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Autore: _Fox    08/01/2011    2 recensioni
Il semplice frutto di una riflessione improvvisa.
Le risposte dettate dalla ragione non sono sempre quelle che vogliamo sentire...
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aequilibrium

 

 

 

 

 

 

 

 

L’essere umano è qualcosa di troppo articolato, profondo, quasi contraddittorio.

Anima. Corpo. Mente.

Tutte le volte che penso alle infinite risoluzioni a cui può portare un semplice ragionamento razionale, mi sovviene un baratro senza fine, di un nero angosciante.

Ma è così. Inevitabile. Quando arriva il momento di crescere, di capire a cosa serva in realtà tutta quella nostra capacità di riflessione, il bivio diventa inesorabile.

E per chi sceglie di affidarsi all’inconfutabile logica del ragionamento razionale comincia la strada più tortuosa.

L’uomo ha bisogno di qualcosa in cui credere ciecamente, ne sono sempre stata convinta.

Credo anche che tutti, almeno una volta, si siano trovati a fare questa mia stessa riflessione. Sono stati sull’orlo del baratro, indecisi se salire o meno su quel perfetto binario razionale, capace però di portare sulla soglia della follia qualsiasi mente un po’ spaurita.

 

 

 

 

 

 

Mi convinco di non avere paura.

In un certo senso, la perfezione di quell’abisso di conoscenza può essere confortante, se ci si affida alla potenza della nostra mente, alla sete mai saziabile dell’uomo di risposte concrete.

Quell’abisso, le risposte le dà. E fin qui ci siamo. Tutto ok.

I responsi che il raziocinio ci dà, però, non sempre corrispondono a ciò che vogliamo sentirci dire.

Cerchiamo risposte, disperatamente, con quella fame di sapere che ci ha contraddistinto dall’inizio dei tempi. Poi la risposta arriva. Cruda.

E non è quello che vogliamo sentirci dire.

Ciò che scopriamo ci immerge automaticamente in una realtà nuova, più realista, ineluttabile. Sappiamo che da quel momento in poi una certezza più confortante sarà sostituita da un’altra, inconfutabile ma a suo modo spaventosa. E abbiamo paura.

Vogliamo riemergere, tornare al nostro dolce credere in ciò che ci piace.

Pensateci bene. Preferiamo sempre rimanere nella falsa convinzione che il ragazzo che ci piace ricambi le nostre occhiate fugaci, che esista da qualche parte il vero amore –per sempre -, o ci convinciamo che ci sia ancora qualcuno, nella società d’oggi, che non si fermi alle apparenze.

Vogliamo credere che è solo un periodo, che prima o poi la nostra vita si risolleverà da sola e splenderemo, come le costruite protagoniste di un film americano.

Tutto andrà al suo posto senza costarci uno sforzo, come i tasselli di un puzzle.

Ogni cicatrice, ogni ferita scompariranno senza lasciare traccia.

Perfetto.

Poi spegniamo la televisione. 

Siamo di nuovo sull’orlo dell’abisso.

La realtà.

La verità.

Cruda. Spietata.

Sappiamo cosa c’è oltre. Ci basta un passo, e il nero ci inghiottirà colmandoci di risposte che non vogliamo sentire.

Tutto rimane com’è e al contempo, solo affacciandoci sul precipizio, riusciamo a vedere ogni cosa sotto una prospettiva diversa.

Ci basta un attimo. Un solo, misero attimo di riflessione, e tutto ciò che non va ci piomba addosso. Ogni cosa. Dalla più insignificante alla peggiore. E ci manca l’aria, gli occhi si appannano e non vogliamo più vedere, vogliamo ricominciare a credere in Babbo Natale e nel risveglio della Bella Addormentata dopo cent’anni.

Perché è più facile.

 

 

 

 

 

 

 

Ma gli happy ending non esistono. [Vale la pena vivere se non c’è neanche un lieto fine?]

 

Nulla tornerà a posto, se non si lotta tanto da farsi male. [Devo crederci, andrà tutto bene]

 

Nessuno ti dirà che vali, se non dimostri di avere un valore. [Nessuno sa vedermi per quello che sono]

 

 

 

 

 

 

 

 

Assurdo.

In tanti paragonano il buio al non sapere, all’ignoranza; ma io, ora, nel raziocinio riesco solo a vederci l’oblio.

E so che forse non ha senso – anche perché gran parte di ciò che sto scrivendo in questo momento va contro i miei stessi principi - so che in realtà dovrebbe essere quell’abisso nero a riportarmi alla luce, a saziare ogni mio desiderio di sapere.

La realtà non è mai più piacevole dei nostri sogni. L’ho imparato questo.

Sono cresciuta.

Non credo più in Babbo Natale.

Credo nella conoscenza. So che, al punto in cui siamo, nella storia che stiamo scrivendo, nulla potrà aiutare l’uomo più della forza del suo intelletto.

Ma al contempo credo nell’anima. Credo nella complessità dell’essere umani, delle sensazioni più o meno piacevoli che ci rendono quello che siamo.

È per questo che, ogni tanto, faccio un passo indietro.

Lancio un ultimo sguardo al baratro e penso che, per quanto io possa crederci, non c’è solo quello.

Emozioni, sogni. Convinzioni che, almeno per un po’, ci liberano da quella dolorosa consapevolezza del dover vivere in una realtà in cui Santa Claus non esiste, la maggior parte delle volte la vita te lo piazza in quel posto e ti ritrovi ad arrancare per tirarti di nuovo in piedi.

Lo so che tutto questo c’è.

E mi basta.

Ma ogni tanto, credo sia meglio sognare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autore:

 

Non so neanche io come mai mi ritrovo qui ad aggiornare. Avevo specificato che avrei chiuso il cantiere per un paio di mesi... ma sapete anche voi quanto sia difficile resistere alla prepotenza dell’ispirazione.

Tornando a noi, ci tengo solo ed unicamente a chiarire che questo è frutto di una semplice quanto improvvisa riflessione personale. Soggettiva. Arbitraria. Non ho scritto con l’intenzione di contestare il modo di pensare altrui, o chissà cos’altro. Mi sono solo ritrovata a pensare - a nulla di preciso in realtà - ed ecco cosa ne è venuto fuori.

Per concludere, mando un saluto a tutti, a chi legge di svista e a chi mi farà l’immenso piacere di lasciare un commento o, chissà, di fare un salto sulla mia pagina autore.

Per ora, questo è quanto. Alla prossima.

 

Fox.

   
 
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