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Autore: _Pulse_    08/01/2011    2 recensioni
Le porte dell’ascensore si aprirono ed abbassò lo sguardo sulla figura alta e slanciata che si era fermata di colpo, con il respiro mozzato alla sua vista.
«Bill», lo riconobbe e gli sorrise senza nemmeno rendersene conto. Lui non parlò, sembrava una statua di marmo con il cuore che stava per scoppiare.
«Ho detto bene?», gli chiese allora, per sincerarsi di non averlo scambiato con qualcun altro, anche se era certa di non aver sbagliato.
Aveva passato più o meno tutta la notte a rimuginare su di lui, sui suoi occhi, sulle sensazioni che aveva provato dentro quando i loro sguardi si erano incontrati. Un’intera notte e non era riuscita a capirci nulla.
Lui annuì, ripresosi, e con un solo passo entrò nell’ascensore, accanto alla bionda.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23
The
descendants

 

Aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu un raggio di sole che tagliava in due il soffitto di mattonelle azzurrine.
Capì di trovarsi all’ospedale quando vide sul comodino un vaso stracolmo di fiori e le lenzuola bianche in cui era avvolto; inoltre, c’era il solito odore di disinfettanti e di medicinali, oltre al fatto che quel letto era il più scomodo su cui si fosse mai sdraiato.

Era mattina, da quel che poteva capire, e si domandò che cosa fosse accaduto durante le ore che lo separavano dall’ultimo ricordo che aveva di quella sera.
Ricordò l’incidente nel quale aveva rischiato di lasciarci la pelle, ricordò Noemi che lo aveva salvato e che era rimasta bloccata sotto il rimorchio dell’autocarro, ricordò la sensazione dei suoi denti nel collo…

Si portò istintivamente la mano sul punto in cui ricordava l’avesse morso e poi si voltò verso il comodino, alla ricerca di uno specchio, ma sobbalzò all’udire la porta aprirsi e chiudersi delicatamente.

«I segni dei canini si rimarginano subito», sussurrò una voce che associò immediatamente a quella di Alisha.

Si girò verso la porta e la vide appoggiata accanto ad essa con la schiena, il viso reso bellissimo da un sorriso dolce. Si avvicinò a lui e gli porse uno specchietto, proprio quello che cercava, e Tom lo afferrò per esaminarsi il collo: anche se, come aveva detto lei, i segni dei canini si erano già rimarginati, era rimasta una lieve traccia rossa a segnalare che era stato morso davvero.

«Come ti senti?», gli chiese, sedendosi sul bordo del letto, accanto al suo braccio, e sfiorandogli il viso caldo e ancora un po’ insonnolito con la punta gelata del dito.

«Credo… credo bene. Noemi, dov’è?».

Sorrise divertita e comprensiva. «Anche lei sta bene, ora è a casa sua».

«Perché non è rimasta qui?». Era un po’ infastidito.

«Mi sembrava facile da capire», arricciò il naso. «Si sente in colpa».

«In colpa? Per che cosa?», corrugò la fronte. Alisha gli prese la mano e gliela portò sul collo, sorridendo mestamente. «Oh. Ma gliel’ho detto io di farlo, era per farle recuperare le forze!».

«Lo so, me l’ha raccontato», si strinse nelle spalle. «Purtroppo questo non basta per affievolire colpe del genere, ti rimangono. Lei, soprattutto, che non avrebbe mai e poi mai voluto morderti, ci sta soffrendo molto; era una specie di giuramento che aveva fatto a se stessa».

Tom, con le sopracciglia aggrottate, scosse la testa, mormorando: «Non la capisco». 

Alisha ridacchiò, accarezzandogli le treccine. «Prevedibile che non capissi».

«Nel senso che sono stupido?», sorrise furbetto.

«No, nel senso che è complicato da vedere dal tuo punto di vista».

«Sì, forse», sospirò. «Tu sai cos’è successo, da quando mi ha morso in poi? Io non mi ricordo assolutamente nulla».

«In breve, quando Noemi ti ha morso e ti ha fatto un prelievo del sangue ha recuperato le forze, è uscita da sotto il rimorchio e tu eri ancora sveglio, anche se molto frastornato – per questo non ti ricordi nulla. Ti ha messo dentro la tua auto, lei si è nascosta poco distante dal luogo dell’incidente, e quando l’ambulanza è arrivata i paramedici hanno creduto che tu fossi in stato di shock e che fosse stato un miracolo che fossi illeso. Ti hanno portato comunque qui per degli accertamenti e… dovevi vedere Bill, era preoccupatissimo per te, insopportabile».

«Immagino», ridacchiò. «Cambiando argomento, di Adam non si sa ancora nulla?».

Abbassò lo sguardo ed iniziò a torturarsi le mani l’una con l’altra, rispondendo: «Oh, lui è… lui è tornato».

«Davvero?», spalancò gli occhi. «Quando?».

«Questa notte, tu dormivi».

«Accidenti, mi sono perso Bill ringhiargli contro!», batté un pugno sul palmo aperto della mano. «Ed è riuscito a trovare i discendenti?».

Alisha annuì con il capo e si strofinò gli occhi con la mano. Tom si mise seduto e le portò un dito sotto al mento, le sollevò il viso e la guardò negli occhi: c’era qualcosa che non andava e il suo sguardo affranto glielo confermò.

«Che cosa c’è?», sussurrò. «Non dovresti essere felice? Finalmente Bill potrà tornare ad essere un umano! A meno che… hanno detto di no, che non lo ritrasformeranno?». Strinse i pugni, se fosse stato così li avrebbe picchiati uno per uno!

«Non è così», rispose Alisha, accarezzandogli le nocche. «È che ho paura».

«Paura? Di che cosa?».

«Di un po’ di cose, del futuro».

Le spostò alcuni ciuffi di capelli biondi dagli occhi. «Spiegati meglio».

«Lo sai, sono ancora esperimenti, non è detto che funzionino…».

