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Autore: ElfoMikey    09/01/2011    2 recensioni
"Quando qualcosa irrimediabilmente finisce, si spera sempre che per quanto il tempo serva a dimenticare non lo farà mai con troppo dolore.
Quel qualcosa però era talmente forte, talmente intenso che aveva la capacità, giorno dopo giorno, di rafforzare quei ricordi e lasciando che essi si imprimessero sulla mia pelle come un tatuaggio indelebile."
Brendon non riesce a dimenticare, Ryan crede di avere il mondo hai suoi piedi.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Panic at the Disco
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo cinque

 

 

 

 

 

 

Brendon pov

 

 

Ariel mi aspettava seduto sul tappeto in salotto, mentre guardava la televisione e Bogart gli stava accoccolato sulle gambe.

“Ciao.” Mormorò, abbassando subito lo sguardo, per evitare di incontrare il mio.

“Cosa fai ancora in piedi? I ragazzini come te dovrebbero essere già a letto. Dissi sarcastico. El fece per ribattere, ma si morse il labbro e tornò a fissare lo schermo del televisore.

Non sembrava un ragazzino. Il suo corpo era perfetto e slanciato e i suoi pensieri troppo maturi per pensare a un cazzutissimo sedicenne.

Non era l’età a stupirmi così tanto. Era il fatto che, ancora una volta ero stato trattato come un’idiota.

Sospirai e mi sedetti al suo fianco, togliendo il cappotto e buttandolo con poca grazia sul divano.

“Cosa guardi?” chiesi indicando la televisione con il capo.

“Supernatural.” Rispose, prima di sbuffare. “Brendon, scusa.” Lasciò andare il telecomando con un moto di stizza e girò il capo per guardarmi. Era mortificato e quella sua espressione così dolce non mi tenne infuriato per molto.

“In realtà credo che la colpa sia solo mia.” Dissi. “non faccio altro che fidarmi troppo delle persone.”

“Non volevo che cambiassi idea, dopo averlo saputo e così sono rimasto zitto. Perché Bden tu mi piaci, sul serio.”

Gli accarezzai i capelli sorridendo. Già era proprio un ragazzino. “Non l’avrei fatto.”

“Ora lo so e non sai quanto mi dispiace!” esclamò serrando i pugni e mettendosi in ginocchio davanti a me.” Farò qualunque cosa per farmi perdonare!” ridacchiai, spostando la mano sul suo viso che in quel momento aveva davvero qualcosa di ancora infantile, ma terribilmente bello.

“Non c’è nulla da fare.” Mormorai, ricalcando le sue labbra con un dito. “oramai va bene così.”

“Non mandarmi via.”

“Non lo sto facendo.” Risposi, avvicinandomi al suo viso per poterlo baciare.

“Non.. non mentivo quando ti ho detto di amarti, lo giuro. Io lo sono davvero, io…” lo zittii ancora, baciandolo.

Facemmo l’amore sul tappeto, mentre sentivo di averlo già perdonato e il mio sentimento per lui farsi più grande, fino a traboccarmi dal cuore

Ero forse innamorato di lui?

Avevo già dimenticato Ryan?

Mi si strinse l’anima al solo pensiero.

La serata passata, le sue parole, mi avevano reso così vulnerabile che non sapevo più cosa pensare.

Ero innamorato di Ariel, così come lo ero di Ryan?

O era solo un modo per arginare ferite aperte troppe volte?

Nessuno dei due dormì quella notte. Troppi pensieri, troppa voglia di contatto e di risposte.

Solo alle prime luci dell’alba riuscii ad appisolarmi, svegliato poi dall’odore delizioso di caffè e muffin al cioccolato.

Sul tappeto ero rimasto solo, la schiena dolorante e coperto a malapena da una coperta azzurra di pile. Rabbrividii di freddo e dicesi di alzarmi, senza prendere la briga di rivestirmi.

Raggiunsi El in cucina, mentre era alle prese con la moka.

Sorrisi un attimo per il suo dolce tentativo di farsi perdonare.

“Buon giorno.” Esclamò, sorridendo e ammiccando per l’assenza di vestiti sul mio corpo. “avrò pure sedici anni tesoro, ma ho il cuore piuttosto debole.” Scherzò, pizzicandomi una natica. Lo baciai appassionatamente per qualche momento, poi decisi di andarmi a infilare qualcosa di comodo. “Questa, è solo una piccola parte della mia vendetta.” Esclamai, raggiungendo il salotto.

