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Autore: Mary15389    10/01/2011    1 recensioni
Quattro anni dopo l'arresto di Ronald Weems, un seriale con le sue stesse caratteristiche si ripresenta tra le strade di Washington. La squadra è chiamata a collaborare, ma un presentimento aleggia nei pensieri di tutti...
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Then you catch him CAP14 CAPITOLO 14
 
Spencer continuava a guidare pensando a quello che avevano letto sul referto della perizia psicologica. Era impossibile che Jason Gideon avesse scritto quelle poche parole prive di senso, sperava per questo che la madre sarebbe stata d’aiuto. Lei era stata una pedina importante la prima volta che avevano incontrato il minorenne Nathan Harris, era stata lei quindi a dare la parola finale su ogni decisione nei riguardi del figlio. Si era adirata non volendo accettare che Nathan avesse dei problemi e necessitasse di un ricovero, ma per fortuna infine si era convinta per il bene del ragazzo.
Erano scesi dal SUV e si erano avviati in quell’appartamento. Emily aveva bussato alla porta che dopo qualche secondo si era lentamente aperta rivelando una discreta signora con un caschetto biondo e degli occhi azzurri che si erano illuminati alla vista del ragazzo.
“Dottor Reid?” chiese sbalordita mentre apriva di più il battente permettendo ai due agenti di entrare in casa.
“Signora Harris...” fu la cordiale risposta di Spencer nell’atto di accomodarsi, mentre anche Prentiss si qualificava con la donna.
“A cosa devo questa visita?” Sarah fissò le due figure sedute sul divano di fronte a lei e sfregò nervosamente le mani tra di loro.
“Io...noi volevamo semplicemente qualche notizia di Nathan...” il dottor Reid era timoroso, non voleva esporre troppo il caso, ma prima voleva sondare il terreno.
“Sa che il mio lavoro mi prendeva del tempo, me lo prende tutt’ora. Insomma, non lo vedo da tempo. Anzi, non l’ho mai visto. Non riuscivo ad accettare quello che gli stava accadendo, non a mio figlio...”
“Signora ci sta dicendo che non l’ha fatto ricoverare?” chiese Prentiss allarmata per la verità che stava emergendo dalle parole della donna.
“Oh si, certo. Alla fine l’agente Gideon mi aveva convinta, anche se l’avevo pregato di non rovinare il nostro nome e di scrivere nel rapporto sulla perizia solo lo stretto e necessario...” si interruppe per guardare lo sguardo che saettò da Emily verso Spencer che tirò un sospiro di sollievo. Non poteva accettare che Jason fosse completamente impazzito e non avesse emesso un referto corretto se non sotto la spinta di qualche fattore esterno. Ora sapeva quale fosse stato.
“Abbiamo bisogno che ci racconti come è andata dopo che abbiamo rilasciato definitivamente Nathan.” Il tono del giovane, contrariamente alle aspettative era calmo. Voleva mettere la donna nelle condizioni perché si aprisse e dicesse tutto il necessario per mandare avanti l’indagine.
Sarah Harris raccolse le forze per immergersi in ricordi di un passato doloroso e che avrebbe voluto cancellare con un semplice colpo di spugna, qualora fosse stato possibile, poi cominciò a parlare. “All’uscita dal distretto sono dovuta tornare a lavoro d’urgenza. Lui mi aveva promesso che sarebbe tornato a casa da solo. Era la sua ultima serata di libertà, l’indomani mattina avevamo deciso che saremmo andati alla clinica. Io sono tornata a casa quando lui non era ancora rientrato, sono andata a dormire. Era normale che rimanesse fuori, è un uomo, lo trattavo come tale. Poi l’indomani mattina sono dovuta uscire d’urgenza nuovamente. Sa noi medici...” prese un sospiro prima di ricominciare. “Al pomeriggio quando mi sono liberata siamo andati alla clinica. Da allora non sono andata a trovarlo o a vederlo nemmeno una volta. Ancora ora non ho accettato la situazione.”
“Dovrebbe dirci il nome della clinica in cui è stato ricoverato.” chiese gentilmente Emily sporgendosi in avanti verso la donna che la guardò con occhi terrorizzati.
“Gli è successo qualcosa?”
“No, non ne siamo sicuri. Stiamo solo facendo dei controlli.” La tranquillizzò l’agente Prentiss con un sorriso e il tono più dolce che potesse modulare.
“Alla clinica Saint James. Dottor Reid,” la donna si voltò di scatto afferrando con forza il braccio di Spencer. “Mi prometta che qualsiasi cosa scoprirete mi farete sapere...” lo stava implorando. Il ragazzo fece un cenno con la testa. “Una promessa non conta se non si fa ad alta voce...” lo riprese amorevolmente Sarah.
“Glielo prometto.” Sussurrò l’agente prima di alzarsi con la collega per dirigersi verso l’uscita.
Arrivati in macchina Emily non poté fare a meno di manifestare ad alta voce i suoi dubbi.
“Fattore di stress?”
“Cosa?” il magro ragazzo non aveva capito le parole di Prentiss.
“La madre che lo abbandona...”
“Potrebbe essere.” Era di poche parole, e ancora sconvolto.
“Reid dì qualcosa, te ne prego.” La donna era preoccupata e cercò di scuotere il collega.
“Lo ha abbandonato senza mezzi termini, ti rendi conto?” sbottò finalmente non allontanando gli occhi dalla strada che stava percorrendo.
“Non mi stupisce per nulla. Se Nathan è quello che è dipende strettamente dalla famiglia che ha alle spalle. Nessun padre, la madre che non si curava di lui, dai, quale madre non si accorge che il figlio è malato? Ai suoi livelli è impossibile non farci caso.”
Seguì un pesante silenzio, che dopo qualche minuto Emily infranse.
“Stiamo andando in clinica?” chiese timidamente.
“Si.”
“Credi che sia ancora ricoverato?” indagò più a fondo nei pensieri del ragazzo che non aveva voglia di lasciarsi andare a confidenze.
“Non lo so, ma lo spero...” pronunciò come se avesse scagliato una pietra.
Prentiss si sistemò meglio sul sedile e il viaggio proseguì nel silenzio.
 