«Cosa succederebbe, se non funzionasse?».

«Non si sa cosa potrebbe succedere. Bill potrebbe restare un vampiro, però… non so quanto tempo potrei resistere, così; inoltre sarebbe molto difficile per lui, riprendere la sua vita in mano e convivere con il bisogno di sangue… Oppure, potrebbe anche darsi che, una volta iniettato l’antidoto, non si svegli più…».

«Ehi», le sollevò ancora il viso, che parlando si era riabbassato verso le lenzuola chiare. «Sono certo che andrà tutto bene. Non essere così pessimista».

«Forse sei tu ad essere un po’ troppo ottimista».

«Sono fatto così, che vuoi farci?», rise. «Hai altre preoccupazioni, oltre a questa?».

Alisha pensò ad Adam e al fatto che volesse porre fine alla sua vita. Anche quella era una sua preoccupazione, ma decise che era meglio tenersela per sé: era una cosa che dovevano sapere solo lei e il diretto interessato. Accennò un sorriso e scosse il capo.

«Vieni qui, dai», le sussurrò e l’avvolse con le braccia, stringendosela al petto e cullandola. «A quando l’esperimento?».

«In realtà i due discendenti devono ancora arrivare, hanno detto ad Adam che avevano alcune faccende urgenti da sbrigare…», bisbigliò e strinse più forte la maglietta sulle sue spalle.

«Andrà tutto bene, vedrai».

«Lo spero tanto».

«Credi che andrà bene allo stesso modo, se io vado a casa di Noemi?».

Alisha scattò e lo guardò negli occhi, un sorriso solare sul viso: «Certo! Anche perché devi chiederle di venire in appartamento: anche lei ci deve essere».

«Oh, già… Credi che mi dimetteranno in tempo?».

«Ho già parlato con il dottore», gli fece l’occhiolino e Tom sorrise.

 

Lo fecero uscire dall’ospedale qualche ora dopo. Alisha rimase con lui durante tutto il tragitto dall’ospedale a casa di Noemi, come se non volesse tornare all’appartamento in cui avrebbe trovato Bill insieme ad Adam, visto che li aveva costretti a restare insieme.
Poteva capire il motivo del suo stato d’animo, per questo cercò di tenerla su di morale per tutto il tempo e quando Alisha parcheggiò l’auto – di Bill, fra l’altro, perché la sua era in pessime condizioni – di fronte alla villetta in cui abitava Noemi la guardò in viso e le fece un ampio sorriso, per poi stamparle un bacio sulla fronte.

«Stai tranquilla, okay?».

«Anche tu», ridacchiò. «Il tuo cuore ti tradisce».

Tom abbassò lo sguardo, arrossendo sulle guance, ed effettivamente, se ci faceva attenzione, poteva percepire il battito veloce del proprio cuore. La verità era che era nervoso e non sapeva se Noemi avrebbe voluto avere ancora a che fare con lui.

«Sono certa che tornerà con te», sussurrò la bionda, pizzicandogli il naso, ricordandogli la prima volta che si erano visti.

«Grazie», rispose.

«Di niente, grazie a te».
Dopodiché scese dall’auto, gli lasciò le chiavi e si incamminò verso l’appartamento con le mani nelle tasche e il cappuccio della felpa sulla testa a causa di una pioggerellina fine che iniziava a scendere dal cielo.

Tom respirò profondamente, guardando oltre il parabrezza che si stava riempiendo di minuscole gocce d’acqua piovana, e poi uscì, chiuse l’auto con un tastino del telecomando e con una piccola corsetta raggiunse la veranda, sotto la quale rimase diversi istanti in silenzio, guardandosi i piedi, aspettando e riflettendo.
Era certo che Noemi, con i suoi supersensi da vampira, si era già accorta della sua presenza, magari da quando avevano parcheggiato, ma forse sperare che venisse ad aprirgli senza che lui nemmeno suonasse il campanello era chiedere un po’ troppo, vista la loro situazione complicata.
Suonò il campanello e tornò a guardare in basso, fino a quando la porta non si aprì e di fronte a lui si stagliò il fratello di Noemi, che lo trucidò subito con lo sguardo.

«Ahm… ciao, io sono Tom», disse, porgendogli la mano.

Il ragazzo l’afferrò e la strinse senza convinzione. «Walter».

«Il piacere è tutto mio, deduco», tossicchiò. «Noemi è in casa?».

«Per quale motivo chiedi di lei?».

«Vorrei parlarle, se non ti da’ troppo disturbo».

«Di disturbo me ne da’».

«Mi dispiace tanto», fece un sorriso sfrontato. «Allora, è in casa o no?».

«In questo momento si sta facendo la doccia», rispose stringendo i denti. Ce la stava mettendo tutta per cercare di ucciderlo con lo sguardo.

«Non è un problema, l’ho già vista nuda prima», rispose tranquillamente e fece un passo in avanti, per entrare, ma si trovò la strada sbarrata da Walter.

«Che cosa hai detto?», gli sibilò in faccia, adirato, e sollevò un pugno in aria per colpirlo. 
Tom chiuse gli occhi, pronto a ricevere il colpo sul viso, ma passarono diversi istanti e non accadde nulla; aprì un occhio e vide Noemi, che aveva bloccato il pugno del fratello adottivo a mezz’aria, lo sguardo serio.

«Lascialo stare», lo difese e poi lasciò la mano di Walter, che ciondolò lungo il fianco come se gli avesse tolto la vita.

Il ragazzo dovette lasciarlo entrare per forza e lo guardò malissimo per tutto il tempo in cui gli fu possibile, fino a quando non sparì sulle scale che portavano al piano superiore.
Tom seguì Noemi fino ad una cameretta dipinta di verde chiaro e la osservò sdraiarsi sul letto e dargli le spalle, rannicchiandosi su se stessa.

«Come stai?», gli chiese ad un certo punto.

«Sto bene, non ti devi preoccupare».