Pete ed Ashlee erano appena usciti dalla camera degli ospiti e mi fissarono allibiti, poi la ragazza distolse lo sguardo arrossendo, mentre Pete si metteva le mani sui fianchi, pronto a sgridarmi.

“Ti sembra normale?” chiese. “hai degli ospiti e giri nudo per casa? Mi pare di avertela insegnata l’educazione!

“Scusa…” borbottai, affrettandomi a raccogliere i vestiti da terra.

In quel momento uscì Spencer dal bagno, la testa fra le mani, come se avesse paura di perderla. “Ragazzi voi non immaginate che mal di testa! E non ho ancora vomitato!” esclamò, strisciando i piedi nudi a terra, barcollando leggermente.

Lo so cosa state pensando, che appena Spence alzò lo sguardo su di me, ancora impegnato a raccogliere i miei vestiti, fu invaso da un’emozione tale da fargli perdere i sensi per la mia imparagonabile bellezza.

Insomma nemmeno un fottuto Dio greco aveva speranze contro il mio bellissimo e tonico corpo d’atleta.

Invece Spencer Smith vomitò.

Nel mio salotto, sulla mia moquette.

“Bleah… le ultime parole famose, vero Spence?” commentò Pete, trotterellando verso la cucina per salutare Ariel, ancora ignaro della situazione.

Dopo essermi vestito e aver pulito il vomito di Spencer, facemmo colazione tutti insieme in cucina, dove Pete continuò a farmi il predicozzo.

“E poi vorrei sapere dove sei stato!” rincarò la dose, mentre Ariel al mio fianco alzava gli occhi al soffitto per scongiurare la fine. “sei sparito senza dire nemmeno dove andavi!”

“Ah! Ci mancherebbe solo! Figlio ingrato!” strillò, dandomi un cucco in testa.

“Pete, smettila di rompere il cazzo, hai già un figlio tuo!” intervenne El, sorseggiando lentamente il suo latte e cioccolato.

Pete rimase veramente male per quell’affermazione e io cercai di rimediare dicendogli che, era il miglior secondo papà che mi fosse mai capitato.

“Visto, cugino bastardo? Nemmeno il sesso addolcisce il tuo sarcasmo d’adolescente?”  disse, rifilando uno schiaffo in testa anche a El che quasi finì con il viso dentro la tazza. “sì, vi abbiamo sentito. Tutti vi hanno sentito! Sembravate due procioni in calore!”

El si ritirò in un silenzio imbarazzato, mentre io sollevavo le sopracciglia in uno sguardo più inquietante che malizioso. “El doveva farsi perdonare in qualche modo.” Dissi ammiccando.

Ash rise di gusto. “Quindi sei uscito per farti una passeggiata solitaria per Los Angeles?” chiese, tornando al discorso precedente e rigirandosi il cucchiaino fra le dita curate.

Rimasi un attimo in silenzio, pensieroso. “Non ero solo.” Dissi alla fine, senza la voglia di guardare in faccia nessuno. “ero con Ryan.”

Ci furono varie reazioni, come quella di Pete che si strozzò con il muffin che aveva appena addentato o quella di Spencer che sembrava essersi congelato sul posto e pronto per un altro attacco di vomito.

Ariel rimase immobile per un attimo e vicino a me lo sentii tremare. Gli posai una mano sulla coscia accarezzando lievemente il tessuto morbido del pigiama, per rassicurarlo.

Non dissi molto, nemmeno il perché di quell’incontro né cos’era successo. Non dissi niente nemmeno a Pete, nonostante sapessi stesse agonizzando dalla curiosità.

 

 

 

 

Ryan pov

 

Non avevo dormito per niente.

Le ore,(cazzo sì erano ore! ) passate con Brendon mi avevano donato una specie di energia nuova che sembrava inesauribile. E dire che di solito ero assolutamente e irrimediabilmente… apatico. Jon durate le prove, non fece altro che zampettarmi intorno, neanche fosse Hobo, e a intonare canzoncine sull’amore eterno e sulla consapevolezza che un buco è per sempre.

Non chiedetemi di spiegare l’ultima frase, ci vorrebbero giorni e un linguaggio non etico e poco adatto a una narrazione pulita, o quasi, come questa.

