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Autore: scandros    07/01/2004    3 recensioni
Dedica a tutti coloro che come sogno sognano sulle ali della fantasia. buon Natale e buon Anno a tutti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sweet Christmas

Sweet Christmas

 

Capitolo 4

 

 

Samantha non aveva smesso di guardare Holly. Erano seduti l’uno di fronte all’altra  e non appena poteva, posava i suoi occhi sul giovane campione del Barcellona. Maggie sorrise quando, da donna, si accorse che la ragazza aveva abbassato leggermente la scollatura, già fin troppo audace, del suo abito in taffettà rosso. Holly non sembrava per nulla interessato a quel decollété così avvenente e nonostante l’avesse notato più di una volta, aveva preferito continuare a dialogare con suo padre Michael e con Adam Smith.

Eleanor Smith si alzò e seguì Maggie in cucina per aiutarla a servire il dolce. La cena era stata gustosa e appetitosa sebbene Holly non avesse quasi toccato cibo. La sua mente continuava a vagare e nei suoi occhi era ferma l’immagine di quella rivista che le aveva restituito un’amica oramai donna.

Poco dopo, le due donne portarono in tavola uno splendido dolce preparato per l’occasione.

-         Bene, a questo punto penso che sia d’obbligo un brindisi. – disse Michael alzando il suo bicchiere. Gli altri lo imitarono nel gesto e dopo poco, i bicchieri erano tutti colmi e alti per il brindisi.

-         In questa splendida serata auguro a ciascuno di voi che i sogni si possano realizzare e che salute e felicità vi accompagni oggi e sempre. –

-         Auguri! -. L’eco del brindisi risuonò nella casa.

-         Samantha hai parlato a Oliver del tuo progetto? – le chiese la madre.

-         Veramente no, mamma. Non ne abbiamo avuto il tempo. Magari dopo cena. Adesso gustiamo il dolce. – disse in tono ammiccante leccando il cucchiaino ricoperto di cioccolato. Holly la guardò attentamente memorizzando i suoi gesti poco gentili ma molto sensuali. Nonostante Samantha non fosse il suo tipo, doveva sicuramente ammettere che era una bella ragazza dalle curve prorompenti.

 

 

Amy guardava il marito mentre sorrideva e dialogava con amici di famiglia. Era palesemente annoiata da quella festa  e pensierosa per Patty. Non riusciva a dimenticare il suo sguardo triste e le sue parole. Se Holly era rimasto quello di una volta, allora era certa che nessuno, a parte Patty, aveva ancora conquistato il suo cuore. Doveva fare qualcosa. Doveva telefonare a Holly e avvertirlo che Patty era a Tokyo. A lei non piacevano i Sullivan e conoscendo Patty, era certa che non avrebbe resistito a lungo nella famiglia in cui il carattere dominante era quello di Hanna.

Si alzò da tavola e guardò il marito. Il suo Julian. Lo amava infinitamente, dacché erano ragazzini, non aveva mai smesso di amare quel giovane che la salute aveva messo a dura prova. Dopo l’ennesimo intervento cardiaco, adesso Julian sembrava guarito e da circa tre anni conduceva una vita normale e giocava ancora a calcio. Lui parve sentirsi osservato e si voltò in direzione della moglie. Lei gli sorrise e gli sibilò che sarebbe andata alla toilette. Prese la borsa e si allontanò. Indicata dai camerieri, proseguì lungo un corridoio e la trovò quasi subito. Aprì la porta e  si accertò che fosse sola. In preda all’ansia e al timore di non riuscire nel suo intento, rovistò nella borsa alla ricerca del cellulare di Julian. Lo trovò subito e aiutandosi con la rubrica, cercò, tra le decine di numeri telefonici, quello della casa di Holly.

 

 

-         Oliver, hai una mappa di Barcellona? – chiese Samantha avvicinandosi al giovane campione. La cena era terminata e i commensali stavano gustando il caffè in salotto.

