19.
L’arrossir tramonto, eravate.
26 luglio 2010.
Stavo
già decidendo cosa vestire quella sera, quando mi arrivò un messaggio.
Cesca, scusami, questa sera
al concerto non credo che riuscirò ad esserci, ti va se ci vediamo direttamente
domenica?
Ancora?
Un’altra volta? Ma perché quando io dovevo vedere Zeno per una cosa o per l’altra
andava tutto storto?
Ok. Nessun problema.
Domenica: quando e dove?
E
nemmeno si azzardava a rispondere a delle domande importanti, quello stupido del
mio ragazzo. Insomma, dopo due mesi che stavamo insieme, mi era concesso
detestare il fatto che mi desse buca così con un messaggio dell’ultimo minuto,
no?
Vero,
stavamo insieme da due mesi. E lui nemmeno si era azzardato a rispondere al mio
messaggio di auguri, o meglio, la sua risposta era stata un “ti voglio bene”.
Sì. Anch’io ti voglio bene. Ma potevi dire qualcos’altro.
Pretendevo
troppo. Pretendevo assolutamente troppo. Me lo continuavo a ripetere giorno e
notte che lui era un ragazzo di quasi diciotto anni, che aveva una vita
impegnata, che non dovevo assillarlo.
Quindi,
alla fine, era nuovamente colpa mia. Ovvio.
In
ogni caso, quando dissi a mio padre che Zeno non sarebbe andato al concerto,
lui mi disse che noi ci saremo andati lo stesso, perché aveva promesso a
Nicole, la sua nuova amica, che
saremmo andati.
Ora,
io a Nicole voglio un mondo di bene, ha due figli che adoro e che hanno anche
circa la mia età, è una donna fantastica e mi ha persino regalato una felpa
bellissima dipinta a mano con Harry Potter, che ha fatto lei personalmente, ma
la prospettiva di passare la serata sola con loro due mi faceva terribilmente
sentire a disagio. Quando, improvvisamente, arrivò un sms insperato.
Ce’, stasera hai da fare? Per
caso verresti ad un concerto con me? Ci sono tutti quelli di scout, ma ho
assolutamente bisogno di parlare con un’amica di una questione importante e ho
pensato a te.
Arianna.
Arianna
mi aveva appena salvato la vita. Le risposi che io sarei già andata comunque a
quel concerto e che quindi ci saremmo viste là.
Perfetto.
Almeno la serata non era stata buttata!
Dopo
essermi vestita alla bell’e meglio (ovvero, dopo aver preso dall’armadio una
maglietta a caso e un paio di jeans), io, mio padre e Nicole andammo a Ponte
della Priula, dove si sarebbe tenuto il concerto del (per me sconosciuto)
Alessandro Mannarino. Se qualcuno tra di voi lo conosce significa che è un
grande amante di cantautori italiani, e scommetto che uno dei vostri idoli è
Guccini. Per me non è così, sfortunatamente.
Scoprii
presto che metà della gente che c’era non aveva mai sentito una sua canzone e
che erano lì più che altro per la compagnia e per il significato simbolico del
concerto, fatto per ricordare le vittime degli incidenti stradali.
Quando
arrivò cominciai a raccontare ad Arianna del comportamento sempre più distante
di Zeno, e lei mi raccontò del suo piccolo problemuccio – che poi tanto piccolo
non era. Passò così la prima mezz’oretta.
Poi,
ad un certo punto, di fianco a me passò un ragazzo con una maglietta rossa, ma
non ci feci molto caso.
Il
mio cervello ci mise un bel po’ ad ingranare il fatto che quella maglietta non
mi era nuova, e quando mi ricordai dove l’avevo già vista, Arianna aveva già
aperto bocca.
“Zeno!”
Mi
voltai di scatto e lo vidi fermarsi davanti a me. Sorridendo.
Eh
no, non puoi sorridermi in quel modo e pretendere che non ti salti addosso dopo
25 giorni passati senza vederti! Fatto sta che lo abbracciai senza dire nulla e
rimasi così per secoli. O forse solo per qualche minuto.
“Ma
tu non dovevi non venire?” gli chiese subito Arianna sfidandolo con lo sguardo.
“Ho
detto che forse non venivo. Ma sono
qua. E poi non potevo lasciare Francesca in compagnia si questa brutta gente
qua”.
Non
dissi nulla. Non mi importava chiedergli spiegazioni, non m’importava la vocina
nella testa che continuava a ripetermi di chiedergli perché cavolo non mi aveva
avvisata che sarebbe venuto, no, non m’importava.
C’era.
C’era, ed era quello l’importante. Mi strinse la mano e mi lasciò un lieve
bacio sulle labbra.
