Storie originali > Favola
Segui la storia  |       
Autore: Mattimeus    13/01/2011    4 recensioni
Riedita!
La morte arriva cantando una filastrocca infantile, vestita di nero e pallida in volto. Non te lo aspetti, che la morte abbia l'aspetto di una gracile ragazzina. Si fa vedere prima del decesso: assiste al trapasso senza battere ciglio; poi prende il cadavere e se ne va, come fosse venuta solo a buttare la spazzatura. Il suo volto non lascia mai sfuggire alcuna emozione.
Credits:
Fabrizio De Andrè - La ballata degli impiccati
Roberto Vecchioni - Samarcanda
Fabrizio De Andrè - Terzo intermezzo
Angelo Branduardi - Ballo in fa diesis minore
Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Atto terzo



La polvere il sangue le mosche e l'odore
per strada fra i campi la gente che muore
e tu, tu la chiami guerra e non sai che cos'è
e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il perché.

L'autunno negli occhi l'estate nel cuore
la voglia di dare l'istinto di avere
e tu, tu lo chiami amore e non sai che cos'è
e tu, tu lo chiami amore e non ti spieghi il perché.


(Terzo intermezzo)

Scena uno

Finalmente viene il giorno in cui le lunghe prediche del duca, le sue preoccupazioni, le sue speranze giungono alla fine. Tutto è pronto già da ieri: le decorazioni, gli strumenti musicali, gli inviti, i posti a sedere. Sebbene nessuno ne avesse voglia, primo di tutti il padrone di Villa d'Acqua, il duca ha voluto un'altra prova generale, filata noiosamente bene. Arrivo alla tenuta in mattinata, come richiesto dal duca. Mi presento alla servitù venuta ad accogliermi, domando del duca e loro mi indicano la sala da ballo. Lo trovo seduto al centro dello stanzone, appena mi vede mi inizia a parlare.

DUCA: Hai mai avuto un sogno, Isidoro? Un sogno come il mio, un sogno di immortalità! Mi sembra di non aver mai vissuto prima di aver visto possibile questo sogno. Io ho fama, ricchezza, potere, eppure prima di aver scoperto questa possibilità, mi sembravano solo un terribile inganno... ah, quale beffa l'avere ogni cosa ma essere destinati a perderla! La vita stessa è una beffa: è la conoscenza della Morte al prezzo di doverla affrontare. Ma tutto questo sta finendo, Isidoro, e so che anche tu te ne rendi conto. Noi troviamo la chiave della vita se eliminiamo la morte! Sono in apprensione... proprio ora che torno a vedere luminosamente il mondo, proprio adesso che sto per sconfiggere la più umana delle disgrazie, mi trovo in balia del più umano dei sentimenti... ho paura, paura che qualcosa possa non andare per il verso giusto.

ISIDORO: Perché mi avete fatto chiamare, maestà?

DUCA: Ho bisogno di farti una domanda, Isidoro.

ISIDORO: Quale, maestà?

DUCA: Ci riuscirò? Riuscirò ad ottenere l'immortalità?



Scena due

Gli invitati sono arrivati nel pomeriggio, mentre i musici e la servitù sono qui dalla mattina; al tramonto sono tutti al loro posto. Dopo aver finito di accendere tutte le luci, siamo pronti per iniziare. Il duca è seduto su uno scranno, vicino a lui sta il padrone di casa. Il maestro e Leonora sono tra gli invitati, che circondano i ballerini di professione. Questi ultimi hanno formato una grande circonferenza nel centro della sala, nel mezzo della quale ci sono io.

Ho una daga alla cintura, ad un cenno del duca me l'avvicino al collo. Si inizia ad avvertire la sua filastrocca ed i musici iniziano a suonare lievemente. Quando arriva la Morte, la danza inizia. I musici danno fiato agli strumenti, i danzatori iniziano a ballare intorno a me e alla morte cantando la filastrocca:



Ballo in fa diesis minore

Sono io la morte

e porto corona

io son di tutti voi

signora e padrona

e così sono crudele così forte sono e dura

che non mi fermeranno le tue mura


Sono io la morte

e porto corona

io son di tutti voi

signora e padrona

e davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare

e dell'oscura Morte al passo andare


Inizialmente la Morte non capisce cosa stia succedendo, si limita a a stare in piedi di fronte a me, fissandomi. Alla seconda strofa comincia a guardarsi intorno, rassicurata da un mio cenno di assenso. Ecco che inizia la terza strofa, cioè la parte che abbiamo aggiunto noi alla filastrocca:


Sei l'ospite d'onore

del ballo che per te suoniamo

posa la falce

e danza tondo a tondo

il giro di una danza

e poi un altro ancora

e tu del tempo non sei più signora


A questo punto, il cerchio si stringe fino a raggruppare anche noi, si stacca una coppia che prende il nostro posto e la canzone ricomincia: questa volta siamo nel cerchio dei ballerini e altri due hanno il nostro ruolo precedente. Non è chiaro per quanto tempo prosegue la danza, la musica inebria più del vino. Quando ci fermiamo, io e la Morte siamo passati in centro un'altra volta. Fuori ormai è notte. La canzone della Morte è finita, ma adesso inizia un valzer, insieme al ballo vero è proprio. È il turno degli invitati di prendere parte alle danze: si formano le coppie, io e la Morte veniamo divisi nella folla di nobili. Vedo la Morte ballare con ogni genere di persone: belli e brutti, giovani e vecchi, timorosi e coraggiosi. Per lo spazio di un valzer, le persone ingoiano la paura della Morte.

Capito a ballare con Leonora. Per un momento ci guardiamo, cercando di capire cosa pensa l'altro.

LEONORA: È strano da dire, ma mi sono accorta di capire le ragioni del duca. Sono ragioni umane. Ti ricordi quello che ti ho detto riguardo agli uomini? Dobbiamo sopravvivere. Ed è quello che il duca sta cercando di fare.

ISIDORO: Non mi interessa quello che intende fare il duca.

LEONORA: E invece dovrebbe, dato che gli stai consegnando l'immortalità.

ISIDORO: Non gliela sto consegnando, se la sta prendendo.

LEONORA: Sai, io non ero nessuno prima che Bernardo mi prendesse con sé. Ero povera e povera sarei dovuta rimanere. Per questo mi chiedo che diritto abbia più di me, più di noi, il duca di avere l'immortalità. Lui ha sempre avuto tutto, noi non abbiamo mai avuto niente.

ISIDORO: Stai parlando come lui.

LEONORA: Noi siamo come lui! Siamo tutti uguali, tutti in lotta per afferrare più degli altri. Abbiamo l'occasione di afferrare quanto di più grande si possa immaginare.

ISIDORO: Non siamo tutti uguali. Io non sono come lui, non voglio esserlo.

LEONORA: Dimmi che non vogliamo tutti quello che darai al duca. Dillo.

ISIDORO: Non lo voglio. Sopporto troppo poco questo mondo per poterlo desiderare per l'eternità.

LEONORA: Ma non c'è nient'altro da desiderare. Te ne accorgerai, Isidoro.

Faccio per ribattere, ma il valzer mi spinge a cambiare compagno. Osservo la Morte che balla, sognante. Sembra felice, nello stesso modo in cui i bambini affrontano una gioia grande e inaspettata: non sanno che fare, hanno negli occhi una tale contentezza per cui sembra che un semplice ringraziamento non possa essere mai abbastanza; eppure ringraziano e corrono via subito, a godersi quell'immensa temporanea gioia. Così la Morte, incurante dei motivi per cui questo ballo è stato organizzato, inconsapevole o dimentica delle ipocrisie, degli odi, delle invidie, dei desideri da cui è circondata gioisce per questa sorpresa. Gioisce nonostante sappia che finirà, anzi proprio perché sa che finirà. Loro invece, tutti a danzare su musiche che detestano, con gente che non sopportano, sudano e sopportano per la vanità del duca, e tutti quanti non si ricordano più come essere felici di qualcosa.

La Morte ora mi sta guardando. Restituisco lo sguardo ai suoi occhi verdi.

ISIDORO: Vieni con me?

Lei fa cenno di sì e la accompagno attraverso la folla di vestiti d'occasione fino alle scale. Lasciamo la sala da ballo per il piano superiore, da cui raggiungiamo una terrazza. La notte è serena e le stelle occhieggiano dall'alto sul mondo dei mortali. La Morte, ammirata, si siede sul parapetto.

