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Autore: V a l y    11/01/2011    9 recensioni
Dodicimila, dice. Quattordici. Quattordici e sette, e otto.
Le labbra si schiudono appena, la voce quasi non esce, eppure, accompagnata dallo scroscio perpetuo del mare sullo scafo della nave, lui la sente, gli sembra di sentirla. Sedicimila. Sedicimila e quattrocento.
{Partecipante all’iniziativa di Fanworld “Un prompt al giorno”. Prompt usato: “Zero”}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dodicimila, dice. Quattordici. Quattordici e sette, e otto.
Le labbra si schiudono appena, la voce quasi non esce, eppure, accompagnata dallo scroscio perpetuo del mare sullo scafo della nave, lui la sente, gli sembra di sentirla. Sedicimila. Sedicimila e quattrocento.
E' come una nota sconosciuta, quella voce strana che si addolcisce solo quando conta soldi. Si effonde in pomeriggi vuoti come quelli, in cui lei conferisce ai tesori della nave il suo valore monetario, e in cui lui dorme appoggiato all'albero maestro, davanti al suo tavolo pieno di cianfrusaglie, da cui non si schioderà fin quando lei non finirà.
A volte Zoro socchiude un occhio – diciottomila, diciannovemila – e la trova che sorride mentre rimira un pezzo di chissà quale antico medaglione, con quello sguardo assorto, quelle guance rosate, e quelle labbra dischiuse, carnose, prorompenti, quelle labbra...
Non sono mai tirate verso l'alto così, con lui. Non in quel modo lieve. Con lui le sue labbra assumono un atteggiamento rigido e borioso, le sopracciglia si abbassano, gli occhi si inaspriscono. Poi se ne esce fuori con qualcosa come non fai mai niente, dormi tutto il tempo, va' ad aiutare gli altri. E pelandrone, nullafacente, dormiglione, accidioso, menefreghista, ozioso, lazzarone, fannullone, un completo dizionario di sinonimi per la stessa parola. Mentre per Zoro lei è solo la strega, a volte la spilorcia, altre la materialista.
Così si limita a guardarla, senza discutere, per non rovinare tutto, per non rovinare quelle labbra perfettamente armoniose, curvate quanto bastano, rosse quanto bastano, aperte quanto bastano, a rivelare un desiderio smanioso per quegli ori e argenti, rubini, smeraldi – cose, solo questo, solo cose.
E lui lo sa. Eppure, in cuor suo, nell'anfratto profondo dell'anima dove si annidano i desideri più inconfessabili, spera per una volta, un giorno, soltanto un momento, di poter diventare uno di quei tanti pezzi di niente a cui lei sorride come a lui non sorride mai.
Nami distoglie distrattamente lo sguardo dall'anello sul palmo della mano, beccandolo a guardarla. E allora, in uno scherzo crudele e inevitabile, le labbra si tirano su duramente, la fronte si aggrotta, e indicandolo col dito dice:
“Zero.”
Lui arcua un sopracciglio, una punta di divertimento sull'angolo alzato della bocca.
“La mia taglia vale più di tutta quella paccottiglia messa insieme,” le ricorda, e la risatina di lei è una dolce tregua a quella che sarebbe sicuramente diventata una stupida e inutile discussione senza vinti e vincitori. Zoro ne è riconoscente, si gira di schiena accucciandosi meglio, ma non manca di borbottare qualcosa tra i denti, forse strega, forse spilorcia.
Di certo un affronto, una cattiveria, e lei lo sa. Eppure, in cuor suo, nell'anfratto profondo dell'anima dove si annidano i desideri più inconfessabili, sa anche che il prezzo che lui vale è inquantificabile.
  
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