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Autore: Soul Sister    08/01/2011    2 recensioni
Piccolo missin moment su Rosalie e Emmett, in un periodo di crisi dove entrambi soffrono, ma -causa l'orgoglio- non hanno ancora chiarito la loro situazione di stallo tra amore e indifferenza. Alzai gli occhi, incontrando i suoi, celesti come il cielo sereno, dolci, familiari. Aveva un sorriso a incresparle le labbra rosee e perfette, ma per me era indecifrabile. Perché era qui, adesso? Voleva darmi il colpo di grazia che avevo pregato di ricevere per tutti questi mesi?
Nonostante ora probabilmente impersonificava l’angelo della morte –della mia-, era stupenda[...]
«Emmett..» pronunciò. Sentire la sua voce dire il mio nome era stato il mio sogno proibito per tutto questo tempo, e ormai pensavo di non sentirlo più.
Non feci in tempo a battere ciglio, che me la ritrovai tra le braccia, accoccolata al mio petto come faceva sempre. Le mie braccia andarono automaticamente a stringerla forte, per proteggerla, per sentirla vicino, per esprimerle tutto il mio amore e la mia felicità.Ora sì che stavo per scoppiare a piangere, ma per la gioia. E non mi vergognavo per nulla, avrei mandato a fanculo anche il mio orgoglio per lei. Perché non ero un uomo, senza di lei
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emmett Cullen, Rosalie Hale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Open your eyes- Togli la maschera'
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Ricordati di noi
Si riavviò i capelli biondi, ostentando tranquillità assoluta e raffinatezza.
Quegli stessi capelli che, fino a qualche mese fa, adoravo accarezzare, scompigliare amorevolmente, e talvolta rigirarmi tra le dita. Era un gesto che rilassava me, ma che lei adorava facessi. Un gesto che ormai potevo solo ricordare e sognare.
Era così bella, anche quando indossava i pantaloni della tuta, come in quel momento. Lei era sempre stupenda, e mai, mai mi ero ritrovato a pensare che stesse male. Aveva una grazia incredibile, il che la faceva sembrare ancor più eterea. Eppure era umana, una semplice umana con l’aspetto angelico, che mi aveva catturato l’animo. Sin da quando era una mocciosetta di undici anni, era stata capace di colpirmi. Non ero riuscito a ritenerla mia sorella, non quando ai quindici anni avevo cominciato a provare una forte, forte gelosia verso chiunque le si avvicinasse, anche contro gli altri miei fratelli. Ed era stato una gioia sapere che anche lei non mi riteneva tale, e che usciva con il capitano della squadra di nuoto solo per farmi ingelosire. Che il suo cuore apparteneva a me.
Beh, adesso non più..
Era una sofferenza poterla avere così vicino, eppure così distante. Rosalie era come avvolta da una bolla di indifferenza verso di me, che mi faceva stare bene alla larga, nonostante lottassi anche contro la voglia di sfondarla, quella barriera, e di colpirle il cuore.
Esattamente come faceva lei ogni volta che faceva qualcosa.
Quando sorrideva, quando accavallava le gambe, quando parlava: sembrava lo facesse solo per flagellarmi, colpendomi con le più crudeli armi. Lei e la sua totale insofferenza nei miei riguardi. Essere ignorati era la cosa più brutta di tutte. Avrei persino preferito che mi dichiarasse guerra, che prendesse il primo che passava per strada e lo baciasse, che mi dicesse apertamente il suo odio. Ma non ignorarmi, quello no. Perché mi distruggeva.
L’appartamento di Bella era fin troppo piccolo. Il suo profumo afrodisiaco stagnava in ogni angolo, e il mio cuore non ne poteva più. Era come se lei fosse in ogni particella di ossigeno. Io stavo vivendo di lei, che era anche il mio virus personale.
Accavallò le gambe, mentre parlava tranquillamente con Alice e Bella. Non con me, nonostante avessi aperto io il discorso.
La sua voce sembrava un coro di angeli. Lei era un angelo.
Certa gente, l’aveva definita cinica, fredda, invidiosa, cattiva. Bestemmie, tutte bestemmie. Come potevano dire certe cose su di lei? Non la conoscevano, ovviamente.
Io, io sapevo che la mia Rose non era né cinica, né invidiosa, né tantomento cattiva.
Tzè, lei, la più dolce persona dell’universo, cattiva?