-         Certamente. In camera mia. Vado a prendertela. –

-         Vengo con te! – aggiunse lei seguendolo per la scala, senza dargli neppure il tempo di risponderle. Holly entrò in camera sua accendendo il lume sul suo comodino. Non amava le luci molto forti e quelle soffuse rendevano più intimi gli ambienti.

-         Hai una bella stanza. – gli disse guardandosi intorno e soffermando lo sguardo sulla libreria. Tra i vari trofei e le medaglie, scorse le fotografie che lo ritraevano insieme ai compagni e a Patty. Holly era intento a rovistare nel cassetto della scrivania, alla ricerca della cartina topografica della città spagnola.

-         Sai Oliver, io studio economia e mi sono iscritta ad un progetto internazionale che prevede il gemellaggio con una università europea. –

-         Molto interessante. Immagino che arriverai prima! – esclamò tediato dalla voce cantilenante della ragazza e dal continuo elogiare dei suoi genitori.

-         Sto lavorando sodo per questo progetto perché voglio vincerlo. – rispose con tono ammiccante.

-         Eccola! – esclamò il ragazzo mostrando all’amica la cartina piegata. Lei si avvicinò ancheggiando sensualmente. Holly aveva uno strano presentimento.

-         Sai! – esclamò andandogli vicino e mettendogli una mano tra i capelli. – In caso di vincita della borsa di studio relativa al progetto, ho già scelto l’università. –

-         Davvero? – le chiese non sapendo cosa dire. I loro corpi erano vicinissimi. Holly poteva sentire sul suo petto, il palpitare veloce dei suoi seni che si alzavano al solo respirare. Sembrava ammagliato dal canto di quella sirena. La mano di lei continuava a giocherellare con i capelli corvini e ad accarezzargli il lobo dell’orecchio. Con fare lesto, gli tolse la cartina dall’altra mano e gliela accarezzò prima di posare le agili dita sul suo petto.

-         Barcellona, Oliver…ho scelto la facoltà di economia di Barcellona. – gli sussurrò all’orecchio avvicinando pericolosamente il suo volto a quello del ragazzo. Holly sembrava in trappola.  Non riusciva a muoversi o soltanto a parlare. Era preda di quella fata ammaliatrice che evidentemente voleva qualcosa di più di una semplice mappa topografica.

-         Samantha…senti io…

-         Avanti Oliver…perché non iniziare il nuovo anno sotto i migliori auspici? – gli disse afferrandogli la mano e portandosela al seno. A quel contatto così intimo, Holly trasalì. Vide un lampo di malizia negli occhi scuri di lei, il sorriso scarlatto non era dolce ma ardente e sensuale. Sembrò incantarsi nel vedere quelle labbra dipinte di un rosso intenso, muoversi al dolce stormire delle parole. Il cuore gli batteva velocemente. Era dibattuto. Si trovava nella stretta morsa di una bella e audace ragazza, a pochi passi da un bacio e da carezze che avrebbero potuto scorrere velocemente su quel corpo che gli si offriva magicamente come caduto dal cielo.

-         Samantha….io…

-         Sì, Oliver! – disse lei mentre le loro bocche si avvicinavano pericolosamente. Sentiva il suo respiro, le sue braccia che lo circondavano stringendolo al suo corpo. Sobbalzò quando le mani calde di lei si insinuarono sotto il maglione di angora e presero a risalire la schiena, in una lenta rincorsa di carezze impudiche e inebrianti. Chiuse gli occhi quasi a voler imprimere quell’attimo di voluttà ed estasi, un’emozione fatta solo di passione che gli aveva annebbiato la vista e attanagliato la mente.

