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Autore: LyraB    16/01/2011    6 recensioni
Quando sei tornato nella Sala Comune ero seduta sulla poltrona davanti al fuoco. Ti sei diretto al dormitorio maschile, e sei sparito dietro alla porta.
Non so perchè accidenti io non ti abbia fermato, quella sera.
Ancora una volta, la mia timidezza l'aveva spuntata, e mi ero fatta scappare l'attimo favorevole... probabilmente non ti eri nemmeno accorto che io ero seduta lì!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Un'ora in più



Mi ricordo ancora la prima volta che ci siamo parlati: ero seduta al grande tavolo della Sala Comune e ho sbattuto il libro di Trasfigurazione sul tavolo.
- Dannazione! - Ho esclamato.
Il mio disappunto ha rotto il silenzio che c'era nella sala deserta e in quel momento mi sono accorta che qualcuno era rimasto a leggere vicino al camino nonostante fosse già notte alta.
- Scusami. - Ho detto avvampando.
Mi hai sorriso dalla tua poltrona, ti sei alzato e sei venuto a sederti vicino a me.
- Problemi con il compito della McGranitt? -
- Non ci ho capito un'accidente. -
- Dai qui, fammi vedere. - Hai detto prendendo il mio rotolo di pergamena pasticciato. - Non sono il primo della classe, ma a Trasfigurazione me la cavo. -
Meno di un'ora dopo ero sotto le coperte, con il compito finito nella borsa e il cuore che batteva come impazzito. Ero rimasta letteralmente incantata dal modo gentile con cui mi avevi aiutato... nessuno mi aveva mai trattato così.
Sono sempre stata un tipo poco appariscente, sia nel modo di comportarmi che come aspetto fisico. Mi sono sempre confusa tra le ragazze della mia classe: né molto bella né molto brutta, non particolarmente intelligente o studiosa per brillare per i miei voti, ma nemmeno così ottusa da essere ricordata per la mia ignoranza. Non sono mai stata una gran chiacchierona, non ho mai avuto molto fascino e non ho mai attirato frotte di ragazzi come invece ho visto fare a tante mie coetanee. Una ragazza normalissima, insomma. Una delle tante alunne di Hogwarts, una ragazza che è abituata a passare inosservata. Forse è proprio per questo che quella sera le mie guance bruciavano e le mani mi tremavano.
Tu eri così carino, anche se con quell'aria vagamente stanca, ed eri così intelligente... non mi sembrava possibile che un tipo come te si fosse fermato a dare una mano a una ragazzina insipida come me.
Sta di fatto che dopo quella sera niente è più stato lo stesso.
A tutte le partite di Quidditch ero sugli spalti... e anche se non ero quella che gridava più forte, ero quella che si emozionava di più, quando partivi sfrecciando sulla tua scopa. Stringevo sempre le mani l'una contro l'altra e pregavo che tu arrivassi al Boccino prima del Cercatore avversario. Sei sempre stato un giocatore formidabile e quando sei diventato Capitano mi sono sentita orgogliosa come se tu fossi stato effettivamente il mio ragazzo: non solo credo che tu sia un giocatore di Quidditch eccezionale... ma non è mai esistita persona migliore di te per rappresentare la nostra Casa!
In tua presenza arrossivo e sorridevo come una sciocca, e quando eri tu a sorridere a me sentivo un migliaio di farfalle svolazzarmi nello stomaco... e improvvisamente diventavo ancora più pasticciona, sbadata e maldestra che mai.
Ma anche se ero così goffa, tu sembravi aver trovato qualcosa in me.
Ricordo lunghissime conversazioni sui divanetti della Sala Comune, ricordo che a volte mi lasciavi un libro sul tavolo della stanza, con un biglietto: 'leggilo, ti piacerà'. Lentamente avevamo cominciato a scambiarci opinioni e consigli, in quel modo fraterno e gentile che hanno due persone con tanti interessi in comune.
Avevo imparato a capire cosa pensavi dal modo in cui ti comportavi: quando eri imbarazzato ti passavi la mano tra i capelli bruni, quando eri agitato ti allargavi il colletto della camicia... e quando eri concentrato giocherellavi con la piuma, infilandola di continuo dietro l'orecchio.
Ogni volta che ci incrociavamo mi rivolgevi sempre un sorriso e un saluto gentile.
