Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Sara Weasley     09/01/2011    14 recensioni
Se proprio doveva essere sincero, anche il fatto che suo fratello avrebbe trascorso ben quattro mesi lontano da casa, a studiare in una scuola dispersa chissà dove, non era affatto un dettaglio trascurabile. Gli occhi grigi di Regulus vagarono per la stanza, posandosi sul grande orologio appeso al muro: le lancette si spostavano ad intervalli precisi, scandendo prima i secondi e poi, progressivamente i minuti; quel tempo che scorreva, inesorabile, non sarebbe mai più stato suo. E, improvvisamente, tutto gli fu chiaro: come aveva fatto a non pensarci prima?
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

La promessa di Regulus Black.

 
 
 
 

Dalla sua finestra, riusciva a sentire il canto delle cicale perdersi nell’aria afosa di Agosto e immischiarsi alle risate di una bambina che giocava lì, da qualche parte oltre la grande siepe sbiadita e secca.
Era stato un mese strano, quello: il sole batteva alto nel cielo e il caldo si soffriva in qualsiasi ora del giorno o della notte, nonostante l’indomani il foglio del calendario avrebbe segnato Settembre.
Tuttavia, i fattori climatici leggermente alterati non erano di certo l’unico motivo per cui Regulus potesse considerare il mese di Agosto un mese strano.
Osservò con fare pigro la palla rossa della bambina levarsi nell’aria e poi ricadere per terra. I Babbani erano proprio degli sciocchi: che senso aveva lanciare qualcosa, se sapevano che sarebbe ricaduta giù pochi secondi dopo?
Forse, pensò Regulus, è tutta una questione di tempo:
Per esempio, lui sapeva esattamente che tra 20 ore e diciassette minuti la sua vita sarebbe stata stravolta completamente, e il mondo come lui lo conosceva sarebbe stato immancabilmente diverso. 
Un’altra cosa importante da notare, a detta di Regulus, era che Sirius,  pochi mesi prima, aveva compiuto 11 anni; e il caso voleva che domani fosse proprio il primo di Settembre.
Se proprio doveva essere sincero, anche il fatto che suo fratello avrebbe trascorso ben quattro mesi lontano da casa, a studiare in una scuola dispersa chissà dove, non era affatto un dettaglio trascurabile.
Gli occhi grigi  di Regulus vagarono per la stanza, posandosi sul grande orologio appeso al muro: le lancette si spostavano ad intervalli precisi, scandendo prima i secondi e poi, progressivamente i minuti; quel tempo che scorreva, inesorabile, non sarebbe mai più stato suo.
E, improvvisamente, tutto gli fu chiaro: come aveva fatto a non pensarci prima?
La colpa di tutto quel gran pasticcio, era del tempo! Era colpa sua se lui era nato un anno dopo di Sirius, e ora doveva rimanere per mesi in casa da solo mentre suo fratello andava in un posto bellissimo lontano da lui. 
Regulus rivolse al grande orologio un occhiataccia: indubbiamente, il tempo doveva essere una persona cattiva. Quando vuoi che qualcosa non passi mai, lui va veloce. Quando vuoi che qualcosa passi veloce, lui non passa mai, pensò con uno sbuffo.  
Come adesso: avrebbe volentieri trascorso le sue ultime diciannove ore e cinquantaquattro minuti con Sirius, ma quest’ultimo era stato messo in punizione dalla madre: che sciocco che era stato, era di nuovo sceso in cortile a giocare con quella stupida ragazzina.
Istintivamente, tornò ad osservare fuori dalla finestra: proprio in quel momento, la palla rossa si stava alzando in aria. Però, invece di cadere nel giardino giusto,  urtò il ramo di un albero e cadde dritta nel giardino di casa Black.
Regulus trattenne il respiro per qualche secondo: e ora?
La mamma lo diceva sempre, a lui e a Sirius: non bisogna mai parlare con i Babbani. Il loro sangue è sporco, e sono inferiori a noi. Non sanno neanche che cos’è la magia! Dovete stare alla larga da gente  sudicia come quella.
Sirius però non aveva mai rispettato la regola. Lui usciva sempre di casa, a giocare con i ragazzini delle abitazioni accanto, con quella stupida palla che andava in aria e poi cadeva senza nessuno scopo preciso.
Regulus, al contrario, non aveva mai disobbedito alla mamma. Perché avrebbe dovuto farlo? I Babbani erano persone inferiori, e lì fuori non c’era niente che lo attirasse particolarmente: tutto quello di cui Regulus aveva bisogno, era in casa.
Ma Sirius domani se ne sarebbe andato, lasciandolo solo e senza più nessuno con cui giocare. Che cosa avrebbe fatto, senza suo fratello?
Certo, aveva Mr. Tartufo, ma lui non sapeva mica giocare a scacchi magici! E prendere in giro qualcuno che non può risponderti non è affatto divertente.
Improvvisamente, ritornò ad osservare la palla rossa che giaceva nell’erba del suo giardino: forse, per una sola volta, poteva provare.
Provare, per vedere come si ci sente ad essere Sirius.
 