-         Avanti Oliver, lasciati andare…in fondo cosa c’è di male…

-         Samantha…io…-. Lei gli prese il volto tra le mani e lo avvicinò pericolosamente al suo. Oliver le afferrò i polsi dibattuto se allontanare o meno quelle labbra vogliose dalle sue o se cedere alla tentazione dell’attimo. Lo squillo del telefono parve interrompere il loro momento di eccitamento ed euforia. Per nulla sazia e avida di emozioni, Samantha lasciò che le sue agili dita scorressero lungo il torace del giovane e si insinuassero sotto il maglione, risalendo lentamente fino al petto nudo. Oliver, impreparato a quell’ulteriore gesto, sussultò alle blandizie riservategli da Samantha Smith.

-         Hollyiiiiiiiiiiiiiiiii…..al telefono! – esclamò sua madre riportandolo alla realtà. Sbatté le palpebre come per riprendersi dall’attimo di cedimento e passione. Guardò Samantha che parve contrariata da quell’interruzione. Strinse la sua morsa ai polsi della ragazza e le abbassò le braccia. Senza proferire nulla ma sollevato da quella interruzione, si allontanò da lei e andò in corridoio per rispondere al telefono. Lei lo seguì con lo sguardo, contrariata dall’improvviso impedimento.

-         Pronto! –

-         Oliver, ciao…-

-         Chi parla? – chiese non riconoscendo la voce femminile all’apparecchio.

-         Amy…Amy Ross. –

-         Amy? – domandò ancora per essere certo della sua interlocutrice. Samantha aggrottò la fronte udendo il nome di una donna.

-         Sì capitano. Ti sembrerà strano ma sono proprio io….

-         E’ bello risentirti. Come stai? Avevo deciso di fare un salto a Tokyo domani, te l’ha detto Julian? – le chiese dolcemente.

-         Sì, ma io veramente…dovevo dirti una cosa…

-         Dimmi. – le disse esortandola a rispondere.

-         Io…Holly io…

-         E’ successo qualcosa a Julian? State bene? –

-         No…ehm …sì stiamo bene…senti capitano io devo dirti una cosa: lei è in Giappone! -. Il sangue gli si gelò nelle vene. Lo sguardo si perse nel vuoto e la memoria cominciò a rievocare velocemente il suono della sua voce e il dolce sorriso. Tacque. Non riusciva ad emettere alcuno suono. Il cuore gli batteva talmente forte che temeva potesse saltargli fuori dal petto. La più piccola parola era ferma in gola in attesa che almeno un sibilo riuscisse ad esternare il suo suono.

-         Dove? – chiese all’amica raccogliendo tutte le forze che aveva in se. Sapeva che stavano parlando della stessa persona anche se Amy non l’aveva nominata.

-         E’ ad una festa a Villa Sullivan, Tokyo. -. Ancora il silenzio tra loro. Holly comprese che Amy avrebbe voluto dirgli altro, ma in cuor suo sapeva che non era quello il momento giusto per conversare.

-         Holly…devi andare…adesso, o sarà troppo tardi! – aggiunse sapendo che più tempo trascorreva e minori erano le possibilità di un loro riavvicinamento. Senza neppure rispondere all’amica, Holly riagganciò interrompendo la conversazione. Rimase immobile  a fissare il telefono. Cosa doveva fare?

Samantha era lì, sull’uscio della sua camera in attesa che lui tornasse e che si abbandonasse alle sue carezze. Patty! Era a Tokyo. Non era andata da lui, era rimasta nella capitale. Probabilmente era solo di passaggio. Perché non lo aveva chiamato per salutarlo? Possibile che dopo dieci anni, avesse realmente deciso di dimenticarlo? Si voltò verso Samantha i cui occhi languidi non avevano smesso di guardare il corpo scultoreo del calciatore nipponico.

-         La promessa! Ci rivedremo tra dieci anni, la notte di Natale! – pensò ricordando quella che era stata l’ultima frase che le aveva detto prima della sua partenza per Londra. Scosse il capo come per rinvenire da uno stato di ipnosi e corse in camera sua. Sotto lo sguardo interdetto di Samantha, aprì l’armadio e prese il giubbotto di pelle.