Forse un po’ sadica, sì, perché mi stava letteralmente facendo morire. Ma che colpa ne aveva, lei, se ero così innamorato? Se lei non mi amava più? Non potevo puntarle il dito contro, e dirle ‘mi hai dimenticato’, perché era colpa mia. Dannatamente colpa mia, che non me l’ero tenuta stretta.
Dopotutto, lei aveva tutto il diritto, adesso, di odiarmi. Sapevo che aveva intenzione di cancellarmi dalla sua vita, e io le ero ripiombato davanti con l’egoistica presunzione che mi sarebbe corsa tra le braccia. O forse, era una speranza vana da completo rincoglionito per amore.
Voltati.
Implorai, mentalmente. Ma lei non poteva sentire i miei pensieri, non poteva conoscere i miei sentimenti più nascosti. Che poi non erano così indecifrabili. L’avevano capito tutti che mi ero pentito, che volevo almeno far pace, chiarire il mio errore, perché lo ammettevo di aver sbagliato. Doveva permettermi di esserle almeno amico, almeno fratello.
Oh, Rosalie..
Se mi avesse almeno guardato un istante negli occhi, invece che scapparmi dalle mani ogni volta che tentavo di avvicinarmi. Questo nascondino mi faceva terribilmente male. E io cominciavo a non poterne più.
«Ragazze, io vado a farmi un giro» avvisai, alzandomi stancamente. Non avevo alzato lo sguardo, cercando di ridurre al minimo la mia pena. Perché solo vederla ignorarmi, mi spezzava il cuore in briciole sempre più piccole.
Passeggiai fino in centro, dove molte volte io e lei avevamo passato dei pomeriggi insieme, mano nella mano. Quei ricordi furono una cannonata ai miei sentimenti già rovinosi.
Mi guardai un po’ in giro, respirando aria non satura di quel profumo che sapeva tanto di viole e ciliegie, il suo bagnoschiuma preferito, che sposava perfettamente col naturale profumo della sua pelle. Mi sedetti su un muretto basso, accanto ad un monumento, e tirai fuori il mio telefono dalla tasca dei jeans. Guardai tutte le foto salvate sulla memoria. Non ce n’era una dove lei non ci fosse, sorridente, bella come il sole, le stelle e ogni qualsiasi astro stupendo. Sorrisi, trovando la foto di me e lei che ci baciavamo sulla spiaggia, questa estate. Sentii le lacrime inumidirmi gli occhi. Non dovevo piangere, ero un uomo.
Ma nonostante il mio orgoglio me lo rammentasse tutte le volte, un singhiozzo mi sfuggì, e gli occhi pizzicarono a furia di non aprirli per far scendere le lacrime.
«Questa poi: un orso che piange in mezzo ad una città.»
Alzai gli occhi, incontrando i suoi, celesti come il cielo sereno, dolci, familiari. Aveva un sorriso a incresparle le labbra rosee e perfette, ma per me era indecifrabile. Perché era qui, adesso? Voleva darmi il colpo di grazia che avevo pregato di ricevere per tutti questi mesi?
Nonostante ora probabilmente impersonificava l’angelo della morte –della mia-, era stupenda, nel suo cappottino grigio, che non era propriamente in stile con i pantaloni della tuta blu. Ma era comunque bellissima.
«Emmett..» pronunciò. Sentire la sua voce dire il mio nome era stato il mio sogno proibito per tutto questo tempo, e ormai pensavo di non sentirlo più.
Non feci in tempo a battere ciglio, che me la ritrovai tra le braccia, accoccolata al mio petto come faceva sempre. Le mie braccia andarono automaticamente a stringerla forte, per proteggerla, per sentirla vicino, per esprimerle tutto il mio amore e la mia felicità.
Ora sì che stavo per scoppiare a piangere, ma per la gioia. E non mi vergognavo per nulla, avrei mandato a fanculo anche il mio orgoglio per lei. Perché non ero un uomo, senza di lei.
«Scusami, scusami..» mormorai, nell’ultimo disperato tentativo, sui suoi capelli. Quei raggi di sole che le incorniciano il viso d’angelo, che mi erano mancati terribilmente.
