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Autore: V a l y    13/01/2011    3 recensioni
[I Borgia]
Non siamo più bambini, dice. E' una constatazione messa lì per ovvietà. Perché lui è quasi ventenne, perché Juan, Jofré e Lucrezia sono già sposati. La dice nel modo in cui direbbe che sono fratelli.
{Partecipante all’iniziativa di Fanworld “Un prompt al giorno”. Prompt usato: “Bambini” - Cesare/Lucrezia}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: scritta praticamente di getto per l'iniziativa giornaliera, e un po' strana, a dir il vero... mi scuso per eventuali errori. D:
Fanfiction su Cesare/Lucrezia, e sui Borgia come li immagino io nella vita privata.
So che Cesare è da sempre stato descritto nelle testimonianze storiche come un guerriero intrepido che uccideva e organizzava piani e tradimenti senza scrupoli, come il più plausibile assassino di Juan, ma la mia è comunque una versione ripresa da saggi che parlavano della sua vita privata e, soprattutto, del suo rapporto con Lucrezia. Che fosse incestuoso o meno - ancora niente è stato dimostrato ufficialmente se non da pettegolezzi dell'epoca - è certo che Cesare le abbia voluto bene di un bene incommensurabile. E freddo e distaccato con lei, per quanto sia Cesare Borgia, non ce lo vedo.






Un'estate lontana, nella radura del giardino immenso della villa a Suburra. Loro sono bambini, solo e ancora questo, bambini che scortecciano i tronchi dei pini con bastoni di legno acuminati, che rincorrono scoiattoli, che giocano a scoprire quel luogo nuovo e sconosciuto. E sono anche fratelli, fratelli che a volte bisticciano e che a volte si vogliono bene.
Quel meriggio estivo sono bambini e fratelli che scovano un laghetto. Il primo a raggiungerlo è Cesare, in capofila come sempre, che si leva i vestiti e si butta in acqua senza saggiarne la temperatura. Si scorge già ora – nel fisico snello, nelle braccia atletiche – un frammento di adolescente alle soglie, ma oltre a questo è un bambino come gli altri, spalle piccole, voce chiara, neppure un pelo sopra il petto.
Juan, con l'aria già tracotante che avrà da adulto, lo fissa dalla sponda senza muovere un muscolo. Un po' sdegnoso, ma ancora incosciente come tutti i bambini, si sveste e si tuffa anche lui.
Si schizzano, combattono, poi vedono Lucrezia in lontananza; la gonna che porta alzata per correre più liberamente svela ginocchia prominenti, caviglie gracili, steli di carne bianca. Quando li raggiunge, esitando solo un poco, si slaccia il vestito, si sfila le scarpe e mette un piede in acqua.
Dice che è gelida, e allora Cesare la schizza apposta. Lucrezia si arrabbia e ride allo stesso tempo, arrabbiandosi e ridendo allo stesso tempo anche quando l'afferra per il braccio per buttarla a forza nel laghetto.
Qualche metro più in là, Jofré, il più piccolo, l'ultimo arrivato, si spoglia pregustando quel gioco non ancora incominciato.

***

Non siamo più bambini, dice. E' una constatazione messa lì per ovvietà. Perché lui è quasi ventenne, perché Juan, Jofré e Lucrezia sono già sposati. La dice nel modo in cui direbbe che sono fratelli.
Lucrezia lo sa, ma insiste e sorride, e nel suo sorriso c'è ancora una punta un po' nascosta ma visibile di un'infante – e c'è anche quell'idea, che lui ha capito, senza che ci sia stato bisogno di parlarne, quell'idea di rivivere il meriggio di quell'estate lontana.
Neppure tu sei più una bambina, dice ancora una volta Cesare, ma Lucrezia fa quello sguardo grazie al quale Rodrigo trova sempre un perdono ai suoi sbagli, per cui le permette di fare quasi tutto, quello sguardo tenero di un cucciolo ma deciso di un Borgia.
E un minuscolo frammento di un bambino, di un piccolo birbante, è radicato anche in Cesare, che inizia a correre senza dire niente, la mossa un disonesto che comincia un gioco senza avvisare per guadagnare tempo.
Lucrezia lo guarda, si arrabbia e ride allo stesso tempo.

***

Ma quando è al laghetto, lui non c'è. Non c'è perché è nascosto dietro a un albero a scrutarla, aspettando il momento adeguato per attaccarla, predisposto in modo naturale persino nel gioco a quelle abilità militari che Rodrigo continua con ostentazione a ignorare. E quando Lucrezia si gira per la terza volta, Cesare le si avventa alle spalle stringendola forte per non lasciarla scappare, come con un trofeo di caccia ancora vivo e agitato.
Ma smette quasi subito di dimenarsi, guarda il laghetto, poi guarda ancora lui. Quel sorriso che, di nuovo, dice tutto senza dire apertamente niente.
Cesare allenta la presa e lascia fare tutto, lascia che lei raggiunga la sponda, lascia che cominci a spogliarsi.
Erano bambini, e ora non lo sono più, ma Cesare va oltre quella semplice constatazione e, soffermandosi sulle linee nuove e curve del corpo nudo della sorella, riscopre una donna.
E' cresciuta, durante il suo lungo soggiorno a Pesaro. Era ancora acerba quando si era sposata, quando l'aveva vista nuda l'ultima volta; non è sicuro di quando o come, non lo si è mai nella promiscuità sessuale tra fratelli. Però adesso non vede una sorella, vede la Venere famosa di un quadro di Botticelli bagnarsi nell'acqua, capelli biondi che scendono sulle spalle e sui seni, un ricordo fiorentino e lontano, come quello del meriggio estivo.
Lucrezia lo desta dai pensieri schizzandolo e ridendo. E la sua risata è così contagiosa che Cesare la ricambia sempre.
Si spoglia e si tuffa in acqua, la segue ovunque vada, come ha sempre seguito gli ordini di suo padre, le necessità della sua famiglia. Non amerà nessuna donna come ama la sua famiglia, e di una e dell'altra c'è Lucrezia, un affetto sopra ogni altro, che nessuna persona oltre lei otterrà mai.
La mano di Cesare segue la linea del collo di Lucrezia, si sofferma sulle spalle e sulla schiena. Il vento le scompiglia i capelli come la Venere famosa, è forte e non troppo caldo, a indicare un autunno alle porte, un'estate finita che, forse, un giorno diventerà un'altra estate lontana, senza bambini e senza fratelli.
  
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