-         Mi dispiace Samantha…io non sono il tipo giusto per te! Buon Natale. – le disse sorridendole amichevolmente. Scese di corsa le scale e si precipitò in salotto.

-         Papà, ho bisogno della tua macchina .Dove sono le chiavi? – gli chiese in stato di agitazione.

-         Oliver, è successo qualcosa? – chiese sua madre preoccupata.

-         No! – rispose guardando la madre che gli si avvicinava. – Devo andare a Tokyo. –

-         Adesso? – domandò il padre dandogli le chiavi della macchina.

-         Sì. Mamma, devo fare quello che avrei dovuto fare dieci anni fa! – disse sorridendole. Solo qualche istante e scomparve dietro l’uscio.

Maggie si avvicinò alla finestra. Vide l’auto del marito sfrecciare lungo la strada mentre fiocchi di neve cadevano contigui imbiancando la città.

-         Spero solo che tu stia facendo la cosa giusta! – pensò accarezzando il capo di David assonnato e in attesa di poter scartare i regali.

 

 

Patty sembrava incantata dalle luci dei grandi lampadari. Quasi ipnotizzata da quei riverberi luminosi, non si accorse che era rimasta sola al suo tavolo.

-         Come mai una bella ragazza come te è da sola? – le chiese William Gatsby accomodandosi al tavolo della figlia. Gli altri cinque componenti, incluso Ken, danzavano o parlavano con altre persone. William prese la mano della figlia e rimirò le lunghe e agili dita. – Non hai risposto alla mia domanda! Ho la strana impressione che ti stia annoiando ma che soprattutto tu sia nervosa! –

-         Non è un’impressione papà, ma la pura verità. Vorrei poter fuggire via! –

-         Ti secca il fatto di averci qui, questa sera? – le chiese alludendo alla sorpresa che le aveva fatto Ken.

-         Affatto. Tu e la mamma siete l’unica nota positiva di questa interminabile, tediosa e quanto mai prolissa serata. Avrei preferito starmene nella nostra casa di Londra, con voi due, vicini al camino a ricordare i tempi andati. –

-         E Ken? Non sei contenta di trascorrere il Natale con lui? -. Patty non rispose alla domanda del padre. – Un’altra domanda alla quale non vuoi rispondere? -. Abbassò lo sguardo cercando le parole giuste per confidarsi con il padre.

-         Immagino che dovrei essere la ragazza più felice della terra perché ho un fidanzato ricco e famoso, bello e desiderato. E invece, no, non sono felice se è questo che vuoi sapere. Più andiamo avanti con questo rapporto e più mi sento soffocare. Io non sono tagliata per la vita mondana, per i salotti di Hanna Sullivan o semplicemente per fare la comparsa accanto al rampollo della finanza Kenneth Sullivan. Voglio bene a Ken, ma….

-         Ma è solo amicizia? – continuò lui spronando la figlia a parlare.

-         Non saprei. Quelle poche volte che riusciamo a stare insieme, il suo cellulare squilla continuamente e una volta su cinque è sua madre. Lo controlla come un’ombra. E’ sempre presente nella sua vita. Ken è privo di personalità. Dal punto di vista lavorativo, è sicuramente una persona molto preparata ed ambiziosa e per la sua giovane età ha anche notevole esperienza. E’ sicuramente la persona più giusta per assumere la dirigenza effettiva e totale della società del padre. Dal punto di vista privato, lui é….perfetto…impeccabile in tutto, ma estremamente freddo e distaccato. –

