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Autore: CosmopolitanGirl    13/01/2011    11 recensioni
Il racconto si colloca immediatamente dopo la mitica scena della "camicia strappata", descrivendone sentimenti e pensieri, dell'uno e dell'altra. Leggendolo vi accorgerete che in alcuni punti ripercorre l'episodio del cartone "Una nuova vita". Espediente che ho utilizzato per mantenermi,almeno al momento, il più vicina possibile alla trama originale.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dopo un periodo di assenza, eccomi qui!!! Inizialmente credevo che i capitoli di questa FF sarebbero stati solo 4, in realtà, le cose sono andate diversamente e quindi...questo non sarà il capitolo conclusivo. 
Spero vi piaccia. Buona Lettura.

Cap. 4

Il Temporale.

Le forti e grandi mani di Andrè, percorrevano dolcemente il suo corpo, provocando in lei sensazioni mai neanche immaginate. Le labbra vogliose si consumavano in un movimento perpetuo, alla continua ricerca le une delle altre. Solo pochi secondi, per riprendere fiato, per poi ricominciare, cercando di saziare quella fame d’amore che li stava divorando. Fu in una di quelle brevi pause, che sussurrò appena “Ti amo”.
Si svegliò di soprassalto. Gocce di sudore le imperlavano la candida fronte; il respiro affannoso inseguiva il ritmo forsennato del suo cuore.
La catastrofe la colse all’improvviso.
Nel sonno.
Non si trattò di un terribile incendio, di un’alluvione, di una frana. Non fu qualcosa di esterno, ma un cataclisma interno, che la devastò.

***

La convivenza con i compagni d’armi non era certo facile, ma quello che più gli era difficile da sopportare, era l’idea della sua Oscar sposa di qualche insignificante nobile.
Aveva sacrificato l’intera vita a quella donna, a quell’amore, che se pur non corrisposto, era cresciuto diventando una vera e propria malattia. Quell’amore lui, non l’aveva solo sentito, l’aveva subito. Le sue più grandi sofferenze nella vita erano state quelle di Oscar. Le aveva osservate, da spettatore silenzioso, vissute, patite in prima persona. Il suo pensiero principale era sempre e solo stato lei.
Così era da sempre.
Aspettava con ansia il sorgere del sole, per poterla rivedere. Da quando aveva subito quell’aggressione, lei gli appariva diversa. Aveva qualcosa di nuovo ed inspiegabile nel suo sguardo. Durante le esercitazioni, nella piazza d’armi, gli era capitato più volte di posare i suoi occhi smeraldini su di lei, e scoprire con sorpresa, che lo stava guardando. Non appena incrociava il suo sguardo, tuttavia, lei era pronta a distoglierlo. Era come se lo cercasse con gli occhi, ma una volta trovato, lo lasciasse andare via. Intuiva, la bizzarria che negli ultimi tempi contornava Oscar, e non sapeva darne un senso.  Andrè si era sempre vantato di conoscerla come nessuno mai. Fin da bambini, era sempre riuscito a scorgere i suoi pensieri, le sue preoccupazioni con una sola occhiata, ma ultimamente era diventata un’impresa impossibile capire la sua Oscar.
Dopo la discussione avuta al suo arrivo, come comandante della Guardia Metropolitana, lei non gli aveva mai rivolto la parola. Neanche dopo l’accaduto in armeria.  L’aveva aiutato, aveva pianto, gli aveva chiesto scusa…
Iniziò a pensare, con sempre maggiore convinzione, che si fosse sbagliato, che fosse solo frutto della sua fantasia. Le uniche volte che sentiva la sua voce, era quando lei impartiva gli ordini, cosa che faceva con estrema solerzia. Ciononostante… sempre più spesso, il suo sguardo indugiava su di lui, ed era come se volesse aggiungere altro, dischiudeva le labbra ma nessun suono ne fuorusciva. C’era qualcosa di veramente insolito nel suo atteggiamento. Tuttavia, non ci voleva pensare, non avrebbe dato retta a quella vocina interiore che sussurrava speranze amorose. Non voleva più soffrire per lei, non volontariamente, per lo meno.

