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Autore: darksideofmarauders    07/01/2011    0 recensioni
Una storia senza titolo di tre streghe, completamente diverse, eppure unite in qualche modo. Scritta a tre mani da slythmalfoy, MelCullen e Effy__; con vari punti di vista differenti.
Genere: Fantasy, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Buonasera, buongiorno, buon qualsiasi momento del giorno stiate leggendo questa introduzione molto idiota uù
Prima di tutto, fatemi chiarire una cosa: questo account appartiene a tre persone - Sara (slythmalfoy), Mel (MelCullen) e Veronica (Effy__) - e, in questo momento, si tratta di Sara. Ebbene sì, saaalve ;D Sono stata designata per iniziare in questo viaggio.
Altro avvertimento: questa storia presenta una focalizzazione interna variabile (scusate, sono stata insegnata così ^^"), ovvero, adotta più punti di vista. Abbiamo deciso così uù
Poi... Non saprei che altro dirvi. Mi sembra che non ci siano altri punti da vedere. Iniziamo subito con la storia, allora, e speriamo tutte e tre che sia gradita :D
Buona lettura.






Capitolo 1
"No, non credo"




Sarah*

“Le stelle conoscono ogni avvenimento – passato, presente o futuro che esso sia. È nelle doti di colui, o colei, che possiede la Vista saper interpretare i loro movimenti e predire ciò che deve ancora accadere.”



