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Autore: HarryJo    10/01/2011    6 recensioni
Dal secondo capitolo:
Arianna disse: “Lei è Francesca!”
Il ragazzo mi guardò: gli strinsi la mano e non gliel’avrei mai voluta lasciare.
Capelli neri, occhi castani, sorriso stupendo. Ecco com’era, ecco com’è. Alto, snello, perfetto. Mi ero incantata a guardarlo, così. L’avevo incastonato nell’oro più prezioso.
“Chi sei?”. Oddio, la voce mi fece tremare il cuore. Ma davvero esisteva? Il mio cuore nel frattempo aveva iniziato a correre una maratona, e sembrava determinato a vincere a tutti i costi.
“Francesca” risposi incerta, senza togliere né la mano né lo sguardo.
“Chi sei?” ripeté lui, ridendo.
“Così la metti in imbarazzo!” osservò Arianna, che, anche se io non me n’ero accorta, era ancora lì accanto a me.
“Chi sei?” chiesi io, unendomi alle sue risate.
“Zeno!” Oh.
Il primo pensiero fu: ma che nome insolito!, solo che me lo tenni per me. Dopotutto, a una tale rarità di bellezza, corrispondeva una rarità di nome.

Dall'ultimo capitolo:
Oggi mi son detta che questa vita ha sostanzialmente tre tempi verbali: il passato, il presente e il futuro. E a te appartiene solo il primo. Così, ho raccolto tutti i miei pezzi, che sanno ancora di te, e li ho ricomposti.
Storia vera!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Erica & Davide, it's a never ending story.'
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19

19. L’arrossir tramonto, eravate.

 

26 luglio 2010.

 

Stavo già decidendo cosa vestire quella sera, quando mi arrivò un messaggio.

Cesca, scusami, questa sera al concerto non credo che riuscirò ad esserci, ti va se ci vediamo direttamente domenica?

Ancora? Un’altra volta? Ma perché quando io dovevo vedere Zeno per una cosa o per l’altra andava tutto storto?

Ok. Nessun problema. Domenica: quando e dove?

E nemmeno si azzardava a rispondere a delle domande importanti, quello stupido del mio ragazzo. Insomma, dopo due mesi che stavamo insieme, mi era concesso detestare il fatto che mi desse buca così con un messaggio dell’ultimo minuto, no?

Vero, stavamo insieme da due mesi. E lui nemmeno si era azzardato a rispondere al mio messaggio di auguri, o meglio, la sua risposta era stata un “ti voglio bene”. Sì. Anch’io ti voglio bene. Ma potevi dire qualcos’altro.

Pretendevo troppo. Pretendevo assolutamente troppo. Me lo continuavo a ripetere giorno e notte che lui era un ragazzo di quasi diciotto anni, che aveva una vita impegnata, che non dovevo assillarlo.

Quindi, alla fine, era nuovamente colpa mia. Ovvio.

In ogni caso, quando dissi a mio padre che Zeno non sarebbe andato al concerto, lui mi disse che noi ci saremo andati lo stesso, perché aveva promesso a Nicole, la sua nuova amica, che saremmo andati.

Ora, io a Nicole voglio un mondo di bene, ha due figli che adoro e che hanno anche circa la mia età, è una donna fantastica e mi ha persino regalato una felpa bellissima dipinta a mano con Harry Potter, che ha fatto lei personalmente, ma la prospettiva di passare la serata sola con loro due mi faceva terribilmente sentire a disagio. Quando, improvvisamente, arrivò un sms insperato.

Ce’, stasera hai da fare? Per caso verresti ad un concerto con me? Ci sono tutti quelli di scout, ma ho assolutamente bisogno di parlare con un’amica di una questione importante e ho pensato a te.

Arianna.

Arianna mi aveva appena salvato la vita. Le risposi che io sarei già andata comunque a quel concerto e che quindi ci saremmo viste là.

Perfetto. Almeno la serata non era stata buttata!

Dopo essermi vestita alla bell’e meglio (ovvero, dopo aver preso dall’armadio una maglietta a caso e un paio di jeans), io, mio padre e Nicole andammo a Ponte della Priula, dove si sarebbe tenuto il concerto del (per me sconosciuto) Alessandro Mannarino. Se qualcuno tra di voi lo conosce significa che è un grande amante di cantautori italiani, e scommetto che uno dei vostri idoli è Guccini. Per me non è così, sfortunatamente.

Scoprii presto che metà della gente che c’era non aveva mai sentito una sua canzone e che erano lì più che altro per la compagnia e per il significato simbolico del concerto, fatto per ricordare le vittime degli incidenti stradali.

Quando arrivò cominciai a raccontare ad Arianna del comportamento sempre più distante di Zeno, e lei mi raccontò del suo piccolo problemuccio – che poi tanto piccolo non era. Passò così la prima mezz’oretta.

Poi, ad un certo punto, di fianco a me passò un ragazzo con una maglietta rossa, ma non ci feci molto caso.

Il mio cervello ci mise un bel po’ ad ingranare il fatto che quella maglietta non mi era nuova, e quando mi ricordai dove l’avevo già vista, Arianna aveva già aperto bocca.

“Zeno!”

Mi voltai di scatto e lo vidi fermarsi davanti a me. Sorridendo.