MORTE: Non ho mai fatto tanto caso alle stelle. So che voi le osservate da sempre, cercandoci le risposte alle vostre domande. Apparentemente non ce ne sono, ma basta la possibilità a farvi perseverare.

Non so cosa risponderle, lei prosegue.

MORTE: Grazie. Per il ballo, intendo. Immagino sia stata opera tua.

ISIDORO: Già, opera mia. Piuttosto colpa mia.

MORTE: Perché dici così?

ISIDORO: Perché sono riuscito a concentrare in una sola stanza tutte le miserabili ipocrisie e le invidie rassegnare di questo fetido ducato. Perché ho dato forma al vanitoso desiderio di un vecchio disperato.

MORTE: A me sembra una bella festa. Il resto ha poca importanza.

ISIDORO: Questo non toglie la mia colpa.

MORTE: Ma di quale colpa parli?

ISIDORO: Ti sei chiesta la ragione per cui questo ballo è stato organizzato?

MORTE: No.

ISIDORO: Non intendi conoscerla?

MORTE: Se è così importante per te...

ISIDORO: Il duca vuole diventare immortale. Dice di amare troppo la vita per poterla lasciare, ma ha solo tanta paura di te.

MORTE: Davvero non vi capisco, mortali. Agognate l'immortalità senza conoscerla, senza rendervi conto che è una condanna. Non avete idea di cosa significhi non poter sperare in una fine, in un compimento. L'eternità rende insignificante la vita; tutto è già dato, nulla è da perdere. Ciò che vi rende così preziosi è la possibilità di decidere cosa fare con il tempo che vi è dato. Tutte le cose umane sono temporanee: la gioia, il dolore, l'odio, l'amore, perché in questo si misura l'individualità di ciascuno. L'uomo vive nelle cose che perde e che guadagna, io che sono eterna non ho nulla da perdere, ma nemmeno nulla da guadagnare. Io non soffro, non provo dolore, invidia, brama, ma nemmeno la gioia, nemmeno posso amare... e non vi accorgete che la fine è un dono e che quello che voi cercate nell'immortalità è la vita infinita, non la mancanza di morte, e questa già l'avete: vivete i ricordi, vostri e degli altri, accumulate storie e racconti e poemi e vivete le vite che ancora devono esistere e quelle che non esisteranno mai. Nella vostra meravigliosa mente si animano storie di altri mondi e prendono vita eroi e mostri che accompagnate nelle loro avventure fantastiche... non siete immortali, ma ci arrivate molto vicino, e per una strada migliore.

ISIDORO: Se non provi gioia, cos'era quella che ti ho visto negli occhi mentre ballavi?

MORTE: Gioia, Isidoro, ma sei stato tu a regalarmela. Per questo, se sei tu a chiedermelo, esaudirò il desiderio del duca. Ora però ti prego, se la festa non è ancora finita, non occupiamo il tempo con cose di così poca importanza.

ISIDORO: Non voglio tornare di sotto, in mezzo a tutti quelli là.

MORTE: Allora stiamo qui. Non bisogna per forza sempre ballare.

Tiro un respiro e scaccio i pensieri precedenti.

ISIDORO: Come hai imparato tutto questo? Non vedi forse il mondo solo attraverso gli ultimi delle persone?

MORTE: Sì, ma si imparano molte di una persona dal suo trapasso.

ISIDORO: Devi aver imparato molto, allora.

MORTE: Oh, non così tanto. Solo le cose che valga veramente la pena ricordare. Ti assicuro che sono le stesse in ogni parte del mondo.

ISIDORO: E com'è, il mondo?

MORTE: Tu come te lo aspetti?

ISIDORO: Non lo so... ma mi aspetto molto. Mi immagino che ogni luogo sia diverso dagli altri. Soprattutto spero che i confini a cui sono abituato siano molto più vasti di quelli che conosco. Devono esserci luoghi in cui ciò che qui ha ogni importanza, non ha alcun significato. Non sopporterei che fosse tutto come qui.