« Non riesco ancora a capire perché diamine tu abbia scelto il corso di Divinazione » Rose Weasley, proprio come la madre Hermione, riteneva che la materia insegnata dalla professoressa Cooman, ancora insegnante alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, fosse del tutto sopravvalutata, nonché completamente inutile: il futuro lo decideva colui che viveva il presente, non una persona pazza e masochista che ha la presunzione di poter dire cosa ti dovrebbe accadere prima o poi.
Scossi la testa, increspando le mie labbra in un sorriso scettico. « Non dirmi che tu non hai mai provato la curiosità di sapere cosa accadrà nel futuro! » esclamai. Rose era pur sempre una sedicenne e, sicuramente, curiosa.
Beccai il punto favorevole che mi avrebbe fatto vincere quella partita: infatti, Rose zittì. Soddisfatta, riportai la mia attenzione alla mappa astrale assegnatami. Seppure Divinazione non fosse la mia materia preferita, e la professoressa Cooman era decisamente svitata come uno Schiopodo Sparacoda, le stelle mi avevano sempre affascinata. Forse era l’aria di mistero che le avvolgeva, oppure perché ero cresciuta nel bel mezzo del romanticismo a causa della mia famiglia perfetta e, purtroppo, ne ero rimasta vittima anch’io.
Sì, al tempo, quando ancora frequentavo il sesto anno a Hogwarts, ero alquanto sdolcinata. Lato del mio carattere che adesso odio spudoratamente, ma prima non potevo farne a meno: non avevo ancora inglobato quel bagaglio di esperienze che poi mi avrebbero portato alla cosiddetta “via della ragione”.
« Se la frequentano in pochi, ci sarà un motivo » riprese Rose, provocando, così, la mia irritazione. Non fraintendetemi, le volevo bene, ma a volte non sopportavo quella sua aria da “so-tutto-io”.
« Beh, si dia il caso che io faccia parte di quella minoranza che frequenta la materia, quindi… ».
« Andiamo, Sarah, non ti sarai offesa » lato positivo di Rose: cercava sempre di farsi perdonare. A modo suo, ma ci provava almeno.
Sospirai rassegnata, mutando la mia smorfia irritata in un sorriso del tutto naturale. Che potevo farci? Non riuscivo a essere arrabbiata con le persone. « No, non mi sono offesa ».
« Bene! » esclamò lei, sollevata « Anche perché ci sono le selezioni per la squadra di Quidditch. Non vorrai andarci con il muso, vero? ».
« Le selezioni! Me ne ero completamente dimenticata. Che ore sono? ».
« Quasi le dieci. Sbrigati, se non vuoi fare tardi ».
« Oh, cavoli! È tardissimo! Perché non mi hai avvertita prima, Rose? » ma non le diedi nemmeno il tempo di rispondere che mi ero già catapultata nel dormitorio delle ragazze del sesto anno. Afferrai in fretta la scopa – una vecchia Nimbus, la mia fedele compagna – e corsi alla volta del campo di Quidditch della scuola.
Una volta arrivata, mi sorpresi di quanta gente vi fosse seduta sugli spalti, e di quanta se ne fosse presentata all’audizione. James Sirius Potter, capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, era in piedi, altero come sempre, in mezzo al gruppo di ragazzi che andavano dal primo al settimo anno, pronti a dare sé stessi pur di entrare in squadra. James era capitano da tre anni e aveva giocato sempre nello stesso ruolo: cercatore. Per quanto riguardava il fratello, Albus Severus, lui faceva parte dal terzo anno nella stessa squadra, come cacciatore, ed era davvero bravo; James non faceva di certo favoritismi, seppure si trattasse del suo fratellino. La terza sorella Potter, Lily Luna, si asteneva dal gioco: lo trovava movente di competizione tra le Case di Hogwarts – era irrimediabilmente contraria alla discriminazione tra Grifondoro e Serpeverde.
Mi avvicinai di corsa al gruppo degli aspiranti giocatori, e James non perse tempo a mettersi al centro dell’attenzione con qualche battutina: « Buongiorno anche ai ritardatari. Cos’è successo, Sarah? La tua Puffola Pigmea stava sgranocchiando i ramoscelli della tua scopa? ».
Alcuni risero, altri scossero la testa contrari. Al, dal canto suo, mi toccò la spalla come per dirmi che non era colpa sua, mentre, dagli spalti, Lily e Hugo sbadigliarono annoiati dagli atteggiamenti del giovane Potter. « Oh, no, James. Piuttosto, era la tua Puffola Pigmea » risposi stringendomi nelle spalle.
Questa volta fu il cercatore a scuotere la testa. « Comunque, come stavo dicendo » riprese, questa volta abbastanza serio « Inizieremo con i cacciatori, qualche giro di campo e passaggi. Forza, su! ».
Duro circa un quarto d’ora. Alla fine, i cacciatori furono scelti Albus – anche se tutti sapevano che fosse ritornato in squadra –, un ragazzo del settimo anno e una ragazzina molto veloce del quarto.
Subito dopo toccò a noi portieri. Contendevamo il posto io e un certo Dylan Baston, figlio del famoso portiere dei Puddlemere United Oliver Baston. Ero piuttosto nervosa: non avevo mai partecipato a una selezione di Quidditch, seppure avessi assistito a quelle degli anni precedenti. James disse che dovevamo cercare di parare cinque pluffe, e chi ne avrebbe parate di più, sarebbe diventato il portiere ufficiale dei Grifondoro. Ed ecco che vedevo Al venire contro di me, la pluffa ben stretta sotto il suo braccio; era vicinissimo. Lanciò e… La parai! Mentre Baston non riuscì a parare la sua. Ero già in vantaggio, ed era una bellissima sensazione.
Baston riuscì a parare i restanti quattro tentativi di gol, e così anch’io, il che mi fece ottenere il ruolo che ambivo ad avere.
Dopo che anche i due battitori vennero scelti, James annunciò che avrebbe affisso in bacheca le informazioni riguardanti il primo allenamento della squadra.
Tornai in Sala Comune fiera di me, parlando di Quidditch con Al, e, quando entrammo attraverso il buco dietro il ritratto della Signora Grassa, Rose era lì che aspettava. « Ho saputo! » esclamò, alzandosi dalla poltrona accanto al camino e posando il libro che stava leggendo sul tavolino lì accanto « Sono davvero contenta. Peccato non sia potuta venire alla selezione ».
« Fammi indovinare, Rose » iniziò Al, pronto a salire al dormitorio per cambiarsi « Hai dovuto studiare fino ad ora ».
« Ovvio » replicò decisa lei « Tu e tuo fratello, piuttosto, non prendete lo studio troppo seriamente: è importante per avere un futuro in cui… ».
« Sì, certo, come vuoi » rispose distrattamente Al, mentre saliva le scale per evitare di ascoltare ancora la filippica della cugina.
Ridacchiai. Quello era un cliché tra i cugini Potter – Weasley: discutevano di tutto, ed era una cosa incredibile, ma anche divertente. « Vado anch’io » dissi poi a Rose « Devo assolutamente fare una doccia ». E salii, mentre la primogenita di Ron e Hermione continuava a borbottare su quanto suo cugino fosse insolente.