Qualche tempo dopo quella sera in cui avevamo parlato stavo tornando alla Sala Comune dalla biblioteca e avevo in mano libri, pergamene e due boccette di inchiostro. Gazza stava pulendo il corridoio del terzo piano e mi guardava storto, temendo che potessi sporcare dove lui aveva appena pulito. Ero a un metro da lui e avevo accelerato il più possibile per non sentirmi rimproverare... quando tu sei uscito da una delle aule e hai sbattuto contro di me così forte che mi sono caduti tutti i libri.
Le boccette di inchiostro si sono rotte in mille pezzi e due grosse macchie nere si sono allargate sul pavimento del corridoio.
Ho guardato il disastro che avevo combinato e sono impallidita; prima ancora che uno solo dei due avesse avuto il tempo di tirar fuori la bacchetta per cancellare le tracce del pasticcio, Gazza aveva iniziato a sbraitare. Nonostante le nostre scuse e le nostre giustificazioni, ci siamo ritrovati, spazzoloni in mano, con il compito di pulire quello che avevamo sporcato. Gazza si era appostato di fronte a noi, per controllare che non usassimo la magia.
Io ho sospirato, e ho pensato che non era per niente giusto.
Stavo ancora brontolando mentalmente, quando ti ho visto arrotolarti le maniche della camicia e allargare la cravatta della divisa. Hai preso uno straccio in mano e ti sei chinato, per iniziare a pulire.
Quel momento in cui non eri un eroe, non eri un mago esemplare e non eri proprio niente di speciale... quel momento mi ha fatto capire perché ero innamorata di te.
Non perché eri forte, o intelligente, o eroico. Perché eri semplice e gentile.
Mi ricordo che sono arrossita così violentemente che Gazza si è messo a ridere e mi ha chiesto che cosa mi fosse successo.
Io ho abbassato il viso, sperando che tu non ti fossi accorto delle mie guance in fiamme.
Da quel momento, conscia del fatto che ero innamorata di te, sono diventata ancora più scettica su quello che poteva esserci tra noi. D'altronde, come potevi tu notare me in quel senso?
Ma quest'anno, sull'Espresso per Hogwarts, avevo deciso che sarebbe stato diverso: per cominciare ti avrei fatto capire che ero innamorata di te... e ne avrei accettato le conseguenze.
Avevo avuto due mesi per decidere cosa fare ed ero giunta alla conclusione che il non sapere era peggio di una cattiva notizia. E poi ti conoscevo abbastanza da poter dire che saresti stato sincero con me, e non avresti giocato con i miei sentimenti.
La sera del primo giorno a scuola, quando mi sei passato vicino per andarti a sedere, ti ho sorriso.
- Passato bene l'estate? - Mi hai chiesto.
- Molto bene, tu? -
- Una favola. Mi chiamano, scusami. -
Ti sei allontanato per andarti a sedere assieme ai tuoi amici e io mi sentivo su una nuvoletta: l'anno era iniziato sotto una buona stella.
Ma le mie sensazioni sono svanite un momento dopo, quando le ragazze di Beauxbaton sono entrate nella Sala Grande. Sembravano uscite da un concorso di bellezza! Non ce n'era una che non fosse alta, bionda e bellissima. Erano eleganti, meravigliose... e tu, come tutti i ragazzi della sala, ti sei fermato a guardarle, con gli occhi spalancati. I miei buoni propositi sono svaniti come neve al sole: come farsi notare da te con quelle piccole stelle sempre in giro per i corridoi?
Nemmeno gli allievi di Durmstrang mi hanno risollevato il morale: non ce n'era uno che mi piacesse, nemmeno quel Krum di cui parlavano tutti. Sarà stato anche un grande giocatore di Quidditch... ma a me dava proprio l'idea di un ragazzo proprio tonto. Molto bello... ma altrettanto ottuso.
La sfida Tremaghi ha dato il colpo di grazia ai miei progetti: tutta quella confusione perché eravate quattro e non tre... ma per me non era quello il problema.
Mio padre mi aveva spiegato che alla Coppa Tremaghi c'era il serio rischio di morire e non avevo nessuna intenzione di perderti prima di averti fatto capire quanto fossi innamorata di te.
Quando sei tornato nella Sala Comune, dopo essere stato eletto Campione di Hogwarts, io ero seduta sulla poltrona davanti al fuoco. Tu sei entrato, ti sei guardato intorno spaventato ma deciso e ti sei passato una mano tra i capelli. Poi ti sei diretto al dormitorio maschile e sei sparito dietro alla porta.