MORTE: Perché non ti imbarchi su una nave? Perché non vai a vederlo il mondo, anziché fartelo raccontare?

ISIDORO: Perché le mie sono fantasie lontane... la realtà è molto più vicina.

MORTE: La realtà è ovunque, mentre sei tu a decidere la distanza dei tuoi sogni.

ISIDORO: Io sono un boia. Non mi è concesso girare il mondo.

MORTE: Ma non sei obbligato ad essere un boia! Se il tuo posto non è questo, vai a cercarlo!

ISIDORO: E quale altro potrebbe essere? Quante altre persone non ti temono, quante altre il maestro ha allevato per proseguire il suo lavoro? Io non ho legami con la vita. Come posso sapendo questo fare qualsiasi altra cosa?

MORTE: Ora so perché non mi temi. Tu non hai paura della Morte perché hai paura di vivere.

All'improvviso mi riempio di vergogna. Non so perché, non voglio pensarci. Cerco subito di cambiare discorso.

ISIDORO: Posso farti una domanda?

MORTE: Sì, vorrei che lo facessi.

ISIDORO: Cosa c'è dopo di te?

Ride.

MORTE: Ah, mi piacerebbe saperlo.

ISIDORO: Non lo sai?

MORTE: E come potrei? Posso farti una domanda?

ISIDORO: Anche io vorrei che lo facessi.

MORTE: Le chiese. I templi. Non riesco a capire a cosa servono.

ISIDORO: Sono costruiti per pregare, riunirsi... spesso rendono onore a Dio.

MORTE: E Dio. Non capisco nemmeno lui.

ISIDORO: Dio è credere che ci sia qualcosa di più. È credere che esista qualcosa di veramente importante. Ma ormai è un'idea vecchia, la gente non ci crede più.

MORTE: È un'idea bellissima.

ISIDORO: Posso farti una domanda?

Andando avanti così, parliamo per tutta la notte e lei sorride per tutto il tempo, come se stessimo ancora ballando. Ma arriva l'alba, la festa finisce. Il congedo potrebbe essere difficile e imbarazzante, ma non lo è. Lei mi dice solo: grazie.

Nessuno, in nessuna parte del mondo, morì, quella notte.



Scena tre

Il duca mi convoca immediatamente per la domanda decisiva. Non so se è per il sonno, ma tutto mi sembra accadere come in una allucinazione. Come se stessi guardando me stesso.

DUCA: Allora?

ISIDORO: Sì.

La mia risposta lo fa schizzare in piedi di gioia. Una gioia selvaggia, che mai mi è sembrata più folle di ora.

DUCA: Allora chiamala! No, no, aspetta! Dobbiamo farlo bene. Lo faremo nella mia sala del trono, con la corte riunita. Ci sarà il proclama ufficiale e tutti sapranno quello che succederà!



Scena quattro

Siamo tornati a Milano, nella casa del maestro. La cerimonia del duca è imminente. Il maestro ha detto che non ha alcuna intenzione di prendervi parte, che non voleva averci nulla a che fare. Se ne è andato. Leonora non sembra affatto preoccupata per questo. Le sta più a cuore ciò che mi sta per dire.

ISIDORO: So cosa stai per chiedermi. Non lo farò.

LEONORA: Ti sbagli. Non ti sto per chiedere l'immortalità, non ancora.

ISIDORO: E allora cosa?

LEONORA: Hai riflettuto su quanto ti ho detto? Hai riflettuto su cosa desideri?

ISIDORO: Non è affar tuo.

LEONORA: Non voglio conoscere i tuoi desideri. Voglio sapere se ne hai.

ISIDORO: Nemmeno questo è affar tuo.

LEONORA: Beh, se ne hai – ti prego – considera quello che ti sto per dire. Se invece sei soddisfatto di questa tua esistenza da boia, sii felice con essa. Io non la vorrei mai.

Rimango in silenzio.

LEONORA: Quando chiamerai la Morte per il duca, non farla venire in vano. Avrai la lama appoggiata al suo collo, non esitare. Uccidilo. Prendi l'immortalità per noi due e uccidi quel folle. Ce ne andremo ognuno per la sua strada, ognuno con i suoi desideri e la sua vita. E se non hai desideri... beh, allora fallo per me, che ne ho.