Scorpius*

Non riuscivo a capire come quegli immaturi di Grifondoro potessero essere tanto eccitati per una stupida selezione di Quidditch. Certo, io facevo parte della squadra di Serpeverde – come cercatore –, ma non ne andavo così entusiasta. Dopotutto, era solo uno sport: serviva solo per farsi notare, no?
Durante la cena, dovetti sorbirmi tutto il fracasso dei Grifondoro – molti dei quali non la smettevano di asserire che James Potter aveva messo su una delle migliori squadre che Hogwarts avesse mai avuto. Patetico. Come se il Quidditch fosse la cosa più importante al mondo… Diedi uno sguardo a quel tavolo di inetti sociali: come facevano a essere sempre così allegri e spensierati? Non dico che dovevano essere tutto il tempo mogi, o depressi, ma almeno qualche carattere di umanità potevano anche mostrarlo.
A un tratto, una ragazza si alzò. La conoscevo: era del sesto anno anche lei e frequentava parecchi dei miei corsi. Sembrava sorridere forzatamente, mentre si allontanava dai suoi amici e usciva dalla Sala Grande. Qualcosa di diverso, da tutti quei Grifondoro, sembrava differenziarla. Ma di cosa si trattasse, non ne avevo idea.
Ci pensai per tutta la cena: avevo l’aspetto di una Grifondoro, ma lo sguardo di una Serpeverde. Era davvero una cosa strana a vedersi, e da immaginarsi, soprattutto. Scossi la testa: ma che andavo a pensare? Era una Grifondoro, e una Grifondoro rimaneva.

Sapevo che se non mi fossi messo in mostra, durante i miei anni a Hogwarts, gli altri mi avrebbero considerato solo il figlio di un ex Mangiamorte. Ma ero riuscito a creare una certa cerchia di amici, un gruppo, diciamo. Ma non erano veri amici, erano, più che altro, una specie di branco di scimmie e pappagalli; uno zoo che mi seguiva dappertutto, anche quando chiedevo espressamente di lasciarmi in pace. Degli idioti che volevano essere notati in tutta la scuola.
Quindi, a rigor di logica, io ero solo. Ed era vero: l’amicizia non era mai stato uno dei miei “punti forti”, a dire il vero, e mi andava bene così; bisognava solo notare i lati positivi: nessuna responsabilità; nessun dovere da ricambiare; nessuna roba da amici. Lo considerate triste? Io lo considero una serie di vantaggi che un Malfoy riteneva abbastanza importanti.
In più avevo una vasta gamma di scelta, per quanto riguardava l’incolpare qualcuno per i miei errori. Ebbene sì, ero fatto così. Ma mi divertivo. O, almeno, credevo di divertirmi. Quella ragazza… Non ero ancora riuscito a togliermi i suoi occhi dalla testa, e non sapevo nemmeno il perché. Pensavo di aver chiarito a me stesso che non c’era nulla di diverso in lei, ma il non trovarla da sola in giro per scuola mi devastava, in un certo senso. Stavo forse impazzendo?
Un giorno. Un giorno cambiò. Lasciò andare quella Weasley con cui andava sempre in giro alla lezione di Pozioni, mentre lei rimaneva indietro. Allora decisi di aspettarla fuori dall’aula: mi sentivo strano, pensandoci; stavo facendo qualcosa che non mi sarei mai sognato di fare, soprattutto per una ragazza. Soprattutto per una Grifondoro.
Quando uscì, fu il mio momento d’oro. « Buongiorno, Bones » la salutai. Per una volta, l’appello del professor Lumacorno era servito a qualcosa, oltre che al solito, noioso controllo dei presenti in aula.
« Buongiorno… Malfoy? » sembrava sorpresa di sentire me salutarla.
« Non hai trovato la lezione di Pozioni di oggi interessante? » lo ammetto: non avevo la minima idea del perché stessi intavolando proprio quel tipo di conversazione scolastica con lei, ma era un buon inizio, no? Me la stavo giocando bene, dopotutto.
Sarah – perché era quello il suo nome – inarcò un sopracciglio, guardandomi. Come biasimarla? Non ero mai stato così amichevole, dopotutto. « Sì, interessante. Ma, dimmi, a cosa devo questa piacevole conversazione? ».
« Oh, andiamo! Non posso disquisire con una mia compagna sull’andamento della sua carriera scolastica? ».
« Non con un vocabolario così esteso, e, soprattutto, non con te » prese un’andatura veloce: voleva seminarmi. Ottimo tentativo, ma non ben studiato.
La raggiunsi con poco. « Credi davvero che io abbia un secondo fine? ».
« Sei conosciuto per il tuo disprezzo verso i figli di Babbani e i Grifondoro: non mi sorprenderebbe, a dire il vero ».
« Quindi, credi che sia venuto a importunarti? ».
« Sì, ne sono certa ». Si fermò nel bel mezzo del corridoio, lo sguardo severo e gelido fisso nel mio giocoso.
Le mie labbra s’incresparono in un ghigno, molto simile ad uno di mio padre. « E va bene. Ma sappi che è solo l’inizio ».
Lanciò una risata beffarda e andò via, senza guardare indietro. E, mentre saliva le scale che l’avrebbero condotta al piano terra, pensai che, per una volta, avrei mantenuto una promessa: le avevo detto che era solo l’inizio. Beh, almeno l’avevo avvertita per tempo.
  
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