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Autore: Allegra Yep    10/01/2011    1 recensioni
Davide e Martina stanno assieme da tre anni, quando lui improvvisamente la lascia senza spiegazioni lasciando solo un biglietto con su scritto uno stralcio di canzone: ""Non venire mai a cercarmi/Sono andato dove il vento mi chiama/Stasera sarò mille miglia/Lontano da casa...". Martina soffre, Davide soffre. Una storia introspettiva che si svolge nell'arco di un'unica giornata in dieci capitolo, basata su amore, mare e musica.
[Scritta per la Community Sette Note]
Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera!
Eccomi con il secondo capitolo, sempre dal punto di vista di Martina, mentre il prossimo capitolo sarà visto dal punto di vista di Davide. Mi sto divertendo a scrivere questa storia d'amore, anche se triste, soprattutto perchè sto inserendo caratteristiche di  persone con cui ho avuto storie in Davide, ed è divertente vedere il collage che sta saltando fuori!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo, baci,
Allegra


CAPITOLO 2


In questo momento ho un grosso groppo in gola. Fa male. Mi impedisce di piangere. Faccio addirittura fatica a pensare, riuscendo a mettere in fila solo brevi frasi sconnesse.
Ho passato la mattina alla finestra, incerta se guardare fuori o meno. Ho abbassato la tapparella per resistere alla tentazione: in quello stupido biglietto ha scritto chiaramente che non vuole che lo cerchi, e per quanto lo detesti in questo momento voglio rispettare il suo desiderio.
La pancia brontola per l'ennesima volta. Provo ad ignorarla per un po', ma alla fine cedo: almeno questo è un dolore che posso placare, a differenza di quello che affligge il mio cuore.  Traballo incerta sulle gambe anchilosate e arrivo al frigo. Prendo una bottiglia di latte e ne verso un po' in una tazza. Vedere la tazza gemella della mia sul ripiano mi provoca l'ennesima fitta: le avevamo comprate assieme l'anno scorso, ai mercatini di Natale, in una giornata freddissima. Mi ricordo che mi scaldava le mani soffiandoci sopra, mentre, tornati a casa, aspettavamo che la cioccolata calda bollisse. Le avevamo scelte rosse perchè erano natalizie, ma soprattutto perchè erano allegre. Davide non trovava lavoro in quei giorni e decisamente ne avevamo bisogno di un po', d'allegria.
Afferro un pacco di biscotti e torno sulla seggiola di vimini ad osservare la tapparella. Gli sono sempre piaciuti un sacco questi biscotti. Li spezzettava e li lasciava in ammollo, per poi tirare su quella specie di pastone con il cucchiaio. A me ha sempre fatto un po' schifo, eppure ora mi trovo a fare la stessa cosa, nel vano tentativo di sentirlo un po' più vicino.
Sembra ancora tutto un sogno... Rilasso la testa all'indietro e tendo l'orecchio, sperando di sentire una melodia, un po' selvaggia, ricavata dalle corde della chitarra a cui lui tiene sopra ogni cosa. Ma tutto quello che riesco a cogliere è il ticchettio della pioggia che inizia piano e poi diventa sempre più insistente. Lo ascolto rapita per lunghi attimi, fino a quando un'imprecazione mi affiora alle labbra.
"Cazzo! La biancheria!" penso, dimenticando per un'istante tutto il dolore che provo nel profondo del petto. Corro fuori dalla porta a piedi nudi e mi precipito verso lo stendibiancheria che abbiamo, dannazione, abbiamo, sistemato sul retro. Le sue mutande nere sono nettamente in contrasto con la mia biancheria candida. La vista mi mozza il fiato: rendono così reale il suo ricordo... Improvvisamente mi sciolgo e la frase "C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo" (*) assume per la prima volta veramente significato.

(*) Frase tratta da "Il bombarolo" di Fabrizio de Andrè

Ricordo nuovamente che questa storia è stata scritta per la Community Sette Note.
  
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