ISIDORO: È ora di andare.



Scena cinque

DUCA: Questa è una rinascita! Da ora, niente sarà più come prima. Per me!

Il duca accoglie con queste parole i presenti nella sala del trono, al castello. Io per ora non sono tra loro, sono rimasto nel vestibolo con la servitù. Il duca pretende che il mio ingresso sia trionfale, superato solo dalla gloria di quello che accadrà dopo. Entrerò nella sala armato di una spada, tra lo stupore di tutti. Le guardie non si muoveranno contro di me. Dovrò chiamare la Morte, ma questa volta per il duca.

Sento finire il suo discorso, è il mio momento di entrare. Ignoro lo stupore dei presenti e lo sguardo teso delle guardie, il mio unico pensiero è nella spada.

D'un tratto, tutto diventa chiaro. Tutto si allinea nella mia mente svelando inequivocabilmente una verità, ossia che la Morte ha ragione. Ho paura di vivere, perché non ho mai imparato a farlo. E come per una risoluzione inaspettata, decido che non sarò mai più un boia.

La spada che ho in mano diventa pesante, trasformandosi piano piano un'opportunità. Leonora ha i suoi desideri: anche io posso avere i miei. Posso vedere il mondo. Posso viaggiare, posso vivere per sempre. Devo solo uccidere il duca.

Faccio un passo avanti, poi un altro. Mi avvicino al trono su cui è seduto il duca.

DUCA: Chiama la morte!

Sguaino la spada. Lui, platealmente, si scopre il collo, rugoso e pallido. Mentre avvicino la spada, per la sala inizia ad essere udita la filastrocca.

Basta un taglio. Tutto finirebbe con uno schizzo di sangue, tutto per un desiderio.

Desideri... li ho sempre detestati. Le persone non esitano a calpestarsi tra loro pur di raggiungere ciò che vogliono. Mi è sempre sembrato che tutto il mondo funzionasse per il desiderio. Una logica non del sii, ma del prendi. Per questo non ho mai voluto nulla. Ma per questo non ho mai vissuto. Adesso invece ho un desiderio. Esisterà un modo di vivere senza prendere? C'è un'altra via?

Me ne andrò, come ha fatto il maestro. Girerò il mondo, come mi ha detto lei. Andrò a Genova, o a Venezia, non lo so. Da là prenderò una nave diretta lontano. Ma non ucciderò il duca. Non lo farò, perché sarebbe il frutto della sua stessa brama.

La Morte è nel centro della sala, di fronte al duca.

DUCA: Oh, signora del tempo, siete qui chiamata da me per un desiderio, un'umile richiesta.

La Morte rimane immobile.

DUCA: Oh Morte, regina del mondo, fatemi vivere per sempre, ve ne prego.

MORTE: Se è questo il tuo desiderio, posso accontentarlo.

Si leva un mormorio tra gli astanti.

DUCA: Oh, grazie, grazie, grazie mia signora, il vostro buon cuore supera ogni misura.

MORTE: Ora dimmi: se esaudisco il tuo desiderio, non mi vedrai mai più. È questo che vuoi?

DUCA: È questo, mia signora.

MORTE: Allora addio.

La morte se ne va.

Il duca rimane esterrefatto. Ha un'espressione non ancora delineata tra il pazzo di gioia e l'incredulo. Nella stanza c'è assoluto silenzio, i presenti sono inebetiti quanto il duca. Lentamente, allontano la spada e faccio qualche passo indietro. Ancora silenzio. Poi, si stacca dalla massa dei presenti una donna. È dama Adelaide.

ADELAIDE: Onore al duca! Possa l'eternità farlo felice!

Istintivamente, i presenti ripetono l'omaggio.

NOBILTÀ: Onore al duca! Possa l'eternità farlo felice!

Ma mentre tutti onorano il duca, Dama Adelaide si avventa sul trono e pianta un pugnale nella gola del duca. Ne segue uno schizzo di sangue proiettato nella stanza, seguito da un crescente urlo di dolore, strozzato e acuto. Adelaide è già scomparsa, mentre nella sala ognuno cerca di scappare, folle di paura.