«Non mi sono preoccupata».

Il chitarrista si chiuse la porta alle spalle e con un sorrisetto malizioso la raggiunse sul letto, sovrastandola in modo tale da poterla guardare in viso. «Ah no?».

«Mi sono preoccupata da morire», sospirò e gli accarezzò le guance, facendolo rabbrividire. «Mi dispiace di averti morso».

«Ehi, te l’ho chiesto io di farlo, ne avevi bisogno ed era giusto che io ricambiassi il grosso favore che mi hai fatto salvandomi la vita».

«Mi dispiace comunque», sussurrò.

Tom scosse il capo, trattenendo una risata fra le labbra, e si chinò per baciarla, ma lei si spostò. Le labbra del ragazzo si posarono sul suo collo freddo e le sue mani iniziarono a vagare sotto la sua maglietta, accarezzandole i fianchi e il ventre piatto e levigato.

«Tom, Tom, Tom. Che stai facendo?», gli chiese a fatica.

«È una domanda retorica?».

«Io sono ancora arrabbiata con te per quello che mi hai detto, per quello che mi hai fatto… Io non voglio essere un oggetto per te, mi pare di avertelo già detto», lo riprese.

«Tu non sei un oggetto per me, tu sei la mia Noemi».

«E con ciò che vorresti dire?».

«Che solo io ho la proprietà di tutto questo». Con il dito tracciò una linea dalla sua guancia al suo fianco, sorridendo. «Niente fratelli adottivi né nessun altro ragazzo. Sei solo mia».

«Che cosa ci guadagno, io?».

Ecco, ora arrivava la parte più difficile, per la quale fece un respiro profondo e si gettò al suo fianco, il viso rivolto verso il soffitto.
«Non posso prometterti la perfezione, ma quando ti ho vista rischiare in quel modo la tua vita per me… ho capito che se, per assurdo, non ci fossi più stata sarei stato male. Noemi, io ti voglio bene, quindi… proviamoci, insomma».

Non ci poteva credere, l’aveva detto! Finalmente l’aveva detto! Non era proprio sicuro di volerlo, di voler appartenere solo a lei, ma voleva che lei fosse solamente sua e ci avrebbe provato.
Forse era solo un’idea inconcepibile della sua mente che però, messa in pratica, sarebbe riuscita e un giorno si sarebbe persino detto: «Bravo, Tom».

Non udendo alcuna risposta, si voltò lentamente verso Noemi e la trovò ad occhi chiusi, le labbra socchiuse e l’accenno di un sorriso su di esse. Corrugò la fronte e poi sorrise, spostandole un ciuffo di capelli castani dal viso.
Si sdraiò sul fianco, avvicinandosi a lei tanto da percepirne tutto il freddo, e le avvolse il fianco con un braccio, stringendosela al petto ed iniziando ad accarezzarle le punte dei capelli sulla schiena.

Colpito in pieno da un’illuminazione, si scostò bruscamente, prese il cuscino sotto la propria testa e glielo gettò in piena faccia.
«Voi vampiri non dormite, cazzo!», gridò e quando sentì la risata argentina di Noemi non poté far altro che imitarla.

 

*

 

«Ma quindi noi due siamo una coppia?», chiese a bassa voce Noemi, guardandolo con la coda dell’occhio.

«Penso di sì…».

«Cavolo, quanto ne sei convinto», ridacchiò.

«Scusami, ma devo abituarmici».

«Beh, visto che adesso, forse, siamo una coppia, devo assolutamente dirti una cosa». Sempre se ne fosse stata in grado. Era così nervosa!

E parve attaccare questo suo nervosismo anche a Tom, che iniziò a stringere con più violenza il volante fra le mani.
«Aspetta almeno che parcheggi, prima di fare un altro incidente. Se rovino anche la macchina di Bill poi chi lo sente», ridacchiò senza convinzione e Noemi annuì, stringendosi le mani l’una nell’altra.

Arrivati nel garage sotterraneo, Tom parcheggiò l’auto con una precisione maniacale, sicuramente per prendere tempo; poi, quando non poteva davvero più fuggire, spense il motore, che smise di fare le fusa, e si voltò verso Noemi e i suoi occhi rubino che nella semioscurità brillavano.

«Che cosa devi dirmi?», le chiese allora, cercando di stiracchiare un sorriso.

«Ecco… volevo solo dirti che… insomma, chissà quante ragazze te l’avranno già detto, però…». Si grattò la testa, sospirando. «Penso di amarti», sussurrò.

Sì, aveva fatto decisamente bene a dirle di aspettare che avesse parcheggiato. Ed era vero, se lo era sentito dire da moltissime ragazze, ma non ci aveva mai dato troppo peso, visto che lui non ricambiava minimamente. Detto da lei, però, quelle parole suonavano una melodia diversa, che gli riscaldò il cuore. Che fosse anche lui… innamorato?

«Ehm…», balbettò. «Nemmeno tu sei convinta di questo».

«No, in realtà io ne sono convinta, solo che…», abbassò lo sguardo, vergognosa. «Non sapevo come l’avresti presa, quindi…».

Sgranò gli occhi. «Da quanto me lo tieni nascosto, scusa?».

«Da… tipo… la sera dopo la mia trasformazione, quando sono sparita per quei due giorni».

«Oh». Era sconvolto. Piacevolmente sconvolto. In un attimo gli caddero sulle spalle un’infinità di sensi di colpa a cui prima non aveva mai fatto caso e un sorriso mesto gli dipinse le labbra, mentre l’attirava a sé. «Mi dispiace di averti fatta soffrire».

«Non importa», mormorò scrollando le spalle. «Ormai è passato».
Gli posò una mano fredda sul collo, per avvicinarlo di più a sé, quando lo bloccò e spalancò gli occhi, fissando i suoi. «Tu non dovresti dire qualcosa, a questo punto?».

«Per esempio?», deglutì.