Per la seconda volta in due giorni Jennifer si stava dando in pasto ai giornalisti per la conferenza stampa, ma questa volta le dichiarazioni le avrebbe rilasciate Hotch. Lei doveva solo essere lì pronta a sfoderare le giuste parole nell’eventualità in cui venisse rivolta qualche scomoda domanda.
Alternarsi nel rilasciare le dichiarazioni davanti alle telecamere serviva per dare una maggiore idea di squadra e per evitare che in caso di fallimento o di smentita JJ non diventasse l’unico e solo capro espiatorio.
Il segnale che stavano per andare in onda arrivò mentre Aaron sistemava i microfoni sul podio dal quale avrebbe parlato. Raccolse il fiato necessario e cominciò, “Ieri è stata rilasciata la dichiarazione che l’FBI aveva sotto custodia l’uomo ritenuto responsabile dell’omicidio di una prostituta qualche notte fa. Gli avvenimenti della notte scorsa hanno dimostrato che Ronald Weems era la persona sbagliata, quindi il sospettato è stato rilasciato nelle prime mattinate di oggi. Chiediamo pertanto a tutte le donne che lavorano sulle strade di Washington di prestare particolare attenzione ai clienti che le avvicinano. L’uomo che cerchiamo uccide le sue vittime in camere di motel, le pugnala al cuore. Pensiamo che il Soggetto Ignoto sia giovane e particolarmente disturbato, che viva con difficoltà la sua sessualità e che per questo provi sempre maggior piacere con i suoi atti criminosi. Si sta evolvendo, quindi crediamo che questa notte attaccherà di nuovo e possibilmente con maggior violenza. Chiunque noti una persona che corrisponde a questa descrizione è pregato di chiamare il numero di emergenza per un intervento immediato.”
“Agente Hotchner, avete qualche sospetto?” un giornalista si sporse in avanti in cerca della dichiarazione da pubblicare in esclusiva nel suo articolo.
L’agente Jareau salì sul podio dando gentilmente il cambio al suo capo. “Al momento non ci è permesso rilasciare altre dichiarazioni in merito. La polizia ha il profilo dettagliato dell’S.I., chiediamo la collaborazione di tutti perché questo caso si chiuda nel minor tempo possibile.” Un cenno del capo della donna comunicò che la conferenza era finita e i due agenti si allontanarono mentre i giornalisti insoddisfatti continuavano a fare pressione con le loro domande.
 