 
Regulus gettò un ultima occhiata alla casa ombrosa alle sue spalle: se sua madre o suo padre l’avessero visto, di sicuro l’avrebbero picchiato. Proprio come facevano con Sirius, tutte le volte.
Deglutì e, imponendosi di farsi coraggio, prese in mano la palla rossa. Tra la siepe e lo steccato, c’era un punto in cui le foglie e le spine erano rade, a furia di tutte le volte che Sirius ci sgusciava dentro. Per lui, che era si e no più basso di tre o quattro centimetri, passarci dentro non fu un problema.
Il giardino dall’altra parte della siepe, era pressappoco lo stesso del suo: solo più verde e solare; qualcuno, in un angolo sulla destra, aveva piantato dei tulipani rossi che erano in principio di seccare per via del caldo cocente.
«Sirius?»
Regulus smise di esaminare il panorama, fissando una bambina con lunghi capelli castani che gli sorrideva radiosa. Istintivamente, fece un passo indietro per assicurarsi che lei non lo toccasse.
«No» rispose, «sono Regulus, suo fratello.»
Quella Babbana lo aveva scambiato per Sirius: non sapeva se esserne irritato o felice.
«Siete gemelli per caso?» domandò ancora la bambina.
«No. Io sono più piccolo. Questa è tua?» chiese poi, indicando la palla che aveva in mano.
La bambina annuì con un sorriso, chinandosi a riprendersi la palla, ma Regulus la lasciò cadere un attimo prima che le mani di lei potessero toccare le sue: era pur sempre una sporca Babbana senza magia.
«Ti va di giocare?» lo invitò lei.
«A cosa?»
«A palla.»
Regulus aggrottò le sopracciglia.  «Perché?»
«Perché cosa?»
«Perché giochi con quella palla» puntualizzò.
La bambina sembrò un attimo spaesata. Poi fece spallucce. «Perché è divertente.»
«A me sembra noioso» borbottò lui, annoiato.
Ma lei non sembrava tipo da poter smettere di sorridere. «Anche tu sai fare le magie come Sirius?»
Quello scemo di suo fratello aveva fatto della magia di fronte ad una Babbana?
«Certo» esclamò Regulus, alzando fieramente la testa. «Ma non posso fartele vedere.»
La bambina rise. «Questo significa che non le sai fare!»
L’orgoglio del secondogenito Black ruggì piano. «Sì che le so fare» disse Regulus, stizzito. Aveva deciso: quella bambina gli stava davvero antipatica.
Dopotutto, era una Babbana.
«E allora provalo!»
Che cosa doveva fare, adesso?
Sua madre gli aveva vietato di fare magie fuori di casa, specialmente con persone inferiori come quella tipa seccante. Però, in questo modo, lei non gli avrebbe creduto, e come tutti gli altri, lo avrebbe considerato inferiore a Sirius.
«E va bene!» sbottò Regulus. Strappò senza alcuna cura uno dei tulipani rossi dal giardino e con un gesto sprezzante cominciò a far aprire e chiudere i suoi petali,  morbidi e porosi come una spugna.
«Visto?» si vantò, osservando con soddisfazione gli occhi castani di quella bambina luccicare di tenero stupore.
«Ma è bellissimo!» strillò lei, guardandolo estasiata. «Ti prego, fallo ancora.»
Sul viso del giovane Black si disegnò una smorfia che assomigliava lontanamente ad un sorriso compiaciuto.
Forse non era poi così male, forse quella Babbana avrebbe potuto preferire lui a Sirius.
 
