Cercando
l’ultima risposta
È l’unico modo. Devo farlo però.
Correre, correre per evitare che i mille pensieri
che vagano per la mia mente irrequieta mi portino di nuovo a quella soluzione.
Volo lontano, dentro un vuoto senza fine. Perché
se è vicino a te, il mio riflesso piange. Lacrime
aspre di occhi tenuti chiusi troppo a lungo. Lo specchio mi guardava,
compatendomi. Improvvisamente tra le mille crepe del vetro, è comparso il tuo
viso allucinato, la cui vista mi ha fatto sobbalzare, spostando di scatto la
testa all’indietro, per scoprire il nulla. Sentii le braccia pesanti, la mano
si chiuse a pugno trattenendo la forza che scaturì l’istante dopo.
Corro e l’aria fredda della notte pizzica sulle
ferite dell’anima come sale. Sale che scorre veloce sulle mie guance. L’azzurro dei tuoi occhi assassini scomparve,
volando in mille pezzettini per l’immenso che mi avvolse.
Parole, lettere, suoni, riecheggiano nel mio passo
pesante, riecheggiano tra noi, echi distanti di giorni perduti a guardarti, albe lontane,
azzurro limpido che scorre nelle vene del buio.
Anima della notte, dove ti sei cacciata?
Ti prego, salvami dai ricordi amari, dal futuro
che non sarà mai, dalla vita che sento scorrere via leggera tra le mie dita.
Quante
volte ho sussurrato il tuo nome nel vento dalla torre, sperando che il mio soffio arrivasse
fino ai sotterranei? Troppe volte...
Quante
volte ho sentito la tua pelle calda sotto le mani, senza mai toccarla
veramente, vivendo a fondo la mia illusione?
Alle orecchie sento i tuoi bisbigli, in una lingua
che non comprendo; cerco tra il freddo e la pazzia – mia, tua, chissà- qualche
cosa che dica finalmente la mia verità.
La
luce arancione del tramonto ti accarezzava il viso, mentre ti sporgevi
verso Pansy, sorridendo. I tuoi occhi stavano ancora piangendo lacrime
evaporate da
tempo, ma che ancora bagnano, che ancora scorrono. L’ho
sentito, lo spessore dell’aria tra me e te. Prepotente,
invisibile, c’era, c’è.
Sono arrivata alla mia meta.
Scruto l’abisso sotto di me, il lago Nero ride della mia disperazione. Tutto quel blu in
perenne movimento mi osserva, sfidandomi a sfidarlo. Per ora chiudo gli occhi,
passando velocemente al nero del mio vuoto personale.
Non ti
sei mai accorto di quanto dolore infondesse ogni tuo gesto, di quanto ogni tua
parola mi strappasse senza pietà ogni possibilità di salvezza. Ogni tuo
sussurro era un pugnale ben assestato e tu lo sapevi, lo
sai. Ma non esiti, la tua mano non trema mai.
Vedo ogni mia paura andare a braccetto con la mia ombra, che si allunga nel prato, creata dalla
luna che sta scendendo nascosta dal castello
Non vedo alcuna via di fuga e se tu non arrivi, e
non arriverai, lo so, non potrò far altro che questo.
Mi
giro ancora una volta verso la scuola, ormai nemmeno il pensiero della
conoscenza che pulsa viva in quelle mura mi farà desistere. Non
vedo il portone aprirsi, solo piccole luci impersonali illuminano il
parco.
Ti
guardavo camminare per le strade fissando il cielo, perso in un labirinto di
dolore infinito, cercavi la stella polare. Non era ancora abbastanza buio, non
la troverai
E allora mi lancio nel blu, cercando un senso,
cercando di trovare l’ossigeno che da quando ti conosco- ti amo- mi manca.
Cercando... cercando... ...