Prima
volta che mi accingo a scrivere sul fandom di Naruto, per cui mi si vengano
perdonati eventuali e madornali errori sui caratteri di questi personaggi che
amo con tutto il cuore e indistintamente. In qualunque modo vada potrò almeno
dire “ci ho provato!” ù_ù.
Buona
lettura!
*
Sakura
odia incondizionatamente chiunque dica le foto siano qualcosa di freddo e impersonale,
il riporto fedele su carta di un’immagine cara al cuore e perciò resa in modo
plastificato, poco sentimentale.
Ha
amato la fotografia dal primo momento in cui ha messo a fuoco il mondo
attraverso l’obiettivo, in cui ha tenuto tra le mani un oggetto capace di
cogliere al meglio e il più fedelmente possibile la realtà per quella che è,
senza sotterfugi di sorta o macchie di colore insensate come nel caso dell’arte
moderna.
Rievocano
un attimo diventato eternità, cristallizzato in quell’istante di assoluta
perfezione.
C’è
la felicità spensierata della propria adolescenza nella foto scattata sulla
spiaggia l’ultimo luglio trascorso tutti assieme, com’era tradizione
festeggiare l’inizio dell’estate.
Le
sembra di risentirla la risacca delle onde, un rumore dolce, familiare. Di
percepire l’odore delle caldarroste e il calore del sole autunnale sulle spalle
in quella successiva pochi mesi più tardi, lo scricchiolare crepitante delle
foglie sotto i piedi, mare oro e rosso a galleggiare nell’aria con pigra
indolenza prima di atterrare sui marciapiedi con la dolcezza in cui si cade nel
sonno. Non dimenticherà mai perciò il sorriso abbozzato di Sai nel porgerle
quel regalo, così innamorato della carta resinata e dell’inchiostro che usa per
dipingere da poterne solo immaginare il sacrificale atto da martire, così come
non scorderà gli occhi sfavillanti di Naruto, la soddisfazione piena nel
sentirla ridere con allegria, le guance rosse nel rivolgere ringraziamenti
gentili per tutti.
Parole,
volti e abbracci di quel giorno che lei raccoglie a sé con la tenacia risoluta
di un abbraccio d’amante, inestricabile. Immagini sfilacciate e labili dove
dita, le propaggini fumose e ballerine di quelle vecchie memorie, s’incrociano
con le sue tanto più salde spezzandosi a metà strada senza sfiorarsi, nebbia
che diventa sabbia e le scivola via tra i polpastrelli come sotto la spinta di
un sospiro invisibile, trasportato dal vento e dal profumo agrodolce del
passato.
Quando
qualche tempo più tardi ha dato voce alla sua perplessità e chiesto a Sai
perché avesse scelto quel tipo di dono in particolare, ammette tra sé non si
sarebbe certo aspettata la risposta che lui le ha dato. Aveva creduto lui
avrebbe socchiuso lo sguardo in una di quelle pose enigmatiche che nonostante
tutto a volte ancora gli mimetizzano il volto in una maschera irriconoscibile,
così simile all’espressione del bambino trovato anni e anni prima sotto la
pioggia a vendere ombrelli senza osare aprirne uno, da straziarle il cuore. Non
è stato così.
L’ha
scrutata discreto, una risata lieve e senza rumore intrappolata nell’angolo
della bocca arricciata, le mani strette in grembo e la posa da soldato
disertore, ma ugualmente fiero di quel che è stato e continua ad essere nel
profondo, delle azioni che l’hanno reso tale.
Sai
è orgoglioso dei suoi amici, del battito accelerato in petto che a volte gli
balza in gola, del sudore che gli inumidisce i palmi e la nuca quando è
nervoso, della serenità che gli cresce dentro come una bolla di sapone e gli
ovatta perfino le orecchie tanto è grande quando è insieme a lei o a Naruto.
E
quel riso appena accennato ai bordi degli occhi scuri seppur silenzioso, sembra
sempre trillare assieme ai loro nelle teste di chiunque. Sai che nel suo
silenzio che è non è il capriccio di un ostinato, ma solo il vezzo di un
ragazzo poco loquace, sa essere più rumoroso di tanti altri più chiassosi.
Sai
che ha scrollato la testa e poi l’ha inclinata guardandola fissamente, quasi
sfacciato, ma in un modo che gli appartiene ed è solo suo.
Sei una bella persona,
le ha detto senza esitazioni e con tono fermo, come avvezzo a discorsi di quel
genere. Non è riuscita a ricordare in seguito se sia arrossita a quel
complimento Sakura, soprattutto perché rivoltole da una persona che non si è
mai vergognata o ha esitato nel farle sapere la propria opinione in merito al suo
aspetto chiamandola racchia.
In
quel frangente ha però tralasciato quel particolare con indulgenza
caritatevole.
Solo,
ha proseguito distogliendo lo sguardo e qui lei avrebbe giurato fosse per
qualcosa di assurdamente riconducibile all’imbarazzo, che tendi a vedere quel che ti circonda col cuore piuttosto che con la
mente.
La
stilettata è arrivata intensa e dolorosa in un punto indefinito, da qualche
parte dentro di lei, insieme al senso di colpa. Perché se anche Sai ha notato
qualcosa non è sbagliato né affrettato ipotizzare anche Naruto possa pensare
una cosa del genere. E allora anche gli abbracci in cui lo stritola e da cui
lui guizza via subito scattando a molla, lo sguardo smorto con cui lo trova intento
a fissare il vuoto, come attendendo paziente venga riempito da qualcuno, trovano
la loro ragione. Naruto non ha dimenticato, mai e si è domandata spesso da
allora come sia stato possibile sia accaduto proprio a lei di farlo invece.
