Tè verde
Le
giornate a Winchester erano state stranamente offuscate dalla nebbia, la stessa
nebbia che aveva offuscato ormai molte giornate, per quasi un anno.
I
bambini non avevano giocato per strada, le persone non erano state viste
passeggiare come solitamente facevano.
Non
si erano visti nemmeno molti turisti.
E
i pochi, nebbiosi, giorni a casa che Hermione Granger si era concessa erano
ormai finiti.
‘Caro Ron,
verrò alla Tana
oggi, alle cinque e mezza, di pomeriggio.
Spero che stiate
tutti bene-e che Fleur non abbia fatto impazzire completamente Ginny-.
Con affetto,
Hermione’
Hermione
rilesse di nuovo la copia della lettera che aveva spedito, e spinse la sedia
all’indietro, chiudendo per un attimo gli occhi.
Una
serie di confusi pensieri iniziarono a vorticare nella sua mente, come facevano
ogni volta prima di andare a dormire, e come facevano ogni volta quando si
svegliava.
E
sopra tutti questi pensieri-che spaziavano dai suoi sentimenti per Ron
all’enorme dolore di Harry- dominava la grande tristezza per la morte di
Silente.
Il
più grande protettore del mondo magico se n’era andato, per non tornare mai
più.
Si
ricordò dei momenti che lei e Luna avevano passato fuori dall’ufficio privato
di Piton. Il traditore.
Non
sapeva perché, ma ogni volta che ci pensava, nonostante le rassicurazioni di
Lupin, veniva sopraffatta dal senso di colpa.
Aprì
gli occhi e sospirò, mentre guardava, forse per l’ultima volta, la sua camera.
Era
sempre stata molto ordinata, fin da bambina.
Il
suo letto era sempre ben fatto, il suo orsetto di peluche sempre messo in bella
vista.
La
sua scrivania non era mai stata disordinata come quella di Ron, dove
campeggiavano riviste sul Quidditch, fumetti babbani e magici, piume di gufo,
calami più o meno vecchi, e una grossa macchia d’inchiostro: era di legno
scuro, pulito e lucidato, su cui giacevano solamente un foglio di pergamena,
una penna di fagiano, un album delle fotografie che aveva fatto ad Hogwarts, e
la foto di suo fratello Tim, morto prima della sua nascita, a soli quattro anni,
per leucemia.
Tutti
i suoi libri erano riposti ordinatamente sugli scaffali di fronte al letto,
libri d’incantesimi e libri sulla monarchia russa, libri sulla geografia, libri
sulla matematica.
Per
terra la vecchia moquette blu che i suoi genitori avevano fatto mettere quando
aveva compiuto sei anni. In un angolo, la sua poltrona verde, quella che i suoi
genitori le avevano comprato a dieci anni, e nell’altro la cesta di
Grattastinchi, il suo enorme gatto fulvo-che, stranamente, alcuni giudicavano
brutto-.
Quasi
tutta la sua vita era lì, e adesso doveva andarsene.
Stavolta
sarebbe stato tutto diverso, però.
Non
sarebbe andata a Hogwarts per il suo settimo anno.
Sarebbe
andata assieme a Harry, e a Ron, alla caccia dei frammenti d’anima di Lord
Voldemort.
Cosa
avrebbero dovuto fare, se ci fossero riusciti, e in quanto tempo, era ancora un
mistero per lei.
Sospirò
una seconda volta, e uscì dalla sua stanza, seguita da Grattastinchi.
Scese
le scale, e si diresse verso il salotto, dove probabilmente i suoi genitori erano impegnati nel loro
solito tè pomeridiano.
Nel
salotto, però, c’era solo la madre, seduta sul divano, con davanti un vassoio
con una teiera e un piattino di biscotti.
‘Ciao,’
disse piano Hermione, sentendosi all’improvviso nervosa.
Jane
Granger alzò lo sguardo dalla sua tazza di tè e le sorrise. ‘Ah, eccoti qui,
tesoro. Stavo appunto bevendo il tè. Vieni, siediti.’
Hermione
obbedì.
Nella
stanza regnò il silenzio, mentre la signora Granger riempiva una seconda tazza
di tè.
‘Dov’è…dov’è
papà?’ chiese Hermione tristemente. Avrebbe tanto voluto salutare suo padre.