***

Da quando comandava la Guardia Metropolitana, una suggestione negativa albergava dentro di lei, condizionandone il suo stato d’animo. Per la prima volta, in una vita condotta da soldato, andava al lavoro controvoglia. Questo, fin quando non dovette arrendersi all’evidenza dei fatti.
 La scena avvenuta in armeria giorni addietro, si presentava, spesso, alla mente con crudele precisione, e con essa, emergevano tutte quelle sensazioni che l’avevano accompagnata; inoltre, non faceva altro che pensare a quel curioso sogno che, qualche notte prima, aveva fatto sobbalzare il suo cuore, e inumidire il suo intimo.
Un pensiero si era infilato nella sua mente e, con i suoi fili, stava sapientemente tessendo una tela che prendeva sempre più le sembianze di una certezza. Era innamorata di Andrè.
Per tutta una vita aveva vissuto come in una bolla di sapone, in un ambiente ovattato che la proteggeva dalla realtà che aveva intorno. Dall’interno poteva scorgerne i contorni, ma la sua visione era certamente distorta e confusa. Adesso questa bolla era esplosa, e lei era caduta pesantemente in terra.
Guardava la realtà con gli occhi di un bambino. Spaventata, e al tempo stesso incuriosita da ciò che la circondava.
Ancora così poco avvezza all’amore, s’imbarazzava quando lui con sguardo incuriosito, la osservava, accorgendosi che lei lo fissava.  Repentinamente allontanava lo sguardo, ma era più forte di lei, tornava a sbirciarlo appena lui si distraeva. Non poteva farne a meno quel gioco di sguardi le era diventato indispensabile. La mattina si svegliava desiderosa di essere già a lavoro, solo per godere della sua tacita compagnia.
 Si domandò se mai un giorno avrebbe avuto il coraggio di confessargli il suo amore. Ebbene sì, perché di amore si trattava. In questi ultimi mesi aveva scandagliato il suo cuore con chirurgica precisione, nulla dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, delle sue convinzioni e pseudo certezze era rimasto privo di un’attenta disamina. 
Adesso lei sapeva.
Si ricordò delle lezioni di botanica impartitele dal precettore quando era una bambina, e rammentò la spiegazione di come un bruco si trasformi in farfalla. Lei era stata per trent’anni una specie di bruco, si era costruita un bozzolo, dove soggiornare beatamente, nel mentre, si era modificata, era diventata qualcos’altro, ma non se ne era resa conto, fin quando non era uscita dall’involucro. Non le restava altro che spiegare le sue splendide ali e prendere il volo.  La cosa le appariva alquanto difficile. Certo adesso, Oscar, era più consapevole di ciò che era.  Una donna. Ma di questa verità, non sapeva che farsene.
Donna lo era sempre stata, e questo non le era mai stato di reale impedimento al suo essere un soldato, un comandante. A tutt’oggi, con quei poco cortesi soldati della guardia, anche se a fatica, era riuscita a farsi rispettare. Un uomo non avrebbe potuto fare di meglio. L’unica differenza stava nel fatto che, se fosse stata un maschio, non avrebbe dovuto faticare per far valere la propria autorità.
Convenne con sé stessa che aveva sempre sbagliato. Pensava che gli uomini fossero esenti dalla sofferenza. Che il loro cuore non si spezzasse.
“ Gli uomini non piangono”.
Eppure aveva visto il suo Andrè piangere, ed essere disperato per l’amore che provava per lei; aveva visto Fersen  infelice per il medesimo sentimento, così forte, e così tormentato per la sua Regina… Aveva volutamente creduto che essere uomini fosse la migliore delle cose, si era persuasa di ciò, per evitare di soffrire…di vivere.