Il duca tenta di alzarsi dal trono, ma finisce disteso sul pavimento. Si rialza e mi indica, gorgogliando parole incomprensibili. Faccio un passo indietro, terrorizzato.

DUCA: Mi... mi hai... ingannato...

ISIDORO: No! No maestà! Non morirete!

DUCA: Isidoro, perché mi hai tradito?

ISIDORO: Non vi ho tradito, ho fatto ciò che volevate!

DUCA: Ma io provo ancora dolore! Un dolore immenso, impossibile! Non la voglio l'eternità, non la voglio più... fai smettere il dolore, Isidoro!

ISIDORO: Non posso...

DUCA: Aaahh! Ti ammazzo!

ISIDORO: No, maestà! No!

DUCA: Uccidetelo!

Prima che possa voltarmi e scappare, mi trovo trafitto da due spade e una lancia e cado in ginocchio. Mentre cado, le guardie portano via il duca.

Sento una filastrocca.



Scena sei

Il clamore delle voci preoccupatissime dei presenti si è spento, non so dire da quanto tempo. Se ne sono andati tutti, probabilmente nel posto dove hanno portato il duca. Io sono rimasto dimenticato ai piedi del trono in un lago di sangue, con qualche arma ancora infilata nel corpo. Lei è arrivata subito, ma non sa cosa fare. Mi guarda piena di apprensione ed esitazione. Non ho la forza di parlarle e per questo non capisce se io mi aspetti qualcosa da lei. È china di fianco a me, con la veste nera inzuppata nel mio sangue. Vedo nei suoi occhi il mio sguardo: uno sguardo che desiderava vivere, viaggiare... dovevo capirlo prima. Dovevo capire tante cose prima, ma adesso non c'è più tempo. Vorrei vedere tutti i luoghi che ha visto lei, vorrei parlare con lei di tante altre cose, ma non ho la forza di parlare, non così a lungo.

ISIDORO: È ora... portami con te.



Sipario



Ma il cielo è sempre più blu



Chi vive in baracca, chi suda il salario
chi ama l'amore e i sogni di gloria
chi ruba pensioni, chi ha scarsa memoria
Chi mangia una volta, chi tira al bersaglio
chi vuole l'aumento, chi gioca a Sanremo
chi porta gli occhiali, chi va sotto un treno
Chi ama la zia, chi va a Porta Pia
chi trova scontato, chi come ha trovato

Ma il cielo è sempre più blu

Chi sogna i milioni, chi gioca d'azzardo
chi gioca coi fili chi ha fatto l'indiano
chi fa il contadino, chi spazza i cortili
chi ruba, chi lotta, chi ha fatto la spia

Ma il cielo è sempre più blu

Chi è assunto alla Zecca, chi ha fatto cilecca
chi ha crisi interiori, chi scava nei cuori
chi legge la mano, chi regna sovrano
chi suda, chi lotta, chi mangia una volta
chi gli manca la casa, chi vive da solo
chi prende assai poco, chi gioca col fuoco
chi vive in Calabria, chi vive d'amore
chi ha fatto la guerra, chi prende i sessanta
chi arriva agli ottanta, chi muore al lavoro

Ma il cielo è sempre più blu

Chi è assicurato, chi è stato multato
chi possiede ed è avuto, chi va in farmacia
chi è morto di invidia o di gelosia
chi ha torto o ragione,chi è Napoleone
chi grida "al ladro!", chi ha l'antifurto
chi ha fatto un bel quadro, chi scrive sui muri
chi reagisce d'istinto, chi ha perso, chi ha vinto
chi mangia una volta,chi vuole l'aumento
chi cambia la barca felice e contento
chi come ha trovato,chi tutto sommato
chi sogna i milioni, chi gioca d'azzardo
chi parte per Beirut e ha in tasca un miliardo
chi è stato multato, chi odia i terroni
chi canta Prévert, chi copia Baglioni
chi fa il contadino, chi ha fatto la spia
chi è morto d'invidia o di gelosia
chi legge la mano, chi vende amuleti
chi scrive poesie, chi tira le reti
chi mangia patate, chi beve un bicchiere
chi solo ogni tanto, chi tutte le sere

Ma il cielo è sempre più.


   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Mattimeus