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Autore: Darling Eleonora    13/01/2011    2 recensioni
Nella prestigiosa Accademia San Margot, dove vi è difficile entrare, si iscrive Leonard, un ragazzo all’apparenza duro e associale ma dentro di sé nasconde un ’innato talento per la poesia, che da sempre il ragazzo ha tenuto segreto a tutti fuorché alla sua dolce sorellina Winnie, nata da pochi anni e causa del trasferimento della sua famiglia. La vita nell’accademia si scopre sorprendentemente piacevole per il nostro semiprotagonista, ma per ben poco perché inaspettatamente qualcuno viene a sapere della sua passione segreta cambiandogli la vita…
Dal secondo capitolo "La primavera":
Lei raddrizzandosi si tolse la polvere dai vestiti e in un secondo momento, si accorse che un fiore di ciliegiolo le era caduto sul viso. Lo prese candidamente e lo adagiò sul palmo mano, assumendo un’espressione tenera. Leonard capì che l’albero con la sua sfera non attirava solo cose pure ma soprattutto cose belle.
-Io mi chiamo…
Cercò di parlare nervosamente ma la ragazza non se ne accorse neppure e senza staccare lo sguardo dal fiore disse con una voce melodiosa:
-Sai che giorno è oggi?
Lui era sbalordito.
-Marte…
Lei lo interruppe nuovamente e un sorriso ironico le si dipinse in volto:
-Non in quel senso, e comunque è venerdì…
Lui arrossì e non aggiunse altro per paura di fare un’altra figuraccia. Lei si avvicinò alla sua finestra e sorridendo allungò il palmo della mano verso il suo. Lui d’impulso glielo offrì.
-Oggi è il 21 marzo…
Prese tra le dita affusolate la sua mano e vi posò sopra il fiorellino rosa con delicatezza. Poi finalmente intrecciò lo sguardo al suo con delle iridi verdi e sorrise.
-….l’equinozio di primavera.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Una poesia



La ragazza stava passeggiando nel cortile che portava al dormitorio femminile. Era appena stata nel suo posto preferito e si era addormentata come sempre in quella quiete dell’albero di ciliegio. Al suo risveglio aveva trovato un ragazzo interessante dall’aria fredda e dagli occhi marroni e penetranti. Aveva subito capito che anche a lui piaceva l’albero ma non l’aveva mai incontrato prima ed era strano dato che tutti la conoscevano. Stava per arrivare all’ingresso del dormitorio femminile quando incontrò Dories.
-Cerise, conosci il ragazzo di prima?
Quell’inserviente era sempre gentile con le femmine, non si poteva dire lo stesso con i maschi, ma le pareva di non starle molto in simpatia.
-Perché me lo chiedi?
Lei posò la scopa che teneva in mano e dalla tasca del camice tirò fuori un libretto dalla copertina in pelle.
-Sai se è suo questo?
Si incuriosì e mentre stava per prenderlo in mano la donna disse con un tono che sfiorava la maleducazione:
-Lo conosci si o no?
Lo prese in mano e con un sorriso in risposta al suo solito scetticismo disse:
-Non preoccuparti Dories, ci penso io a ridarglielo.
Lo prese con un sorriso forzato e si avviò all’entrata del dormitorio. Molte ragazze si fermarono a salutarla. Entrò in camera sua, la più spaziosa e lussuosa, e si tuffò nel letto con in mano il libretto e incominciò a leggiere. Appena dopo pochi minuti chiuse il libretto e rimase senza parole. Era una raccolta di poesie e chiunque l’avesse scritte, se il ragazzo misterioso o qualcun altro, aveva la sua profonda stima. “Forse è del PoetryClub o del DramaClub…o forse no. Se fosse in quei club sarebbe già una celebrità. Di chi è allora?” pensò. Dopo si precipitò al telefono e digitò il numero della stanza 135.
-Pronto? Chi parla?
Rispose una voce graziosa con l’erre moscia.
-Convoca un’assemblea si tipo A.
-Signorina? L’ho cercata da per tutto! Di tipo A?!
Chiese stupita.
-Sì, raduna gli altri nella sala del tè.
-Come desidera!
Rispose decisa e riattaccò. Non le rimaneva che cambiarsi e dirigersi nel posto stabilito. Quando arrivò c’erano tutti quanti chi ansioso e chi no, ad aspettarla crucciati.
-Persino l’abito regale? Allora ci dobbiamo preoccupare…
Disse Adam osservando la ragazza piena di merletti e con una coroncina in testa. Lei gli osservò dal primo all’ultimo senza emettere fiato.
-Allora, ci vuoi dire perché ci hai convocati?
Disse Julie con una vocina acuta da bambina, l’unica impassibile sotto i suoi occhialini tondi.
-Certo. Ragazzi, ho convocato un’assemblea di tipo A per questo.
E con un gesto teatrale sbatté il libretto sopra il tavolino basso in ferro battuto della sala del tè. Tutti si avvicinarono all’oggetto.
-Cosa è?
Chiese Oscar.
-Un ricettario?
-Certo che no Mariù! E’ un’agenda!
Disse saccente Julie.
-Nah, sembra più un vecchio diario!
 -No Adam, ha ragione mia sorella, io voto per il ricettario!
-Credevo fossi mio amico!
Incominciarono a litigare.
-Basta!
Tuonò la ragazza indispettita. Tutti chinarono leggermente il capo e si ricomposero.
-Hem, hem comunque… avete sbagliato. Si tratta di un libretto di poesie.
Adam intervenne scettico:
-E’ per questo che c’hai chiamato? Hai richiesto un’assemblea di tipo A per un libretto in pelle sintetica con su scritte tre filastrocche?
Lei si inviperì.
-Leggi le poesie scrittevi sopra poi ne riparliamo!
Lei glielo aprì davanti in una pagina a caso. Tutti chinandosi si avvicinarono e incominciarono a leggiere, dopo pochi minuti si alzarono dalla lettura e la fissarono attoniti senza emettere suono. A rompere il silenzio fu Oscar chiedendo:
-Di chi è?
Lei incrociò le braccia.
-E’ quello che dobbiamo scoprire.
 
