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Autore: skeight    18/12/2005    1 recensioni
Una nuova fan-fiction, un prequel sulla vita di Onigumo, il ladro che ha dato vita a Naraku. Commentate numerosi!
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naraku, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La reazione di Onigumo quando vide Yuko cadere e sbattere la testa non si può descrivere a pieno

La reazione di Onigumo quando vide Yuko cadere e sbattere la testa non si può descrivere a pieno. Si gettò su di lei, la scosse cercando di rianimarla, urlava come un forsennato. Di fronte a quella scena io entrai nella capanna il più rapidamente possibile, e cercai di calmarlo, di metterlo a tacere.

“Stai zitto, Onigumo, non urlare! Vuoi che ti sentano tutti?”

E chi se ne importa! Faccio schifo! Yuko, Yuko!” continuava a gridare.

“Taci! Ti farai sentire da tutti i sopravvissuti; se ci vedono qua capiranno cos’è successo, ci impiccheranno tutti e due! È questo che vuoi?”

A quelle mie parole parve calmarsi, ma anche se smise di gridare era ancora sconvolto. Con una voce rauca che mai gli avevo sentito mormorò: “Ci uccideranno... ma io, io merito di vivere?”

A sentire quelle parole disperate, mi sedetti a fianco a lui.

“Ascoltami bene, Onigumo. Sappiamo entrambi quello che hai fatto. Non l’hai fatto apposta. Adesso è successo questo a Yuko. Non volevi ucciderla. Certo, questo non diminuisce la tua responsabilità, ma se ora tu venissi ucciso, cosa cambierebbe? I morti tornerebbero in vita? Yuko rinascerebbe? No, sarebbe solo una morte in più. Che poi sarebbero due, perché anch’io verrei punito insieme a te. Ma le nostre morti non porteranno giustizia ai sopravvissuti, né allevieranno il loro dolore. E allora perché sacrificarsi? Non è meglio andare via, lontano da tutto questo?”

“Stai dicendo di scappare” disse Onigumo “Ma non sarebbe un’ingiustizia? Parlo per me, che dopo aver portato tanti lutti, anche se involontariamente, me ne andrei in giro libero e senza responsabilità. No, non è giusto, Umitsu: mi presenterò ai sopravvissuti e accetterò le loro decisioni”

Ma sei matto? Ti uccideranno”

“Può darsi. Tu dici che anche uccidendomi non ci sarà la giustizia. Ma se il villaggio deciderà così, accetterò la decisione sbagliata, visto che i miei errori sono stati ben più dannosi per tutti loro. Non ti preoccupare per te. Tu sei mio amico e mi hai aiutato tante volte. Vai via, e io non parlerò di te, non sarai punito. Ma io devo”

E invece no!” ribattei rabbiosamente “Questi sono discorsi che si potevano accettare nel passato. Allora c’era la pace, nei villaggi ognuno era necessario al benessere di tutti, si viveva in equilibrio rispettando le tradizioni. Ma da anni non è più così: le guerre civili insanguinano il paese, gli uomini vanno a combattere e nessuno più cura i campi. Le antiche tradizioni servono solo a perpetuare la catena delle morti. Guarda gli uomini più forti: chi ha un’arma non la mette al servizio della sua gente, ma si mette sulla strada e diventa mercenario, e si arricchisce. Un tempo le guerre nascevano tra le diverse famiglie nobili, oggi i nostri nemici sono al servizio del fratello del nostro signore. Le divinità sono scomparse e al loro posto i demoni imperversano. Di fronte a questo sfacelo i villaggi credono che perpetuando le tradizioni si riuscirà a tornare alle sicurezze del passato. Ma dove? Se nessuno pensa più agli altri, dovremmo pensarci noi? Oggi ho visto il cadavere di mio padre: dovrei rischiare la vita per vendicarlo? E a che pro? Ci hanno parlato di responsabilità verso la comunità, ma questi non sono che lacci che ci impediscono di essere liberi. Io voglio pensare per me, e basta! E anche tu, Onigumo, faresti meglio a pensare a te stesso, e a nessun altro”.

 

Qui Umitsu interrompe il suo racconto: ha notato le facce tese dei suoi ascoltatori.

“Queste parole vi sembrano disgustose, vero? Avete ragione... ributtante egoismo... così ero da giovane. E ancora per molti anni a venire”

“Ma perché volevate convincere Onigumo a fuggire insieme a voi?” chiede Kagome.

“Mi conveniva... Onigumo era un giovane robusto. Anch’io lo ero, e in due si girava più sicuri, allora come oggi. In seguito mi affezionai a lui, ma quella volta fu solo per opportunismo. Comunque andò bene, riuscii a convincerlo, e abbandonato il cadavere di Yuko fuggimmo dal villaggio: le parole di Onigumo erano orgogliose e coraggiose, ma c’era in lui uno spettro che lo dominava e che non lo abbandonava mai: la paura”

 

   
 
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