Non so perchè accidenti io non ti abbia fermato, quella sera.
Saremmo stati solo io e te, nella Sala Comune deserta, e forse avresti capito che mi piacevi anche prima di essere Campione, che non volevo stare con te solo perché a breve saresti diventato ancora più popolare, coraggioso e bello di quanto tu non fossi mai stato.
Ma ancora una volta, la mia timidezza l'aveva spuntata, e mi ero fatta scappare l'attimo favorevole... probabilmente non ti eri nemmeno accorto che io ero seduta lì!
“Pazienza, ci saranno altre occasioni.” Avevo pensato, andando a dormire.
Ma non avevo calcolato che, tra le prove, le lezioni, i compiti e tutto il resto, tu saresti stato veramente sfuggente: non riuscivo quasi più a incrociarti, figuriamoci a scambiare con te una parola. E poi, da quando eri preso nella preparazione delle prove del Torneo, sembravi non avere più tempo nemmeno per te. Quando mi incrociavi mi rivolgevi ancora un sorriso, ma ero sicura che fosse più per cortesia che per reale trasporto.
I giorni sono passati, ed è arrivata la prima prova.
Credo di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo in cui hai avuto a che fare con il drago, e credimi se ti dico che quando hai preso tra le mani l'uovo d'oro ho provato un tale sollievo da aver abbracciato con trasporto chi mi era seduto di fianco... prima ancora di potermi accorgere che era uno dei Serpeverde dell'ultimo anno, che mi ha guardato dall'alto in basso con disgusto.
Quando sei tornato alla Sala Comune, durante i festeggiamenti mi sono confusa tra la folla... come sempre. Tu eri l'eroe, eri il mago provetto, eri quello che ce l'aveva fatta, e mentre festeggiavano te e l'uovo d'oro che avevi a fatica conquistato, io ero seduta su uno dei pouf vicino al fuoco e ti guardavo.
Non mi eri mai sembrato tanto bello... e tanto irraggiungibile. Con tutte quelle ragazzine che si erano accorte di te solo in quel momento, il numero di persone dietro a cui avrei dovuto fare coda per poterti anche solo parlare aumentava a vista d'occhio.
In biblioteca avevo sentito delle bambine del primo anno di Corvonero parlare di te, dicendo cose così stupide che avrei voluto sbattere il libro sul tavolo e gridare che non era vero niente, che loro non ti conoscevano. Forse non ti conosco molto bene nemmeno io, questo è vero... ma di certo più di quelle tre che non ti avevano mai visto se non durante il Torneo.
Qualche settimana più tardi, abbiamo saputo che ci sarebbe stato il Ballo del Ceppo.
Quasi sono svenuta, quando ti ho sentito dire ai tuoi inseparabili amici che non avevi ancora una ragazza per il ballo. Il risultato è stato che ho triplicato il mio impegno nel preparare il vestito – sì, perché avevo deciso di fare da sola – e che ero così sulle nuvole che i miei voti sono precipitati.
Certo, la mia parte razionale sapeva che non avresti mai invitato me: penso che più o meno tutte le ragazze di Hogwarts (Serpeverde escluse, credo) sarebbero volute entrare in quella sala al tuo braccio... eppure, in una parte non troppo remota del mio cuore, speravo ancora che tu ti ricordassi della nostre chiacchiere davanti al fuoco, delle volte in cui ci era capitato di fare i compiti insieme, in biblioteca, o di quella punizione al secondo piano.
Ma, come sempre, queste sono le cose che vengono dimenticate. Non sono momenti importanti o emozionanti... e si scordano presto. Trovo atroce come si cancellano le cose piccole, quei momenti semplici, quotidiani, che rendono le cose eclatanti così importanti. Se la vita non fosse fatta di cose piccole, le cose grandi non avrebbero così tanto valore, non credi? Ma si sa, col tempo che passa sono solo le cose grandi che vengono ricordate... e credo che quelle nostre innocenti discussioni fossero una di quelle tante cose che non sarebbero degne nemmeno di essere scritte nero su bianco.
Per questo, quando Malcolm Preece mi ha chiesto di accompagnarlo al ballo, non ho rifiutato.
Sì, lo so. Non ho mai pensato che fosse carino, e non era nemmeno lontanamente intelligente e divertente quanto te, ma è un ragazzo in gamba. E poi sapevo che tu avresti trovato una dama molto più alla tua altezza di quanto non sarei mai stata io.