Dicevamo, Jon nonostante era in vena di farmi partire un embolo dal nervoso, quella volta io rimasi in silenzio e sorridente, addirittura accompagnandolo con il suono di un mandolino in una delle sue creazioni canore.

Chissà perché Jon smise subito di fare il cretino.

Nick era entusiasta di quel passo che veramente non credeva fossi stato capace di fare, mi sorrideva, contento e un po’ triste. Mi sentivo veramente una merda disumana. Non lo facevo nemmeno apposta, insomma era il mio migliore amico e al migliore amico si dice tutto! E a volte io faticavo a ricordarmi, come lui in realtà vedeva me. Lui diceva che era un bene, perché era un modo per scordarsi in fretta di me e tornare ad essere un semplice amico.

Inoltre lui era l’unico che sfornava idee come pane. Aveva proposto, anzi direi imposto un’uscita denominata: “Riaffiorando i vecchi tempi” . Jon aveva replicato con un no e così Nick aveva deciso di accompagnarmi.

Avrei rivisto praticamente tutti, ma soprattutto Brendon. Ed era la cosa più importante.

Avrei sopportato le battutine di Beckett e Saporta e lo sguardo assassino di Pete, pur di rivederlo. Senza scordare la presenza di quel… Ariel.

Non sapevo se l’aveva clamorosamente lasciato o se era ancora al suo fianco a scodinzolare come un fottuto cagnolino da compagnia. Avete presente? Quelli piccoli, scheletrici, che assomigliano a topi sotto effetto di acido. Quelli che si mettono dentro la borsa e abbaiano come se avessero ingoiato una sirena.

“Okay, ho inviato il messaggio a tutti i Decaydance Boys…” esclamò Nick, tornando in sala prove con il mio cellulare fra le mani.

Lo guardai sconcertato. “Non dovevo farlo io?!” per tutta risposta lui sollevò un sopraciglio.

“Tu? Andiamo vuoi prendermi in giro? A quest’ora staresti ancora indeciso su cosa scrivere!” enfatizzò, ridacchiando. “ah! Ecco una prima risposta!”

Mi avvicinai a lui per leggere il messaggio appena arrivato e scoprire che Gabe e signora, va bene William, avevano accettato l’invito.

Presto arrivò anche quella di Pete, stranamente entusiasta e quella di Travie che non poteva venire perché era in tour. Pure Spencer accettò di venire, a patto che Jon non ci fosse. I loro presunti problemi amorosi non li avevo mai capiti.

L’unica risposta veramente sperata e desiderata, arrivò solo a tarda sera.

< Ehi man, per me è okay. A domani sera. >

Piuttosto crudo e schietto, ma non mi importava molto. Non speravo certo in un suo messaggio pieno di gioia e amore con tanto di smile.

Andava bene così, era perfetto così.

La sera dopo ero intento a scegliere un completo adatto alla serata che Nick trasformò in un anonimo paio di jeans e un maglione a tinta unita.

Bah.

Ero talmente agitato che mi feci sistemare anche i capelli. “Dovresti tagliarteli, comincia a sembrare tua sorella.” Mi fece notare Nick.

“Perché non guardi i tuoi di capelli?” sbottai innervosito, spettinandomeli un po’.

Arrivammo al locale, uno dei più frequentati di Los Angeles, in anticipo e visto che avevamo pianificato l’intera serata rimanemmo lì a ripercorrere le tappe da eseguire.

Punto primo, trovare una conversazione brillante per agganciare Brendon. E lì non c’erano problemi, ero il re delle conversazioni brillanti.

Punto secondo, offrigli da bere. Anche qui, nulla di difficile e poi ero a conoscenza della passione di Brend per degli alcolici annacquati.

Punto terzo, tenere alla larga Ariel, il cagnolino. La situazione andava peggiorando, perché Ariel gli stava appiccicato peggio di una cozza.

Punto quarto, uscite per una passeggiata, perché si sa le passeggiate portano pensieri e i pensieri portano le parole e le parole portano... altro insomma.

Punto quinto, non contraddirlo mai. Neanche se sta dicendo la più cazzata delle cazzate, bisogna sorridere e annuire.

Non finimmo la lista perché Gabe arrivò saltellante trascinandosi un apatico Will, che sorrideva al suo uomo con occhi lucidi e brillanti. Sembrava ancora più una donna, anche se, a detta sua, ci stava mettendo tutto l’impegno possibile per essere almeno un po’ virile. Aveva un accenno di barba in effetti, ma nulla di più.

