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Autore: _AleAle_    09/01/2011    3 recensioni
Terza e ultima storia dopo "There's Just Too Much That Time Cannot Erase" e "Vida Vida" (ma che può tranquillamente essere letta sola se non volete leggere le altre :P ).
Voldemort è stato sconfitto da tanto tempo, i Malandrini sono riusciti a crearsi delle famiglie ed ora i rispettivi figli frequentano Hogwarts.
Ma cosa succede se i Lestrange, tenutisi fuori da Azkaban, hanno a disposizione un incantesimo oscuro per riportare in vita il loro padrone? E se tutto questo richiede scelte importanti e sacrifici?
Storie d'amore e d'amicizia, decisioni e tradimenti, amore e odio, bugie e misteri, tutto ofuscato dall'antica minaccia di Lord Voldemort.
A quasi dieci anni dall'inizio della loro missione, i Mangiamorte sono pronti a portarla a termine.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'altra storia, un'altra vita'
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Questi personaggi appartengono a JK Rowling, la storia non è scritta a scopo di lucro.

 

Salve a tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii :D

Eccomi tornata a rompervi le scatole, come promesso! :P

Allora, in questo primo capitolo non avremo Harry&Co, perchè voglio introdurre quattro nuovi personaggi fondamentali, ma dal chap 2 i nostri amici torneranno in tutto il loro splendore.

La storia, come penso avrete capito, questa volta ha come protagonisti non i Malandrini ma i loro figli, Harry frequenta il settimo anno con Ron e Hermione, Camille, Samuel e Ted il sesto e Noah il quarto.

Se mi lasciate qualche recensione mi fate immensamente felice, anche magari per dirmi che faccio schifo!

Baciniiiiiii

Ale

 

NOTE:

- PERDONATEMI! Siccome sono un'idiota stratosferica, mi sono accorta di aver fatto un disastro totale con le date in Vida Vida, quindi per cercare di sistemare un pochino le cose vi metto le date di nascita dei nuovi personaggi, voi fate riferimento a queste, non alle altre che ho scritto prima. Scusatemi ancora.
Harry: 31 luglio 1980
Camille: 29 dicembre 1981
Samuel: 30 marzo 1981
Noah: 15 maggio 1983
Ted: 26 febbraio 1982
Juliet (che comparirà dal prossimo capitolo): 16 novembre 1989
Personaggi che vedrete da questo chap:
Dione/Deimos: 25 gennaio 1981
Mizar: 20 novembre 1980
Mira: 12 marzo 1982

- Siccome ho visto che Hermione, nonostante abbia un anno in più di Harry e Ron, è del loro stesso anno, ho deciso di anticipare l'entrata ad Hogwarts di Ted, in modo che sia al sesto come Camille e Samuel.

- Vi lascio le foto dei quattro personaggi che incontrerete, ditemi se vi piacciono! :) Nel prossimo metterò quelle degli altri personaggi!
Dione:
http://i52.tinypic.com/316tbfl.jpg
Deimos: http://i56.tinypic.com/oiwqkx.jpg
Mizar: http://i56.tinypic.com/13zzbdx.jpg
Mira: http://i52.tinypic.com/o0neir.jpg

 

CENERI DAL PASSATO

 

1. Il trasferimento

Era di nuovo in quel luogo sconosciuto

Ombre.

Era questo ciò che percepiva maggiormente.

Ombre e nebbia.

Nebbia che gli circondava i piedi nudi.

Sapeva dove di trovava, era stato tante volte in quella specie di limbo.

Si alzò, aspettando lei, che infatti apparve poco dopo.

Era di fronte a lui.

Vicina.

Non era mai stata così vicina in tutti quegli anni.

Mizar correva, non voleva che svanisse come sempre.

Lei era di spalle.

Era sempre stata di spalle, e lui era stanco, voleva vedere chi fosse.

I capelli biondi le cadevano scompigliati sulla schiena.

I vestiti sembravano mossi una brezza leggera, ma non c’era vento in quel posto.

“Chi sei?” urlò il ragazzo, senza però ottenere risposta.

Lei cominciò ad allontanarsi, a svanire davanti ai suoi occhi.

“Aspetta!” gridò lui “Non andartene!”

Ma era tardi.

Non c’era già più.

E lui sapeva cosa stava per succede.

Nonostante l’avesse sentita migliaia di volte, la voce che spezzò il silenzio poco dopo gli fece venire i brividi.

“Trovala” ordinò perentoria.

 

Mizar si svegliò si soprassalto, chiudendo immediatamente gli occhi alla vista della luce del giorno.

