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Autore: Unsub    15/01/2011    3 recensioni
Il team ha perso uno dei suoi membri, qualcuno è pronto ad aiutarli. Un killer che torna dal loro passato. Due personalità messe a confronto. Scritta a quattro mani Unsub/Ronnie89
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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12 Capitolo XI. Deep inside

I ricordi stavano tornando a pezzi lentamente ma era già qualcosa, almeno non stavano brancolando nel vuoto come nei primi momenti. Leane si era nuovamente seduta vicino a Collins con le ginocchia alzate, le braccia intorno alle gambe e il viso verso il soffitto. Sarah dal canto suo restava immobile e fissava concentrata un punto a caso della parete di fronte, si girò verso la collega e la guardò sedersi al suo fianco, era pallida e aveva un’espressione di marmo, non trapelava nessun sentimento da quegli occhi verdi.
Sospirò mentre poggiò la schiena al muro. Erano lì da qualche ora e le sembrava di esserci da giorni, i minuti passavano lenti e pesanti senza che succedesse niente, era snervante stare lì a non fare nulla,avessero almeno qualcosa su cui ragionare… invece potevano solo concentrarsi a rievocare gli eventi che le avevano portate fin lì.
Cameron evitava qualsiasi contatto visivo con la telecamera al contrario di Sarah che sembrava trovarne un appiglio. Guardare quell’obbiettivo sarebbe stato come guardare in faccia i suoi compagni uno ad uno mentre viveva quell’incubo e lei non voleva far trasparire niente di cosa stesse provando, era convinta che se avesse ceduto nel guardarla, Morgan soprattutto, si sarebbe accorto che in realtà era terrorizzata. Invece lei voleva essere forte e fargli credere che era tutto apposto, di non preoccuparsi che ce l’avrebbe fatta, così costruì un muro invisibile tra lei e quella telecamera che non si azzardava ad oltrepassare.
Chi gliel’avrebbe mai detto che sarebbe finita chiusa in un labirinto nelle mani di uno psicopatico senza che potesse fare nulla per difendersi? Oltretutto con l’ultima persona che si sarebbe mai immaginata di vedere vicino a lei, con tanto di crisi di pianto da parte di Collins e crisi di astinenza da parte sua. Se non fosse terrorizzata da quello schifo di situazione si sarebbe messa a ridere, per concludere tutto ci mancava solo una ramanzina di Collins ed era apposto.
Pensò a come stessero reagendo i loro compagni: “Morgan starà sicuramente distruggendo qualche porta, Hotch sarà una statua, come se non fosse successo niente, idem Emily e Rossi, Garcia si sarà fusa con la tastiera, Reid starà per avere un infarto e io sono sull’orlo di un precipizio”.
Ricacciò indietro le lacrime e soffocò tutte le emozioni che volevano uscire “Non è il momento di cedere! Io non cedo mai! Che fine ha fatto il mio orgoglio!”. Sentiva le mani tremare come foglie e l’ansia che faceva largo insieme alla rabbia. Non si azzardava minimamente a poter pensare che non ce l’avrebbe fatta, alla possibilità che avrebbe potuto lasciare per sempre la sua “famiglia”, no, quella possibilità non esisteva per Cameron.
Scacciò via altri pensieri prima che s’impossessassero della sua mente, qualunque cosa le avesse dato l’S.I. le aveva risvegliato voglie e istinti che aveva sconfitto da tempo. Affondò la testa nelle gambe facendo profondi respiri e si perse nei pensieri. “Dove siete? Perché quando dobbiamo salvare noi gli altri facciamo sempre in tempo e adesso che tocca a noi sembra non finire più? Perché ci mettete così tanto? Smettila Ronnie di piagnucolare, arriveranno in tempo e usciremo da qui sane e salve perché è così che deve andare. Nessuno mi può rapire, nessuno si prende gioco di me, sono io che ho sempre tutto sottocontrollo e allora adesso perché sono finita qui? Cosa ho sbagliato? Schifoso pazzo psicopatico, se ti trovo t’infilo una pallottola in mezzo agli occhi!”.
Si girò verso Collins che sembrava altrettanto concentrata nei suoi pensieri “Dev’essere proprio arrivata al limite se sono riuscita a vederla piangere per la prima volta, non credo ricapiti più un occasione simile, è più fredda di un pezzo di ghiaccio, uscita di qui le riprenderà sicuramente la stitichezza emotiva… e a me che succederà?”.