***

Erano mesi che non tornava a casa. Che non faceva visita all’amata nonna. Spinto dalla nostalgia, dalla stanchezza di dormire in uno scomodo letto, si decise a chiedere una breve licenza.
Mentre si trovava nell’ufficio di Oscar, la guardava con attenzione, cercando di carpire qualche piccolo dettaglio che gli potesse essere utile a capire cosa stesse passando per quella bionda testolina. Lei, come al solito, appariva composta, distaccata, ma…alla sua richiesta, l’aveva guardato, e ad Andrè  parve quasi che avesse accennato un sorriso.
“Il mio occhio peggiora sempre più…e pure la mia mente…sto impazzendo!" Vedo cose improbabili” pensò, sempre più perplesso.
Mentre quel tardo pomeriggio, tornava a casa, sentiva dentro se il crescere di un’emozione che era sempre stata lì, ma che alle volte sembrava affievolirsi. Non in questo caso. Più si avvicinava a quella che era stata fino a pochi mesi prima la loro casa, in cui albergavano una miriade di ricordi, più si sentiva sopraffatto da questa emozione d’amore.
“Forse…standole vicino anche a casa, potrò capire meglio cosa sta accadendo…e poi…potrei conoscere i dettagli di questo… matrimonio” l’ultima parola uscì dalla sua bocca con estrema fatica.

***

Il bianco cavallo correva velocissimo verso Villa Jarjayes, un dispaccio inviatole da un messaggero del generale Buoille la informava di un assalto avvenuto alla sua carrozza da parte di alcuni ribelli, in cui suo padre era rimasto ferito.
Il suo cuore batteva all’impazzata, la paura di non trovarlo vivo le paralizzava il respiro.
Entrò in casa, percorse i corridoi con tale velocità, da sembrare che non toccasse terra.
“Padre” disse ansimando.
Nanny la accolse sorridendo, seppur con gli occhi umidi: ” Oh, Oscar stai tranquilla, il proiettile non ha causato una ferita molto grave. Non c’è pericolo di vita!”
L’affanno causato dalla corsa forsennata, si tramutò in singhiozzi. Gli occhi le s’inondarono di lacrime e le gambe cedettero sotto il suo peso.
Sotto il peso della paura.
Una mano tesa verso di lei, le porgeva un candido fazzoletto.  I suoi occhi azzurro cielo, s’incatenarono ad uno sguardo smeraldo, che l’osservava con un’intensità tale, da entrare nel suo animo e scorgerne i più piccoli particolari.
“Grazie Andrè, ti ringrazio” disse, guardandolo con un indescrivibile moto del cuore.
 Avrebbe voluto dirgli altro. Sentiva una necessità impellente di arrendersi tra le sue braccia. Desiderava ardentemente potersi perdere nel suo abbraccio, e trattenervisi per un tempo indeterminato.

***

Poco dopo il suo arrivo a palazzo, Andrè si ritrovò inghiottito dal trambusto che aveva sconvolto l’intera casa, a causa del ferimento del Generale Jarjayes.
Ritenne una fortuna aver chiesto la licenza proprio in quel giorno, Oscar avrebbe certo avuto bisogno di lui. Era pronto a porgerle una spalla su cui piangere, se solo lei avesse voluto.
La vide arrivare tutta trafelata, il volto sconvolto dallo sgomento.  Era lì, quando lei si accasciò liberandosi dalla tensione accumulata, dando sfogo ad un pianto ininterrotto.
Le porse un fazzoletto, ma cosa avrebbe dato per poterla abbracciare, per poterle sussurrare parole di speranza, ed alleviare, così, il suo supplizio. Poté solo allungarle quel piccolo pezzo di stoffa, ma lo suo sguardo, lo ripagò dalla sensazione d’impotenza provata poc’anzi.