Poi, però, un rumore lo fece scattare: aveva sentito lo schiocco gelido di una finestra che si apre con stizza e, quando si girò verso casa sua, capì che sua madre lo aveva visto.
Improvvisamente, il panico si impossessò di lui: senza degnare di uno sguardo la giovane ragazza, lasciò cadere freddamente il fiore e, con il cuore che gli pulsava nel petto, attraversò di fretta il buco nella siepe, ignorando la voce di lei che lo chiamava.
Aveva deluso sua madre.
Per la prima volta in vita sua, aveva tradito le aspettative dei genitori, della sua famiglia.
Gli venne da piangere per la disperazione: e adesso, che cosa avrebbe fatto?
Ora non era più perfetto. Ora, non c’era speranza di raggiungere Sirius.
Regulus sentì la bolla che aveva costruito faticosamente, giorno dopo giorno,  andare in frantumi: fu in quel momento che si ripromise che non avrebbe mai più deluso la famiglia Black.
Entrò in casa, chiudendosi di fretta la porta alle spalle. Cominciò a salire le scale, con fare disperato, mentre la sua mente lavorava freneticamente in cerca di una soluzione, in cerca di qualcosa che potesse giustificare il suo comportamento riprovevole.
Fu sui gradini che si imbatté in Sirius: suo fratello stava tranquillamente scendendo le scale,  come se solo ieri non fosse stato messo in punizione da Walburga; rivolse a Regulus uno sguardo perplesso.
«Che stai facendo qui?» domandò immediatamente Regulus.
Un piccolo ma elegante Sirius Black fece spallucce. «Stavo andando a salutare Elise, prima di domani.»
Regulus provò una punta di gelosia per quella stupida ragazzina Babbana: sul serio aveva pensato che non fosse poi tanto male? Stava per dire qualcosa, poi sentì dei passi minacciosi scendere la rampa di scale superiore e immediatamente si ricordò del perché stava correndo.
«Reg, tutto bene?»
Regulus guardò suo fratello maggiore, in procinto di scoppiare a piangere per la stizza e per la tristezza: era convinto di non aver deluso solo sua madre, ma, nel profondo, aveva deluso anche se stesso; si era concesso di infrangere le regole per uno stupido capriccio: per provare ad essere come Sirius almeno per una volta, per provare che cosa volesse dire essere preferito tra i due fratelli Black.
Che stupido, era stato:
Lui non sarebbe mai stato come Sirius, e nessuno con un po’ di intelligenza avrebbe scelto lui.
«S-sono sceso in giardino. E ho parlato con quella Babbana!» sbottò in preda al panico più totale. «Che cosa dirò alla mamma?»
Un'altra manciata di passi fecero sussultare Regulus: l’idea di deludere Walburga era così disastrosa per lui, che non si accorse del sorriso orgoglioso che gli rivolse Sirius.
 « Reg, tranquillo, non hai fatto nulla di male » lo consolò il fratello.
« Sono uscito, invece!» piagnucolò Regulus, « sono uscito, e quella bambina Babbana mi ha visto fare una magia!»
Sirius sbuffò. « Io parlo con loro tutte le volte! »
 « Sì, ma… ma è diverso» balbettò il più piccolo dei due.  «Come faccio adesso, Sis
Sirius contemplò il viso sofferente di suo fratello per qualche secondo: a lui delle stupide regole di sua madre non era mai importato nulla; la vita di Regulus, al contrario, era completamente basata su quegli ordini. Sirius decise ciò che fece in un secondo soltanto: «Tranquillo. Le dirò che è stata colpa mia. »
Regulus smise di tremare; il ghiaccio nei suoi occhi sembrò sciolto.  « Davvero? Lo faresti davvero? »
Sirius sorrise fiero di se stesso: dopotutto, quello era l’ultimo giorno che passava in compagnia di Regulus. « Sì. Ma ricordati, mi devi un favore. »
Regulus ricambiò con circospezione e gratitudine, certo che non avrebbe mai dimenticato quel momento. « Ripagherò il mio debito, te lo prometto! » 
 
Qualche minuto dopo, Walburga aveva raggiunto i due ragazzi, mostrando tutta la sua gelida fierezza. «Sirius! Tu dovresti essere confinato in camera tua! Che cosa ci fai qui?»
Il primogenito della famiglia Black non si era scomposto più di tanto. «Sono uscito fuori, madre.»
«Allora eri tu!»
Regulus sapeva esattamente quello che sarebbe successo da lì a poco: per una attimo, pensò di dire che la colpa era tutta sua, che Sirius non c’entrava nulla; aprì la bocca per confessare, ma il fiato non gli uscì dalla gola e le parole gli morirono strozzate tra i denti. Fu inesorabile, dunque:  accompagnato da uno sonoro Sciaf, uno schiaffo si abbatté sul volto di Sirius, che fu costretto a voltare la testa tanto forte era il colpo.
Come al solito, Sirius non protestò, né si lasciò sfuggire una lacrima. Continuò a guardare sua madre, orgoglioso e in segno di sfida, fino a quando questa non spedì entrambi i fratelli nelle rispettive camere.
 