Poi
mi disse: “Ti faccio conoscere i miei amici, ti va?”
Il
mio cuore non aveva mai battuto così forte in vita mia, ed ero davvero, davvero,
davvero felice di rivederlo.
Mi
era mancato. Moltissimo.
Poi
avrei voluto ucciderlo in realtà perché mi portò davanti a una decina di ragazzi
e ragazze più grandi di me, cominciò a presentarmeli nome per nome e poi se ne
andò a chiacchierare con un altro ragazzo poco più in là, tanto che io rimasi
da sola per una decina di minuti con delle persone che non sapevo neanche chi
fossero.
“Sei
la sorella di Zeno?” mi chiese una ragazza bionda, che mi pare di ricordare si
chiamasse Irene.
“No
no, per carità!” dissi. Ma non riuscii ad aggiungere altro, non riuscii a dire
che ero la sua ragazza, perché non sapevo se lui avrebbe voluto che lo dicessi.
Insomma, ero parecchio confusa.
Comunque
alla mia risposta tutti risero, e io speravo di aver fatto un’impressione
perlomeno mediocre, e quando poi tornò Zeno ne ebbi la conferma.
“Ehi,
sei talmente odioso come ragazzo che persino tua sorella si vergogna a dire che
è imparentata con te!” lo schernì Irene.
No,
aspetta, cos…? Ma che cavolo aveva capito?! Certo, bionda e carina, ma il
cervello dove lo aveva?
Zeno
guardò la mia faccia e si mise a ridere. Credo che l’espressione del mio volto
stesse dicendo qualcosa come “ti giuro, io non le ho mai detto niente di
simile, è lei che ha bevuto un po’ troppo o ha il cervello in letargo”.
Mi
strinse con un braccio il fianco e poi rispose con sei parole. Sei parole che
mi fecero veramente sciogliere nella sua stretta.
“Veramente
lei è la mia ragazza”.
Mi
guardò radioso ed io rimasi lì con il cuore che batteva furiosamente per uscire
dal mio petto e concatenarsi con il suo.
Un
coro di “Oooh, Zeno!” avvolse quell’informazione, seguito da alcuni “Te la sei
scelta bene!”, “Ma che carini che siete!”, “E’ davvero bella e simpatica!”.
Non
sentii più nulla dopo.
Mi
baciò lì davanti a tutti, e per me quello aveva un preciso significato.
Lo
strinsi forte a me, pensando solo ad una cosa.
A me ci teneva. Punto e
stop.
E,
io non lo sapevo, ma stavo per innamorarmi sul serio, della persona
sbagliata.
{ Spazio HarryJo.
A Nicole, grazie
di tutti i consigli che mi hai dato. E grazie di render felice papà.
Mondo di EFP, come vi butta?
A me così così. E’ un periodo un po’ nero, ma resisto.
Nero in tutti i sensi: stiamo lavorando nella casa. Che bello
schifo, abbiamo tutti i muri completamente NERI. E quindi dobbiamo grattar via
quel nero (che non so neanche esattamente che cosa sia… il residuo del fumo penso)
da ogni stanza. Pensate solo che qui nelle vacanze di Natale mi sono sempre
svegliata alle 6.30 per lavorare 8 ore. Per fortuna ora mancano solo due
stanze. Poi arrivano i pittori e si arrangiano loro. Spero che anche questo
incubo finisca presto.
In ogni caso, parlando di robe più allegre, ecco qui questo
capitolo, che mi son quasi commossa a scrivere. Quando ripenso a quella serata
mi vengono i brividi di freddo quasi e sorrido come un’ebete.
In un film (2046)
dicono che i ricordi sono sempre bagnati
dalle lacrime. Beh, ci credo.
Insomma, vi lascio ora, perché credo di starvi annoiando un po’.
UNA DOMANDA, IMPORTANTE:
Ho scritto – non so perché – una shot su me e Davide (che saremmo i
Francesca e Cristian di questa storia) che
racconta una cosa successa recentemente. Pensavo subito di pubblicarla all’inizio,
ma rivela spoiler sulla fine di questa storia. Quindi volevo chiedervi se vi
farebbe piacere leggerla subito, oppure se non vi interessa proprio, oppure se
preferireste aspettare la fine di questa storia. Fatemi sapere ;)
In ogni caso, ora vi saluto, ringraziando chi legge, le ventinove
persone che seguono questa storia (un numero enorme per me, non so per voi), le
dodici che l’hanno addirittura inserita tra i preferiti (che onore!) e le
quattro che la ricordano.
Nonché un ringraziamento speciale a chi recensisce.
Buon ritorno a scuola per chi ci è appena tornato!
A presto,
Erica.