“Mi perdoni, signorino” bisbigliò l’elfo domestico che si stava affaccendando intorno a lui, correndo a chiudere le tende e riportando la stanza al buio.

Il ragazzo non rispose, così la creatura fece un inchino esagerato, per poi lasciare la stanza.

Toccò le lenzuola, trovandole madide di sudore, doveva essersi agitato più del solito quella notte.

Sbuffò, frustrato dall’incubo.

Non era riuscito a capire capire chi fosse lei nemmeno quella volta.

Si ributtò sotto le coperte, tentando di tornare a dormire, ma fu ovviamente tutto inutile.

Decise di alzarsi, spalancò le tende che l’elfo aveva diligentemente chiuso e guardò fuori, perdendosi nella vastità del mare.

Era cresciuto sul castello sul Mare del Nord, aveva visitato raramente le grandi città e quelle poche volte gli erano decisamente bastate.

Lui era per la tranquillità, non per la frenesia.

Vide una figura muoversi poco più in là e sorrise involontariamente.

Dione era affacciata sulla terrazza.

Come al solito, del resto.

Uscì dalla sua stanza, diretto verso la cugina, probabilmente l’unica a cui tenesse davvero dell’intera casata dei Lestrange.

I suoi zii, Rodolphus e Bellatrix, lo avevano sempre trattato freddamente, per un motivo che poi non conosceva neache lui.

Suo cugino Deimos, pur avendolo sempre coperto, non aveva mai capito come il cugino potesse essere così appassionato dal mondo Babbano, cosa che aveva sempre tenuto nascosta a tutti, specie a suo padre.

E poi c’era lui, Rabastan, che non gli aveva mai fatto mancare nulla, ma che non sarebbe potuto essere un genitore più distante.

Si ricordava di avergli chiesto, da bambino, come mai non gli volesse bene.

Lui gli aveva risposto di volergliene, solo che gli ricordava troppo sua madre.

Quando gli aveva domandato dove fosse la sua mamma, il padre gli aveva detto solo: “Sei un bravo bambino”, scompigliandogli i capelli e tornando al libro che stava leggendo, senza aggiungere altro e lasciandolo ancora più confuso.

Era quindi naturale che Mizar si fosse legato così tanto all’unica persona rimasta al castello.

Dione era l’ingenuità fatta strega.

Se lui e Deimos erano perfettamente consci del fatto che i loro genitori non fossero stati esattamente brave persone prima della loro nascita, lei non voleva crederci o forse, più semplicemente, nascondeva quella consapevolezza dietro il fatto che i suoi erano stati un padre e una madre modello.

La trovò, come sempre, immersa in chissà quali pensieri.

Era così diversa da sua madre, che era sempre cupa e abituata ad abiti austeri.

La ragazza riusciva a riscaldare la fredda atmosfera del castello, con la sua allegria e quegli abitini colorati che tanto irritavano la signora Lestrange.

Non sembrava neanche sua figlia.

“Buongiorno pigrone” esclamò Dione senza allontanarsi dalla ringhiera del balcone, che affacciava direttamente sul mare.

“buongiorno Di” borbottò Mizar con la voce impastata dal sonno.

Nonostante fosse mezzogiorno passato, il ragazzo avrebbe continuato volentieri a dormire, cosa che probabilmente stava facendo ancora Deimos, il gemello di Dione.

Lei invece, era sveglia da chissà quanto tempo e, come ogni giorno d’estate, rimaneva mattinate intere sul balcone affacciato sul mare, con il vento che risaliva per la scogliera che le faceva svolazzare il vestito.

“Cosa ti ha buttato dal letto così presto rispetto al solito cuginetto?”

“L’incubo…” rispose sommessamente lui.

Da che ne aveva memoria, lo aveva sempre fatto e quindi ne aveva parlato spesso con lei, cercando di capirne il significato.

Quando lo aveva raccontato al padre, lo aveva liquidato dicendo che era solo uno stupido sogno.

“Sono arrivate le lettere?” chiese il ragazzo mentre beveva la sua tazza di caffè bollente.

Lei scosse la testa.

“Durmstrang è in ritardo quest’anno…”

“Forse no” disse facendo cenno con la testa a qualcosa dietro Dione.

Lei si voltò e vide che, effettivamente, un gufo si stava avvicinando.

Quando l’animale atterrò sul tavolo, lei lo liberò del peso delle buste.

“Sono di Hogwarts” disse confusa “perché sono indirizzate a noi?”

Lui, ancora con una fetta di pane tostato in bocca,gliele prese dalle mani.