«Sono solo un idiota.. Puoi perdonarmi, Rose? Puoi perdonare un orso con la testa di gallina che non ascolta tutti i discorsi e solo la metà sbagliata?» le chiesi, ricordando le sue parole quel giorno. Mi avevano tormentato per mesi. Lei alzò lo sguardo ai miei occhi, e notai che aveva le guance rigate dalle lacrime. In compenso, un sorriso divertito le illuminava il viso stupendo. «Sai..Non hai idea di quanto mi sia mancato il tuo bagnoschiuma alle viole, e la tua crema all’iris che ti mettevi sempre sul naso quando faceva freddo..E anche i tuoi occhi, il tuo sorriso, e il tuo modo di morderti l’interno della guancia quando sei nervosa..» notai che lo stava facendo anche adesso, e sorrisi intenerito. Poi ripresi. «Mi è mancato in modo inumano accarezzarti i capelli, che è la cosa che di più ti rilassa, e mi mancano le tue pantofole con topo Gigio che fanno un rumore tremendo..» sorrise di nuovo, mentre i suoi occhi brillavano. «Mi mancava il tuo modo di mordicchiarti le unghie quando sei pensierosa o distratta, mi è mancato il suono della tua voce, e ho sentito molta mancanza della tua risata. Pensavo..pensavo non avresti più chiamato il mio nome, nel modo in cui solo tu sai fare..Pensavo che non ti avrei mai più riabbracciata, amore mio..» terminai il mio sproloquio disperato, poggiando delicatamente la fronte sui suoi capelli. Ma lei non mi permise di sentire il suo profumo per più di un istante, che mi alzò il mento con le sue dita delicate. Pensai che volesse guardarmi negli occhi, per dirmi qualcosa –come un rifiuto, o una proposta della serie ‘restiamo amici’, perché magari non mi amava più..Invece fece tutt’altro. Poggiò con irruenza le sue labbra sulle mie, portando le mani dietro al mio collo, e stringendomi forte. Mi lasciai trasportare da quel bacio, ricambiando la stretta con vigore, e ricambiando con la stessa urgenza di Rosalie. Dio se mie era mancata..
Ma stranamente- e non so il mio inconscio a che livelli di idiozia raggiunse- fui io il primo ad allontanarmi. Lo feci a sufficienza per riuscire a guardarla in quegli occhi che mi erano mancati da morire. «Ma cosa significa?» balbettai. Per la prima volta dopo tanto tempo, arrossii sotto il suo sguardo stralunato. Lasciò andare all’indietro la testa, scoppiando in una risata cristallina e scampanellante. Poi piantò i suoi occhi nei miei, tornati seri.
«Significa che ti chiedo scusa anch’io Emmett.» feci per bloccarla, lei non aveva nulla di cui scusarsi, ma lei appoggiò prontamente due dita sulle mie labbra, senza abbandonare il contatto visivo. «Ho straparlato, quel giorno..ti ho accusato di non saper nulla di me, quando mi conosci meglio di me stessa..E ti chiedo scusa per essermi comportata da stupida in tutto questo periodo. Ti chiedo scusa per essere scappata, ma avevo paura. Paura di soffrire di nuovo per te, nonostante tu mi fossi venuto a cercare..ti chiedo scusa, Emmett.»
«Ti amo, Rosalie Lilian Hale Cullen.» dissi solenne.
«Anch’io ti amo, Emmett McCarty Cullen. Da impazzire..» rispose, prendendo tra le mani il mio viso e avvicinandolo al suo con una lentezza disarmante. Questo secondo bacio, dopo tanto tempo, non avevo per niente intenzione di interromperlo. Avrei preferito morire per mancanza d’aria, piuttosto che separarmi mai da lei, in quel momento.

Piccolo missing moment in ‘Changes’, tra Emmett e Rose. E’ così che si sistemano le cose tra loro due^^ Non potevo metterla nell’altra perché la porto avanti solo con i pov Edward e Bella, e il vecchio di Alice mi era servito solo per spiegare cosa succedeva in quel momento da tutte le prospettive. u.u
Allora, com’è? Spero sia uscita almeno benino, ci tengo a farla bene questo momento tra Rose e Emmett. Io adoro la loro coppia, come anche le altre, ma loro..sono loro. I magnetici Rose e Emmett. U.U
Spero si sia capito che il povero Emmett era davvero e sinceramente innamorato di Rose...
J Se potete, lasciate un commentino? Solo per sapere se vi è piaciuta. J Magari ne farò altri, se questo non è male. ;)
Ora vado, ciau!^^

  
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