La sera della festa mi sono preparata e sono scesa con Malcolm nella Sala Grande cercando di essere il più simpatica e disinvolta possibile. Mi ero ripromessa che sarei stata di compagnia, ma quando le porte di sono aperte, e sono entrati i Campioni... ho guardato da un'altra parte. Vederti volteggiare tra le braccia di un'altra ragazza – per quanto carina – non mi avrebbe fatto esattamente piacere.
Malcolm mi ha invitato a ballare un momento dopo, e io ho accettato.
- Mi hanno detto che è fidanzato - Mi ha detto lui.
- Chi? - Ho chiesto io.
- Non fare la finta tonta. -
Sono arrossita, e ho abbassato gli occhi.
- Di sciocchezze su di lui ne hanno dette tante, da quando è iniziato il Torneo. - Ho risposto.
- Certo, certo. - Ha detto Malcolm, condiscendente.
Ad un certo punto, durante una pausa dalle piroette, ero seduta a bordo pista. Tu sei passato, assieme ai tuoi amici, e mi hai visto. Io ti ho sorriso e tu hai risposto con uno dei tuoi bellissimi sorrisi... e mi hai fatto un occhiolino.
Io non lo so, forse volevi complimentarti per la mia scelta del cavaliere, forse ti piaceva il mio vestito, forse eri solo molto felice perché la serata stava andando alla grande... ma in quella frazione di secondo, mi è sembrato che la sala si spegnesse e che tutti e tutto fossero scomparsi.
Poi ti sei allontanato e l'euforia è sfumata.
In quel momento, ho capito che molto probabilmente Malcolm aveva ragione: avevi una ragazza. E probabilmente avevi anche appena ballato con lei, e per quello eri così felice.
Ho sospirato, e poco dopo ho inventato un mal di testa per tornare nella Sala Comune.
Tutti i miei buoni propositi di inizio anno si erano letteralmente sbriciolati: non mi avresti mai guardato... perché ti piaceva un'altra persona.
Da dopo Natale, ho cercato di ignorarti. Il giorno della seconda prova del Torneo ho perfino finto un malore e ho convinto le mie amiche a lasciarmi tranquilla nel dormitorio.
Non ho voluto sapere i dettagli della prova nemmeno il giorno dopo, e da quel momento mi sono costretta ad evitarti. Sapevo che se ti avessi visto avrei dovuto ricominciare daccapo nel mio tentativo di levarmi dalla testa il tuo sorriso, così avevo scelto di metterci una pietra sopra.
Non è stato affatto facile, essendo tu un membro della mia Casa e un Campione di Hogwarts... ma in qualche modo ci sono più o meno riuscita, complice il fatto che ho un anno meno di te e che quindi non frequentiamo le stesse lezioni... e così sono riuscita ad arrivare, più o meno indenne, alla fine dell'anno.
Senza le farfalle nello stomaco e i castelli in aria avevo avuto molto tempo per studiare: i miei voti si erano bruscamente alzati, tanto che Piton aveva insinuato che io avessi iniziato a copiare.
Era strano non avere più nessuno su cui fantasticare, e anche se io mi sentivo come se mi avessero privato di un braccio o di una gamba, mia sorella (dall'alto della sua saggezza da Corvonero) diceva che finalmente avevo deciso di diventare grande: lei non aveva mai capito tutta quella mia mania di immaginare, immaginare e immaginare, diceva che ero solo molto infantile.
Ieri sera, tranquilla e finalmente libera dai compiti, stavo leggendo davanti al caminetto spento. I raggi della luna piovevano dalle alte finestre e la sua luce d'argento illuminava quasi a giorno la Sala Comune, tanto che la candela accesa vicino a me avrebbe potuto benissimo essere spenta.
Tutti erano andati a dormire, pregustando la sfida finale del Torneo Tremaghi che si sarebbe tenuta il giorno successivo ed ero rimasta da sola.
Il silenzio di Hogwarts era perfetto per la lettura che stavo facendo e non avevo per niente sonno. All'improvviso, ho sentito una mano sulla mia spalla e sono trasalita.
- Ancora sveglia? - Mi hai chiesto.
- Non riesco a posare questo libro. E tu? Non riesci a dormire? -
Hai scosso la testa e ti sei seduto sul divano di fronte a me passandoti le dita nel colletto del golf.
