~consequences~
[Lily]
Le
mie mani sono
strette sul volante, tanto che potrei quasi scommettere di averci
lasciato dei
solchi profondi.
So
che non mi devo
distrarre, devo mantenere una velocità costante e scegliere
le strade meno
frequentate. Nonostante abbia già compiuto diciotto anni,
ancora niente
patente. Ma d’altra parte gli unici due ad averla presa a
sedici anni,
sfruttando le brevi vacanze estive che ci sono concesse per studiare
invece che
per svagarsi, sono Blake e Jonathan. Charlotte sa guidare e io anche,
ma avevo
programmato di dare l’esame di teoria l’estate
prossima. In ogni caso, Blake ha
guidato per oltre quattro ore e abbiamo deciso –ok, ho
deciso- di fargli fare
una pausa. E Jonathan non è certo in condizione di guidare.
Gli
lancio
un’occhiata attraverso lo specchietto retrovisore. Credo che
sia privo di sensi,
non si muove. È ancora in forma di lupo perché
non è abbastanza forte da
trasformarsi, sdraiato con la testa sulle gambe di Charlotte e le zampe
su
quelle di Damien. Vanessa è qui accanto a me insieme a
Blake, perché Charlotte
non era di nessun aiuto qui –continuava a voltarsi indietro e
a dare consigli.
A
quanto pare
Jonathan è stato colpito da due proiettili, uno dei quali
l’ha ferito di
striscio ad un fianco, mentre il secondo è penetrato nel suo
corpo. Charlotte
ha detto di non poter far nulla senza un po’ di spazio e
qualche strumento
adeguato, per non parlare degli scossoni della strada sterrata che
stiamo
percorrendo. Ma di fermarsi non se ne parla: di sicuro Vahel ci sta
seguendo e
ha allertato tutti suoi contatti nelle vicinanze.
Ma
non è questo il
motivo per cui sto rischiando di mandare in frantumi il volante
–è solo perché
tutti stanno dicendo cose tipo “non avremmo dovuto
farlo”, “cosa faremo
adesso”, “e se ci prendono”, argomenti
che io avevo sostenuto fin dal principio
e che erano stati completamente ignorati.
Vorrei
urlare un
fortissimo “io ve lo avevo detto”, ma recupero
tutta la mia forza di volontà e
sto zitta, limitandomi a guidare in silenzio.
-Quanto
manca,
Charlie?-, chiede Vanessa.
Charlotte
distoglie
per un solo secondo l’attenzione da Jonathan.
-In
teoria il
viaggio sarebbe dovuto durare quattro ore, ma dato che stiamo deviando
ne
impiegheremo almeno altre due.-
Vanessa
sospira e
tace.
-Credete
che ci
stiano ancora seguendo?-, domanda Damien.
-Non
ho dubbi-,
replica decisa Charlotte. –Ma forse … servirebbe
un po’ di nebbia. Lily?-
-Non
sono una
stazione meteo, Charlie. Non posso controllare il tempo-, sibilo,
più acida di
quanto vorrei.
-La
nebbia non è
altro che acqua sospesa nell’aria.-
Non
distolgo lo
sguardo dalla strada nel rispondere:
-Potrei
farlo,
probabilmente, ma non farei altro che intralciare noi. Non posso
estendere la
nebbia molto lontano.-
Charlotte
–finalmente- tace.
Il
silenzio torna a
regnare sovrano, angosciante.
Mi
concentro solo
per mantenere l’auto in strada nonostante gli scossoni
violenti causati dallo
sterrato. Prego il cielo che non buchiamo una gomma, perché
sarebbe un disastro
di proporzioni epiche.
-Potresti
far
piovere-, dice Charlotte, e mi giro per un solo secondo per fulminarla
con lo
sguardo.
-Perché?-
-Per
nascondere le
tracce degli pneumatici sulla terra.-
Devo
ammettere che
stavolta l’idea è buona.
Fermo
la macchina
sul ciglio della strada.
-Chi
guida?-,
chiedo. –Non posso fare entrambe le cose.-
-Lascia
fare a me-,
dice Damien.
Prendo
il suo posto
accanto a Jonathan e, mentre l’auto riparte, mi concentro.
L’acqua
comincia a
scendere senza impedimenti, ma il problema adesso è
estenderla a sufficienza.
Chiudo gli occhi. Lo scopo non è creare un temporale
violento, ma una
pioggerellina abbastanza diffusa da cancellare le nostre tracce per
svariati
chilometri.
All’improvviso,
ad
un ennesimo scossone dell’auto, sento un uggiolio, di certo
non umano.
-Jonathan?-,
chiede
Charlotte con ansia. –Sei sveglio?-
Nessuna
replica, ma
giro la testa e vedo che il lupo ha aperto gli occhi.
-Riesci
a
trasformarti?-, insiste lei.
Distolgo
l’attenzione dalla pioggia per un momento per guardarlo
muoversi appena, ma non
succede niente. Un altro salto provoca un nuovo uggiolio.