«Che ne so, che anche tu sei innamorato di me, per esempio». Gli schioccò uno sguardo severo e poi scoppiò a ridere di fronte alla sua espressione shoccata. «Sto scherzando, Tom, rilassati. So che ti ci vuole tempo e –».

«Penso di essere innamorato di te».

Fu come se il suo cuore, congelato nel petto, iniziasse a bruciare e a riprendere vita.
Se avesse potuto avrebbe pianto dalla gioia, se avesse potuto sarebbe svenuta dall’emozione.
Incredula, posò le labbra su quelle calde di Tom e le baciò fin quando non fu lui a staccarsela di dosso perché gli mancava l’ossigeno. Ma, dopo aver ripreso fiato, le sorrise e l’abbracciò, stringendola forte a sé.

«Ora è il momento di andare».

«Andare dove?», gli chiese lei, sbigottita da quelle parole e dalla situazione in generale. (Ancora non ci credeva… Era successo per davvero?)

«Alisha non ti ha detto niente?». La guardò in viso e le sfiorò la guancia gelata con il dorso della mano, mentre lei negava con il capo. «Beh, Adam è riuscito a trovare i discendenti del primo vampiro e il loro arrivo è previsto in questi giorni, quindi ti trasferisci da noi fin quando non –».

Gli posò un dito sulle labbra, interrompendolo. Il suo sguardo era ansioso e preoccupato. «Proveranno a ritrasformarci in umani?».

«Sì, da quello che ho capito».

«Ma tu…».

«Io cosa?», la incitò a parlare.

Noemi si rifugiò fra le sue braccia, nascondendo il viso nel suo petto, e mugugnò: «Tu mi vorrai comunque, anche da umana, con le mie imperfezioni?».

«Probabilmente no». Noemi alzò lo sguardo di scatto, terrorizzata, e Tom si mise a ridere. «Avresti dovuto vedere la tua faccia!».

«Stupido, cretino, idiota che non sei altro!», lo insultò colpendolo sul petto con alcuni pugnetti – dalla forza contenuta, ovviamente. Si era spaventata a morte!

«Certo che ti vorrò anche da umana! Il sesso sarà meno esaltante, ma…».

«E questo chi te lo dice?», gli domandò con un accenno di malizia negli occhi.

Tom sorrise furbetto e si avvicinò per baciarla, ma non riuscì a trovare le sue labbra. Chiedendosene il motivo, aprì gli occhi e la vide di fronte al proprio finestrino, che sorrideva a trentadue denti e sventolava la mano. Scosse il capo, ridacchiando. La sua Noemi.
Scese dall’auto e le avvolse le spalle con un braccio, mentre salivano al piano superiore del palazzo, dove si trovava la portineria.

Di fronte al bancone dietro il quale stava il portinaio, c’erano due uomini elegantemente vestiti di nero e più che affascinanti, quasi sconvolgenti. Vedendoli, Noemi si strinse un po’ di più a lui e fu allora che l’uomo dall’aspetto più giovane, i capelli rossi e gli occhi azzurri, incrociò il suo sguardo e sorrise in un modo che lo fece ingelosire, ma presto la gelosia scemò e provò un brivido di paura.

«I loro cuori non battono», sussurrò Noemi e quella fu solo la conferma che quei due erano dei vampiri, e non due vampiri qualunque, ma i discendenti del primo vampiro che Adam era andato a cercare e che possedevano le capacità necessarie a ritrasformare Bill e la stessa Noemi in umani.

L’altro vampiro, un armadio rispetto al pel di carota, aveva la carnagione scura e Tom poté vedere coi suoi occhi come anche la sua pelle fosse bella: ispirava calore e sembrava ricoperta da uno strato di bronzo che ne risaltava la lucentezza ed il senso di morbidezza. Aveva due penetranti occhi scuri, i capelli neri, rasati, e dava l’idea di essere un capo della polizia, oppure un bodyguard, vista la stazza. Il sorriso che però gli rivolse fu devastante, tanto da confondergli le idee.

«Oh, signor Kaulitz», sospirò il portiere, passandosi sulla fronte madida di sudore un fazzoletto bianco. «Questi due signori chiedevano proprio di vostro fratello, della signorina Alisha e del suo amico Adam».

Una debole gomitata nelle costole da parte di Noemi lo fece rinvenire e provò a stiracchiare un sorriso.
Quei due gli mettevano addosso troppa soggezione con i loro sorrisi così cortesi e che sembravano avere una doppia faccia, come se dietro di essi si nascondesse della cattiveria. Soprattutto il piccoletto.

«Grazie, ci penso io a loro», rispose. «Prego, da questa parte».

Gli indicò l’ascensore e li fece salire per primi, poi entrarono lui e Noemi. Percepì il loro profumo dolce ed afrodisiaco e si sentì soffocare fra quelle quattro pareti di metallo.
Ora che ci faceva caso, era l’unico umano, circondato da vampiri. Aveva Noemi al suo fianco, che l’avrebbe protetto senza esitazioni, ma si sentiva comunque in ansia e pregava ardentemente di arrivare presto, ma più sperava che le porte si aprissero più rimanevano chiuse e il tempo scorreva fin troppo lentamente.

«Quanto tempo hai?».

Una voce squillante, da ragazzino eccitato, ma allo stesso tempo armoniosa e delicata, lo fece sobbalzare e notò che il pel di carota aveva di nuovo quello sguardo acceso di curiosità, tanta da incutere timore, puntato su Noemi, che si schiarì la gola e si ricompose, rispondendo: «Due settimane, circa».

«Fantastico», mormorò fra sé, sognante. I suoi modi di fare e le sue espressioni stralunate, da pazzo, facevano davvero paura. L’armadio al suo fianco roteò gli occhi al cielo, sbuffando. «Suvvia, Eugene! Ammettilo che anche tu desidereresti combattere contro di lei!».