-         Vuoi dire che non è passionale? –

-         Esatto! Vive delle stesse manie di grandezza della madre. Se andiamo in un ristorante, affitta per la serata tutta la sala privata. Se riusciamo a trascorrere un paio di giorni insieme lontani dal lavoro, prenota la suite reale in un grande albergo. A me non serve tutto questo. Io non ho bisogno che mi dia dimostrazioni di ricchezza…non è quello che cerco in una persona…Io mi accontenterei di passeggiare lungo il Tamigi mano nella mano, in mezzo alla gente comune, senza sentirmi un’aristocratica o una persona importante; mi piacerebbe trascorrere un week-end in un cottage in Scozia e non nella suite del più grande hotel di Edimburgo o in un castello principesco.  Lui vuole che tutto sia sempre irreprensibile e inappuntabile. Nessun contrattempo. –

-         Ti manca, vero? – chiese William interrompendo il discorso della figlia. Lei lo guardò con l’espressione serena di chi sapeva che poteva palesare i più intimi segreti.

-         Mi sono laureata con il massimo dei voti a Oxford. Ho una splendida famiglia, una bellissima casa a Londra, un lavoro che mi piace e che mi sta conducendo verso la carriera diplomatica a cui ho sempre anelato: sì, mi mancano i tempi della mia adolescenza trascorsi in Giappone, quando mi divertivo con poco, con i ragazzi della squadra. Bastava poco per stare bene. Soffrivo quando c’era tensione in squadra e gioivo delle loro vittorie. –

-         E Holly? – le chiese improvvisamente spiazzandola. William sapeva bene quale legame l’aveva unita in passato al capitano della squadra nipponica. Si era reso conto dei suoi sentimenti, la sera prima della partenza per Londra, durante la festa che i ragazzi avevano organizzato per salutare Patty. E l’aveva veduto un’ultima volta all’aeroporto, quando, contravvenendo alla richiesta di Patty, era corso per salutarla.

-         E’ sempre nel mio cuore! – rispose col capo chino e il cuore gonfio di lacrime. Sebbene avesse mille difetti, il suo cuore e la sua umanità erano unici…a Ken manca il cuore, l’anima che ci vuole in un rapporto. Io non sono un oggetto, papà, che prendi e utilizzi quando ti serve. Ho bisogno di qualcuno che mi ami per quella che sono e non per quella che qualcun altro vorrebbe che diventassi. – aggiunse sorridendo a William. Il signor Gatsby sospirò. Aveva compreso esattamente quali fossero i sentimenti che agitavano il cuore della figlia. – Mi sento come un uccellino in una gabbia dorata. Cosa succederebbe se dovessi un giorno sposare Kenneth Sullivan? –

-         Ti troverebbe un impiego internamente alla sua azienda oppure dovresti fare la mamma a tempo pieno saltando qua e là da un salotto all’altro in compagnia di una perfida Hanna Sullivan! – disse ironico William nel tentativo di sdrammatizzare i pensieri della figlia.

-         Papà, ti prego. Non prendermi in giro. –

-         Affatto. Anche se in maniera satirica, non vuol dire che non abbia indovinato. Comunque, tesoro, prima di prendere qualsiasi decisione, ti consiglio di parlarne a Ken. Se gli vuoi bene, è giusto che tu gli conceda un’altra possibilità. –

-         Già. – ammise accondiscendendo a quanto aveva detto il padre. Anche se stava vivendo questa crisi nel suo rapporto con Ken, Patty sapeva che stare accanto a lui, entrare a far parte della famiglia Sullivan, oltre che un grande impegno da parte sua, costituiva anche un ottimo biglietto da visita per la sua carriera diplomatica. Il nome dei Sullivan le avrebbe portato indubbiamente molti vantaggi ma altrettanti obblighi. Patty fissava Ken mentre discuteva di affari con un industriale di Tokyo. Kenneth Sullivan. Bello e irreprensibile. La parte perfetta del loro rapporto. Si portò il bicchiere di cristallo alle labbra e le umettò leggermente con il vino. Doveva essere più positiva. Era la sera di Natale e chissà, forse un miracolo avrebbe potuto cambiare in meglio il suo rapporto con Ken.

 

 

 

  
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