Guardò le lettere e vide che in effetti erano indirizzate a Dione Lestrange, Deimos Lestrange e Mizar Lestrange.

“Chhh…mphhhh” borbottò a bocca piena.

“Scusami?” chiese lei guardandolo sorridendo.

“Ci hanno trasferiti…” constatò lui.

“Questo l’ho capito, ma perché?” domandò lei prendendo la sua busta e fissandola intensamente.

Mizar non rispose, semplicemente si alzò e si diresse al piano di sotto, dove sapeva che stavano i loro genitori.

Dione lo seguì.

 

Scendendo l’imponente scalinata di marmo, il ragazzo si pentì di non essersi vestito.

Non solo sarebbe stato di certo rimproverato, ma sentiva un freddo incredibile nei piedi nudi.

“Potevi anche metterti qualcosa addosso, Mizar” disse Rabastan.

Appunto.

Lui non rispose, ma appoggiò le tre lettere sulle gambe del padre.

Bellatrix, seduta di fronte a lui, sorrise.

“Era ora che arrivassero” esclamò “un tempo Hogwarts era più veloce”.

“Che significa?” domandò il ragazzo.

“Che vi abbiamo trasferiti, mi sembra ovvio” rispose freddamente Rodolphus, senza alzare gli occhi dalla Gazzetta del Profeta.

“E perché non ci avete chiesto nulla?” chiese Dione.

“Vi avremmo trasferiti in ogni caso, era inutile dirvelo” spiegò Bellatrix.

Rimasero tutti in silenzio.

Mizar non era particolarmente contrariato, dopotutto non aveva mai avuto legami stretti a Durmstrang.

Dione, al contrario, aveva una marea di amiche, che probabilmente non avrebbe più rivisto.

“Ero stanca di avervi così lontani” aggiunse la madre, in un tono che sembrò decisamente troppo apprensivo per una come lei.

La figlia non rispose, girò sui tacchi e corse su per le scale, nella migliore imitazione di ribellione adolescenziale non aveva mai avuto.

“Vai a svegliare Deimos, Mizar” disse Rodolphus “quel ragazzo dorme decisamente troppo. Poi dobbiamo dirlo anche a lui”.

“Se vuoi posso parlargli io” si offrì il ragazzo, che aveva imparato a essere accondiscente con lo zio.

“Glielo diremo noi, tu vai” replicò l’uomo, chiudendo definitivamente la questione.

 ***

E di nuovo, le ombre l’avevano circondata facendola sprofondare in quel luogo senza spazio e senza tempo.

Mira lo sentì, era dietro di lei, come sempre.

Voleva vedere chi fosse che la inseguiva ogni notte, ma non riusciva a voltarsi, per quanto ci provasse.

Era come se qualcuno le tenesse ferma la testa.

“Chi sei?” gridò la voce sconosciuta.

Lei lo sentì, ma non riuscì a girarsi.

Iniziò a sentirsi strana, e capì cosa stava per succedere.

Si guardò le mani, trovandole quasi trasparenti, e la paura si impadronì di lei.

“Aspetta!” urlò lui “Non andartene!”.

Ma era tardi.

Per quanto volesse scoprire chi fosse e cosa volesse da lei, se ne stava andando.

Ma prima che entrasse nel momento tra il sonno e la veglia, una voce risuonò nella sua testa.

“Trovalo” disse soltanto.

 

Quando Mira si svegliò, sperò ardentemente di essere nella sua camera, ma ovviamente di sbagliava.

Intorno a lei, c’erano quattro letti vuoti, che si sarebbero riempiti solo parecchio tempo dopo.

Sospirando, la ragazza si alzò, infilandosi la divisa di seta grigiablu, poiché su quello la preside era stata perentoria.

Anche se i corsi non erano iniziati, esigeva che lei mostrasse rispetto alla scuola e la indossasse.

Scendendo verso la Sala da Pranzo, si ritrovò per la prima volta in vita sua a sperare che la scuola iniziasse il più presto possibile, perché non si era mai sentita così sola, i corridoi di Beauxbatons immersi nel silenzio e la sala completamente vuota le infondevano un’immensa malinconia.

Ma in fondo, era grata a Madame Maxime per averle concesso di passare quelle ultime settimaned’estate a scuola.

Quando sua madre, Sophie Dumas, era morta poche settimane prima, oltre al dolore per aver perso l’ultimo membro della sua famiglia, si era aggiunto un altro enorme problema.

Dove sarebbe andata?