Sia Tom che Noemi sussultarono a quelle parole e il vampiro di nome Eugene li guardò con un sorriso compassionevole, scuotendo leggermente il capo.
«Scusatelo, diventa proprio un ragazzino quando si tratta di… mettersi alla prova», li rassicurò con una voce calma e decisa (ma nonostante tutto melodiosa e profonda), autoritaria, come se fosse normale per lui comandare e dettare limiti a vampiri come il proprio compagno, che dava l’idea di essere più che vivace.

Le porte dell’ascensore si aprirono e Tom schizzò fuori per primo, prendendo un lungo respiro, come se fosse rimasto in apnea, e quando si voltò per recuperare Noemi vide il pel di carota trattenere a stento una fragorosa risata.
Arricciò il naso all’idea che la sua paura istintiva lo facesse divertire ed in silenzio suonò al campanello, anche se era quasi certo che Alisha li aveva già sentiti arrivare.

 

*

 

Alisha aveva avuto la bellissima idea di lasciarlo da solo con Adam mentre lei andava da Tom, in ospedale. L’aveva pregata di portarlo con lei – come se dovesse pregarla per andare a trovare suo fratello! – ma non aveva voluto sentire ragioni.

«Sei un vampiro anche tu, di cos’hai paura?», gli aveva detto e poi, con un sorriso mozzafiato, gli aveva stampato un bacio sulle labbra e l’aveva salutato con la mano, prima di uscire dall’appartamento.

Si era voltato verso il salotto, in cui c’era Adam, e aveva sospirato, gonfiandosi il petto e dicendosi che probabilmente Alisha voleva che parlassero un po’ da uomini, o da vampiri, che dir si voglia. Sperava che diventassero amici, per caso?

Dopotutto non era andata tanto male. Aveva immaginato che ad un certo punto si sarebbero azzuffati nel bel mezzo del salotto, invece avevano parlato tranquillamente di musica, un argomento che interessava entrambi a quanto aveva potuto scoprire, e Adam era stato ben disposto a raccontargli come fosse cambiata e come si fosse evoluta – in positivo e in negativo – dai suoi tempi ad oggi.
Bill era rimasto affascinato dal suo racconto e aveva persino apprezzato Adam per la propria capacità d’esprimersi, di comunicare: era capace di attirare completamente l’attenzione su di sé senza rendersi presuntuoso, facendo automaticamente passare dalla propria parte chiunque.

«Posso farti una domanda, Bill?», gli chiese in un momento in cui la conversazione si era un po’ congelata. Il sorriso che fino a poco tempo prima aveva regnato sulle sue labbra era scomparso, lasciando il posto ad un’espressione vagamente malinconica.

«Certo».

«Com’è Alisha, vista dalla prospettiva di un essere umano?».

La domanda lo sorprese, tanto che Adam soffocò una risata e precisò: «Sai, io l’ho conosciuta quando entrambi eravamo già vampiri e quando l’ho vista ho subito pensato che fosse la ragazza più bella dell’Universo. Mi chiedevo, come l’hai percepita tu quando l’hai vista per la prima volta, quella sera?».

«Sono rimasto sconvolto anch’io, ovviamente. Trovavo assurdo che una ragazza potesse essere così… non avevo termini per descriverla e non ne ho nemmeno ora». Si passò una mano sul collo, nella sensazione d’arrossire.

«Puoi descrivermi le sensazioni che hai provato?».

Bill fece finta di rifletterci, chiedendosi perché gli interessasse così tanto saperlo. Non ci mise molto a capirlo e la risposta gli sembrò così ovvia… Adam, quando aveva visto Alisha per la prima volta, non aveva provato alcuna sensazione prettamente emotiva, o forse l’aveva avuta, chissà, ma sapeva che le emozioni provate dagli umani per esseri così attraenti come i vampiri dovevano essere ancora più potenti, sconvolgenti.

«È stato un colpo di fulmine, che mi ha travolto in pieno», rispose infine, anche se il tempo che aveva utilizzato per formulare quei pensieri era stato di qualche millesimo di secondo. «Quando mi ha sorriso, di sfuggita, mi è venuto il mal di testa; quando ho incontrato i suoi occhi il mio cuore ha perso un battito, il mio stomaco si è riempito di farfalle e mi sono sentito così disorientato, confuso… anche frustrato, perché ero a conoscenza del fatto che fosse felicemente fidanzata e quindi non avevo speranze».

«E invece…», Adam fece un sorriso mesto, che Bill ben presto imitò, sentendosi vagamente in colpa. 
«Doveva andare così», continuò, sollevando le spalle. «Ora Alisha è felice, è questo l’importante. E poi, penso sia in buone mani», gli scoccò uno sguardo eloquente.

«Ottime», rispose Bill.

«Ma, ricordati», gli puntò il dito contro, tornando il solito Adam freddo di sempre, «che non ritiro ciò che ti ho detto quella volta».

Bill ricordò le sue parole: «Trattala bene, o mi vedrai ancora e ti assicuro che quella sarà l’ultima» e si trovò ad annuire.

Qualche minuto dopo aver concluso quella chiacchierata, Alisha era rientrata in appartamento ed era rimasta sorpresa nel trovarli seduti l’uno di fronte all’altro al tavolo, proprio come se fossero due amici del tutto normali, e non ad inscenare un incontro di wrestling vampiresco in mezzo al salotto.
Un sorriso, che ripagò ogni fatica affrontata per averla conquistata a Bill e tutta la sofferenza patita per averla persa ad Adam, le illuminò il viso e trotterellò in cucina canticchiando. Evidentemente era contenta ed orgogliosa del proprio operato e sia lui che Adam si erano guardati in faccia e avevano sorriso.
Infondo anche loro erano alleati, quando si trattava di rendere felice la donna che amavano.