***

La sera era ormai giunta, Oscar non aveva ancora lasciato il capezzale del padre.
Il Generale sembrava di buon umore. Si fece serio solo quando lei gli promise che avrebbe catturato quel balordo.
“Oscar se lo fai per me, ti dico che io sarei più felice di accompagnarti all’altare con l’abito bianco, piuttosto che vederti prendere quell’uomo”.
Il generale, sembrava davvero pentito di averla cresciuta come un uomo, e di averla destinata ad una vita da soldato.  Si sforzava di rimediare. Voleva far sì che la figlia fosse felice, così come non lo era mai stata, proprio a causa della sua follia che l’aveva portato a crescerla come l’erede maschio.
Oscar non sapeva come gestire questa situazione. Già era tanto difficile fare i conti con sé stessa e con quel nuovo sentimento che le faceva battere forte il cuore, e che aveva paura di assecondare. Occuparsi anche di compiacere suo padre era davvero troppo.

***

La nonna l’aveva messo subito a lavoro.
Entrò nella stanza del generale, giusto in tempo affinché le sue orecchie sentissero:
” Domani sera ci sarà quel ballo di cui ti ho parlato, voglio che tu vi prenda parte!”
“Un ballo?! Il generale consiglia ad Oscar di partecipare ad un ballo?! E lei gli risponde pure Certo?!”disse tra sé, sospirando affranto.
 Per un attimo si era illuso che forse lei…
Era così arrabbiato con sé stesso.
Tutti i propositi fatti, sul non farsi più illudere, si erano infranti con un suo solo sguardo.
Non fece in tempo a posare il vassoio del tè sul comò, che…
”Andrè!” tuonò il generale dal suo letto.
“Si Signore”.
“Devi assolutamente accompagnarla al ballo che verrà dato in suo onore domani. Tutti i nobili di Versailles dovranno ammirare la nostra bellissima Madamigella Oscar!” concluse fiero suo padre.
Quelle parole lo trapassarono da parte a parte, come la lama di un’appuntita spada. Non poteva rifiutarsi, anche se avrebbe tanto voluto farlo. Acconsentì, senza replicare.
Oscar gli aveva rivolto uno sguardo glaciale, sembrava arrabbiata.
 Cosa si aspettava?
 Andrè era un servo e poiché tale, era doveroso, per lui, assecondare ogni più piccolo capriccio di un nobile.

***

Santo Cielo!
 Suo padre non stava solo inconsapevolmente torturando lei, con quelle inutili pretese, adesso coinvolgeva anche lui. L’unico che mai avrebbe dovuto sentire certi discorsi.
Lo fulminò con lo sguardo, nel disperato tentativo che lui capisse di non dover accettare. Avrebbe potuto accampare una qualsiasi scusa, ma non lo fece e lei non riuscì a trovare nessun’argomentazione valida da avanzare a suo padre, per distoglierlo da questa folle idea.
Appena il Generale si fu addormentato, decise di andare a riposare anch’ella. Era stanca, la giornata era stata piene di emozioni, e adesso che era calato il silenzio della sera, stava calando anche la sua adrenalina, così che lei si sentiva quasi priva di forze.

***

“Dovrò accompagnarla al ballo tenuto in suo onore” era furente. Strinse la mano, e scagliò un pugno sul materasso del suo letto, su cui era seduto.
 Stava accadendo di nuovo.
Lo splendido corpo di Oscar, fasciato in un bel vestito di tulle e merletti. Non era possibile…sembrava un incubo, ma incubo non era.
Inspirò a pieni polmoni, chiuse gli occhi, e nel tentativo di scacciare via quei lugubri pensieri, che gli attanagliavano l’anima, fece sbattere dolcemente il capo con un movimento ripetuto, sulla testiera di legno del proprio letto. 
Quella notte non sarebbe certo, riuscito a dormire.
“Ufff…meglio che mi dedichi alla lettura…almeno mi concentro su qualcos’altro!” sentenziò sconsolato, apprestandosi a passare una notte insonne.