Gabe mi saltò letteralmente addosso, urlando che gli era mancato il suo amicone hippie. Ricambiai il suo abbraccio e risi. Mi era sempre piaciuto Gabriel.

Il suo essere genuino e schietto era da sempre una sua carta vincente.

Con Bill era diverso, avevamo passato un piccolo periodo dove eravamo praticamente inseparabili, poi lui ha avuto un po’ di problemi, quali: la nascita della figlia e in contemporanea la scoperta di essere, oramai, un finocchio perduto.

Presentai Nick ad entrambi e Gabe lo accolse con un nuovo abbraccio e una pacca sulle spalle. “Vuoi vene siete forti!” esclamò, picchiettando l’indice sul petto di Nick che rise e ringraziò.

Pete si fece largo con un sorrisone, accompagnato da Nate e Ryland. “Il mio amico Ross!” urlò, afferrandomi la mano e stringendola, no rettifico, stritolandola per bene, con un sorrisetto sadico stampato sulle labbra.

“Che piacere, Pete, dopo l’ultima volta pensavo di ritrovarmi già nella tomba!” scherzai e lui assottigliò lo sguardo, salendo in punti di piedi per potermi fissare bene.

“Sta attento, ragazzino.”  Ringhiò, poi sorrise di nuovo e si rivolse a Nick.

Deglutii un attimo per poi essere attirato nell’allegria collettiva che albergava nel gruppo.

Si stava davvero bene.

Brendon arrivò per ultimo, assieme a Spencer che stava ringhiando qualcosa contro l’uomo degli infradito.

Brend però non lo ascoltava, sorridendo a tutto spiano e regalando baci e abbracci. Bellissimo non era nemmeno la parola adatta per descriverlo. Era meraviglioso. I capelli tagliati di fresco, il cappotto abbottonato male, dove si riusciva a intravedere una camicia azzurra... Diciamo che lo osservai per bene.

“Ciao Ryan.” Disse, sorridendomi lentamente, mentre attorno a noi era calato un silenzio quasi irreale dove le uniche cose distinguibili erano i ringhi di Pete e il chiacchiericcio intorno a noi.

“Ciao Bden, ti trovo bene!” esclamai, dopo aver lanciato un’occhiata a Nick che mi ordinava di prendere in mano la situazione.

Brendon non riuscì a rispondere perché Gabe si intromise fra noi. “Beh? Il tuo chico australiano? Dove l’hai messo?”

Solo in quel momento notai la totale mancanza di Ariel. Aprii la bocca per lo stupore e il mio tastierista si apprestò a chiudermela.

Si erano lasciati? Brendon l’aveva scaricato e rispedito a calci in culo in Australia?

Potevo mettermi a urlare dalla gioia.

“Ehm, lui non poteva venire, sapete…” iniziò Brendon, grattandosi la testa.  “è ancora minorenne…”

Ci fu un attimo di totale silenzio, poi come se ci fosse una bomba, scoppiammo contemporaneamente a ridere.(io, vorrei precisare, lo feci molto educatamente, non sguaiatamente come alcuni.) Brendon non ne fu felice.

 

 

 

Brendon pov

 

Stavano ridendo di me.

Tutti, anche Pete per la miseria! Talmente stava ridendo dovette appoggiarsi a Bill che essendo già in bilico cadde a terra, trascinandosi dietro Pete, continuando a ridere e additarmi come se fossi uno stupido animale da circo vestito da ballerina di danza classica!

Sbuffai e incrociai le braccia, guardando Ryan che aveva portato la mano alla bocca per non esagerare con le risate.

“Quando avete finito di deridere me e il mio ragazzo, che aggiungerei non è qui, possiamo entrare che ho fottutamente bisogno d’alcol?” chiesi, accennando un sorrisetto falsamente gentile.

Entrammo solo pochi minuti dopo, con l’eco di alcune battutine davvero stupide da parte di Gabe e Bill. “Gli hai rimboccato le coperte prima di uscire?” o ancora: “ ti sei assicurato che tenesse stretto a sé il suo orsacchiotto Polly?”

L’orsacchiotto Polly?

Sperai solo che non fosse una loro fantasia erotica.