- Agitato? -
- Parecchio. Ma comunque, è l'ultima prova. O la va, o la spacca. Cosa stai leggendo? -
Ti ho passato il mio libro e mi sono resa conto che non era cambiato niente: non solo io provavo per te esattamente quello che avevo provato fino al Ballo del Ceppo... ma anche tu mi trattavi come se non fosse passato un anno dalla nostra ultima discussione nella Sala Comune. Abbiamo cominciato a chiacchierare, ma all'improvviso sei diventato serio e nella stanza è sceso il silenzio.
- Ho detto... ho detto qualcosa di sbagliato? - Ho domandato.
- No, anzi. Non passavo una mezz'ora così piacevole da un sacco di tempo. -
- Non dire sciocchezze, sono sicuro che con la tua ragazza avrai passato momenti anche migliori. - Ho detto, pentendomi di quelle parole un momento dopo averle pronunciate: dopotutto non erano affari miei.
Tu mi hai guardato con un'aria così seria negli occhi che sono avvampata.
- Non darlo per scontato. Non credo che tra noi durerà ancora a lungo. - Mi hai detto, serio.
- Hai deciso... - Ho iniziato io, sgomenta.
- Di rompere, sì... voglio dirglielo prima di tornare a casa per l'estate. Non è proprio il tipo giusto per me, sai. Mi sta troppo addosso, tende a starmi vicino ogni cosa che faccio... addirittura ha voluto tenermi compagnia quando provavo nuovi incantesimi per il Torneo. -
- È carino da parte sua. - Ho detto, cercando di non farti capire che stavo per esplodere di gioia.
- Carino, sì... ma è troppo opprimente. È una ragazza in gamba, intelligente, sveglia... mi chiedo come faccia a non capire che non siamo sposati e che vorrei dei momenti lontano da lei. Avevo una bella cotta per lei, lo ammetto, mi piaceva un sacco... e quando mi ha chiesto di diventare il suo ragazzo non ci ho pensato due volte. Però mi sono bastati questi mesi insieme per capire che non è tutto oro ciò che luccica. -
Io sono rimasta senza parole.
Cos'aveva lei che non andava? Era intelligente, era proprio bella, sapeva perfino andare sulla scopa meglio di tutte le altre ragazze del suo anno.
Eppure no, a te non andava bene.
Per un momento le mie difese hanno retto ancora, ma poi sono state travolte dalla speranza: se lei non ti piace... posso sperare di essere io la ragazza giusta per te?
In quel momento ti sei alzato e mi hai rivolto un sorriso gentile.
- Scusami, ti ho annoiata. Vorrai tornare al tuo libro. - Mi hai detto
- Oh, no, assolutamente... rimani. - Ho risposto.
Sì, ti prego, rimani. Resta. Devo dirti una cosa...
- Non posso. Devo assolutamente dormire, o domattina mi addormenterò nel bel mezzo della prova... e come farei a vincere? - Hai detto.
- A me non importa se vinci. - Ho detto io in un sussurro.
- Cosa? -
- A me non importa se vinci. -
- Lo so. - Hai detto, con un sorriso così dolce che mi ha fatto girare la testa.
Avrei voluto chiederti come mai lo sapevi, ma non riuscivo ad articolare nessun suono. Ti ho guardato sorridere nella penombra, in piedi davanti al caminetto spento, con il pigiama e il golf della divisa addosso. La luce della luna accarezzava i lineamenti perfetti del tuo viso, scivolava sui tuoi capelli bruni e faceva sembrare d'argento i tuoi occhi chiari. Tu mi guardavi con la stessa intensità, tanto che quando i miei occhi hanno incontrato i tuoi non sono riuscita più a distogliere lo sguardo.
All'improvviso ti sei chinato su di me, ed eri vicino, così vicino come non eri mai stato. Sentivo il cuore battere come impazzito e le dita gelate stringevano il libro che avevo tra le mani. Qualsiasi cosa tu avessi fatto o detto, non sarei riuscita a reagire, lo sapevo. Ero paralizzata dal tuo profumo, dai tuoi occhi e dall'incredibile vicinanza che c'era tra il tuo viso e il mio.
- Buonanotte. - Mi hai detto in un sussurro, guardandomi negli occhi.
Poi mi hai posato un bacio sulle labbra – un solo istante, le tue labbra fresche contro le mie – e sei scomparso nel tuo dormitorio lasciandomi sola nella Sala Comune.