Nessuno avrebbe mai permesso ad una quindicenne di vivere da sola, quindi davanti a se aveva visto come unica alternativa l’essere mandata in un orfanotrofio Babbano.

A  quel punto, la sua preside le aveva proposto di terminare le vacanze al Palazzo di Beauxbatons e lei aveva accettato al volo.

Mentre mangiava, un’elfa corse verso di lei.

“Buongiorno Pixie” la salutò.

“Ben alzata signorina Dumas, la preside la vuole vedere nel suo ufficio” esclamò quella, dopo essersi inchinata.

Mira annuì, poi si alzò.

 

“Buongiorno” disse la donna quando entrò nel suo studio.

“Buongiorno signora preside” rispose lei, con un leggero inchino.

L’imponente Madame Maxime avrebbe messo in soggezione chiunque, ma lei sapeva che aveva un cuore d’oro, glielo aveva dimostrato.

“Siediti cara, dobbiamo parlare” la invitò, indicandole una sedia di fronte alla sua scrivania.

“Questo è ciò che ti ha lasciato tua madre” disse, indicando una sacca, una scatolina e una lettera.

Mira allungò la mano e, vedendo la sottile e precisa grafia di sua madre, le vennero le lacrime agli occhi.

Le aveva lasciato una piccola quantità d’oro, probabilmente i risparmi di una vita, e una piccola boccetta che sembrava contenere ceneri, che per quanto ricordava sua madre aveva sempre tenuto al collo, senza separarsene mai.

“Mira, non voglio girarci intorno” sospirò la donna interropendo i suoi pensieri “tua madre mi ha lasciato un biglietto, e il compito di confessarti una cosa”.

La ragazza si mise in ascolto.

“Non sei rimasta sola. Tuo padre non è morto e hai anche un fratello”

Mira sbarrò gli occhi.

“Come scusi?” borbottò.

“E’ tutto scritto nella lettera che ti ha lasciato tua madre, probabilmente” continuò “io non mi sono permessa di leggerla, ma nel biglietto Sophie mi ha raccontato la tua e la sua storia. Tuo padre si chiama Rabastan Lestrange, tuo fratello Mizar. Vivono in Inghilterra”.

Dire che era sconvolta, era poco.

Madame Maxime le aveva detto tutto in un attimo, senza fermarsi mai.

Sembrava non essersi accorta che in quegli ultimi dieci secondi le aveva annunciato di essere vissuta quindici anni nella menzogna.

“Potresti andare a conoscerli” le propose la preside “ho scritto ad Albus Silente, un mio caro amico nonché direttore della scuola di magia di Hogwarts, in Scozia, e gli ho chiesto informazioni su di loro”.

“Non tornerei mai in tempo per l’inizio delle lezioni” la interruppe Mira, senza curarsi di essere sgarbata e dimenticandosi di dovere molto a quella donna.

“Potresti andare a studiare là, se non sbaglio tua madre ti ha fatto imparare l’inglese” le ricordò la preside.

Lei annuì.

Sophie aveva preteso che lei imparasse quella lingua, sostenendo che un giorno le sarebbe tornata utile.

Ora ne capiva il perché.

“Non so se riuscirei a trovarli…”

“Mizar quest’anno studierà ad Hogwarts. Potresti conoscerlo e, al momento giusto , rivelargli chi sei”.

Mira non rispose, ora che iniziava a rendersi conto di tutto le sembrava impossibile che fosse vero.

“Partirai il primo settembre, lo faremo passare per un viaggio culturale e Silente ci darà una mano” esclamò la preside “allora, che ne dici?”.

La ragazza ci pensò un attimo.

Aveva un padre.

Aveva un fratello.

Sua madre le aveva sempre mentito su tutto.

Accettò.

“Grazie…” sussurrò con voce rotta.

 

All’ora di pranzo, Mira non presentò in Sala, troppo impegnata a leggere la lettera di sua madre.

In quelle pagine le aveva raccontato tutto ciò che le aveva nascosto negli anni.

Si infilò la catenina con l’ampolla al collo e, come le aveva chiesto lei, non se ne sarebbe più separata.

Le lacrime avevano iniziato a scendere senza che se ne rendesse conto, leggendo le sue ultime parole.

 

Perdonami, se puoi, bambina mia.

Perdonami per non averti raccontato la tua vera storia, per averti privato della tua vera famiglia, ma volevo solo proteggerti.

Ti ho sempre amato, ho sempre amato te e tuo fratello.

Se un giorno riuscirai ad incontrarlo, digli che è sempre stato nei miei pensieri.

Ti amerò sempre,

Mamma

  
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