Da quello che aveva capito dal racconto di Alisha, Tom aveva deciso di mettersi in gioco in una relazione stabile con Noemi ed ora, seduto sul divano, Bill non vedeva l’ora che arrivasse con la sua ragazza – che dolce melodia alle sue orecchie! – e complimentarsi vivamente con lui e fare gli auguri a Noemi per la sua sanità mentale che sicuramente l’avrebbe lasciata a breve, visto l’elemento che si era scelta.

Si stava rigirando il piccolo cuore di rubino di Alisha fra le dita, dal quale non si era mai separato da quando era diventato un vampiro, quando udì il battito del cuore di Tom che si avvicinava: probabilmente era in ascensore, poiché lo sentiva rimbombare in un modo strano. Nonostante questo, aveva comunque qualcosa che non andava perché i suoi battiti diminuivano ed aumentavano la propria velocità a sbalzi, come se ci fosse qualcosa che lo turbasse. Si concentrò meglio e ad un certo punto udì due voci che non aveva mai sentito in vita sua, oltre a quella di Noemi. Di cuori ce n’era solo uno, ne era certo, quindi a chi appartenevano quelle due voci sconosciute?

Alzò di scatto lo sguardo verso Adam, che si era già alzato in piedi, e vide anche Alisha uscire fuori dalla cucina in tutta fretta, con ancora addosso il grembiule rosa che metteva quando cucinava. Le loro espressioni, per quanto fosse possibile, manifestavano tutte lo stesso pensiero: il momento era arrivato, loro erano arrivati.

 

*

 

Alisha respirò profondamente e al suono del campanello aprì la porta, cercando di stamparsi un sorriso rilassato sulle labbra, senza troppi successi.

Si era consolata all’idea che non sarebbero arrivati entro qualche giorno, non si era per niente preparata al loro arrivo. Avevano fatto in fretta, troppo in fretta.
Il suo desiderio, quello di riavere Bill e Noemi come esseri umani, non era cambiato, ma era nata una nuova paura dentro di lei: e se l’esperimento avesse fallito? Se fossero rimasti dei vampiri o se, nel peggiore dei casi, quello che temeva di più, non si fossero più svegliati?

Si trovò di fronte Tom e Noemi, entrambi agitati; il chitarrista le disse con gli occhi che non c’era niente di cui fidarsi e ne ebbe la conferma osservando la sua faccia spaventata.
Dietro di loro, i due discendenti sorridevano in modo cortese e, osservandoli, dovette ricredersi: non erano affatto come se li era immaginati. Erano due vampiri che, se non avesse saputo che erano in vita dal Medioevo, avrebbe confuso per normalissimi vampiri. Forse era stato proprio quel fatto ad influenzare la sua fervida immaginazione: si era lasciata ingannare da tutti i secoli che avevano e si era detta che, magari, avrebbero avuto qualche segno particolare sul corpo che indicasse la loro vera età, ma… nulla, potevano essere appena nati come centenari, a primo impatto.

«Tu devi essere Alisha, non è così?», disse il vampiro dalla carnagione scura, senza abbandonare il proprio sorriso. «Adam ci ha molto parlato di te e, non vorrei essere sgarbato, ma ora capisco per quale motivo si sia rivolto a noi».

Quelle parole la colpirono in pieno petto, facendo riaffiorare la ferita dei sensi di colpa che aveva cercato di rimarginare. Gettò un’occhiata ad Adam, che voltò subito il viso, poi riportò l’attenzione sugli ospiti.
«Sì, sono io», rispose, porgendo loro la mano.

«È un vero piacere conoscerti. Il mio nome è Eugene», si presentò.

«Ed io sono Jeremy», fece lo stesso il pel di carota, facendo un piccolo inchino e sfiorando con le labbra la mano di Alisha, accompagnato da un sorriso malizioso. «Enchanté».

Alisha finse di dimostrarsi lusingata, mentre sentiva Bill alle sue spalle irrigidirsi e digrignare i denti, ingelosito.
«Entrate, prego».

I due discendenti entrarono e si tolsero da sé i lunghi impermeabili neri, proprio come se fossero a casa loro, poi li appesero all’attaccapanni e gettarono una rapida occhiata intorno a loro, come se volessero capire con che cosa avessero a che fare.
Infatti, Eugene, disse: «Tre vampiri e tre umani insieme, nella stessa casa. Se ne vedono poche al mondo, di cose così».

«Siamo fortunati», disse Bill, attirando l’attenzione su di sé.

«Oh, tu sei Bill Kaulitz… sei tu che devi essere ritrasformato in un essere umano, vero?».

«Esattamente».

Alisha si accorse dell’atmosfera di tensione che si stava creando, alimentata da Bill, e scambiò uno sguardo preoccupato con Adam, che accennò un sorriso come a dirle di rilassarsi.

«Perché non ci accomodiamo in salotto, invece di stare tutti qui all’ingresso?», domandò nervosamente. «E magari mi tolgo anche questo coso», mormorò alludendo al grembiule, facendo sorridere i due vampiri più anziani.

«Sì, Alisha ha ragione», intervenì Adam. «Non sono il padrone di casa, ma prego, sediamoci».

E così si ritrovarono tutti quanti in salotto, i due discendenti sul divano e gli altri sparsi intorno al tavolo, mentre Adam era sulla poltrona.
Nonostante tutto, l’atmosfera non era cambiata ed era come se si fossero creati due gruppi: quello di Alisha, composto da Bill, Tom, Noemi, Gustav e Georg da una parte e quello di Eugene, che appoggiava esclusivamente su Jeremy; Adam stava al centro, come se non volesse schierarsi con nessuno dei due.

«Vorrei potervi offrire qualcosa, ma…», tentennò per l’ennesima volta Alisha, cercando di smorzare la tensione e di rompere quel nervoso silenzio, e parve riuscirci, poiché i due discendenti risero.

«Non ti preoccupare, avremmo dovuto rifiutare comunque», rispose Jeremy, con il solito sorriso eccitato e un po’ perverso di sempre.
Tom fece una smorfia di disgusto, ma nessuno a parte Noemi se ne accorse.

