Dopo
il tramonto Michael
continuò ad essere introvabile e non si presentò
a cena. Rimandai tutto al
giorno dopo, in fondo Valentina aveva aspettato tre settimane, un altro
paio di
giorni non sarebbero stati niente di che.
Tornai in camera con Isa e Martinette pronte a goderci una di quelle
serate
alla “Sleep Over Club” che io odiavo tanto ma che
riuscivano comunque a farmi
ridere fino alle lacrime. Mentre intrecciavo i lunghi e biondissimi
capelli di
Martinette sentimmo battere dei colpi sul muro, segno che Carolina e
Jordan
erano tornate. Eravamo più che consapevoli che era uno
stupido mezzo di
comunicazione da colonia estiva ma tra le nostre due stanze era nato un
linguaggio segreto a suon di colpi sul muro. Non era eccessivamente
complicato
e la maggior parte delle parole me le sono dimenticate. Mi ricordo bene
però
che due colpi veloci stavano per “ciao” mentre le
altre cose che ci dicevamo
erano per lo più insulti. Insulti amichevoli, ovvio!
Passammo il resto della
serata così; a testare pettinature, comunicare con Jordan e
Carol e ovviamente
a chiacchierare. Quella sera non parlammo solo di ragazzi ma anche
delle nostre
esperienze più significative e per la prima volta fui
totalmente me stessa, ed
era quello che io, Nuova Larissa, volevo. Euforica dalla serata appena
trascorsa, non riuscii a prendere sonno, sentivo la testa che mi
frullava, come
un mixer di pensieri che non riuscivo a spegnere. Ero stanca ma quello
che
volevo più di tutto in quel momento era camminare. Mi vestii
in fretta senza far
caso a quello che prendevo dall'armadio e uscì fuori in
corridoio.
Mi
era venuta voglia di
fare un giro nel verde intorno alla struttura e magari fare un salto
anche al
molo ma qualcuno stava salendo le scale e per quanto cercai di non
farmi vedere
me lo trovai davanti.
Potevo
cercare una banale
scusa sul perché ero in giro così tardi, potevo
fingere un malore oppure
un'emergenza familiare delle quali nessuno ti chiede mai i dettagli
perché sono
cose troppo personali, ma niente. Rimasi a fissare i suoi begli occhi
senza
parlare.
Non
che lui si azzardasse
ad aprire la bocca, comunque. Se ne stava là anche lui,
guardandomi come se
fossi uno dei quadri appesi alla parete. Il silenzio era quasi
assordante. In
quella totale assenza di suoni mi parve di sentirne uno che dal
profondo
cercava di farsi sentire: il mio respiro. Inspiegabilmente respiravo
molto più
profondamente di quanto ne avessi realmente bisogno e sebbene mi
sentissi come
soffocare per la mancanza di aria (che invece era l'unica cosa che
c'era) non
mi mossi, non parlai, non me ne andai.
Dato
che era ormai un
minuto buono che non sbattevo le palpebre i miei occhi cominciarono a
bruciare
il che me li fece chiudere di scatto ruotando (finalmente) la testa.
Michael
seguì l'andamento
del mio viso abbassandosi leggermente.
Poi
disse: "Ti ho
spaventata?"
Rimasi
impietrita per un
secondo: quello che aveva appena detto non aveva senso.
Ma,
qualunque significato
quella frase avesse, aveva rotto il ghiaccio e mi permise di iniziare
finalmente a parlare.
"No,
figurati. Sto
facendo due passi."
"Si,
anch'io."
"Certo...ma
dato che è
da oggi pomeriggio che cammini mi sa che i passi sono diventati
due...mila!"
"Ah,
l'hai notato.
Senti, dato che non mi sembra di essere l'unico che vaga per i
corridoi, si può
fare una cosa..."
"Che
genere di
cosa?" chiesi interessata. Non ero certa che l'andare in giro di notte
fosse
una violazione a un possibile regolamento, ma non mi andava di
rischiare.
"Stavo
facendo due
passi...se li stavi facendo anche tu!"
"Così
ci guadagneremmo
entrambi...o comunque, non ci perderebbe nessuno."
"Vedo
che hai afferrato
il concetto."
Annuii
di falsa modestia.
Nella
scarsa luce che
c'era non posso esserne sicura, ma mi sembrò di leggere
sulle sue labbra una
“buonanotte” senza suono e fece per andarsene.
Non
parlavamo da soli da
settimane e quindi colsi l'occasione.
"Aspetta
un
secondo!"
Si
girò lentamente ed io
feci qualche passo per raggiungerlo cercando di trovare le parole
adatte.
"Sono
un po' a disagio,
di solito non faccio queste cose ma...devo chiederti una cosa."
Ricevetti
un OK molto
strano, chissà cosa pensava gli stessi per chiedere!
"So
che tu sei molto
amico di un certo Noah, è giusto?"
"Sappiamo
entrambi dove
vuoi arrivare quindi non ci girare intorno, va bene?"
Ero
confusa. "Arrivare
dove?"
"Ti
piace Noah e vuoi
che ti aiuti a parlarci."
Feci
involontariamente un
balzo all'indietro come respingesi la sola idea.
Finsi
una risata. "Oddio, no! Cioè servirebbe il tuo aiuto
riguardo a Noah...ma non a me, alla
mia amica Valentina!"
Cambiò
immediatamente
sguardo che divenne decisamente migliore di quello seccato di qualche
minuto
prima.
"Valentina
eh! È quella
nella sua squadra vero?"
"Se
ha gli occhi vispi
e una perenne aria allegra è lei!"
"Ho
capito allora...me
ne ha parlato sai?"
"Chi,
Noah? Wow...te ne
ha parlato bene, vero?" chiesi un pochino spaventata.
Rise
nel sentirlo. "Si,
si! Anzi...molto bene."
"Ma
davvero?" Quindi
il fatto che Vale non si sentisse affatto indifferente agli occhi di
Noah era
una giusta osservazione! Saperla così intuitiva
cominciò a far nascere un nuovo
rispetto per quella ragazza!
"Beh,
bene
allora..." dissi ancora in preda allo stupore. "Quindi tu parlerai con
Noah per metterlo sulla buona strada..."
"E
tu con Valentina per
dirle di...fa brutto se dico ""starci"" ?"
"Giusto
un po' ma
lascia fare a me, userò un'alta parola con lei!"
"Quindi..."
"Insomma...."
"Niente,
ci vediamo
domani!"
"Si,
domani!
Buonanotte!"
Gli
diedi le spalle con
l'intenzione di andarmene più in fretta possibile.
"Oh
Lars!"
Mi
voltai verso di lui.
"Ricorda:
due passi,
non duemila, due."
"Due."
E
se ne andò velocemente.
A quel punto della mia passeggiata notturna non avevo più
voglia...anzi, volevo
solo dormire.