Sarah continuava a concentrarsi sulla telecamera, cercando di non farsi distrarre dai movimenti di Leane che continuava a spostarsi nervosa. Sapeva che Spencer poteva vederla e cercava di mantenere il controllo, se lui l’avesse vista cedere avrebbe perso le speranze e questo non doveva accadere.
Si concentrava sulla necessità di mantenere una faccia da poker con Leane, la ragazza non doveva capire che lei era terrorizzata. Sapeva che i problemi con la sua ex allieva sarebbero cominciati entro ventiquattro ore dal momento in cui erano state drogate e lei non sapeva quanto era passato esattamente. Quando la crisi di astinenza si fosse presentata, Cameron avrebbe dovuto trovare un’ancora di salvezza in lei.
Doveva essere più dura e spietata dal solito, doveva punzecchiarla, incitarla, scuotere l’orgoglio ipersviluppato della ragazza. Dovevano uscire di lì, lei doveva tornare da suo figlio sana e salva. L’unica sua possibilità era mantenere la ragazza sotto controllo e non permettere agli altri della squadra di arrendersi.
Il pensiero di Chris era un chiodo fisso per lei. Suo figlio doveva avere un'infanzia normale e non costellata da lutti e perdite. Sapeva cosa significava perdere la propria madre, Chris non doveva provare quel dolore.
Aveva visto il piccolo Jack tramutarsi in un bambino taciturno, attaccato al padre in maniera morbosa. Aveva convinto Aaron a lasciarglielo sempre più spesso, in modo che potesse giocare con il piccolo Christopher e trovare una sorta di “madre surrogato” in lei. La cosa sembrava funzionare, ma come avrebbe reagito il piccolo Hotchner se anche a lei fosse successo qualcosa?

Poi c’era suo padre, l’immenso senso di colpa che gli leggeva negli occhi ogni volta che si guardavano. Non ne avevano mai parlato apertamente, ma sapeva che Jason si era pentito della decisione presa prima della sua nascita. Suo padre era logorato anche dalla decisione che aveva preso vent’anni dopo: quella di mandarla a Lione per metterla al sicuro dalle insidie del loro lavoro.
Nessuno dei due era bravo ad esternare i propri sentimenti e questo era sempre stato fonte di incomprensioni e risentimenti da parte di entrambi. Con il tempo Spencer aveva imparato a fare da mediatore fra loro, spronandoli a essere più espansivi, a parlare, a capirsi.
Doveva lottare per Derek, il suo migliore amico. Quante chiacchierate fino a notte fonda, quante risate e quanti discorsi seri. La persona più simile a lei all’interno della squadra, quello che non parlava mai dei suoi sentimenti. Sorrise ricordando quante spinte nella giusta direzione aveva dovuto dargli per convincerlo che meritava la felicità, che anche lui poteva amare e essere riamato.
Emily, con cui aveva diviso le pene di un amore che credevano non corrisposto, con cui aveva gioito nello scoprire che entrambe sbagliavano. Con lei aveva scoperto la complicità femminile, un’amica fidata con cui parlare, una sorella che non le negava mai un dolce sorriso e un abbraccio.
Hotch, l’uomo a cui aveva spezzato il cuore, ma per cui provava un’infinita tenerezza. Quando pensava che il suo amore per Spencer non fosse ricambiato aveva vissuto l’inferno e quindi poteva capire il suo ex capo. Empatia, una delle doti necessarie per essere un bravo profiler. Anche se si nascondeva dietro il suo sguardo di ghiaccio, lei possedeva quella dote e proprio per questo i suoi slanci verso quell’uomo che non sorrideva mai erano dettati da una profonda comprensione.
Rossi, che oltre ad essere un bravo profiler, era anche uomo estremamente perspicace. Lui aveva intuito da subito la verità che si celava dietro il suo rapporto di amore-odio con Jason. Non aveva mai detto niente e si era limitato a vegliare su di lei nell’ombra. Una frase gentile qui, una pacca sulla spalla là… sempre pronto ad incoraggiarla, a farle sentire che non era sola.
Garcia che illuminava con un sorriso la stanza. Ore ed ore passate nel suo ufficio a parlare di programmi e applicazioni, di pettegolezzi e di facezie. Sempre pronta a tirarla su con una battuta o un soprannome assurdo, lesta nel sorridere e rallegrare le loro vite. Dolce come lo zucchero e forte come l’acciaio. Sempre in pensiero per i suoi “ragazzi”, non poteva darle quel dolore.
E poi… c’era lui. L’uomo che l’aveva “guarita” dalle ferite che le aveva procurato Mark. Spencer era stato dolce, passionale, paziente ed estremamente comprensivo. Le aveva regalato la gioia di vivere, le aveva insegnato a svegliarsi al mattino con un sorriso sulle labbra.
Tutti pensavano che fosse un uomo fragile, ma non lo conoscevano veramente. Nonostante tutto quello che la vita gli aveva fatto, lui riusciva sempre a rialzarsi con un sorriso sulle labbra. Lui era forte, non si arrendeva mai. Non voleva essere lei a farlo cadere di nuovo, no! Lei avrebbe reagito e sarebbe tornata da lui, perché questa era l’unica cosa che contava.
Si alzò in piedi di scatto e si voltò a guardare Leane con la determinazione dipinta sul volto.
-    In piedi, agente – il tono era perentorio – E’ ora di darsi da fare.

Si alzò immediatamente a quell’ordine, con la stessa determinazione dell’ex insegnante.
-    Era ora, mi stavo annoiando.

Continua…

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