Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: thatsmara    14/01/2011    2 recensioni
Nicholas aveva paura del futuro, aveva paura del giudizio della gente e delle critiche. Decise di rinchiuderai in casa, di abbandonarsi a se stesso. Nicholas non voleva più vivere, non senza di lei.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO. Nicholas si sveglio' quella mattina con un gran mal di gola. Nel sonno aveva spostato le coperte e aveva dormito con i piedi e meta' del busto di fuori. Bestemmio', appena se ne accorse. Avrebbe dovuto smettere di mangiare troppo la sera, anche perché tutte le volte andava a finire che dormiva male, si addormentava con una pietra sullo stomaco e si ammalava. Ma non ci poteva fare niente; tutte le volte che davano Titanic per tv, lui su ingozzava di gelato.. Che femminuccia del cavolo. Quel film lo aveva visto ormai un centinaio di volte, e tutte le volte finiva allo stesso modo. Ma no! Figurati. Nello stesso momento in cui la nave incominciava ad affondare, le lacrime gli iniziavano a scendere sulle guance. Per fortuna che non lo vedeva nessuno, se no si sarebbe rovinato seriamente la reputazione. Ma quale reputazione? La sua vita sociale ormai era pari a zero. Le uniche uscite che si concedeva erano quelle con suo fratello Joe, qualche volta con Kevin, e ancora più di rado con i suoi genitori. Wow, della serie non sprechiamoci eh? Ma in fondo a Nicholas andava anche bene così. Chi la voleva una vita sotto ai riflettori come quella che aveva avuto in passato. Chi le voleva fan di tutto il mondo urlare il tuo nome fuori dall'albergo e strapparsi i capelli appena ti vedevano. Pff, figurati. Bzz, bzz. Il cellulare sul comodino vibro' per qualche istante e sullo schermo comparve il nome Joe.  -non sono dell'umore- disse Nicholas indaffarato nel mettersi a posto le coperte. -Titanic eh? Ben comunque aprimi la porta, sono qui fuori.- rispose ridendo. -e tra l'altro fai in fretta perché il caffè che ho in mano scotta- -le chiavi sono sotto lo zerbino, come al solito. Memoria di uno struzzo.- e proprio mentre riattaccava senti le chiavi girare nella toppa. Alzo' gli occhi al cielo. -Bella brother- disse Joe sfoggiando un sorriso a 65 denti, mentre apriva le tende della finestra. -e' domenica mattina, c'e' il sole, e non e' il caso di stare a letto- il sole innondo' la camera e il mal di testa di Nicholas aumento' notevolmente. Un gemito si levo' da sotto le coperte. -ma vaffanculo Joe, sto malissimo.- Nicholas senti' una parte del letto ripiegarsi verso il basso, Joe si era seduto di fianco a lui.  -starai peggio quando ti dirò quello che ho da dirti- disse con voce quasi spaventata. Nicholas. Sbuffo' scocciato, odiava le brutte notizie. E odiava ancora di più quando una persona iniziava una frase come aveva appena fatto suo fratello. "devo dirti una cosa" oppure "non arrabbiarti ma.." ma vaffanculo. Se mi devi dire le cose me le dici subito, così mi dai la mazzata sullo stomaco e non ci pensiamo più. -Dai dimmi- disse Nicholas alzando gli occhi al cielo. -Oggi mi ha chiamato Amelie- rispose Joe con tono impassibile, notando l'espressione sul volto del fratello. Sapeva di averlo colpito nel segno.  E infatti ci era riuscito benissimo. Nicholas si alzo' di scatto, rimanendo seduto sul letto con lo sguardo perso nel vuoto. Amelie. Era l'unica cosa che riusciva a pensare. Amelie. Era l'unica aria che riusciva a respirare. Si era ripromesso di non pronunciare mai più quel nome, di non pensarlo e di non bisbigliarlo nemmeno. Non dopo quello che era successo, non dopo tutto quello che aveva passato. Che avevano passato.  -Perché?- fu l'unica cosa che riusci' a dire, mentre il respiro si faceva più pesante. -Perché si, Nicholas. Perché noi siamo sempre stati amici, anche prima del vostro matrimonio. Perché e' la mia migliore amica, sei tu che l'hai tagliata fuori dalla tua vita-  Nicholas si alzo' dal letto e i ricci, troppo lunghi e trasandati, gli caddero sul viso. Gli prudeva la barba e non era sicuro che il pigiama che aveva indossato la sera prima fosse veramente pulito. Si fermo' davanti allo specchio, fissandosi. O meglio, compatendosi. -Guardati Nicholas, sei uno schifo. Ma non ti ricordi come eri? Non ti ricordi che forza e che voglia di vivere avevi? Io ne sono sempre stato invidioso. Ero invidioso del tuo sorriso sempre così allegro. E ora? E' due anni che sei sparito. La gente si chiede dove sei, e per cosa? Per una donna, ti rendi conto?- -Amelie non e' una donna, Amelie era la mia donna- ripose Nicholas con le lacrime agli occhi, non riuscendo a dire altro.  -La tua donna? Ti prego, Nicholas. Sembri un pedofilo. Svegliati e fatti un esame di coscienza, per favore.- -Perché ha chiamato?- -Eh cazzo, una domanda intelligente. Voleva sapere come stavi, considerato che sei dato quasi per disperso da tutti.- -Non poteva chiamare me?- -Se accendessi il cellulare una volta ogni tanto, forse troveresti qualche sua chiamata- Nicholas non rispose, doveva ammettere che era diventato uno schifo. A partire dai capelli, e dalla barba, i baffi, qualche brufolo, i vestiti, le unghie. Era diventato un barbone.  Viveva ma senza saper di vivere veramente. La sua vita era passiva, i suoi occhi guardavano tutto passivamente. Nicholas sorrise amaramente pensando come una sola parola poteva cambiarti l'umore. Amelie, era quella la sua parola. Prima aveva mal di testa si, ma niente che non si poteva risolvere. Ora invece si guardava allo specchio e non si riconosceva. No.  -Tieni, chiamala- Joe, che era in silenzio a guardarlo, gli porse il suo telefono.  Nicholas lo prese, con il cuore in gola. Fece il numero, che sapeva a memoria, e spinse il tasto verde.  Tu, tu, tu -pronto?- la voce di Amelie risuono' dall'altra parte della cornetta dopo solo tre squilli, come aveva sempre fatto.  -Ciao Mel, sono Nicholas-  -Ehi, ciao, stavo aspettando la tua chiamata-             
   
 
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