«Dunque, parliamo del motivo per cui Adam ci ha chiamati», esordì Eugene, sporgendosi in avanti con i gomiti sulle ginocchia e le mani giunte. «Come abbiamo già detto, Bill vorrebbe ritornare umano e i motivi mi sembrano ovvi: sei una star internazionale e la tua vita sotto i riflettori sarebbe ancora più complicata di quanto lo è già. La popolarità non permette il passare inosservato e i vampiri non cercano attenzioni: sono due cose in completo disaccordo».

«Sì, è esatto», rispose Bill, conciso.

I due discendenti si scambiarono una lunga occhiata e poi annuirono, tornando a guardare il piccolo esercito che si trovavano di fronte.

«Chi è stato a trasformarti?», chiese Jeremy, incuriosito.

«Una vampira neonata, doveva avere meno di due anni», spiegò brevemente Alisha, tralasciando il fatto che avevano già avuto a che fare con lei in quanto aveva tentato di mordere Tom.

«E che fine ha fatto?», domandò il rosso, sollevando il sopracciglio e con esso ancora un angolo della bocca, disegnando un sorriso eccitato.

Otto paia di occhi si posarono su Alisha, incuriositi, ma non nello stesso modo perverso in cui lo era Jeremy. Nessuno, a parte Tom, conosceva quella storia; lui era stato l’unico a cui l’avesse raccontata.

«È morta», rispose stizzita, senza incrociare lo sguardo di nessun altro a parte il suo interlocutore.

«E come fai a saperlo?».

«L’ho uccisa io».

Il silenzio che calò dopo quella dichiarazione fu pesante e durò diversi minuti.
Una folgore squarciò il cielo fuori dalla finestra e un rombo di tuono fece tremare lievemente i vetri delle portefinestre. Aveva iniziato a diluviare.

Alisha, fattasi piccola piccola sulla sedia su cui era appollaiata, incrociò lo sguardo di Tom, proprio al suo fianco, e lui le strinse una mano, sorridendole. Aveva tutto il suo supporto.
In quel momento, come mai, percepì quanto si fossero avvicinati nel corso del tempo: da due perfetti estranei, restii persino a guardarsi, erano diventati migliori amici, opposti di due calamite che si erano inevitabilmente attratti.

Jeremy scoppiò a ridere, stringendosi la pancia con un braccio e battendo una mano sul ginocchio. Rideva sguaiatamente, tanto da far innervosire sia Bill che Noemi, che iniziarono a ringhiare sommessamente.
«Questa ragazza mi piace!», indicò Alisha, poi si rivolse al suo compagno: «Non trovi sia fenomenale, Eugene! È così… fuori dal comune!».

«Nessuno di normale dovrebbe esaltarsi uccidendo», disse Adam a bassa voce, tanto che solo i vampiri riuscirono ad udirlo, ma entrambi i discendenti non gli badarono.

«Alisha ha qualcosa di diverso dagli altri vampiri, è ancora particolarmente legata alla sua… umanità», disse Eugene, mentre Jeremy non faceva altro che annuire ed osservarla con quei suoi occhi grandi, spalancati più del necessario, dandogli quell’espressione da folle.
«Comunque sia», riprese Eugene, ricomponendosi. «Si può fare».

«Nel senso che mi ritrasformerete in umano?», chiese Bill, sollevando il viso da quello di Alisha, dopo aver posato le mani sulle sue spalle ed averle strette.

«Sì».

«Oh, per fortuna», si lasciò andare ad un sospiro Tom, poi si ricordò di Noemi e con l’altra mano strinse la sua. «Per quanto riguarda lei, invece?».

«Lei chi?», chiese Jeremy. Posò lo sguardo sulla piccola vampira e fu come se si fosse accorto della sua presenza solo in quel momento. Il sorriso perverso riconquistò le sue labbra. «Oh, la neonata!».

«Noemi. Si chiama Noemi».

«Sì, come preferisci», sventolò una mano, come se volesse scacciare una mosca fastidiosa. «Eugene?».

«Lei non ha alcun motivo valido per cui voler ritornare un essere umano», decretò, dopo qualche secondo di riflessione. «Che io sappia».

«Ben detto», l’appoggiò il pel di carota.

«Forse non ce l’ha», iniziò a dire Tom, paonazzo.

«Tom, non è necessario…», provò a calmarlo Noemi, ma lui le fece segno di stare zitta e continuò: «Forse non ha alcun motivo valido per tornare umana, ma è ciò che vuole e ha il diritto, come tutti, di ottenerlo, visto che voi avete questa la possibilità».

Jeremy scoppiò in un’altra fragorosa risata, che non fece altro che alimentare il fuoco che già ardeva nel petto di Tom. Tutto d’un tratto, però, smise e la sua espressione divenne seria ed imperturbabile per la prima vera volta.
«Non uccideremo una nostra sorella, se non è strettamente necessario», disse con una voce del tutto diversa, da adulto.

«Un motivo valido ci sarebbe», intervenì Bill, stringendosi le braccia al petto. «Poiché Noemi è la ragazza di Tom, ed essendo Tom una star internazionale, sempre sotto i riflettori, di conseguenza anche Noemi lo sarebbe e…».

«Il tuo ragionamento è logico, Bill», lo interruppe Eugene, con la solita calma. «Ma la stessa cosa vale per Alisha».

«Io non posso più essere trasformata in un essere umano, il mio destino è segnato per l’eternità», rispose lei. «Noemi è ancora piccola, ha la possibilità di cambiare».

I due discendenti rimasero in silenzio per diversi istanti, soppesando tacitamente le ragioni del gruppo di fronte a loro, che nel frattempo era diventato ancora più compatto e stretto: tutti si tenevano per mano o si toccavano, infondendosi forza l’un l’altro, proprio come una vera squadra, una famiglia.