 
Leonard stava osservando quella magnifica ragazza quando d’un tratto i suoi stupidi amici mentre schiamazzavano, inseguiti da Dories, lo distrassero facendo portare il suo sguardo dalla loro parte.  Quando fece per tornare da lei quella era sparita, come dissolta nel nulla. Di lei rimaneva solo quel fiore che tutt’ora teneva adagiato sopra il comodino, una specie d’altare. Quella notte dormì meglio del solito rievocando la tranquillità e la bellezza di quel momento. Il mattino si svegliò e andò a fare colazione, Philippe gli fece notare che era più silenzioso del solito, non  aveva raccontato a nessuno della ragazza e del fiore e nessuno se n’era accorto, ma la cosa che lo preoccupava più di tutte era per la sua raccolta di poesie: aveva perso blocchetto il giorno precedente e non lo trovava più. Poi gli sorse un dubbio…”Non c’è scritto il mio nome sopra, quindi se lo trovasse qualcuno e lo prendesse avrebbe tre alternative: prenderselo per sé, peggiore ipotesi, darlo agli oggetti smarriti, o cercare personalmente il proprietario”. Era fregato, era chiaro che se l’avesse trovato qualcuno sarebbe comunque stato letto, ma la cosa peggiore era che per riaverlo avrebbe dovuto dimostrare o comunque affermare la sua proprietà. Si precipitò di fretta e furia nell’area oggetti smarriti ma invano, decise di provare a cercarlo nel pomeriggio. Se ne andò rassegnato mentre suonava la campanella dell’inizio delle lezioni. In classe per le prime due ore si limitò a seguire la lezione di biologia e matematica, squillò la campanella della terza ora ed entrò il professore di lettere.
-Leonard…
Gli sussurrò Marc.
-…hai studiato il testo di quel tizio di cui è cotta Rina?
Lui soffocò una risata.
-Si chiama Shakespeare.
L’amico alzò gli occhi al cielo. Il professor Ross si sedette annoiato e fece l’appello.
-Aprite il libro alla pagin…
Si interruppe poiché si sentì un suono sfrigolane all’auto parlante della scuola. Tutti si meravigliarono. Non venivano trasmessi molti messaggi vocali rivolti a tutto l’istituto solitamente. La persona dall’altra parte si schiarì la voce:
 
“Perdonate il disturbo è il preside che vi parla”
 
Aveva un tono profondo ma gentile.
 
“Vi ruberemo solo pochi minuti. Come sapete tutti, ieri era il 21 Marzo, l’equinozio di primavera.  Sono piacevolmente sorpreso che alcuni di voi abbiano tanto insistito per onorare l’evento. Per questo motivo lascio la parola al CeriseClub…”
 
Si sentirono dei mormorii sorpresi.
Il club delle ciliegie. Ne aveva sentito parlare più volte dalle ragazze e non solo ma non aveva chiesto a nessuno cosa fosse di preciso, pensò di chiede a Marc appena fosse finito lo strano annuncio.
 
“Rivolgiamo un saluto a tutti gli studenti!”
 
Salutò una vocina infantile e femminile.
 
“Abbiamo voluto dedicare questa poesia ai primi giorni di primavera , ma non solo. Speriamo che vi piaccia e vi diamo i nostri auguri.”
 
