XXXIV CAPITOLO
Quella sera la madre non gli disse niente riguardo al suo
sogno di tornare a casa. La donna soffriva molto e si era giurata che avrebbe
fatto il possibile per non farlo partire. Passarono una bella sera, pizza e
film tutti e tre insieme.
Giovanni rimase perplesso dalla strana felicità della madre
di quella sera, visto quello che era successo poche ora prima.. ma cercò di non
pensarci. Forse la madre aveva accettato la cosa e voleva passare gli ultimi
momenti felici insieme…
Ma invece si sbagliava di grosso perché la donna, conoscendo
il figlio abbastanza lunatico, sapeva che era stata una cosa detta così a caso,
forse perché aveva litigato con qualcuno.
La mattina dopo Giovanni fu felicissimo di dover andare a
riprendere la sorella a scuola quel pomeriggio. Forse avrebbe potuto rivedere
la ragazza.
E infatti era li che chiacchierava col fratellino, ridendo e
baciandolo.
Quel giorno però si presentò: si chiamava Elisa e aveva 17
anni. Un anno più di Giovanni. Frequentava un liceo scientifico lontano.
Era alta con lunghi capelli color dell’oro e occhi verdi. Era
molto bella e a Giovanni piacque immediatamente
Si rividero il pomeriggio dopo, portando al parchetto i
rispettivi fratelli.
Si sedettero su una panchina e si raccontarono a vicenda le
loro cose. Era molto carina e disponibile e ascoltava attenta il racconto della
morte del padre di Giovanni: cosa che a Francesca non aveva neanche accennato e
per questo non ebbe nessun rimorso particolare.
Tornando a casa Giovanni continuava a pensare ad Elisa,
l’aveva stregato.
Il giorno dopo per sua grande sfortuna andò la mamma a prendere
Silvia. Peccato, doveva chiederle il numero.
Francesca non riusciva a darsi pace. In quei giorni fece più
volte il numero di Giovanni ma era sempre spento. E a scuola continuava ad
evitarla. Non voleva perderlo. Ma si rendeva conto che le stava facendo del
male? Non poteva per una volta lasciar perdere il proprio orgoglio e la propria
testardaggine? Non poteva ascoltarla?
L’occasione si presentò il giorno dopo. Incontrò Giovanni
nell’aula di chimica. Infatti le loro classi solo per quelle lezioni erano
gemellate.
Francesca si mise di tavolo proprio vicino a lui, e mentre
cominciavano a miscelare dosi chimiche nelle delicate ampolle cominciò a
parlargli.
-senti….- gli disse
Giovanni non mosse un dito. Almeno non se n’era andato come
le volte prima.
-lo so che non mi crederai mai ma….-
-infatti- rispose secco lui prendendo un’ampolla dal tavolo
-ma…. – continuò Francesca come se non l’avesse sentito
-ti volevo dire che hai frainteso tutto, tutto quello che hai
visto è stato solo un fraintendimento- Francesca scorse sotto la mascherina
protettiva trasparente di Giò un’espressione strana, mista rabbia e falsa
indifferenza.
Subito dopo quelle parole l’ampolla di Giovanni scoppiò dalla
troppa pressione del gas contenuto.
Francesca emise un piccolo urlo e fece un balzo all’indietro.
Giovanni non fece di meglio.
-GUARDINO!!- gli urlò il professore dalla cattedra
-SAI CHE ORA DEVE PULIRE??-
-si prof pulisco pulisco…- disse scocciato Giovanni levandosi
la mascherina e chinandosi a terra per raccogliere i frantumi dell’ampolla-
-cavolo…….-continuò lei
-vuoi capire che quel ragazzo non l’ho baciato io ma mi è
praticamente saltato addosso prima che io potessi dire bè??-
Giovanni alzò lo sguardo verso di lei. La sua espressione
voleva dire “e a chi la dai a bere?” ma Francesca ci scorse, conoscendolo bene
un bagliore di speranza in quei cerulei occhi.
Francesca, spronata dal fatto che forse aveva FINALMENTE
CAPITO continuò con più sicurezza nella voce:
-se tu avessi visto dopo, ho dato uno schiaf…- ma non riuscì
a finire la frase che la campanella suonò e Giovanni si alzò da terra e dopo
aver buttato i cocci dell’ampolla e aver appeso il suo grembiule, uscì
dall’aula.
Francesca sospirò. Evidentemente non voleva ancora
ascoltarla.