Mi avvicinai al bancone, aggrappandomi ad esso con disperazione. Volevo affogare ogni disperazione nell’alcol. Ryan mi si avvicinò, appoggiandosi lievemente alla mia schiena per richiamare l’attenzione sul barman. “Un daiquiri alla pesca e un Shirley Temple!” esclamò, allungando una banconota da dieci, con tanto di occhiolino. Ottimo, ci stava provando con il ragazzo, che tra l’altro non era niente male.

Gran bel modo per ricordarmi che da un po’ preferiva la, come dire, “corsia apposta”. Non era certo quello che mi ci voleva e sentivo la gelosia pungermi lo stomaco.

Ryan mi passò il mio Shirley Temple e  cominciai a fissarlo con insoddisfazione. “Ma non è alcolico.” Borbottai rigirando la cannuccia decorativa nel liquido rosso.

“Infatti, ma è meglio se ci vai piano.” Ribattè Ross, sorridendo e sorseggiando il suo drink.

Aspettai che andasse da quel Nick, per voltarmi verso il barman e attirare la sua attenzione con un fischio. “Correggimelo.” Dissi, e lui aprì con un sorrisetto una bottiglia di vodka, riempiendo il bicchiere fino all’orlo e facendo diventare il liquido rosso dello Shirley Temple, un rosa pallido.

Tracannai metà del contento in un sorso e trotterellai verso gli altri che chiacchieravano, felici e contenti. Ryan guardò prima me, poi il bicchiere e scosse il capo,ma non disse nulla e si mise a ridere. Sembrava una serata normale, come quelle che facevamo prima di divedere le nostre strade, prima ancora che lui sapesse che mi ero follemente innamorato di lui.

Parlottò con Nick per un po’ e mentre cercavo di non guardarli e concentrare la mia attenzione sull’imitazione del Condor che Gabe stava eseguendo in piedi su una sedia, vidi il suo tastierista picchiarlo ripetutamente sulla testa. Assottigliai lo sguardo, curioso e i miei occhi si scontrarono con quelli di Ryan. I suoi occhi sorridevano. L’avevo capito anche nella penombra del locale. Fece per avvicinarsi, ma Pete mi sequestrò, portandomi sulla pista per ballare una canzone anni 80 remixata fino alla nausea.

Rimasi per una mezz’ora buona, accerchiato da Pete e Gabe, che aveva sentito il richiamo delle danze. Quello che stavamo facendo sembrava più un ménage à trois, che un ballo, ma mi stavo divertendo e avevo recuperato il terzo drink senza neanche chiederlo. Sentivo lo sguardo di Ryan bruciare su di me. Era strano come mi guardava perché non riuscivo a capire a quel tipo di emozione appartenesse quell’espressione.

Gabe venne strappato via dalla pista dalle mani gelose di Bill che sorreggevano un Bloody Mary, Pete invece fu acciuffato da Ryland e Nate per un trenino assurdamente fuori luogo.

Rimasi solo e mi appoggiai a uno dei tavoli liberi che accostavano la pista. Anche se gli davo le spalle sentivo su di me ancora i suoi occhi.

Cosa voleva ancora non lo sapevo.

Ma la sensazione non era più piacevole, perché ero percorso da una certa ansia che mi faceva tremare le mani.

Spencer mi si avvicinò, porgendomi una tequila e sorridendomi comprensivo.

“Credi stiano insieme?” mi chiese, riferendosi a Ryan e Nick, ancora intenti a confabulare.

“No, Ryan mi ha detto che si sono lasciati.” Dissi, senza evitare che il mio cuore si esibisse in una lunga capriola felice.

“E non ti rode il fatto che l’abbia scoperto con lui la sua omosessualità?” chiese.

“Vuoi la verità?” iniziai, finendo la mia Tequila in un sol sorso. “gli strapperei entrambe le palle.”  Ringhiai, stringendo i pugni. “ma non ce ne farei nulla, non so se capisci il senso.” Spencer mi guardò malissimo per un attimo, poi sbuffò.

“E’ tutto il pacchetto Ross che ti serve, non solo gli attributi.” Esclamò ridendo e io annuii. “perché non te lo prendi allora?” chiese, mentre sgranavo gli occhi.

Lui parlava come se tutto fosse semplice, a portata di mano, ma nulla è semplice quando c’è il cuore di mezzo.