Si percepiva l’eccitazione da parte di tutti. “Una poesia. Che bel pensiero…” pensò. Due secondi di pausa e la persona che aveva parlato fino adesso cambiò per cedere il posto ad una voce limpida e femminile, con una melodiosità a lui vagamente familiare, incominciò:
 
“La vedo la primavera
con i giorni che si susseguono l’un l’altro,
nell’aria un profumo c’era:
come in un gatto che caccia scaltro,
nei vasi di gerani,
in un prato incolto,
nei grandi alberi e nei loro rami,
e nel sentire il vento che mi accarezza il volto.
Cade da un ciliegio una foglia
e una rondine in cielo garrisce
indicando della stagione la sua soglia
ma al suo termine tutto svanisce.”
 
 
Tutti applaudirono e si sentirono compimenti di apprezzamento e di grande ammirazione. Il ragazzo spalancò gli occhi.
 
“Grazie a tutti e rivolgiamo i nostri complimenti all’autore. Godetevi la primavera, arrivederci a tutti!”
 
Così dicendo chiusero la comunicazione. Si sentì un acuto e fastidioso cigolio. Ma non proveniva dall’auto parlante. Leonard si era alzato improvvisamente dalla sedia in preda alla confusione, provocando qual suono e rivolgendo l’attenzione su di lui. In classe scese il silenzio. Il professore lo guardò stupito.
-Leo…
Sussurrò Marc di fianco a lui.
-Mircle? C’è qualcosa che non va?
 Lui alzò il capo imbarazzato e cercò di spiegare qualcosa a cui non sapeva dare risposta:
-Hem…s-scusi professore. I-io, io credo di non sentirmi bene.
Il professore confuso lo fece andare in infermeria. Si alzò e si diresse alla porta dell’aula sotto lo sguardo di tutti. Si diresse in bagno con i pugni chiusi, scombussolato e a disagio. Aveva la testa piena di pensieri e stringeva i denti dalla rabbia.
“E’ uno scherzo di cattivo gusto?! Come mai hanno fatto una cosa simile?!”.
Arrivato in bagno si sciacquò violentemente il viso.
“Era una mia poesia! Era una mia poesia! Mia e basta! Mia, mia…!”
Si ripeteva nella testa.
“Devo sapere chi è che ha trovato il mio libretto! E poi cosa è questo dannato CeriseClub?!”.
Allora prese una decisione, non era un tipo che si arrabbiava spesso, ma in quel frangente era infuriato. Il suo segreto era stato svelato con così tanta leggerezza e indifferenza. Che ne sapevano loro? Cosa ne sapevano di quanto gli importasse? Come si erano permessi? Era scioccato. Nemmeno i suoi genitori lo sapevano. L’unica persona a conoscenza era sua sorellina di pochi anni, Winnie che si addormentava con lei sue poesie la sera. Nessun’altro. E invece ora lo sapevano praticamente tutti, o almeno lo avrebbero inevitabilmente scoperto. Si asciugò il viso con la camicia bianca della divisa e si diresse in infermeria per poi starci per il resto della mattinata.
-Ei Leo, che ti è successo stamani in classe?
Chiese Gregory irrompendo, come ogni volta, senza permesso nella sua camera.
-Greg, cosa è il CeriseClub?
Chiese cupo ignorando la sua domanda.
-Hem, è un club strano, so che piace molto alle ragazze e che gli iscritti sono davvero pochissimi e vengono trattati come idol a scuola. Perché? Comunque ascoltami Leo, mi hanno detto che ti cercano in presidenza, non so se sia per quello che è successo stamani.
Divenne un po nervoso.
-Presidenza dici? Non so dove si trova.
-Non è lontana. E’ al quarto piano dell’ala ovest. Sopra il piano dedicato ai club. Ma non preoccuparti, se ti sei sentito male non ti faranno niente, non sei uno come me che buca le lezioni.
L’amico gli sorrise.
-Greg mi sono sempre chiesto come mai, con tutto il casino che fai non ti sospendano.
Lui rise.
-Perché? Bè il CeriseClub fa un sacco di casino e scalpore a scuola, anche se è un’accademia prestigiosa, io ne traggo tanti vantaggi, l’unica che mi maltratta un po è Dories.
Tutti e due i ragazzi si misero a ridere.
-Capisco amico. Ora sarà meglio che vada a sentire cosa vogliono, ci si vede dopo.
Si avviò.
Era nell’ala ovest. Vide tutti i club impegnati e studenti che correvano e scherzavano tra un incarico e l’altro. Arrivò al quarto piano. A differenza di quello precedente era silenzioso e non c’era nessuno in giro. Percorse incerto il lungo corridoio affiancato da vetrate. “Cosa vorranno da me?” si chiese “Se non ci mandano Gregory! Come è possibile che mi convochino?”. Si fece sempre più nervoso. Ma in giro non c’era un’anima viva.
-C’è nessuno?