Il silenzio venne spezzato ancora una volta dalla fragorosa risata di Jeremy, che, piantando le mani nel divano, si diede la spinta per alzarsi e fece un passo verso Noemi, di fronte alla quale si inginocchiò.
Bill aveva iniziato a ringhiare istintivamente e Tom si unì a lui, ingelosito, ma Jeremy non vi badò minimamente ed osservò i profondi occhi rubino della giovanissima vampira, prendendole le mani fra le sue.

«Hai degli amici splendidi, sei fortunata», le disse, sorridendole dolcemente. «Non si arrenderanno proprio mai, eh?».

«Mai! Combatteremo fin quando non avremo ciò che vogliamo!», rincarò la dose Tom.

All’udire quelle parole, il sorriso dolce di Jeremy si trasformò di nuovo in quello eccitato e perverso. «Proprio per questo, ho una proposta da farti, zuccherino».

Noemi scacciò via la mano diafana del pel di carota che le aveva stuzzicato il mento, vagamente disgustata. «Quale sarebbe?».

«È molto semplice: noi ti ritrasformeremo in umana, a patto che tu ti batta con me».

«In un… combattimento?». La sua voce tremò nel pronunciare quella parola, sintomo della preoccupazione, e gettò uno sguardo ansioso ad Alisha.

«Esatto, piccolina. Un innocuo, divertente, combattimento».

Noemi si guardò intorno, incrociando uno per uno gli sguardi dei propri amici. Alla fine del giro, posò gli occhi in quelli di Tom e sentì il suo cuore iniziare a galoppare, nonostante cercasse di trasmetterle forza con un sorriso.
«Okay», rispose, decisa.

«Perfetto!», squittì Jeremy, schizzando di nuovo in piedi e voltandosi verso Eugene, che scuoteva il capo, rassegnato. «È da secoli che sogno di battermi contro una neonata! Sarà… eccitante».

Il compagno non gli diede corda, si alzò con una lentezza umana, calcolata, e rivolse un sorriso cortese a tutti, umani e vampiri.
«Allora ci vediamo domani», disse, nel suo solito tono pacato, tutto il contrario rispetto a quello sempre esagitato di Jeremy.
Com’era possibile che quei due fossero così affini? Erano l’uno l’opposto dell’altro! Ma forse era quello che li accomunava e li univa.

«Sì! Domani alle prime luci dell’alba, come nei veri duelli!». Jeremy iniziò a saltellare, proprio come un ragazzino. Ad occhio e croce doveva essere stato trasformato a diciott’anni, ma era decisamente un bambino. «A voi la scelta del luogo».

«Avete presente dove sono gli studi di registrazione della Universal?», chiese Bill; i due vampiri scrollarono le spalle: l’ubicazione del luogo l’avrebbero trovata da soli, non c’erano dubbi. «Lì intorno è tutta campagna».

«Magnifico», disse Jeremy. «Allora a domani, zuccherino!», salutò Noemi con un occhiolino e si infilò l’impermeabile nero, poi uscì dall’appartamento, seguito da Eugene, che salutò con un cenno di mano ed un sorriso.

Quando la porta fu chiusa tutta la tensione svanì, come se se ne fosse andata con loro, e tutti si rilassarono, almeno apparentemente. Ora c’era da pensare a ciò in cui erano andati a ficcarsi, accettando la pericolosa sfida di Jeremy.
Noemi si rannicchiò sulla sedia e nascose la testa fra le ginocchia, realizzando solo allora ciò che era successo.

«Ti sei cacciata proprio in un bel guaio», sospirò Adam, portandosi le mani dietro la testa.

Tom avvolse il corpo di Noemi con le braccia e lo fulminò con lo sguardo. «Che cosa vorresti dire?».

«Non ho mai visto nessuno più bravo nel combattimento di Jeremy», scosse il capo. «E scommetto che lei non sa nemmeno da dove si comincia».

«Ed è per questo che tu le insegnerai!», disse Bill, sconvolgendo tutti. Anche se, a pensarci bene, era l’unica soluzione possibile…

«Non si impara a combattere in una sera sola», ribatté, asciutto.

«Ma almeno saprei da dove si inizia», mormorò Noemi, sollevando il capo e guardandolo implorante negli occhi. «Ne va della mia vita, Adam. Io non voglio essere… così».

Adam chiuse gli occhi, colpito da quelle parole che aveva già sentito pronunciate da altre labbra, e sollevò lo sguardo su Alisha, che aveva lo stesso identico sguardo supplichevole di Noemi.
Non poteva aiutare Alisha a diventare ciò che voleva, ma poteva aiutare Noemi.

 

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Ciao a tutti! :D Quante cose belle che sono successe! 
Tom ha finalmente capito la vera importanza di Noemi per lui e ha deciso di provarci. Che teneri *w*
Adam e Bill hanno parlato senza azzuffarsi nel salotto xD E la cosa che mi è piaciuta di più di questo passaggio è stato far trapelare che anche loro sono sempre stati alleati per la felicità della donna che amano. Bill ha avuto la possibilità di apprezzare Adam per la prima volta e Adam ha apprezzato Bill per avergli risposto a quelle domande un po' personali ed imbarazzanti :) Chissà, anche loro hanno qualche possibilità di diventare amici? O Adam, una volta aiutata la piccola Noemi, se ne andrà e porrà fine alla propria vita come ha detto ad Alisha? :(
Quello che preme ora è l'arrivo dei discendenti (adoro Jeremy e la sua follia perversa xD) che hanno accettato di ritrasformare Bill, ma hanno fatto un po' i capricci per quanto riguarda Noemi. Alla fine però sono arrivati ad un compromesso e non è poi così positivo per lei, visto quello che ha detto Adam. Ce la farà ad imparare a combattere in una sera? (Stile New Moon anche questo, lo so, perdonatemi -.-" xD).

Ringrazio di cuore chi ha recensito lo scorso capitolo *-* Ovvero Tokietta86 xD
E chi ha letto soltanto! :)
Alla prossima! Vostra,

_Pulse_

   
 
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