1-CASA: Stabio, CH
Lanciai il borsone sul
tappeto rossiccio dell’ingresso, ci legai il sacco a pelo e poi feci un rapido
giro della casa per vedere cos’avevo scordato: ero sicura che ci fosse
qualcosa.
Dopo aver raccattato
tutto ciò che pensavo potesse servirmi (medicinali, telefono, soldi,
abbonamento dell’autobus, giornale, i-pod, documento… ma avevo preso qualcosa a
parte le mutande?) e averlo cacciato nella borsa andai nella mia stanza.
Salutai Timmy Salvatore con un bacetto sul suo peloso naso di stoffa:
-Spiacente tesoro, ma stavolta resti qui.-
Timmy, il mio cagnolino
di peluche che dormiva con me tutte le notti e mi aveva sempre accompagnata
ovunque, fino a quel momento, sembrò guardarmi male con le biglie nere che
aveva al posto degli occhi, ma decisi di ignorarlo: in tenda c’era posto solo
per me e Matt, proprio non potevo portarmelo.
Diedi un’ultima volta
dell’acqua al mio povero cactus semi-morto, spingendo con i polpastrelli un po’
di terra attorno al suo “tronchetto” verde e spinoso. –Ma si, che magari mentre
sto via ti riprendi pure!- gli dissi, ammiccandogli.
“Ok”, pensai, “sto
facendo l’occhiolino a una pianta. Ho proprio bisogno di questo viaggio; il
Liceo fa male, l’ho sempre detto io!”
Diedi un’ultima occhiata alle foto appese contro l’armadio: me da
piccola, con mamma e papà, abbracciata al mio “adorabile” fratello (chissà
quanto mi avevano pagata per poter scattare quella foto!), io a tre anni mentre
addento una gigantesca fetta d’anguria con i miei due unici ed enormi dentoni,
una foto di classe e una con gli amici, fuori dal LiMe*, sorridenti e felici
dopo il riuscito (o meno) esame di maturità.
“Aaah, le mie amiche.
Chissà come se la prenderanno: parto da sola con Matt dopo che abbiamo tanto
progettato di girare il mondo insieme!” pensavo. “Dopotutto però Zoe deve
ancora finire il liceo, così come Iris; Alba non può venire comunque, o sua
mamma la sventra e ne cucina le budella. Joyce invece… beh, non sarebbe mai
venuta, nonostante tutti i buoni propositi ha troppa paura di quel che non
conosce! Per fortuna c’è Eric, che speriamo se la porti a Ginevra a studiare la
loro amata musica insieme.
Mi accorsi allora di
essermi incantata a guardare in aria, cosa che capita -purtroppo- molto spesso.
A confermare i miei timori ci pensò il rombo di un motore: Matt era già
arrivato! Mi affacciai sorridendo alla finestra che dà sul piazzale. –Arrivo
subito tesoro, tu intanto puoi entrare a salutare i miei? Così stanno più
tranquilli e non ci telefonano ogni due ore!- Lui annuì, sfoderando quel suo sorriso
sghembo di cui mi ero innamorata, un po’ più di un anno prima, e io schizzai in
bagno con una manciata di mollettine colorate in mano.
Due minuti più tardi ne
uscii con la mia strana pettinatura piena di fermagli multi color e i due
piccoli rasta che mi ballonzolavano sulla spalla. Entrai in cucina, dove mamma
stava versando il caffè in cinque piccole tazzine, e seduti intorno al tavolo
stavano Matt, papà, con una strana espressione nostalgica nascosta sotto
l’espressione impassibile di sempre e il mio fratellino Giò, che più tanto
piccolo non era.
Mi sedetti con loro e
addentai un biscotto, ma subito sentii una palla pelosa schiantarsi con il suo
musetto bagnato contro la mia pancia, facendomi strozzare con il boccone che
stavo mandando giù. -Hei Leo, piano!- gli urlai, ma poi mi intenerii
grattandogli un po’ la testa: mi sarebbe mancato molto il mio adorabile gatto.
Chiacchierammo del più e del meno, della meteo, delle tappe del viaggio, dei
fusi orari, di quando potevamo chiamare… circa un’oretta più tardi ci dirigemmo
alla porta: se avessimo avuto una tabella di marcia si sarebbe già sballata, ma
fortunatamente non l’avevamo.
Sbaciucchiai il mio
fratellone che anche se faceva finta di niente, era triste della mia partenza,
come ogni volta, poi fu la volta dei miei genitori, che mi riempirono di
raccomandazioni. Io li stetti ad ascoltare con un bel sorriso stampato in
faccia, rassicurando ogni loro obbiezione: sapevo che lasciarmi partire era
stata dura e già mi immaginavo mia mamma seduta in cucina a sospirare: ha solo
diciannove anni...-
Alla fine riuscimmo ad
uscire di casa e a salire, bagagli alla mano, sulla Twingo gialla del mio
ragazzo (era anche per la sua macchina che mi ero innamorata di lui, io adoro
le Twingo!) Mentre già stavamo partendo mia nonna si affacciò al balcone,
ancora in vestaglia, e urlò: -Mi raccomando Matthew, prenditi cura di lei!- e
lui di rimando: -Non si preoccupi signora Angela, sua nipote è in buone mani!-
e, ammiccandole, mise in moto e lanciò l’auto giù per il vialetto assolato.
Appoggiò la mano sul
cambio e io vi misi sopra la mia: fu così, tenendoci per mano, che vedemmo
sfilare campi e paesini noti e ci infilammo in autostrada; quella domenica
d’inizio estate il nostro grande viaggio attorno al mondo ebbe inizio.
*Liceo di Mendrisio
Ringrazio
LukaC per aver aggiunto puntine al mio mondo personale, e spero che questa
nuova storia vi piaccia. Qualsiasi cosa vi venga in mente RECENSITE! :D