendosi a tavola davanti al figlio
-ma…
ora siamo qua Giò, abbiamo cambiato vita, non potevamo stare più là.. perché
non vuoi stare qua?-
-mi
sento straniero. È semplice. Non riconosco niente, nulla.. voglio tornare alla
mia vita, anche se so che senza papà non sarà come prima…-
al
suono di “papà” lo sguardo della donna si abbassò. Giovanni notò che una
lacrima le stava scendendo dalla guancia.
-ma…
noi siamo qui.. come faremo.. come farò io??COME FARA’ SILVIA??- ora stava
piangendo più violentemente. Giovanni aveva visto poche volta la madre
piangere, aveva mantenuto sempre una certa dignità.
-è
grande, non ha bisogno di m…-
-SI
INVECE GIOVANNI! SI CHE HA BISOGNO DI TE!! E ANCH’IO HO BISOGNO DI TE!-ora si
era alzata di scatto. Delle ciocche disordinate le cadevano sul viso rosso e
rigato di lacrime
-GIA’
LA NOSTRA FAMIGLIA SI è DISTRUTTA- continuò, -SE TE NE VAI ANCHE TU…-disse ora
con voce più calma, risedendosi e prendendosi la testa fra le mani.
-non
posso sostituire papà per Silvia, lo sai- disse Giovanni alla madre guardandola
severamente.
-è
grande per cavarsela da sola. Io voglio tornare a casa. Punto e stop. -Se voi
volete venire con me, benissimo, se no fa niente.-
La
madre di Giovanni era ferita. Come “fa niente”? aveva tentato da 5 anni a questa
parte di rimettere insieme i cocci di una famiglia che era andata in frantumi e
ora… suo figlio se ne andava?
Non disse più nulla. Era
talmente disperata che non riusciva a proferire parola. Giovanni si alzò e per
quella sera rimase chiuso in camera sua, cuffie nelle orecchie che martellavano
musica rock, sdraiato sul letto, a piangere.