Come
sia successo e quando sia iniziato quel processo d’insabbiamento. Da quanto lei
sia diventata un problema per Naruto o comunque una fonte di preoccupazione. -Oh.-
Sai
deve aver compreso la portata di quanto abbia appena scatenato, dal turbinio
indistinto di emozioni che le ha attraversato il volto pallido, come un lampo.
Ho detto qualcosa di
sbagliato, ha concluso con amarezza e il sentore del “mi
dispiace” tra le righe era così forte da farle bruciare la gola e le palpebre.
-Colpa,
colpa, colpa, tu sei colpevole della tua stupida incoscienza.-
Gli
ha preso il pugno stretto contro la gamba, racchiudendovi il suo attorno in una
carezza, senza sorridere. Hai fatto ciò
che dovevi e che ti sentivi di fare. Non può esserci nulla di sbagliato in
questo, l’ha rassicurato subito con voce materna.
Ma ti ho resa triste,
ha ribattuto Sai aggrottando le sopracciglia.
A volte l’amicizia non
prevede solo risate. Le lacrime sono necessarie, sono una valvola di sfogo.
Preferisco tu mi abbia detto quel che pensavi e ne abbia parlato con me
piuttosto che tenerti tutto dentro, gli ha dato un bacio
soffice sulla guancia scavata e si è alzata andandosene leggera e dritta,
secondo le movenze del passo marziale che non è consapevole assuma in ogni
occasione sia distrutta o torturata da una riflessione che la demolisce pezzo
dopo pezzo.
La
macchina fotografica orami da mesi le sbatte contro il seno ad ogni corsa alla
stazione per andare al lavoro, ogni mattina è sul comodino al suo risveglio e
ogni sera sul tavolo della cucina mentre prepara la cena frugale per sé e per i
soliti scrocconi di sempre.
E
gli scaffali vuoti delle librerie in soggiorno si stanno riempiendo piano
piano, senza fretta. Fa le cose con comodo Sakura procedendo a tentoni e
incespicando a volte, ma incontrando la mano tesa di Naruto a pochi passi da sé
che l’attende pronta. Un giorno chissà, riuscirà a immortalare un’immagine
capace di strapparle quella che le occupa la mente ogni notte e brandello di
sogno.
A
cancellare la pena e trasformarla in un’accettazione agrodolce, semplice. Continua
a cercarla quell’immagine e intanto sul famoso comodino occupa lo spazio esiguo
accanto alla solita tazza di camomilla, alle gocce dei fiori di Bach e alla bandana
rossa, la foto incorniciata e un po’ sbilenca sull’appoggio traballante di loro
che si rincorrono ragazzini sul prato dietro la palestra dell’istituto, quando
ancora andavano al liceo e le speranze per il futuro li riempivano
d’aspettativa, pulsanti come qualcosa di vivo che ora ha solo il sapore di una
ferita aperta in via di guarigione.
Il
prurito di una crosticina che tende a formarsi e poi a cadere, irrobustendosi
di volta in volta.
Gli
occhi neri di Sasuke spiccano sullo sfondo azzurro del cielo e contro il verde
dell’erba nuova in modo così doloroso che il rancore sembra passare dai suoi ai
propri e attanagliarle le viscere.
Arriverà
mai il momento in cui sarà capace di soffermarvisi senza immaginarlo quel rimpianto,
in cui sarà solo la nostalgia a riempirla tutta e risucchiarle il respiro dai
polmoni come per un bacio mai dato?
Intanto
c’è solo lui e quel suo sguardo in cui sembra bruciare in un monito
lungimirante la promessa di avvisaglie future. Il rimorso per non aver saputo
cogliere l’avvertimento, la richiesta d’aiuto.
Sasuke
che è sempre sembrato il più stabile e invece era il più fragile tra loro, il
furore dell’odio divampante, fiamme diventate cenere prima l’incendio
scoppiasse nella sua interezza. Tenta di guardare cogli occhi della mente e un
po’ del pentimento scompare, lontano. Sforzandosi c’è solo l’immagine di un
ragazzino uguale agli altri, corrucciato e intestardito in un’espressione
scocciata.
Sakura
sospira mettendola giù prima di mettersi a letto. Cuore o no - a furia di tutto
quel vedere e sentire, consumato dall’uso e dall’incuria si sbriciolerà -, lei
in quello sguardo ha sempre visto riflesso tutto il suo mondo E anche
l’osservarlo rimandato attraverso i cocci frantumati e poi riattaccati di una
fotografia, significa ancora tutto.
N/A:
Questa
breve shot l’ho già pubblicata ieri su fan world ed è stata appunto scritta per
l’iniziativa “Un prompt al giorno” indetta dallo stesso sito poco fa citato, sulla
parola immagine. L’idea dei prompt l’ho
trovata sinceramente geniale e stuzzicante, in pratica me ne sono innamorata
alla follia. Spero di riuscire a recuperare quelli già persi quindi, in tempi
brevi perché sono tutti meravigliosi e immagino anche quelli seguenti lo
saranno e allora addio studio ed esami XD. Per quanto concerne Sasuke, figura
appena accennata e che forse potrebbe sembrare di poco rilievo, ognuno è libero
di interpretare nel modo che più lo aggrada, a seconda del proprio pessimismo
(morto, scomparso e via dicendo). Spero di aver saputo interpretare e creare un’immagine
appropriata per quest’idea, insomma di avervi trasmesso qualcosa ;)
Un
saluto a tutti!