“Eh Bden, che ne dici di un giro qui fuori?” Ryan era arrivato all’improvviso e quasi non avevo sentito la sua mano posarsi nell’incavo della mia schiena. Guardai Spencer che con sguardo eloquente mi diceva di andare e io meccanicamente annuii, seguendolo fuori dal locale. Prima di uscire guardai Nick, che mi sorrise allegramente dietro il suo drink.

Ryan si chiuse il cappotto freneticamente, avvolgendosi la sciarpa al collo. Io avevo caldo, forse per tutti i drink scolati precedentemente e mi lasciai il soprabito aperto, iniziando a camminare al suo fianco.

Ho sempre pensato che il silenzio fosse la più alta forma di sincerità in una conversazione. Non ci sono parole di mezzo, ma solo realtà che si sprigionano in gesti o che prendono forma dagli occhi. Ci sono solo anime che comunicano senza bisogno d’altro.

Avevo un disperato bisogno di abbracciarlo, di sentire quel suo buon profumo e di ricordare quanto morbidi erano i suoi capelli, ma c’era sempre quella parte del mio cervello che non faceva altro che ricordarmi tutto il male che quel cretino mi aveva fatto.

Era sempre lì che si finiva, no?

Non riuscivo proprio a dimenticare.

Quando mi sarei fidato di lui ancora? Non lo sapevo. Non ero certo nemmeno di quello che facevo o del perché stavamo camminando in silenzio da dieci minuti buoni.

“Ryan?” lo chiamai e lui si riscosse da chissà quale pensiero, voltando il capo verso di me.

“Dimmi.”

“Cosa vuoi da me?” chiesi, fermandomi e ficcando le mani in tasca.

Guardai la bocca di Ryan aprirsi un paio di volta, prima di cominciare ad essere martoriata con i denti, infine scrollò le spalle e un’espressione rassegnata si fece largo sul suo volto.

“Non lo so…”

Chiusi gli occhi e sospirai, tornando a camminare. “Allora perché hai organizzato tutto questo?” chiesi facendo un gesto plateale con la mano.

“Vuoi che sia sincero?” strillò a un certo punto, le lunghe dita infilate fra le ciocche dei suoi capelli.

“Sarebbe la tua prima volta presumo!” insinuai, ma lui non rispose alla provocazione. Rimase zitto per un minuto che giudicai interminabile, poi si accostò a me appoggiando la fronte sulla mia e il suo dolce profumo mi invase, circondandomi. Ne uscii stordito.

“Non sono bravo con le parole.” Iniziò.

“Sì che lo sei, scrivi poesie in quei cazzo di testi!” mi agitai, senza però avere la forza di muovermi di un solo millimetro. Vidi la sua bocca sottile stendersi in un sorriso.

“Sì è vero… ahi!” urlò dopo un mio pizzicotto sul braccio.

“E il premio per la modestia va a Ryan Ross!” borbottai. Ryan incatenò i suoi occhi hai miei e quasi boccheggiai dall’intensità di quello sguardo.

“Sono innamorato di te.”

L’emozione che provai fu come celebrare Natale, capodanno e Pasqua lo stesso giorno. Avrei voluto pizzicarmi per costatare di essere sveglio e non fare uno dei miei soliti sogni, ma ero talmente bloccato da non riuscire nemmeno a sbattere le ciglia. “non so come l’ho capito, ma è così, lo è sempre stato, davvero non sto mentendo o altro io… lo giuro…” balbettò, preso dal panico. “ti prego di qualcosa. Qualsiasi cosa, la prima che ti passa per la testa, ma per favore dilla!” ma io continuai a rimanere zitto. “lo sapevo che non dovevo fare di testa mia, Nick me l’aveva detto che era troppo presto!” lo sentii inveire, cominciando a girare in tondo come un invasato, poi mi afferrò le spalle e tentò un sorriso. “Senti facciamo finta che nulla di tutto questo è avvenuto, okay?” annuì addirittura alle sue stesse parole.

“Oh Cristo…” sussurrai, tornado a sbattere le ciglia. Mi allontanai da lui di qualche passo, evitando accuratamente di guardarlo in viso.

Aveva detto di amarmi?

 

 

 

Ryan pov

 

Avevo appena vinto il premio per il miglior coglione di sempre.

Cosa mi era saltato in mente? Perché poi?  Stava andando tutto bene, la serata, l’alcol, i vecchi ricordi, la passeggiata, ma no, se Ryan Ross non fa una troiata non può ritenersi contento.