Chiamò, si credeva uno stupido. Poi notò una porta socchiusa. Prese in mano il pomello e con coraggio l’aprì di pochi centimetri…
-Benvenuto!
Urlarono tante persone al di là della porta e partì una musica movimentata all’improvviso. Lui richiuse la porta. “Me lo sono immaginato? Ma chi cavolo erano?” si chiese credendo di essere pazzo. Ci riprovò. Riprovò ad aprire la porta un pochino alla volta, la musica non c’era più. Ma qualcuno al di là di essa disse:
-Entra forza.
Era la voce melodiosa e familiare che lo invogliava. Allora entrò nella stanza e ne rimase folgorato: era una sala grande con un lampadario a gocce di cristallo, con divanetti e tavolini e qualche pianta qua e là, al centro un enorme banchetto. Gli veniva la nausea da tutto quello sfarzo.
Nel bel mezzo della stanza c’erano cinque persone che lo fissavano: una ragazza che indossava degli abiti da cameriera o domestica, aveva dei lineamneti affascinante incorniciati da chiarissimi boccoli biondi; due ragazzi in frac, il più alto con un’aria spavalda e dei capelli rossicci e il più basso che sembrava il figlio della cameriera, dall'impressionante somiglianza, stesso solore di capelli e stessi occhi scuri; una bambina dall’aria saccente, non doveva avere più di undici o dodici anni, o forse erano le sue codine di capelli bruni a renderla più giovanile; e infine, con sua grande meraviglia, c'era la ragazza che possedeva quella voce melodiosa, era su una grande poltrona rossa e sopra la testa portava una coroncina argentata.
-Sapevo che fossi tu.
Gli disse mostrando un dolce sorriso.
-Chi… chi siete? Avete sbagliato persona…
-Sei tu che hai scritto quella poesia no?
Chiese il ragazzo alto e rossiccio con un’aria annoiata e altezzosa.
-Il…il CeriseClub…?
Sussurrò incredulo.
-Certo!
Esclamò esaltata la cameriera con uno strano accento francese, aveva un'aria molto vivace mentre Leonard era un misto di idee e emozioni confuse, tra rabbia delusione e sorpresa.
Una sua paura, che nemmeno sapeva di avere si era svelata: la ragazza del ciliegio era di fonte a lui e faceva parte di quel maledettissimo club. A quel punto non seppe cosa fare, cosa pensare e l'unica cosa che cercò di dire fu:
-...perché?
Tutti si meravigliarono.
-Che vuoi dire? Siamo qui di fonte a te!
Gli sorrise il ragazzino biondo. La bambina occhialuta intervenne:
-Potrai far parte…
-Non ne avevate il diritto.
Disse soltanto. Loro indietreggiarono stupiti da quella frase quasi sussurrata.
-Senza sapere chi fossi, senza chiedermi il mio parere, senza permesso, avete letto le mie poesie all’intero istituto. Come vi siete permessi? Io non vi conosco.                               
Disse rivolgendosi in particolar modo a lei. Si sentiva tradito, e sapeva quanto quel suo sentimento fosse irrazionale, non la conosceva neanche.
I restanti presenti assunsero un’espressione di sconcerto e confusione:
-Hai capito male…
Cercò di rimediare la cameriera.
-Noi…non credevamo fosse così personale per te, non volevamo farti un torto, anzi noi…
Tentò di scusarsi la ragazza del ciliegio.
-Non mi importa, ormai quel che è fatto è fatto. Ora desidero avere il mio libretto.
-Cosa?! Guarda che…
Fece per dire il ragazzo alto.
-Adesso, perfavore.
Disse deciso. La cameriera con tristezza si raddrizzò e andò di fronte a lui e con capo chino e dispiaciuto gli porse il suo raccoglitore.
-Vi prego...non ditelo a nessuno.
Disse.
-Perché?!
Disse la ragazza del ciliegio incredula, scese dal trono e, con sua sorpresa, gli andò incontro.
-Sei bravissimo e le tue poesie sono stupende. Non te la prendere con loro sono stata io a volerlo! Volevo scoprire chi era quella persona dai pensieri tanto belli e dall’animo tanto sensibile.
Lei gli sorrise come per incoraggiarlo.
-Io…
Cercò di dire. Lei gli prese la mano sorprensolo ancora di più a quel contatto delicato.
-Ti vogliamo con noi. E’ vero non ti conosciamo ma la bellezza del tuo animo rinchiusa in parte in quel libretto ci ha colpiti e ammaliati. Ti prego…
Vide dietro di lei gli altri ragazzi sorridere.
-Io...non posso, mi dispiace.
Disse sciogliendo, una parte di se a malincuore, la presa con mano della ragazza. Poi si avviò e si rinchiuse la porta alle spalle. Stavolta nessuno tentò di fermarlo.

  
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