Vedo
il sangue che
macchia la mano di Charlotte che prova a tastare le ferite causate dai
proiettili, provocandomi un’ondata di nausea.
-Lily,
la pioggia-,
mi ricorda Blake, e solo allora mi rendo conto di averla fatta cessare.
Cerco
di nuovo la concentrazione e l’acqua ricomincia a scendere
dal cielo.
Ammetto
di essermi
spaventata quando Vahel mi ha iniettato quella sostanza. Ho creduto
davvero di
aver perso i miei poteri per sempre. È stato orribile, e non
c’è sensazione più
bella di vedere i quattro elementi rispondere ai miei comandi
silenziosi come
hanno sempre fatto. Su Vanessa quella roba non ha funzionato, e
Charlotte ha,
ovviamente, sviluppato una teoria a riguardo. Il dono di Vanessa
dipende dalla
sua pelle, che può cambiare tonalità fino a
raggiungere colori di uno spettro
invisibile all’occhio umano. Il mio, invece, risiede (sempre
secondo lei) da
qualche parte nel cervello. Non sa i dettagli, nonostante abbia
studiato per
anni su questo dilemma. Perché abbiamo questi poteri? Per il
momento non ne
abbiamo idea. In ogni caso, se funziona davvero come sostiene
Charlotte, ad
essere immuni a quella sostanza sarebbero Vanessa, Blake (il cui corpo
riesce
ad immagazzinare l’energia elettrica presente
nell’ambiente) e Jonathan (perché
la trasformazione dipende da ossa, organi eccetera e non dal cervello).
Io, lei
e Damien invece dobbiamo ringraziare
(termine ambiguo, su cui si potrebbe discutere) i nostri cervelli per
le nostre
capacità.
-Cosa
succede,
Charlie?-, chiede Damien, distraendomi dalle mie divagazioni mentali.
-Non
sono un
veterinario-, replica lei, la voce tremante. –Se solo
riuscisse a trasformarsi
… -
In
risposta,
Jonathan si agita e per un istante la sua figura vibra, ma poi non
riesce a
cambiare forma e resta un lupo. Per lo sforzo emette un gemito
straziante.
Charlotte
scuote la
testa, poi mette una mano sulla testa del lupo.
-Non
posso fare
niente, per ora-, mormora. –Quando ci fermeremo,
proverò a … -
La
sua voce viene sovrastata
all’improvviso da un suono inconfondibile.
Proiettili
contro i vetri dell’auto.
-Giù!-,
urla Blake,
e non posso fare altro che obbedire, ma nel frattempo faccio aumentare
la
pioggia. Non so se ci sia più d’intralcio che
d’aiuto, ma non posso certo
chiedere a Blake.
I
proiettili
fischiano, l’auto accelera decisamente troppo per una vecchia
carretta (ma
Charlotte deve averci fatto qualche modifica), ma l’acqua la
fa slittare. Alzo
la testa per un secondo, proprio mentre l’auto inchioda.
Batto la testa contro
il cruscotto, violentemente, e tutto diventa nero.
-Lily
… Lily, mi
senti?-
Batto
le palpebre
più volte e un volto entra nella mia visuale. Blake.
Sorrido
quasi
istintivamente, senza pensarci.
Poi,
quando
Charlotte prende il posto di Blake e mi spara un led accecante negli
occhi,
seguendo il movimento delle mie pupille, torno sulla terra. Mi alzo di
scatto,
bruscamente, ma un giramento di testa mi riporta giù.
-Cos’è
successo?-,
chiedo. –Dove siamo?-
-Sta
bene-, decreta
Charlie. -Ti ricordi come ti chiami?-
-So
come ti chiami tu, Charlotte
Miller, e ti giuro che se
non spegni quella luce ti farò pentire del giorno in cui ti
sei presentata a
me.-
-Sta
benissimo-,
conferma lei con un mezzo sorriso.
-Qualcuno
mi
risponde? Dove siamo?-, insisto, mettendomi finalmente a sedere. Ho un
po’ male
alla testa, ma è sopportabile.
-A
destinazione,
sani e salvi-, risponde Blake, sedendosi accanto a me.
Mi
guardo intorno.
Ci
troviamo in una
sottospecie di casetta di legno, ma forse definirla casetta
è un complimento. Baracca, bicocca, catapecchia …
ecco,
questi rendono meglio l’idea. È piccola,
soffocante, desolante e vuota. Tutto
quello che c’è deve risalere al Medioevo o
giù di lì.
Va
bene, ho
esagerato –ma non è che scherzi, eh. Un cucinino a
gas, il vecchio divano
semidistrutto sul quale sono seduta, qualche sedia spaiata e un paio di
porte
chiuse adornano il luogo … e questo è tutto.
-Quando
hai detto
catapecchia ho pensato che esagerassi-, dico a Charlie.
Poi
mi rendo conto
di qualcosa di strano.