‘Oh,
lo sai com’è papà. Doveva
lavorare,’ rispose la madre, posando la teiera. ‘Sistemare le cartelle dei suoi
pazienti, ecco. E’ ammirevole, sai.’
‘Cosa?’
chiese Hermione distrattamente, prendendo la sua tazza da tè.
‘Che
a cinquantatrè anni voglia ancora fare il dentista. Penso di ritirarmi,
quest’anno. Ormai ho cinquantun anni, voglio riposarmi..’
‘Ah.’
Era strano che i suoi genitori avessero già superato la cinquantina. Un’onda di
tristezza si fece strada dentro di lei, mentre pensava a quel giorno, prima del
suo secondo anno, quando erano ancora così attivi, e senza capelli bianchi.
‘Non
ti piace il tè?’ chiese la madre. ‘E’ il tè verde, quello che piace a te.’
Hermione
si rese conto che non aveva ancora bevuto nulla, e si affrettò a farlo: sua
madre era sempre stata molto sensibile su quel genere di cose.
‘Mmm…buono,’
mormorò Hermione, nonostante in quel momento il tè era l’ultima cosa nei suoi
pensieri. ‘Grazie, mamma.’
La
madre le sorrise, e bevve l’ultimo sorso della sua tazza, posandola sul
vassoio.
‘E’
stato…è stato un bell’anno a scuola, tesoro?’ chiese la madre, per rompere il
pesante silenzio fra loro, nonostante avesse posto questa domanda a Hermione
ormai più volte.
Hermione
posò la sua tazza di tè e non rispose.
‘Non
era una buona domanda, vero?’ disse la madre. ‘Ci hai detto che il vostro
preside…Siliente…è
morto.’
Hermione
annuì lentamente.
Tra
le due donne cadde di nuovo il silenzio. Sembrava che tutti gli argomenti di
conversazione fossero inappropriati.
Era
strano, riflettè Hermione, come le cose fossero tese tra loro. In fondo, i suoi
genitori sapevano solo che stava per ritornare a scuola, non che stava per
lanciarsi in una pericolosa avventura in cui aveva buone probabilità di morire.
Doveva
essere come tutte le altre volte: saluti, baci, e auguri di buon anno
scolastico, con le solite raccomandazioni: ‘divertiti’, ‘fai la brava’, ‘stai
lontana dai guai’.
Invece,
sembrava che sua madre avesse capito qualcosa.
‘Adesso…te
ne vai?’ domandò la madre, guardando l’orologio a pendolo, che segnava le
cinque e un quarto.
‘Sì,
mamma,’ rispose Hermione. ‘Vado da Harry e alla Tana. Fra poco meno di un mese
ci sarà un matrimonio, sai.’
‘Un
matrimonio?’ ripetè sorpresa la madre.
‘Sì…si
sposa il fratello maggiore di Ron…e una francese, Fleur Delacour.’
‘Ah.
Sarà…interessante, credo.’
‘Mmm
hmm.’
Hermione
bevve un altro sorso di tè.
‘E
poi andrai a Hogwarts,’ constatò la madre.
Hermione
sentì che i palmi delle sue mani iniziavano a sudare per il nervosismo. Doveva
dire a sua madre quello che stava facendo, o continuare a mentire?
Guardò
sua madre.
Jane
Granger era molto simile alla figlia: avevano gli stessi capelli crespi, un
viso molto simile, un corpo molto simile. Aveva anche gli stessi occhi. E
aveva, soprattutto, la stessa mente intelligentissima e perspicace di sua
figlia.
Hermione
riflettè per un attimo sul fatto che forse sua madre aveva già capito…molto di
ciò che stava succedendo. La nebbia, Harry, la profezia, forse immaginava che
sua figlia non sarebbe tornata a Hogwarts.
Al
solo pensiero una fresca ondata di sensi di colpa la investì.
Stava
mentendo a sua madre su una cosa così importante…
‘Vuoi
dirmi qualcosa, Hermione?’ chiese la madre, avvicinandosi a lei e guardandola
insistentemente. ‘Sembri indecisa su qualcosa.’
Hermione
trattenne inconsapevolmente il fiato. Quello era il momento che avrebbe tanto
voluto evitare.