Penelope stava continuando a processare informazioni sola nel suo ufficio. Fermarsi avrebbe voluto dire pensare, e non le sembrava la cosa più adeguata da fare in quella situazione. Meglio concentrarsi sul lavoro e cercare di scoprire qualcosa di utile prima che fosse veramente troppo tardi.
Un lieve bussare alla porta la fece voltare prima di invitare il visitatore ad entrare. Era Aaron Hotchner, quindi lei istintivamente si portò in piedi.
“Signore?” chiese preoccupata.
“Nessuna novità.” Rispose il capo richiudendosi il battente alle spalle.
Garcia si rilassò lievemente sedendosi nuovamente. “Ho provato a processare di nuovo il nome della seconda vittima, ma non ne ho acquistato nulla di più. È stata affidata alla nonna paterna, che è morta qualche anno fa lasciandola sola. È finita all’ospedale un paio di volte per lesioni, non ha mai denunciato il colpevole. Nessun precedente penale, nessuna traccia che porti da qualche parte. Un fantasma...”
“Garcia, va bene così. Abbiamo una nuova strada da seguire ora. La perizia di Gideon?” ricordò poi.
La donna si voltò verso lo schermo aprendo nuovamente il documento. “Solo questo Signore, è...è una cosa incredibile...” esclamò indicando il monitor vicino a lei.
“Prentiss e Reid potrebbero avere una spiegazione anche per questo.” Sospirò l’uomo sistemandosi la cravatta.
“Tu credi...” la donna fu interrotta dalla tempestiva risposta di Aaron.
“Non lo so.” Dopo queste tre parole si voltò per scomparire dietro la porta lasciando Penelope sola con i suoi pensieri e i suoi computer.
 
Vagavano da ore senza alcun risultato. Se la prima volta Morgan e Prentiss aveva estorto qualche risposta alle donne impegnate nelle strade di Washington, questa volta Derek e Dave non riuscivano nemmeno ad avvicinarle.
Non appena cercavano di rivolgersi loro, queste scappavano. L’agente di colore aveva anche riconosciuto la ragazza che li aveva aiutati la prima volta, aveva provato a parlarle, ma l’amica questa volta l’aveva afferrata e portata via, sussurrandole parole che sicuramente potevano essere minacce.
“E io che pensavo che vedendo un fusto come te avrebbero fatto a pugni per parlarti...” ironizzò l’agente Rossi fermandosi al centro del marciapiede che stavano percorrendo.
Derek si arrestò a sua volta guardando verso il cielo al di là dei suoi occhiali da sole e facendo schioccare la lingua all’interno della bocca, “Sono pur sempre un agente federale.” Ribattè sornione.
I due sorrisero per un attimo prima di rimettersi in marcia. David rigirava tra le mani la foto di quel ragazzino che per lui era uno sconosciuto. Era stato ritratto quando poteva avere qualcosa come quindici o sedici anni e i suoi occhi esprimevano sicuramente tutto il disagio che viveva.
Ad un certo punto una presa ferma strinse il braccio di Rossi che si voltò di scatto per incontrare il viso di una donna giovanissima. Era terrorizzata. Morgan notò il movimento quando già la prostituta trascinava il collega verso un vicolo abbandonato e corse a passo spedito dietro di loro.
  
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