Eh no, non puoi sorridermi in quel modo e pretendere che non ti salti addosso dopo 25 giorni passati senza vederti! Fatto sta che lo abbracciai senza dire nulla e rimasi così per secoli. O forse solo per qualche minuto.

“Ma tu non dovevi non venire?” gli chiese subito Arianna sfidandolo con lo sguardo.

“Ho detto che forse non venivo. Ma sono qua. E poi non potevo lasciare Francesca in compagnia si questa brutta gente qua”.

Non dissi nulla. Non mi importava chiedergli spiegazioni, non m’importava la vocina nella testa che continuava a ripetermi di chiedergli perché cavolo non mi aveva avvisata che sarebbe venuto, no, non m’importava.

C’era. C’era, ed era quello l’importante. Mi strinse la mano e mi lasciò un lieve bacio sulle labbra.

Poi mi disse: “Ti faccio conoscere i miei amici, ti va?”

Il mio cuore non aveva mai battuto così forte in vita mia, ed ero davvero, davvero, davvero felice di rivederlo.

Mi era mancato. Moltissimo.

Poi avrei voluto ucciderlo in realtà perché mi portò davanti a una decina di ragazzi e ragazze più grandi di me, cominciò a presentarmeli nome per nome e poi se ne andò a chiacchierare con un altro ragazzo poco più in là, tanto che io rimasi da sola per una decina di minuti con delle persone che non sapevo neanche chi fossero.

“Sei la sorella di Zeno?” mi chiese una ragazza bionda, che mi pare di ricordare si chiamasse Irene.

“No no, per carità!” dissi. Ma non riuscii ad aggiungere altro, non riuscii a dire che ero la sua ragazza, perché non sapevo se lui avrebbe voluto che lo dicessi. Insomma, ero parecchio confusa.

Comunque alla mia risposta tutti risero, e io speravo di aver fatto un’impressione perlomeno mediocre, e quando poi tornò Zeno ne ebbi la conferma.

“Ehi, sei talmente odioso come ragazzo che persino tua sorella si vergogna a dire che è imparentata con te!” lo schernì Irene.

No, aspetta, cos…? Ma che cavolo aveva capito?! Certo, bionda e carina, ma il cervello dove lo aveva?

Zeno guardò la mia faccia e si mise a ridere. Credo che l’espressione del mio volto stesse dicendo qualcosa come “ti giuro, io non le ho mai detto niente di simile, è lei che ha bevuto un po’ troppo o ha il cervello in letargo”.

Mi strinse con un braccio il fianco e poi rispose con sei parole. Sei parole che mi fecero veramente sciogliere nella sua stretta.

“Veramente lei è la mia ragazza”.

Mi guardò radioso ed io rimasi lì con il cuore che batteva furiosamente per uscire dal mio petto e concatenarsi con il suo.

Un coro di “Oooh, Zeno!” avvolse quell’informazione, seguito da alcuni “Te la sei scelta bene!”, “Ma che carini che siete!”, “E’ davvero bella e simpatica!”.

Non sentii più nulla dopo.

Mi baciò lì davanti a tutti, e per me quello aveva un preciso significato.

Lo strinsi forte a me, pensando solo ad una cosa.

A me ci teneva. Punto e stop.

E, io non lo sapevo, ma stavo per innamorarmi sul serio, della persona sbagliata.

 

 

 

{ Spazio HarryJo.

A Nicole, grazie di tutti i consigli che mi hai dato. E grazie di render felice papà.

Mondo di EFP, come vi butta?

A me così così. E’ un periodo un po’ nero, ma resisto.

Nero in tutti i sensi: stiamo lavorando nella casa. Che bello schifo, abbiamo tutti i muri completamente NERI. E quindi dobbiamo grattar via quel nero (che non so neanche esattamente che cosa sia… il residuo del fumo penso) da ogni stanza. Pensate solo che qui nelle vacanze di Natale mi sono sempre svegliata alle 6.30 per lavorare 8 ore. Per fortuna ora mancano solo due stanze. Poi arrivano i pittori e si arrangiano loro. Spero che anche questo incubo finisca presto.

In ogni caso, parlando di robe più allegre, ecco qui questo capitolo, che mi son quasi commossa a scrivere. Quando ripenso a quella serata mi vengono i brividi di freddo quasi e sorrido come un’ebete.

In un film (2046) dicono che i ricordi sono sempre bagnati dalle lacrime. Beh, ci credo.

Insomma, vi lascio ora, perché credo di starvi annoiando un po’.
UNA DOMANDA, IMPORTANTE:

Ho scritto – non so perché – una shot su me e Davide (che saremmo i  Francesca e Cristian di questa storia) che racconta una cosa successa recentemente. Pensavo subito di pubblicarla all’inizio, ma rivela spoiler sulla fine di questa storia. Quindi volevo chiedervi se vi farebbe piacere leggerla subito, oppure se non vi interessa proprio, oppure se preferireste aspettare la fine di questa storia. Fatemi sapere ;)

In ogni caso, ora vi saluto, ringraziando chi legge, le ventinove persone che seguono questa storia (un numero enorme per me, non so per voi), le dodici che l’hanno addirittura inserita tra i preferiti (che onore!) e le quattro che la ricordano.

Nonché un ringraziamento speciale a chi recensisce.

Buon ritorno a scuola per chi ci è appena tornato!

A presto,

Erica.

 

   
 
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