Regulus non ringraziò Sirius. Entrò direttamente nella sua stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Con esclusiva nonchalance, ritornò a fissare il paesaggio fuori dalla finestra, sorridendo all’aria calda di Agosto.
Non importava che tutti preferissero Sirius a lui, era felice lo stesso.
Felice, perché non aveva deluso la mamma e la famiglia Black.
Felice di avere un fratello come Sirius, perché lui faceva sempre la cosa giusta.
Felice, perché aveva fatto una promessa a Sirius e ora aveva un debito con lui.
Orion Black glielo ripeteva continuamente: i Black  mantengono sempre le promesse e non dimenticano mai di ripagare i debiti, Regulus.
Sirius gli aveva assicurato che nulla sarebbe cambiato tra loro, e lui non ci aveva creduto.
Adesso, c’era un motivo in più che gli dava quella flebile certezza: erano Black, e avevano fatto una promessa.
Regulus sentiva come se un filo rosso avesse unito lui e suo fratello: era qualcosa di in sospeso, qualcosa che li teneva insieme, qualcosa che andava oltre il Sangue e faceva parte della natura stessa di essere uomini. Anche se Sirius sarebbe andato ad Hogwarts, aveva qualcosa che li legava insieme, inseparabilmente.
Con uno sbuffo, Regulus chiuse la finestra; si arrampicò sul letto, e allungandosi sulla punta dei piedi fermò le lancette del vecchio orologio con stizza:
Forse in questo modo il tempo si sarebbe fermato e non gli avrebbe portato via la persona più importante della sua vita.
Regulus fu certo che mai e poi mai avrebbe ripagato quel debito che aveva con Sirius, così che quella promessa gli avrebbe tenuti legati insieme per tutta la vita.
 
 
Nell’estate del 1971 Sirius aveva undici anni e Regulus dieci.
Il primo Settembre, come tutti i maghi e le streghe della sua età, Sirius oltrepassò il binario 9 e ¾ . Per l’ennesima volta, con un sorriso, promise a Regulus che le cose tra di loro non sarebbero mai cambiate: questa volta,  lui gli credé ciecamente.
Dopotutto, i Black mantengono sempre le promesse.
Fu così che Sirius salì sull’Espresso per Hogwarts: qui incontrò James Potter, Remus Lupin e Peter Minus… ma questa è un'altra storia.
Quando tornò a casa per le vacanze di Natale, carico di regali e voglioso di raccontare a Regulus le malandrinate che aveva fatto con i suoi fantastici amici, rimase piuttosto deluso.
Aveva promesso a Regulus che nulla sarebbe cambiato: ma la promessa non fu mai mantenuta. Era un Grifondoro, e si sa: Black e Grifoni non vanno d’accordo.
Gli anni passarono, e Regulus continuò a pensare che la colpa fosse tutta del tempo anche dall’alto dei suoi sedici anni, osservando l’orologio verde smeraldo della Sala Comune Serpeverde.
Non dimenticò mai quel lontano giorno di Agosto: era stato in quell’afoso pomeriggio che la sua vita era completamente cambiata:
Il rapporto con Sirius si era sbriciolato pian piano: aveva ripagato quel debito da degno Black, e ora non c’era più nulla che li legava.
Come si era ripromesso di fare, aveva adempito a tutti i suoi compiti: era stato smistato in Serpeverde, come ogni Black –o quasi- prima di lui; era diventato un Mangiamorte, come la cugina gli aveva consigliato saggiamente e come sua madre gli aveva suggerito di fare.
Solo allora, quando il suo mondo era stato stravolto da ciò che gli altri avevano deciso per lui, si era ricordato di una cosa: Sirius faceva sempre la cosa giusta.
Quando Regulus aveva diciassette anni, si accorse che c’era un'altra promessa che non aveva mantenuto: Sirius gli aveva giurato che nulla sarebbe cambiato; ma l’unica persona diversa, era stata lui. Aveva un altro debito, quindi: e suo padre glielo diceva spesso, che i Black ripagano sempre i debiti.            
Regulus osservò il mare che schiumava e ribolliva sotto di lui, inghiottito da quella grotta spettrale, e le stelle che illuminavano il cielo plumbeo di Agosto: anche quell’anno faceva molto caldo.
Per un secondo, Regulus sentì che il tempo si fermava: tornò con la mente indietro a quel giorno afoso del 1971, quando inconsapevolmente aveva scritto a penna la trama intricata del suo futuro.
Quando lui e Sirius erano stati uniti da un invisibile filo rosso.
Regulus sorrise al suo destino: forse, non era ancora troppo tardi per mantenere la sua promessa. 






Note dell'autrice: questa one-shot è collegata alla serie "Da chi lo ha tre volte sfidato", ma può leggerla chiunque.
 

Beh, non so cosa dire XD
Direi che è parecchio bizzarra! Spero che questo chiarimento sia servito a qualcosa, specie per sbrogliare la complicata situazione Regulus\Sirius che si è creata nella storia. Se qualcosa non è chiaro, chiedete pure ^_^
C'è una piccola novità: ho usato la terza persona. Non so bene come mi sia uscita, diciamo che mi trovo più a scrivere con la prima, ma essendo questa una one-shot volevo cambiare!
La parte in corsivo, sinceramente, non so neanche io da dove mi è uscita XD Dovrebbe essere una specie di riepilogo, o qualcosa del genere.
Sì. Ehm... ok, basta, taglio la corda!
Spero che vi sia piaciuta!
Sara =)


   
 
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Sara Weasley