Doveva
dirle la verità. Doveva dirle tutto, tutto quello che sapeva. Il desiderio di
sfogarsi, di confidarsi, come non aveva più fatto negli ultimi sette anni
diventò incredibilmente forte, davanti a quei profondi occhi castani, in cui
poteva vedere il suo riflesso.
Eppure…
Lasciò
andare il fiato, producendosi in un profondo sospiro.
La
madre si avvicinò ancora di più.
‘C’è
qualcosa che vorresti dirmi, tesoro?’ripetè, il suo tono leggermente
impaziente.
‘No,
mamma. Davvero.’
La
signora Granger sembrò per un momento delusa, poi sorrise-un sorriso privo
d’allegria-.
‘Meglio
così,’ disse piano.
Hermione
annuì inconsapevolmente e bevve un sorso del suo tè.
La
madre mangiò uno dei biscotti. ‘Provane uno, cara,’ disse. ‘Biscotti allo
zenzero, della signora Wilkins, sai. Me li ha portati oggi, brava donna.’
Hermione
sorrise, ma non mangiò.
Sapeva
cosa doveva fare adesso: doveva rassicurare sua madre. Sapeva che era
preoccupata, sapeva che sua madre era preoccupata per lei. In qualche strano modo,
nel modo in cui fanno le madri, pensò Hermione, sua madre sapeva che stava per
succedere qualcosa di molto importante. Qualcosa che era collegato a tutte le
strane cose che erano successe a sua figlia a scuola, qualcosa che era
collegato a quella nebbia strana, che appannava ancora le finestre.
‘Sai
mamma, sarà…sarà un anno interessante questo.’
‘Ah
sì?’
‘Penso
proprio di sì. Sai, faremo cose molto…molto avanzate. E poi, poi sarà tutto
finito, non ti pare?’
‘Tutto
finito…eh, sì.’
‘E
magari…magari faremo un altro viaggio, io, te e papà, come abbiamo fatto
qualche anno fa.’
‘Ottima
idea, tesoro,’ disse la madre, sorridendo. ‘Magari in Austria, e faremo
mangiare al papà i crauti, finalmente.’
Hermione
rise. La prima vera risata da quando era tornata a casa. La sensazione fu così
rigenerante che pensò di ridere ancora.
‘A
che ore te ne devi andare, Hermione?’ domandò la madre, alzandosi.
‘Alle
cinque e mezza, mamma,’ rispose Hermione, guardando l’orologio. ‘Mancano ancora
cinque minuti.’
‘E
quando tornerai?’
Hermione
sentì un groppo alla gola mentre le diceva ‘Per i primi di Luglio. Vi manderò
un gufo quando saprò la data. ’
Anche
Hermione si alzò, e la madre le si avvicinò.
‘Ti
voglio bene, Hermione,’ le mormorò nell’orecchio, mentre l’abbracciava.
‘Divertiti, quest’anno, e fai la brava.’
Poi
la madre le sorrise dolcemente, e se ne andò dal salotto.
Hermione
rimase lì, malinconica, pensando alle parole della madre. Ci sarebbe stato ben
poco divertimento quell’anno, e probabilmente non sarebbe stata sempre ‘brava’
nel senso che intendeva la madre.
Eppure,
sorrise al pensiero che forse, e solo forse, quando sarebbe arrivato di nuovo
Luglio, tutto, da Voldemort alla profezia di Harry, sarebbe finalmente finito.
Prima
però, doveva fare una cosa.
Prese
uno dei fogli che i suoi genitori tenevano sempre nella credenza, e con la
bacchetta fece apparire velocemente una penna.
‘Cara mamma,
ti spiegherò molte cose quando tornerò a casa.
Nel frattempo, ricorda-come ti ho già detto- che se dovessi tornare a
casa, dovrai chiedermi qual’era il mio nomignolo da bambina.
Ti ricordo che era Minnie.
Dillo anche anche a papà, e digli che lo saluto.
Con amore,
Hermione
P.S.
Ricordatevi che vi voglio bene.’
Posò
il foglio sul tavolino, bevve l’ultimo sorso di tè verde, e con quella solita
multitudine di pensieri, lontani dall’essere più chiari, o meno spaventosi, si
Smaterializzò.