***

La pioggia cadeva copiosa, ed il vento spingeva miriadi di gocce contro la finestra. Si svegliò proprio a causa di una raffica, che con forza face battere rumorosamente la pioggia sul vetro. Un lampo illuminò la stanza a giorno, seguito, quasi nell’immediato, da un rombo di tuono, così forte da farla sobbalzare.
Istintivamente si fece più piccola che poté, e si nascose sotto le coperte.
Il pensiero le andò ad Andrè, a quello che era accaduto poche ore prima. Doveva prendere la situazione in mano…Innanzi tutto non avrebbe partecipato a quello stupidissimo ballo, non nella maniera che tutti si aspettavano, per lo meno.
E poi…il ricordo dello sguardo di Andrè, avvilito, nel sentire che l’ avrebbe dovuta accompagnare, le faceva stringere il cuore. Doveva fermare quella ruota che aveva iniziato a girare all’impazzata, senza più controllo. Quello che stava accadendo non faceva felice né lei, né tantomeno lui…
Era uno stillicidio.
Lo stava uccidendo, pur non volendolo.
Si alzò decisa.
Un altro lampo.
Un altro tuono.
Si precipitò fuori dalla stanza, recandosi velocemente verso la camera di Andrè. Entrò senza bussare, piccolo vizio che conservava fin, da quando era una bambina, e solo quando chiuse la porta dietro le sue spalle, si rese conto che da quando erano bambini, molto tempo era passato, e molte cose erano cambiate.

***

Un rumore sordo alla porta.
 Non fece in tempo ad alzare lo sguardo, dalle pagine del libro, che se la trovò di fronte.
”Oscar?!” disse sorpreso.
La luce della candela che illuminava la stanza di una fioca luce, la rendeva ancora più bella. La semplice camicia da notte bianca, appariva a tratti trasparente, i piedi erano nudi. Il suo volto cercava di mascherare, a fatica, un certo imbarazzo.
“Cosa ci fai qui, Oscar? Possa fare qualcosa per te?” chiese, con tono tra l’apprensivo e lo stupito.
In quell’istante un tuono risuonò cupo nella stanza, la vide trasalire e capì…”Oscar e la sua paura dei temporali”.
Sorrise, e portò la mano dall’altro lato del letto, facendo cenno di accomodarsi.
 In un balzo fu sotto le coperte. Il suo cuore perse un battito. L’aria, che lei aveva spostato nell’accoccolarsi nel suo letto, aveva portato al suo olfatto, un profumo di pulito, misto a camomilla.
 L’odore di Oscar.
Sarebbe potuto morire in quell’esatto momento.

***

Sperò con tutta se stessa, che la tenue luce della candela celasse l’imbarazzo che le colorava di rosso le gote. Appena si avvertì il tuono, lui la guardò e fu come se il tempo fosse corso a ritroso in un istante.
Erano tornati bambini.
Non erano più il comandante ed il soldato, la nobile e il servo, una donna ed un uomo, erano solo… Oscar e Andrè.
Le fece cenno di rifugiarsi nel suo letto, e quell’invito esplose nel suo cuore, col fragore di uno sparo. Si tuffò tra le coperte senza pensare a null’altro. Per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentiva felice.
Istintivamente si nascose sotto le lenzuola, il disagio faceva si che le orecchie le ronzassero.
 Sapeva che il battito del suo cuore non si poteva udire all’esterno, che lui non avrebbe potuto percepirlo, e per questo, ringraziò Iddio con tutta se stessa.
Doveva calmarsi. Respirò ed inspirò profondamente. Era necessario che si desse un certo tono, non poteva far trapelare tutta l’insicurezza che le pervadeva l’animo.

***

Se ne stava lì a guardarla, mentre lei si era rintanata sotto le sue coperte.
Il suo cuore batteva così forte, che pensò davvero, che ad un orecchio attento, non potesse sfuggire quel pazzo ritmo. L’emozione gli bloccava la mente, i pensieri…tutto.
 Solo di una cosa era sicuramente certo: Lei l’aveva perdonato!
In quel momento non c’era nulla da dire.
 Nessuna parola, nessun discorso, avrebbe mai potuto spiegare, quello che quel silenzio stava urlando in quella stanza.

  
Non crediate che sia così ingrata da non ringraziare pubblicamente alcune persone... Nel prossimo capitolo mi prenderò un piccolo spazio solo per i ringraziamenti conclusivi.
Alla prossima.

   
 
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