“Oh Cristo…” borbottò, allontanandosi da me.

Beh, almeno aveva ripreso l’uso della parola. Ma sapevo che comunque non era un buon segno.

Così scappai.

Sul serio, lo feci.

Cominciai a camminare sempre più velocemente, allontanandomi rapidamente dalla faccia sconcertata di Brendon.

Oh, che uomo che sei Ross.

Forse mi riteneva un matto, più di prima probabilmente. Pescai l’ I phone dalla tasca dei Jeans e feci velocemente il numero di Nick.

“Nick, ho combinato un casino!” praticamente urlai, continuando a correre e a scontrarmi con la gente.

“Non dirmi che l’hai violentato?!” strillò lui di rimando e io sbuffai.

“Non è l’ora di scherzare, White! Ho detto quello che non dovevo dirgli!” sbottai “ora torno a casa, appena puoi, mi raggiungi, per favore?”

Nick acconsentì e mentre raggiungevo casa, fui grato che Brendon non mi avesse seguito.

Probabilmente era ancora lì fermo, sul marciapiede, con la bocca aperta.

Raggiunsi casa in poco tempo, e appena chiusi la porta alle mie spalle, mi accasciai su di essa, portandomi le mani ai capelli e rannicchiandomi a terra.

Casini su casini. Era solo quello che sapevo fare.

Cos’era poi che mi aveva spinto a dirgli che… quello insomma.

L’atmosfera? O la mia totale deficienza?

Hobo si avvicinò a me timorosa, poi fece in modo che potesse accoccolarsi sulle mie gambe. Mi guardò con quei occhi lucidi e brillanti e le concessi delle carezze dolci sul muso.

“Se non ci fossi tu, non saprei che fare…” le sussurrai, baciandole il pelo morbido. Hobo abbaiò allegra, facendomi ridere.

Avevo deciso di accamparmi lì, seduto contro la porta a farmi coccolare dall’unica donna della mia vita, ma il campanello suonò ripetutamente, facendomi sbuffare e rivedere interamente i miei piani per iniziare una lunga e travagliata depressione.

Mi ero quasi dimenticato di Nick, che ero sicuro fosse l’unico capace di darmi un po’ di conforto. Lasciai andare Hobo che sfrecciò nella sua cuccia a giocare con qualche animaletto di pezza.

Spalancai la porta dell’appartamento, dopo aver aperto il portone e strisciai in camera senza accogliere Nick come un bravo padrone di casa. Mi buttai di peso sul letto, accennando a qualche mugugno, mentre sentivo la porta chiudersi nell’ingresso.

Aspettai l’entrata di Nick con la faccia schiacciata sul cuscino, che mi impediva quasi di respirare. Avevo voglia di urlare fino a perdere la voce.

Avevo fatto la figura più patetica e meschina di un’intera vita.

I passi di Nick risuonarono per la stanza e lo sentii sedersi sul bordo del letto e sospirare.

“Dillo che sono un cretino, detto da te suona meglio.” Dissi, stringendo le coperte, fino a sentire le dita intorpidite. Nick non rispose subito e rimasi nell’attesa di una sua risposta, mentre sentivo gli occhi riempirsi di lacrime per la frustrazione. “Nick per favore di qualcosa o giuro che mi suicidio come il peggior emo sulla faccia della terra!” strillai, la voce attutita dal cuscino.

“Sei un cretino, un grandissimo cretino. Il peggiore a dirla tutta.”

Mi alzai talmente velocemente che fu una fortuna non prendere uno strappo al collo o non svenire per il capogiro.

Il fatto che, seduto sul mio letto non c’era Nick White, ma Brendon Urie, non giovava certamente al mio stato mentale.

Lui mi stava fissando con un sorrisetto dolce sulle labbra piene e gli occhi erano rossi e lucidi, ma troppo sfuggenti per riuscire a catturarli con i miei.

“Che ci fai qua?” balbettai, cercando un contegno che avevo oramai perso da troppo tempo.

Brendon scosse le spalle, guardandosi intorno. “Non avevo mai visto casa tua…” disse invece, posando gli occhi sulle tende bianche. “è un bel posto.”finì,  accennando un sorriso.

“Grazie, come sei riuscito a trovarmi?” domandai.

