Buonasera!
Eccomi con il secondo capitolo, sempre dal punto di vista di Martina, mentre il prossimo capitolo sarà visto dal punto di vista di Davide. Mi sto divertendo a scrivere questa storia d'amore, anche se triste, soprattutto perchè sto inserendo caratteristiche di persone con cui ho avuto storie in Davide, ed è divertente vedere il collage che sta saltando fuori!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo, baci,
Allegra
Eccomi con il secondo capitolo, sempre dal punto di vista di Martina, mentre il prossimo capitolo sarà visto dal punto di vista di Davide. Mi sto divertendo a scrivere questa storia d'amore, anche se triste, soprattutto perchè sto inserendo caratteristiche di persone con cui ho avuto storie in Davide, ed è divertente vedere il collage che sta saltando fuori!
Ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo, baci,
Allegra
CAPITOLO 2
In questo momento ho un grosso
groppo in gola. Fa male. Mi impedisce di piangere. Faccio addirittura
fatica a pensare, riuscendo a mettere in fila solo brevi frasi
sconnesse.
Ho passato la mattina alla finestra, incerta se guardare fuori o meno. Ho abbassato la tapparella per resistere alla tentazione: in quello stupido biglietto ha scritto chiaramente che non vuole che lo cerchi, e per quanto lo detesti in questo momento voglio rispettare il suo desiderio.
La pancia brontola per l'ennesima volta. Provo ad ignorarla per un po', ma alla fine cedo: almeno questo è un dolore che posso placare, a differenza di quello che affligge il mio cuore. Traballo incerta sulle gambe anchilosate e arrivo al frigo. Prendo una bottiglia di latte e ne verso un po' in una tazza. Vedere la tazza gemella della mia sul ripiano mi provoca l'ennesima fitta: le avevamo comprate assieme l'anno scorso, ai mercatini di Natale, in una giornata freddissima. Mi ricordo che mi scaldava le mani soffiandoci sopra, mentre, tornati a casa, aspettavamo che la cioccolata calda bollisse. Le avevamo scelte rosse perchè erano natalizie, ma soprattutto perchè erano allegre. Davide non trovava lavoro in quei giorni e decisamente ne avevamo bisogno di un po', d'allegria.
Afferro un pacco di biscotti e torno sulla seggiola di vimini ad osservare la tapparella. Gli sono sempre piaciuti un sacco questi biscotti. Li spezzettava e li lasciava in ammollo, per poi tirare su quella specie di pastone con il cucchiaio. A me ha sempre fatto un po' schifo, eppure ora mi trovo a fare la stessa cosa, nel vano tentativo di sentirlo un po' più vicino.
Sembra ancora tutto un sogno... Rilasso la testa all'indietro e tendo l'orecchio, sperando di sentire una melodia, un po' selvaggia, ricavata dalle corde della chitarra a cui lui tiene sopra ogni cosa. Ma tutto quello che riesco a cogliere è il ticchettio della pioggia che inizia piano e poi diventa sempre più insistente. Lo ascolto rapita per lunghi attimi, fino a quando un'imprecazione mi affiora alle labbra.
"Cazzo! La biancheria!" penso, dimenticando per un'istante tutto il dolore che provo nel profondo del petto. Corro fuori dalla porta a piedi nudi e mi precipito verso lo stendibiancheria che abbiamo, dannazione, abbiamo, sistemato sul retro. Le sue mutande nere sono nettamente in contrasto con la mia biancheria candida. La vista mi mozza il fiato: rendono così reale il suo ricordo... Improvvisamente mi sciolgo e la frase "C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo" (*) assume per la prima volta veramente significato.
(*) Frase tratta da "Il bombarolo" di Fabrizio de Andrè
Ricordo nuovamente che questa storia è stata scritta per la Community Sette Note.
Ho passato la mattina alla finestra, incerta se guardare fuori o meno. Ho abbassato la tapparella per resistere alla tentazione: in quello stupido biglietto ha scritto chiaramente che non vuole che lo cerchi, e per quanto lo detesti in questo momento voglio rispettare il suo desiderio.
La pancia brontola per l'ennesima volta. Provo ad ignorarla per un po', ma alla fine cedo: almeno questo è un dolore che posso placare, a differenza di quello che affligge il mio cuore. Traballo incerta sulle gambe anchilosate e arrivo al frigo. Prendo una bottiglia di latte e ne verso un po' in una tazza. Vedere la tazza gemella della mia sul ripiano mi provoca l'ennesima fitta: le avevamo comprate assieme l'anno scorso, ai mercatini di Natale, in una giornata freddissima. Mi ricordo che mi scaldava le mani soffiandoci sopra, mentre, tornati a casa, aspettavamo che la cioccolata calda bollisse. Le avevamo scelte rosse perchè erano natalizie, ma soprattutto perchè erano allegre. Davide non trovava lavoro in quei giorni e decisamente ne avevamo bisogno di un po', d'allegria.
Afferro un pacco di biscotti e torno sulla seggiola di vimini ad osservare la tapparella. Gli sono sempre piaciuti un sacco questi biscotti. Li spezzettava e li lasciava in ammollo, per poi tirare su quella specie di pastone con il cucchiaio. A me ha sempre fatto un po' schifo, eppure ora mi trovo a fare la stessa cosa, nel vano tentativo di sentirlo un po' più vicino.
Sembra ancora tutto un sogno... Rilasso la testa all'indietro e tendo l'orecchio, sperando di sentire una melodia, un po' selvaggia, ricavata dalle corde della chitarra a cui lui tiene sopra ogni cosa. Ma tutto quello che riesco a cogliere è il ticchettio della pioggia che inizia piano e poi diventa sempre più insistente. Lo ascolto rapita per lunghi attimi, fino a quando un'imprecazione mi affiora alle labbra.
"Cazzo! La biancheria!" penso, dimenticando per un'istante tutto il dolore che provo nel profondo del petto. Corro fuori dalla porta a piedi nudi e mi precipito verso lo stendibiancheria che abbiamo, dannazione, abbiamo, sistemato sul retro. Le sue mutande nere sono nettamente in contrasto con la mia biancheria candida. La vista mi mozza il fiato: rendono così reale il suo ricordo... Improvvisamente mi sciolgo e la frase "C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo" (*) assume per la prima volta veramente significato.
(*) Frase tratta da "Il bombarolo" di Fabrizio de Andrè
Ricordo nuovamente che questa storia è stata scritta per la Community Sette Note.