Blake
è qui accanto
a me, Charlie davanti, Vanessa accanto a lei e c’è
qualcuno che non conosco
alle loro spalle.
Un
ragazzo e una
ragazza, forse sui venti, venticinque anni.
Lui
ha corti
capelli scuri e occhi cupi, è molto alto e, onestamente, mi
inquieta.
Nonostante, ammettiamolo pure, sia piuttosto bello.
Lei
è magra,
formosa, curve al posto giusto, capelli biondi e sguardo altezzoso.
Bella pure
lei, accidenti.
-Chi
sono?-, chiedo,
sospettosa.
-Io
sono
Guinevere-, risponde la ragazza. –Puoi chiamarmi Gwen. Lui
è Matt.-
-Chi
sono?-,
ripeto, voltandomi verso Blake.
-Loro
… occupavano
la casa di Hermann. Sono ex allievi del Queen
Victoria’s. Ci hanno raggiunti e ci hanno portati
qua, salvandoci all’ultimo
secondo dagli scagnozzi di Vahel.-
-Dov’è
Jonathan?-
-È
di là con Damien.-
-Come
sta?-
-Non
molto bene-,
interviene Charlotte, cupamente. –Tutto quello che sono
riuscita a fare è stato
ripulire le due ferite … ma c’è ancora
un proiettile dentro il suo corpo, e non
ho gli strumenti necessari per agire. Senza contare che è
ancora un lupo, e non
so come intervenire.-
Dalla
sua
espressione vedo che è stanca, preoccupata e sconvolta. Non
capita spesso che
Charlie non sappia cosa fare, e questo di solito la manda in paranoia.
Mi
alzo in piedi,
incerta, ma scopro di poterlo fare senza problemi. Ho un bernoccolo
sulla
testa, ma questo è tutto quello che mi rimane
dell’incidente, per fortuna.
-Vado
in bagno-,
annuncio. –Charlie, mi accompagni?-
Lei
annuisce, un po’
stranita.
Non
appena siamo al
sicuro da orecchie indiscrete, domando:
-Chi
sono quei
due?-
-Non
ne ho idea. Ci
hanno aiutati, e dicono di essere stati allievi da noi … ma
non ci hanno detto
altro.-
-Possiamo
fidarci
di loro?-
-Vorrei
che fosse
così, ma non ne sono affatto sicura.-
Sospiro
e usciamo
dal bagno.
Charlotte
apre un’altra
porta e io la seguo. Ci sono una mezza dozzina di letti a castello, ma
il lupo
è sul pavimento –troppo grande per il letto,
suppongo. Damien è accanto a lui.
-Novità?-,
chiede
Charlie, inginocchiandosi sul pavimento.
-Credo
che si stia
svegliando-, risponde Damien, ed esce per lasciarci posto e raggiungere
Vanessa
di là.
Charlotte
posa una
mano tra le orecchie del lupo.
-Jon?
Mi senti?-
Il
lupo emette un
mezzo sbuffo che immagino sia un segno affermativo.
-Jon,
non riesco a
curare quelle ferite se non torni umano-, mormora Charlotte.
Silenzio.
Come già
prima, in macchina, vedo la figura vibrare e poi tornare come prima.
-Jon?
Per favore …
-
Vedo
gli occhi di
Charlotte riempirsi di lacrime.
-Ehi-,
sussurro. –Charlie,
andrà tutto bene.-
-Non
è vero-,
mugola lei. –È tutta colpa mia!-
-Non
dire così.-
-Avrei
dovuto
pensarci! Ho pensato a tutto tranne che alla … alla cosa
più importante! Ho
fatto troppo in fretta … e ho avuto troppa …
troppa fiducia … in me stessa. E
adesso non riesco … a fare nulla! Sono inutile …
ed è solo … -
A
quel punto le sue
parole confuse vengono soffocate dai singhiozzi.
-Non
piangere-, la
prego, abbassandomi e abbracciandola. –Charlie, non
è colpa tua. Non potevi
prevederlo … è stata solo sfortuna. Non sarebbe
cambiato niente se ci avessimo
pensato per un altro mese.-
Lei
scuote la
testa.
-Sono
stata io, e
adesso Jon potrebbe morire!-, reagisce con rabbia, le lacrime che le
solcano il
viso.
La
stringo più
forte, non sapendo che altro fare per consolarla e rassicurarla.
E
poi succede
qualcosa.
Il
lupo trema e all’improvviso
la sua figura si sfoca, lasciando il posto a quella di Jonathan.
Umano.
È
messo male, ora
si capisce ancora di più. La felpa è intrisa di
sangue in corrispondenza del
fianco sinistro e dell’addome, il volto è
pallidissimo e sudato, i pugni
stretti.
-Oh,
Dio, Jon-,
ansima Charlotte, e mi allontana per chinarsi su di lui.
Mi
alzo ed esco,
lasciandoli soli.
Spero
solo che
questo sia un buon segno.