Come in un sogno sono andata anche io a dormire, ma il sonno non è mai arrivato.
Mi sono chiesta per ore se quello che era successo era vero, se tu mi avevi effettivamente dato un bacio e se tu mi avessi davvero risposto “lo so”.
Perché avevi parlato con me? Perché mi avevi detto che avresti lasciato la tua ragazza?
E perché diavolo mi avevi detto che lo sapevi?
Sono quasi impazzita stanotte, per colpa dei tanti pensieri, dei dubbi e delle preoccupazioni... ma alla fine ho preso la mia decisione. Solo quella decisione mi ha finalmente tranquillizzato e sono riuscita a riposare qualche ora, quando già l'alba faceva capolino da dietro la Foresta Proibita.
Adesso sono seduta in mezzo agli altri studenti, davanti all'ingresso dello sterminato labirinto che sarà la sede della vostra ultima prova e mi sento agitata come non mai... e non solo perché sei di nuovo sul punto di lanciarti in una prova così rischiosa, ma anche perché ho deciso: non sprecherò un altro giorno per chiederti cosa provi per me.
Quando uscirai da quel labirinto, che tu vinca o che tu perda, verrò da te, ti prenderò da parte e ti dirò che sono innamorata di te, dei tuoi occhi limpidi e chiari, del modo adorabile in cui ti aggiusti la cravatta quando sei agitato e del modo in cui scendi dalla scopa quando hai acchiappato il Boccino.
Ti dirò che sono innamorata del tuo meraviglioso sorriso, del modo in cui cerchi di spiegarmi perché Incantesimi è una materia interessante, del modo in cui scrivi il mio nome su un pezzo di pergamena quando lasci un libro per me in Sala comune. Ti dirò che sono innamorata di te per tutti quei momenti semplici che non finiranno mai in nessun racconto, ma che per me sono preziosi come nient'altro. Ti dirò che sono innamorata di te da più di un anno ormai, ma che non ho mai trovato il coraggio di dirtelo prima.
E poi... poi non mi importa quello che succederà.
Riporto la mia attenzione sullo spiazzo, dove Silente ha appena finito di spiegare le regole della prova. Ti vedo davanti all'imboccatura del labirinto, titubante. Aspetti il via del Preside, e in quella frazione di secondo di attesa ti volti, lanciando uno sguardo verso il pubblico. Hai gli occhi colmi di paura, e io sorrido, sperando che tu mi veda.
Puoi farcela, lo so.
E tu mi lanci un sorriso, uno di quei tuoi incredibili, indimenticabili sorrisi luminosi e dolcissimi. Non so come faccio a sapere che è rivolto a me... ma lo so.
Stavolta sono io, che lo so.
Un colpo di cannone dà il via alla prova, ti vedo stringere la bacchetta e sparire nel labirinto. Stringo forte le mani una contro l'altra, e chiudo gli occhi.
“Torna presto, Cedric.”















Ok, lo ammetto. Questo fandom non mi appartiene assolutamente... non so scrivere di Harry Potter.

Mi piace l'ambientazione, la fantasia della Rowling...
ma devo ammettere che non mi è piaciuto come ha fatto evolvere le cose dal quarto libro in poi,
quindi da almeno sette o otto anni non mi cimento nello scrivere cose serie su Hogwarts.

Ieri sera, però, ho ceduto alle insistenze della mia sorellina che lo adora e ho rivisto il quarto film.
E mi è tornato in mente quanto io avessi amato Cedric Diggory, quando ho letto il libro.
Quindi stanotte ho avuto un'illuminazione... e ho buttato giù questa storia.
Prima solo nella mia mente e adesso anche su Efp.

Chiedo venia se è patetica, se è stupida o veramente infantile...
ma è così che mi è venuta, e credo che renda bene l'idea di quello che penso e provo per il personaggio di Cedric.

Senza contare che io ho sempre profondamente amato i tassorosso, e mi sono sempre sentita una di loro.
Quindi, questo è quanto. Se vi interessa, la voce narrante è il mio alter ego a Hogwarts, si chiama Vanilla.
A voi il giudizio... sappiate che risponderò ad ogni recensione, buona o cattiva, e che mi faranno tutte piacere allo stesso modo.
Grazie per aver letto.

Vanilla

... ops, volevo dire Flora :)
   
 
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