“Il tuo amico è venuto a cercarmi e mi ha detto che vivi qui.” Rispose, scrollando nuovamente le spalle.

Nick.

Non sapevo se ucciderlo o riempirlo di baci. Tutto dipendeva dall’andamento della serata.

“Capisco.” Sospirai e osservai Brendon alzarsi in piedi e prendere a falciare la stanza velocemente.

“Non stavi mentendo, vero?” sbottò a un certo punto. “ti prego dimmi che non lo stavi facendo.” Aveva un’espressione quasi disperata e i suoi modi teatrali di fare non erano cambiati per nulla.

“Non stavo mentendo.” Risposi, mettendoci tutta la sincerità che possedevo per provargli quanto quelle parole erano vere.

Brendon prese un lungo respiro e chiuse gli occhi. “Come faccio a crederti?”

“Puoi anche non farlo, è normale non credere alle mie parole dopo tutto quello che ti ho fatto passare!” esclamai, stupendomi della mai stessa onestà nel dire quelle cose.

“Già.” Sbottò, massaggiando le palpebre chiuse con la punta delle dita. “ti… ti credo.” Soffiò poi, le guance rosse e gli occhi finalmente puntati su di me.

“Quindi…” iniziai, sedendomi compostamente sul letto, Brendon fermò il mio intento e scosse il capo.

“C’è Ariel. Io… gli voglio molto bene.”

“Ma ami me, no?” Brendon mi gelò con lo sguardo e io mi morsi la lingua per evitare di parlare ancora.

“Potresti evitare di essere così schietto?!” strillò prima di sbuffare a avvicinarsi a me con un paio di passi. Mi puntò il dito contro, arcuando le sopraciglia in un’espressione contrariata. “devi smetterla di uccidermi tutte le volte. Ho già rischiato il collasso una volta, non vorrei ripetere!

“Scusa…” borbottai.

Vidi in un attimo i suoi occhi addolcirsi e la sua mano afferrare la mia per posarsela sul petto. Il suo cuore batteva così forte, che sembrava stesse per scoppiare. Alzai lo sguardo per osservarlo meglio, mentre le sue dita accarezzavano dolcemente il dorso della mia mano. Si chinò solo un po’ per riuscire a fare incontrare le nostre fronti e restammo in silenzio per un po’, le sue labbra troppo vicine per essere ignorate.

Le mordicchiava piano e la voglia di afferrarle era talmente tanta che dovetti distogliere lo sguardo.

“Cosa devo fare con te?” sussurrò, allungando la mano, che era ancora posata sulla mia, per accarezzarmi le gote.

Non gli risposi perché ero troppo intento a scollegare il cervello e cercare le sue labbra con le mie.

Brendon sussultò un attimo, stringendo la presa sul mio viso.

Io avevo solo socchiuso le palpebre e da lì potevo notare i suoi occhi neri e lucidi pieni di stupore.

Non si scostò.

Mi staccai da lui dopo secondi di paradiso.

Sperai di non aver fatto una cavolata, sperai di non essere preso a pugni e di non uscire dalla sua vita.

Il solo contatto lieve con le sue labbra mi aveva dato l’ennesima certezza che stare con lui era la sola cosa che desideravo.

Brendon tornò a mordersi le labbra, passandoci lievemente la lingua per inumidirle e poi sorrise.

E lo feci anche io, allungando le mani per infilarle fra i suoi capelli un po’ secchi a causa del gel.

“Che c’è?” mormorai, cercando di non mostrare la lieve nota di panico che aveva preso piega dentro di me.

“Nulla.” Fu la sua risposta e si allungò quel tanto che bastava per riposare le labbra sulle mie.

Quella seconda volta chiuse gli occhi, inclinando il capo per potermi baciare meglio. Giudicarlo il paradiso era quasi riduttivo. Sentivo già di non riuscire più fare a meno di quelle emozioni e di tutto quello che Brendon riusciva a trasmettermi con un solo bacio.

 

 

 

 

 

 

****

 

Scusate il tremendo ritardo, spero che queste vacanze siano andate bene e auguro a tutti un buonissimo inizio dell’anno, anche se in ritardo!

Ringrazio chi ha letto, ma soprattutto chi ha recensito, Annabellee grazie infinite cara!

 

E voi che leggete solo? Un commentino me lo lasciate?

 

Un bacione,

Grè.

 

 

 

 

 

  
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